Un commento di Dario Fo:http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento.../articolo/1781/COMMENTO04/11/2009 | Dario Fo
Croce viaSuona scandalo la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che, accogliendo la denuncia di una cittadina italiana, dichiara che la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche è una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni. Scandalizza enormemente i cattolici apostolici romani. Ma non i cristiani. Perché ci sono anche i cristiani non apostolici romani che non fanno del predominio del simbolo della croce il loro valore essenziale. Naturalmente è tutt'altro che offensiva per chi è ateo e non ha religione come me, e tantomeno la sento offensiva per chi professa un'altra religione.
L'elemento straordinario della sentenza, destinata a destare non solo scandalo ma dibattito e scontro, sta nel fatto che precipita sullo schermo piatto della realtà italiana che vive - vivrà? - nei millenni all'ombra del potere della Chiesa romana. Da questo punto di vista è la critica profonda al simbolo per eccellenza, la croce. Proposto finora come una simbologia imposta, affisso ovunque in scuole, ospedali, uffici come il connotato forte della nostra cultura. Una onnivora cultura di stato. E i cattolici difficilmente molleranno l'idea di essere i gestori della religione di stato.
Non a caso però la Corte europea ha aggiunto che proprio la presenza dei crocefissi nelle aule può facilmente essere interpretata dai ragazzi di ogni età come un evidente segno religioso e dunque potrebbe condizionarli: se incoraggia i bambini già cattolici, può invece essere di condizionamento e disturbo per quelli di altre religioni e per gli atei.
Esplode l'ira del Vaticano, il governo di centrodestra accusa, balbettano dall'opposizione democratica: «È una questione di cultura, di tradizione». Allora apriamo anche il libro nero di queste cultura e tradizione. Il cattolicesimo della Chiesa romana nasconde dietro il crocifisso interpretato come riscatto, una cultura e una storia di violenze, sopraffazioni, guerre. In nome della croce sono stati commessi grandi misfatti, Crociate, Inquisizioni, la rapina e i massacri del Nuovo mondo, la benedizione degli imperi e degli uomini della provvidenza. Pensate che il cattolicesimo ha proibito fino all'Ottocento di tradurre in volgare la Bibbia e il Vangelo. In nome di quel «segno» si sono commessi i crimini più efferati. E si commettono, con le proibizioni contro il diritto degli uomini a gestire la conoscenza e la libertà individuale e sessuale. Se è la «nostra cultura», come dichiarano l'intrepida ministra Gelmini e il «pontefice» Buttiglione che accusa la sentenza di Strasburgo di essere «aberrante», perché non raccontare il lato oscuro della croce come simbologia di potere? Invece è come se continuassero a dire: lo spazio del visibile, dell'iconografia quotidiana della realtà è mio, lo gestisco io e ci metto le insegne che voglio io. È questo che è sbagliato.
La Conferenza episcopale strilla che si tratta di sentenza «ideologica». Racconti della violenza nella cultura storica della Chiesa romana apostolica, dei roghi contro la ragione eretica che da sola ha fatto progredire l'umanità. Se è l'origine salvifica per tutti che si vuole difendere, allora va accettato e relativizzato al presente, perché in origine esso era solo un segno di riconoscibilità dei luoghi clandestini di preghiera e culto. Non un simbolo imposto, che rischia di richiamare un rituale comunque di morte, contro gli altri, le altre culture, storie, religioni.
Che la realtà che ci circonda, in primo luogo quella formativa della scuola, torni ad essere spazio creativo oltre le religioni, libero per tutti dagli obblighi oppressivi dei valori altrui.
una lettera:http://www.ilmanifesto.it/io-manifesto/lettere-e-filosofia/Crocifisso? Solo un simbolo della nostra tradizione. Come gli spaghetti. da Renzo Butazzi
Mi sorprende che il ministro dell'istruzione , criticando la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, non si sia accorta di aver degradato il significato che il crocifisso ha per i credenti a quello di una confezione di spaghetti. Maria Stella Gelmini, infatti, ha affermato che la sua presenza "in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione". Proprio come potrebbe essere simbolo della nostra tradizione una confezione di spaghetti o un fiasco di vino.
Intendiamoci: personalmente troverei molto più rasserenante vedere appesi nelle aule di giustizia e in quelle scolastiche simboli meno crudeli della nostra tradizione - magari un mandolino (in omaggio alla nostra riconosciuta tradizione di "mandolinisti") o la riproduzione a colori di una pizza - piuttosto che la tragica immagine di un uomo fatto morire inchiodandolo vivo su una croce perché dava fastidio ai potenti. Caso mai potrebbe essere il simbolo di una tradizione che ammette la pena di morte, come potrebbe essere l'immagine di una sedia elettrica o di una forca
Mi sembra che il crocifisso, soprattutto a scuola, o non rappresenta niente per i ragazzi che lo guardano o deve fargli una certa paura. Fosse almeno l'immagine di San Giorgio che uccide il drago e libera la fanciulla, ma il crocifisso è l'immagine di un uomo sconfitto e suppliziato.
Mi parrebbe preferibile che la nostra tradizione avesse simboli più incoraggianti.
http://www.resistenzalaica.it/index.php?op...d=1718&Itemid=1"Ci salverà l’art 9 della Convenzione dei Diritti Umani dall’ora di religione?" enna
giovedì 05 novembre 2009
Avevo sottoposto all'esame dei lettori nel maggio 2009 quì su RL la seguente possibilità cercando pareri e sponsor , ma nulla: chissà se sull'onda della sentenza sui crocefissi trovo una maggiore fiducia nelle istituzioni europee ed un maggiore entusiasmo in noi laici.
Qui di seguito quanto scrivevo.
La sentenza 21/02/2008S nel giudizio Alexandridis c. Grecia emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell'uomo (prima sezione) (CEDU) apre le porte alla possibilità di un ricorso per dichiarare che la normativa che regola l’ora di religione in Italia viola l’art. 9 della Convenzione.
Detto art. 9 cosi è formulato:
“Articolo 9 - Libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti.
2, La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.”
La Corte ha considerato che la libertà di manifestare le proprie convinzioni religiose comporta anche un aspetto negativo, cioè il diritto per l'individuo non di essere obbligato a manifestare la sua confessione o le sue convinzioni religiose e di non essere obbligato ad agire di modo che si possa trarre come conclusione che egli abbia - o non abbia - tali convinzioni.
Agli occhi della Corte, le autorità statali non hanno il diritto di intervenire nel settore della libertà di coscienza dell'individuo e ricercare le sue convinzioni religiose, o costringerlo a manifestare le sue convinzioni relativamente alle religioni.
Ciò è tanto più vero qualora una persona sia obbligata ad agire in tal modo allo scopo di esercitare alcune funzioni, o usufruire di servizi pubblici.
Sembra che la fattispecie di un genitore, che non chieda che i propri figli frequentino l’ora di religione, che la scuola pubblica predispone per tutti gli alunni iscritti, consentendone la non frequenza solo su richiesta di frequentazione, in sostituzione, di altra ora alternativa, sostanzi un a violazione dell’art. 9 sopra indicato.
Infatti nello stesso istante che presento alla autorità scolastica la richiesta di far frequentare ai miei figli una ora diversa da quella generalmente predisposta per l’insegnamento della religione cattolica, nel contempo scopro la mia posizione nei confronti dell’insegnamento delle religioni o di quella particolare religione in favore di altre o nessuna.
In ciò secondo quanto esplicitato dalla sentenza sopra indicata si sostanzia la violazione dell’art. 9 della Convenzione.
Che fare per ottenere una dichiarazione di tale violazione?
Occorre presentare uno o più ricorsi alla CEDU sottoscritti ciascuno da uno o più genitori che abbiano chiesto ed ottenuto l’ora sostitutiva di quella di insegnamento della religione cattolica.
Cosa si ottiene: la dichiarazione che la norma viola il diritto protetto dall’art. 9 della Convenzione con conseguente obbligo dello Stato italiano a svegliarsi dal finto ed interessato torpore sull’argomento per attivarsi al mutamento delle norme in contrasto con l’art .9 ed un risarcimento del danno per ciascuno dei ricorrenti in Euro sonanti a carico dello Stato, buoni per finanziare ulteriori ricorsi che tengano il Governo (qualunque esso sia) sotto pressione continua sull’argomento.
Per iniziare le danze occorrono uno sponsor ed un genitore.
Per fortuna che c’è l’Europa!"
Ma c'è uno sponsor?