Laici Libertari Anticlericali Forum

Preti in crisi, Quando si spretano per un uomo, una donna, per tornare uomini liberi.

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view post Posted on 13/10/2014, 10:46
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Ci volevano due gemelli per far i conti con la sua ipocrisia

camisana



http://monza.netweek.it/personaggi-piu-cit...camisana-334024


Don Matteo lascia per una donna diventera’ padre di due gemellini

Pubblicata il 07 Ottobre 2014
Fonte: www.giornaledimonza.it
MONZA Le voci circolavano insistenti da tempo. E ora è arrivata la conferma ufficiale: don Matteo ...

http://ww5.virtualnewspaper.it/dmedia/
Notizia shock

Don Matteo lascia per una donna
Diventerà padre di due gemellini

Il sacerdote 40enne è stato coadiutore dell'oratorio San Carlo di Monza sino al 2007

a pag. 7

Un fulmine a ciel sereno alla San Carlo


Don Matteo lascia per una donna
Diventerà padre di due gemellini

(snn) le voci circolavano insistenti da tempo. E ora è arrivata la conferma ufficiale: don Matteo Camisana, 40 anni, ha abbandonato la veste per tornare laico.

Una scelta sicuramentye sofferta, dettata da una crisi di vocazione, che ha scosso la comunità di San Carlo, che ancora oggi, nonostante siano passati diversi anni da qwuando ha lasciato la parrocchia per andre a Milano lo ricorda con grande affetto e nostalgia.

Pochi anni quelli trascorsi iniseme a don Mateo, ma ricchi di significato per i tanti giovani monzesi che lo hanno avuto come guida.

Arrivato a monza nei primi anni Duemila, don Matteo ha guidato la comunità giovanile fino a quando nel 2007, fino a quando nel 2007, non è arrivato il trasferimento nel capoluogo meneghino. Ed è proprio da Milano, dalla parrocchia di Santa Maria delle Grazie Alzaia Naviglio Grande, che è arrivata l'ufficialità di una decisione che era già nell'aria d tempo ma che, finora, non aveva trovato conferme, nemmeno ufficiose, ovvero l'abbandono dell'abito talare da parte di Matteo Camisana che, D'ORA IN AVANTI, NON POTRà PIù ESSERE CHIMATO "DON".

"Il 31 agosto, durante la fuzione, ha annunciato che non avrebbe più ricoperto il ruolo di vicario e he avrebbe lasciato la veste - ha dichiarato don Ma

Edited by GalileoGalilei - 23/10/2014, 12:26
 
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Adriano Pacifici1
view post Posted on 14/10/2014, 12:19




Il suo "peccato" lo ha salvato. Speriamo che sappia fare buon uso di questa acciuffata libertà
 
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view post Posted on 4/11/2014, 05:54
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Pontedera. Si spreta con Claudio Dessi, ex parroco del Duomo

Rimproverato e trasferito da un incarico all'altro s'è stancato

don-claudio-desii

http://iltirreno.gelocal.it/pontedera/cron...ozio-1.10001640


Sei in:PONTEDERA > CRONACA > EX PARROCO DEL DUOMO LASCIA IL...
Ex parroco del Duomo lascia il sacerdozio
"Ecco perché l’ho deciso": don Claudio Desii lo spiega in una lettera ai fedeli. Fu trasferito a Pisa nel 2007 e all’epoca il vescovo Plotti venne contestato. "Continuerò a occuparmi dei più deboli e bisognosi al Centro di solidarietà di Pisa"
di Sergio Braccini e Emilio Chiorazzo
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"La Chiesa si adegui ai tempi": don Claudio Desii indica le priorità di S. Braccini (dell'8 novembre 2005) "Madre Chiesa non mi è piaciuta": le accuse di don Desii di E. Arrighi (del 10 febbraio 2007)
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RELIGIONI
PARROCI
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26 settembre 2014
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Ex parroco del Duomo lascia il sacerdozio
PONTEDERA. Al suo vescovo, monsignor Benotto, ha indirizzato poche righe. Una comunicazione quasi burocratica: «lascio lo stato clericale in maniera definitiva», gli ha scritto qualche giorno fa, Claudio Desii, ex parroco del Duomo di Pontedera, trasferito a Pisa da sette anni.Una decisione non improvvisa, maturata da un po’ di tempo.

«Le cause del mio abbandono – è la motivazione – non sono imputabili a ragioni di fede, ma a una condizione ecclesiastica diventata insopportabile e lesiva del mio ministero e della mia dignità personale». Don Claudio Desii non è più prete. Ha lasciato la chiesa.

Ai suoi amici più intimi lo ha comunicato con una lettera, nella quale cita anche ampi brani del vangelo. «Ho pensato molto se dovevo dare questa informazione alla fine ho deciso di sì - racconta - Lo ritengo necessario dal momento che abbiamo condiviso momenti importanti di vita, di amicizia e di fede». Poi prosegue: «Lascio lo stato clericale in modo definitivo». Non ha rimpianti: «sono stato me stesso, con i miei pregi e difetti, ma sempre attratto da un sogno quello di comunicare e condividere la fede nel vangelo di Gesù con fatti e parole».

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L'ex vescovo di Pisa Alessandro Plotti e don Claudio Desii nella chiesa del Crocifisso a Pontedera

Non dà spiegazioni sui motivi che lo hanno spinto a prendere questa decisione. «Tornerò a farmi vivo entrando anche più nel dettaglio. Sono sereno della mia decisione e doverosamente coinvolto a ricostruirmi relazioni, lavoro e prospettive di vita. Vivrò la mia vita condividendola con chi proverò ad amare e continuerò a lavorare nei miei progetti di solidarietà e risiederò su Pisa». Qui, Claudio Desii - che dal 2010 al giugno scorso ha ricoperto il ruolo di formatore alla Caritas di Roma - è impegnato fino dagli anni Ottanta a portare avanti progetti di housing sociale con l’associazione Centro di solidarietà di Pisa, l’associazione che ha sede in via Garibaldi. Ne è presidente. «Fin d’ora vi propongo di essere solidali con la nostra associazione e di sostenerci - ha raccomandato ai suoi amici - Il progetto è quello di trasformare l’associazione in una Fondazione: succederà nei prossimi mesi. «Per custodire il patrimonio e incentivare le collette per fare solidarietà a partire da chi chiede ospitalità ed ha bisogno di un tetto».

pr

Don Claudio Desii insieme al co-parroco don Stefano Serafini davanti al Duomo di Pontedera

Da parroco del Duomo di Pontedera, venne trasferito a Pisa dal vescovo - che all’epoca era monsignor Plotti - all’inizio del 2007. Ci furono proteste, anche durante le funzioni religiose, nei confronti del vescovo che aveva preso quella decisione. Alla base della scelta - si disse all’epoca - c’erano le divergenze tra don Desii e un altro parroco del Duomo, don Stefano Serafini, su alcuni ambiziosi progetti che interessavano immobili e altri beni della chiesa. Ma anche sulla gestione stessa della parrocchia.

http://iltirreno.gelocal.it/pontedera/cron...ddio-1.10007848

Desii racconta col Vangelo il suo addio
Un brano tratto da Luca per spiegare il suo stato d’animo: «Talvolta in chiesa si vive in assenza di un Cristo»
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Ex parroco del Duomo lascia il sacerdozio
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27 settembre 2014
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Desii racconta col Vangelo il suo addio
PONTEDERA. Ai fedeli, agli amici, a chi lo conosce, ha voluto dirlo di persona. Con una lunga lettera nella quale ha raccontato - attraverso il Vangelo - il suo stato d’animo. Al vescovo, invece, ha comunicato la decisione di lasciare il sacerdozio con poche righe, scritte in maniera burocratica. Secca, essenziale. Senza neppure la motivazione. Claudio Desii, è questo. Don Claudio, come continueranno a chiamarlo in tanti, tra quelli che lo hanno conosciuto, soprattutto nella sua esperienza di parroco al Duomo di Pontedera, è fatto così. «Lascio lo stato clericale in modo definitivo», ha spiegato ai suoi fedeli. Lo ha fatto con «una parola del Vangelo a me cara e che porto nel cuore anche in questo momento delicato della mia vita».

Un brano di Luca,”L’annuncio”, che dice : “In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».

Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».

«Credo di sentire questa mancanza – scrive Desii – in chiesa si vive in assenza, talvolta, di un Cristo che ci è strappato, proprio come si strappa un pezzo di stoffa da un vestito nuovo per cucirlo su una stoffa vecchia, di un vestito vecchio. Si crea un grande strappo. Si sciupa il nuovo che non si può adattare al vecchio. Questo penso di aver vissuto». Si riferisce all’operato del parroco. «Ho talvolta strappato il vestito nuovo, quello che credevo e la novità di vita che rappresentava, per calarlo in situazioni pastorali e civili logarate e vecchie, magari per piacere a tutti. Quanti sbagli. Ho cercato di recuperare, non strappando più il vestito nuovo: allora venivo offeso e ripudiato. Quando si diceva che ero megalomane, mi si giudicava come se fossi un fissato che si credeva meglio degli altri. È stata dura. Ma ora ho la convinzione che bisogna essere disposti a pagare per custodire il vino nuovo e per non strappare il vestito nuovo, per rattoppare il vecchio». Don Claudio Desii, era stato in Duomo a Pontedera fino al febbraio del 2007. Poi il vescovo - allora era Plotti - lo trasferì a Pisa. I fedeli protestarono: affissero cartelli in Duomo, in sua difesa e contestarono Plotti in occasione di una messa che venne a celebrare a Pontedera. Di recente era stato a Roma nel ruolo di formatore della Caritas. La svolta - ha sottolineato ancora Desii - è stata presa dopo una lunga riflessione e per questo arrivata senza rimpianti: «Sono stato me stesso – conclude – con i miei pregi e difetti, ma sempre attratto da un sogno: comunicare e condividere la fede nel Vangelo di Gesù con fatti e parole».

Emilio Chiorazzo

http://ricerca.gelocal.it/iltirreno/archiv...P2PO_LP201.html
Sei in: Archivio > Il Tirreno > 2007 > 02 > 05 > Cartelli in Duomo: «Lasci...
Cartelli in Duomo: «Lasciaci don Claudio»
PONTEDERA. È stata una messa tormentata quella di ieri alle 9, in Duomo a Pontedera, per il saluto a don Claudio Desii, costretto a lasciare la parrocchia per decisione dell'arcivescovo di Pisa, monsignor Alessandro Plotti, arrivata alcuni giorni dopo che l'altro co-proposto, don Stefano Serafini, aveva lasciato l'incarico nella nostra città. Sulle colonne del Duomo e all'altare campeggiavano cartelli, con scritte colorate, opera dei bambini della parrocchia.
Pensieri per testimoniare la volontà di un gruppo di fedeli di dire no alla decisione di trasferire don Desii, salutato poi con un lungo applauso. Un atto di ribellione che si è concretizzato all'omelia quando in tre si sono alzati contestando l'arcivescovo, che spiegava le ragioni della sua scelta.
Scelta difficile e sofferta, ha ripetuto. «Conosco don Claudio da vent'anni», ha detto Plotti. Nessun intento vessatorio, ha cercato di spiegare, solo che è venuta meno - ora che don Stefano ha lasciato il Duomo - la condizione indispensabile per portare avanti l'esperienza di un lavoro che doveva essere fatto da due parroci. Il tempo aiuterà a valutare meglio cosa ha causato il fallimento di questa esperienza - ha aggiunto Plotti - dicendo di avere accolto volentieri l'invito a concelebrare la messa di saluto a don Claudio. L'arcivescovo si è riferito a difficoltà, disagi, obiezioni emerse con il passare dei mesi sia in parrocchia, che nei confronti di altri sacerdoti della città.
«Dobbiamo convincerci che questa fase entusiasmante - ha aggiunto - si chiude». A questo punto, due donne e un uomo si sono alzati contestando le parole dell'arcivescovo: «Ora basta, ma cosa dice...». Sono seguiti l'applauso di un gruppo di fedeli e lo sconcerto di chi non è così addentro alle vicende della parrocchia.
Le preghiere dei fedeli sono state tutte di denuncia: «Aiuta i vescovi a non mandare al macello i preti scomodi». E ancora frasi di condanna per l'ipocrisia, l'invidia, per chi giudica dalle apparenze e non dalla sostanza, per una Chiesa che difende le poltrone e i benpensanti. Tanti ringraziamenti a don Claudio - «Grazie Dio di averci dato don Claudio» - e tante lacrime seguite da applausi per le frasi di censura alle decisioni di Plotti. In sostegno di don Desii anche Grazia Mancini e l'assessore Stefano Lemmi, esponenti della Margherita. I parrocchiani hanno espresso il disappunto anche alla fine della messa. Don Claudio, pur rispettando il dovere dell'obbedienza, ha preso le distanze dall'arcivescovo: «Solo a celebrare la messa». Un congedo difficile per chi si sente «punito a tavolino»: ha detto don Claudio.
«Non so se volete la mia benedizione - ha risposto l'arcivescovo, che era stato costretto a interrompere l'omelia - Mi avete trattato da benpensante e da persona che difende le poltrone. Chi mi conosce sa che non sono così». Ha poi spiegato che di questa vicenda ci sono cose che restano nel segreto dell'anima di un vescovo, che non si possono mettere in piazza.
ALTRO SERVIZIO a pag. 12 S.C.
05 febbraio 2007 sez.
 
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view post Posted on 12/11/2014, 13:46
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Che aspettate voi altri preti a lasciare quella veste dell'ipocrisia?

padre-mario-marchinu

www.unionesarda.it/articolo/cronaca...c-5-395312.html

Il parroco si innamora e si sposa
Don Marchinu lascia la vita sacerdotale

Il parroco si innamora e si sposa Don Marchinu lascia la vita sacerdotale Padre Mario Marchinu

Don Mario Marchinu, parroco di Santa Maria delle Grazie ad Arezzo, si è innamorato di una donna e lascia l'ordine per sposarla.

Don Mario Marchinu, sacerdote di origine sarda, ha deciso: dopo 27 anni passati alla parrocchia aretina di Santa Maria delle Grazie lascia la vita sacerdotale per sposarsi con una donna di cui è innamorato.

L'annuncio lo ha dato al vescovo Riccardo Fontana e al suo ausiliare, poi ai superiore del suo ordine, i carmelitani, e infine ai parrocchiani. Dall'altare ha chiesto scusa a tutti, ma la sua decisione è irrevocabile.

"Ne prendo atto con dolore - si è limitato a commentare il vescovo - Per la perdita di un collaboratore prezioso e di un fratello. E per averlo saputo troppo tardi, quando ormai tutto era già deciso".

www.saturnonotizie.it/news/commenti/77547/commenti.html

Parroco aretino saluta il Vescovo e si sposa
Padre Mario Marchinu si é innamorato e lascia la chiesa
Padre Mario Marchinu a 56 anni, decide di lasciare il sacerdozio dopo 27 anni nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie. Il motivo di tale decisione? Si è innamorato e vuole sposarsi. Lo ha comunicato direttamente al Vescovo Riccardo Fontana, al suo ausiliare Giovacchino Dallara e ai parrocchiani, che aveva convocato in assemblea all'interno della chiesa. Il Vescovo ha manifestato il suo rammarico:"Ne prendo atto con dolore. Per la perdita di un collaboratore prezioso e di un fratello. E per averlo saputo troppo tardi, quando ormai tutto era già deciso
0 Commenti Alla NotiziaRedazione, 12/11/2014 09:12:15

Edited by GalileoGalilei - 12/9/2016, 14:35
 
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Cà Tiepolo di Porto Tolle (RO). Prete 40enne ha per amante catechista sposata.

Denunciato dal marito prende pausa di riflessione


www.diocesidichioggia.it/index.php/parrocchie
CA’ TIEPOLO - “Sacro Cuore di Gesù”
Piazza Milite Ignoto 8, 45018 Porto Tolle (RO)
ab. 3900; tel. 0426.81280, cell. 338.3230263
parroco: Fornaro mons. Fabrizio (2012)
vicari parrocchiali: Ferro don Alberto (2010), Lazzarin don Angelo (2012)
opere parrocchiali: patronato parrocchiale
centro pastorale: chiesa di Molo-Tripoli
comunità religiosa: suore Serve di Maria Riparatrici 0426.81227

32. FORNARO Angelo Fabrizio
nato: Chioggia (VE) 20.01.1950; ordinato: 07.12.1975
parroco di Ca' Tiepolo, Donzella, Ivica S. Giulia, Oca Marina e Gorino Sullam (2012)
Piazza Milite Ignoto 9, 45018 Ca' Tiepolo di Porto Tolle (RO)
tel. 0426.81280 - cell. 338.3230263
e-mail: [email protected]

31. FERRO Alberto
nato: Contarina (RO) 26.09.1972; ordinato: 22.05.2010

parroco di S. Pietro di Cavarzere, Dolfina e S. Gaetano (2014)
Via Centro 59, 30014 S. Pietro di Cavarzere (VE)
tel. 0426.357033 - cell. 333.5347334
e-mail: [email protected]

35. LAZZARIN Angelo
nato: Taglio di Po (RO) 21.07.1970; ordinato: 24.05.2008
vicario parrocchiale di Ca' Tiepolo, Donzella, Oca Marina, Ivica S. Giulia e Gorino Sullam (2012)
piazza Milite Ignoto 9, 45018 Ca' Tiepolo di Porto Tolle (RO)
tel. 0426.81280 - cell. 345.3421374
e-mail: [email protected]

54. POLLINI Carlo Lucio
nato: Brescia 28.02.1955; ordinato: 23.06.1983
collaboratore pastorale di Ca’ Tiepolo, Donzella, Oca Marina, Ivica S. Giulia e Gorino Sullam (2014)
Piazza Milite Ignoto 9, 45018 Ca' Tiepolo di Porto Tolle (RO)
tel. 0426.81280 - cell. 333.5927316
e-mail: [email protected]

www.diocesidichioggia.it/index.php/...enti-di-parroci

A Ca’ Tiepolo don Alberto Ferro saluta il 17 agosto e don Lucio Pollini entra il 31 agosto.

da NUOVA SCINTILLA 31 del 3 agosto 2014

www.estense.com/?p=417643


26 ottobre 2014, 0:04
3.007 visite

Marito tradito denuncia il prete ‘rubacuori’
Tradimenti e tresche segrete in una parrocchia del Basso Polesine. E il marito umiliato chiede giustizia

Un matrimonio che si trasforma in un inferno per colpa del più insospettabile dei responsabili: il prete della parrocchia. È una storia a dir poco paradossale quella raccontata nelle ultime ore dal quotidiano Il Resto del Carlino di Ferrara, che riporta la difficile situazione di un 40enne ferrarese che si è visto costretto a depositare una querela alla polizia nei confronti del ‘don’ del paese del Basso Polesine dove vive con i tre figli e la moglie.

Una denuncia che segue “un lungo travaglio interiore”, durante il quale l’uomo per molto tempo ha cercato di risolvere autonomamente i propri problemi privati, ma senza alcun successo. Il problema è presto detto: la moglie, da quanto ha scoperto il 40enne, porta avanti da tempo una relazione extraconiugale con il parroco. E della situazione sarebbero ormai al corrente un gran numero di persone: non solo i compaesani della coppia, ma anche la curia rodigina, che pure non ha ancora preso alcun provvedimento verso il proprio – fin troppo premuroso – sacerdote.

Da qui il malessere del 40enne ferrarese: non solo per il dolore di un matrimonio che dopo 10 anni di armonia potrebbe trovare una fine tanto assurda quanto prematura, ma anche per i continui scherni a cui ormai è sottoposto più o meno direttamente dai ‘pettegoli’ del paese. Inutili i tentativi di confrontarsi con la moglie – che ha ammesso il fatto anche di fronte alla propria madre – o con lo stesso prete (‘invitato’ in diverse situazioni a non farsi più vedere attorno alla casa dove vive la famiglia): la tresca è continuata in maniera sempre più inequivocabile. E allo sfortunato marito non è rimasta altra carta da giocare che quella legale: una denuncia per violazione di domicilio e maltrattamenti in famiglia verso il ‘don’, per non aver rispettato il suo divieto di entrare nella casa e per aver reso il ferrarese e i suoi figli oggetto di continui scherni e pettegolezzi nel paese.

E da parte della curia? Il vescovo di Rovigo Adriano Tessarollo, contattato dal ‘Carlino’, ha assicurato che la diocesi è “perfettamente al corrente” della situazione e sta prendendo i provvedimenti necessari. E che il prete ‘rubacuori’ dovrà fare ben presto la sua scelta di vita: se vuole restare dentro la curia, le sue sbandate amorose dovranno immediatamente finire.

www.gazzettino.it/PAY/ROVIGO_PAY/il...e/1005071.shtml

Il prete della piccola frazione alle porte di Rovigo, che tanto aveva fatto parlare di sè la scorsa settimana per la sua relazione con la catechista moglie del direttore della corale, ha deciso di lasciare la parrocchia optando per un periodo di riflessione. Il 40enne sacerdote ha infatti comunicato al vescovo Lucio Soravito De Franceschi l'intenzione di meditare sul suo futuro. E così già domenica mattina la messa è stata officiata dal vicario generale, monsignor Claudio Gatti il quale avrà il compito di fare il supervisore della piccola parrocchia del Medio Polesine, in attesa che venga trovato un nuovo prete. Per ora l'incarico di celebrare le messe del sabato e della domenica spetterà a don Piero Mandruzzato, rettore del seminario vescovile. «Si tratta solo di un incarico provvisorio - puntualizza don Piero - Mi occuperò più che altro della parte amministrativa della parrocchia, in attesa che venga trovata una soluzione migliore da parte del vescovo. Farò da interlocutore con i catechisti e mi occuperò di portare avanti gli appuntamenti già previsti nel calendario delle attività parrocchiali. Avendo già l'incarico di un'altra parrocchia mi farò aiutare da don Daniele e don Antonio che sono liberi da impegni fissi, essendo al seminario. Sono state sospese tutte le messe infrasettimanali. Saranno fatte solo quelle festive e prefestive».
Al vicario Claudio Gatti, il vescovo Lucio Soravito De Franceschi ha affidato l'incarico di supervisore sulla situazione della piccola parrocchia. «Il caso è scoppiato così all'improvviso che è molto difficile trovare subito una soluzione definitiva - prosegue don Piero Mandruzzato -. Nessuno sapeva niente di questa vicenda, della quale per discrezione preferisco non parlare, anche per rispetto della famiglia colpita che sta già soffrendo molto. Sono in contatto con l'ex parroco, più che altro per sapere da lui le cose da preparare o da portare avanti. Mi ha detto che si prenderà del tempo per riflettere».
La "bomba" della tresca tra il prete e la cateschista sua ex compagna di scuola alle superiori è scoppiata in un periodo molto delicato, visto che si è proprio in fase di preparativi per le festività natalizie. Intanto nella frazione rodigina c'è chi inizia a parlare di un possibile ritorno da parte del direttore del coro, dimessosi qualche mese fa dall'incarico una volta che aveva scoperto il tradimento della moglie con il prete tramite un investigatore privato.
© riproduzione riservata

Martedì 11 Novembre 2014

Edited by GalileoGalilei - 4/9/2015, 05:05
 
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Arezzo. Padre Mario Marchinu, carmelitano, 56 anni, si spreta e si sposa

www.lanazione.it/arezzo/parroco-si-...chiani-1.394621

Tutti pazzi per padre Mario: la notizia del parroco che per amore lascia la chiesa impazza sul web. Servizi anche all'estero
Commenti
La clamorosa scelta del sacerdote divide i commenti. Carmelitano e da 27 anni a Santa Maria delle Grazie, ora vuole sposarsi

Padre Mario Marchinu Padre Mario Marchinu

Arezzo, 12 novembre 2014 - Tutti pazzi per padre Mario. La notizia del parroco innamorato al punto da lasciare dopo 27 anni la sua parrocchia, Santa Maria delle Grazie, impazza sul web. Centinaia i commenti tra facebook, internet e twitter: la notizia è stata ribattuta da tutte le principali agenzie giornalistiche e ripresa nei siti dei quotidiani. Non solo in Italia ma anche all'estero: ad esempio a farsi sotto per scoprirne meglio i dettagli è stata anche la stampa on line tedesca.

La notizia ormai è nota.Padre Mario Marchinu chiude a 56 anni con una vita di sacerdozio, con i 27 anni filati nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie, con l'esperienza maturata prima come carmelitano e poi come parroco. E decide di dare una sterzata secca alla sua vita: si è innamorato di una donna, ha intenzione di sposarsi.

Lo ha annunciato lunedì tre volte nel giro di poche ore. Prima al Vescovo Riccardo Fontana e al suo ausiliare Giovacchino Dallara, con un gesto che è anche automaticamente di dimissioni dall'incarico. Quindi ai superiori del suo ordine. E infine ai parrocchiani, che aveva convocato in assemblea all'interno della chiesa.

Una convocazione via mail ma anche confermata dall'altare. E davanti alla quale qualcuno aveva fiutato che si sarebbe trattato di qualcosa di grosso: le assemblee parrocchiali sono rare e legate a fatti straordinari. All'arrivo la conferma: un "outing" in piena regola, con tono accorato e chiedendo più volte scusa a tutti. E le lacrime di qualcuno dei presenti all'idea di perdere la guida storica della chiesa.

Ma la scelta è fatta e padre Mario, sussurrano tutti, non è di quelli che torna indietro. Quano decide decide. "Ne prendo atto - si limita a commentare il Vescovo Fontana, ad Assisi per l'assemblea della Cei - con dolore. Per la perdita di un collaboratore prezioso e di un fratello. E per averlo saputo troppo tardi, quando ormai tutto era già deciso".
 
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Applausi a scena aperta tra i parrocchiani. E gli altri che aspettano?

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http://www.targatocn.it/2015/01/25/leggi-n...-gli-appla.html

domenica 25 gennaio 2015, 11:52

Borgo San Dalmazzo: il parroco annuncia di abbandonare l'abito per una nuova famiglia, tra gli applausi dei parrocchiani

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Un grande applauso ha salutato le parole di don Cavallo. "La Chiesa - ha detto - non permette ancora di vivere la missione da sacerdote insieme alle emozioni di una famiglia"




Con grande coraggio e soprattutto grande umiltà, il parroco di Borgo San Dalmazzo, alla fine della messa di questa mattina, ha comunicato ai propri parrocchiani che quella era la sua ultima funzione.

"Purtroppo - ha detto Claudio Cavallo - la mia amata Chiesa ancora non permette di vivere queste emozioni con quelle di una famiglia. Ho parlato a lungo con i miei superiori ed ho preso questa decisione. Resterò in parrocchia sino a mercoledì. Vorrei poter ancora mettere a disposizione le mie energie per la Chiesa".

Poche parole dettate dal cuore e con un tono di voce fermo ma molto emozionato e quando don Cavallo ha finito la sua "confessione", i suoi parrocchiani lo hanno salutato con un lungo, caloroso applauso. Claudio Cavallo ha finito la messa ringraziando tutti i parrocchiani, dai sacerdoti che lo hanno accompagnato nei primi anni di vita ecclesiastica ai ragazzi più giovani, al coro, agli anziani, a tutti coloro che gli sono stati vicini, chiedendo loro di pregare per lui se vorranno.

"Da parte mia - ha concluso - non mancherà mai un pensiero e una preghiera per tutti voi, per tutti coloro che mi hanno accompagnato nei miei anni di servizio al Signore."

Il coraggio di Claudio Cavallo, la voglia di coerenza e serietà rende questa giornata migliore, proprio per dove nasce e si sviluppa. Chi non ha mai peccato scagli la prima pietra è la frase che può correre alla memoria subito, ma in una società che ha bisogno di uomini coraggiosi saper capire e rispettare rende più forti e migliori tutti.

Per scelta editoriale su questa notizia Targatocn.it non ospiterà commenti dei lettori, se non interventi di enti, associazioni ed istituzioni. Sappiamo che sulla pagina Facebook potrebbero venir postati commenti che ogni persona, nella propria individualità e responsabilità potrà fare, chiedendo però a tutti un senso di responsabilità almeno pari a quello dimostrato dall'ex sacerdote.

http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/0..._pap-105752624/

l parroco annuncia alla messa della domenica: "Lascio la tonaca per diventare papà"
Accade a Borgo San Dalmazzo, nel Cuneese: ha 50 anni e reggeva la parrocchia da cinque. "Nella Chiesa ancora non si può svolgere il ministero e contemporaneamente portare avanti una famiglia"

di EMILIO VETTORI
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25 gennaio 2015



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Il parroco annuncia alla messa della domenica: "Lascio la tonaca per diventare papà"
Don Claudio
Ha scelto la "messa granda" cioè quella più importante della domenica per annunciare quello che da settimane era uno dei pettegolezzi più frequenti nella comunità dei fedeli: il parroco lascia per sposarsi. Accade a Borgo Sa Dalmazzo, quasi tredicimila anime, alle porte di Cuneo. Don Claudio Cavallo, 50 anni, parroco da cinque della chiesa di San Dalmazzo, una delle due parrocchie della città, ha deciso che era venuta l'ora di annunciare ciò che la Curia già sapeva da tempo: "Carissimi tutti, oggi ho da darvi un avviso insolito. Sono qui per salutarvi, e ringraziare il Signore per il tratto di strada che abbiamo percorso insieme. Lo so per certo che Lui è il mio maestro, per questo resto una persona felice. Mercoledì lascio la parrocchia". Don Claudio non ha parlato espressamente della sua nuova vita, ma a tutti è parso chiaro a che cosa si riferisse: "Dopo una lunga e seria meditazione, preghiera, confidenza e confronto con i miei superiori, ho preso la mia decisione perché ancora nella Chiesa non è ammessa la possibilità di svolgere il ministero sacerdotale e nel contempo, portare avanti una famiglia". Il parroco diventerà padre a marzo. Ora andrà a vivere con la sua compagna, in attesa di sposarla. La Curia ha già scelto il successore: Roberto Mondino.
25 gennaio 2015
 
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Adriano Pacifici1
view post Posted on 25/1/2015, 21:28




Potenza magica dell'eros liberatore
 
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view post Posted on 26/1/2015, 06:59
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www.lastampa.it/2015/01/26/italia/c...6I/premium.html

Il parroco diventa papà e i suoi parrocchianilo applaudono in chiesa
Don Claudio ha annunciato la paternità alla fine dell’omelia
Uscendo dalla chiesa, tutti a dire «lo sapevo che era vero e sarebbe finita così». Ma non era affatto scontato che don Claudio Cavallo, parroco della chiesa di San Dalmazzo di Pedona a Borgo, nel Cuneese, concludesse la messa domenicale di ieri annunciando alla comunità che quella era la sua ultima celebrazione. Perché a marzo diventerà padre di un bambino e dunque deve lasciare l’abito religioso. La futura mamma ha 47 anni ed è una sua parrocchiana. Lui ne ha cinquanta, dieci dei quali trasco...continua
MATTEO BORGETTO

Edited by GalileoGalilei - 12/9/2016, 14:34
 
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http://news.gesuiti.it/dimissioni/
Il 26 febbraio 2015 Giuseppe Zito ha ricevuto la notifica del riscritto di dispensa del celibato sacerdotale. Dalla medesima data risulta dimesso dalla Compagnia.

http://news.gesuiti.it/uscite/
Uscite
Hanno lasciato il noviziato:
Anthony Agius (MAL), il 5 marzo;
Alessandro Paluzzi il 9 marzo

http://news.gesuiti.it/dal-noviziato-2/
Dal noviziato

Venerdì 17 aprile, il novizio Daniele Tienforti ha lasciato il noviziato.

http://news.gesuiti.it/19032013-mattia-vai...o-il-noviziato/
19/03/2013.Mattia Vailati ha lasciato il noviziato
http://news.gesuiti.it/11042013-claudio-tr...o-il-noviziato/
11/04/2013. Claudio Tripicchio ha lasciato il Noviziato

http://it.radiovaticana.va/storico/2011/12...o_di/pef-542829

FACCIA A FACCIA: Padre Giuseppe Zito SJ incontra SANT'IGNAZIO DI LOYOLA

02/12/2011SHARE:
RealAudioMP3 Giovedì 1 dicembre 2011 - E' il fondatore della Compagnia di Gesù il protagonista della conversazione immaginaria di oggi. Ad incontrarlo, a provocarlo sui modi della nuova evangelizzazione, un giovane gesuita dei nostri tempi, padre Giuseppe Zito SJ. Nato nel 1976, entra nella Compagnia nel 1994. Si laurea in Filosofia a Padova e in Teologia a Napoli, con un Master in Scienze della comunicazione della Pontificia Università Gregoriana di Roma e un Master of Fine Arts in Regia e sceneggiatura cinematografica della Loyola Marymount University di Los Angeles. Produce vari cortometraggi, alcuni dei quali vincitori di premi, tra cui gli Angelus Awards di Los Angeles. Ha scritto di cinema per riviste come La Civiltà Cattolica e Aggiornamenti Sociali. È attualmente Responsabile del settore cinema presso la Fondazione Culturale San Fedele di Milano. A sant'Ignazio presta la voce Ennio Libralesso

http://www.theologi-ca.it/file_contenuti/L...io_Spirito1.pdf
Giuseppe Zito s.j., 1976, è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1994.
Si è laureato in Filosofia a Padova e in Teologia a Napoli, con un
Master in Scienze della comunicazione della Pontificia Università
Gregoriana di Roma e un Master of Fine Arts in Regia e sceneggiatura
cinematografica della Loyola Marymount University di Los Angeles.
Ha prodotto vari cortometraggi, alcuni dei quali vincitori di premi, tra
cui gli Angelus Awards di Los Angeles.
Ha scritto di cinema per riviste come La Civiltà Cattolica e
Aggiornamenti Sociali. Dal 2007 si occupa del settore cinema presso la
Fondazione Culturale San Fedele di Milano.

www.zenit.org/it/articles/il-ritorno-di-superman

ritorno di Superman
Intervista al gesuita Giuseppe Zito, autore di un articolo su Superman e la salvezza

05 Ottobre 2006 | 951 hits

NAPOLI, giovedì, 5 ottobre 2006 (ZENIT.org).- La salvezza di Superman e quella di Cristo sono due cose molto diverse, anche se le due figure presentano alcune analogie.



Lo ha spiegato a ZENIT Giuseppe Zito, S.I., nato a Roma nel 1976, che collabora con la rivista "La Civilità Cattolica".

Zito, che ha ottenuto un Master in Regia cinematografica presso la “Loyola Marymount University” di Los Angeles e sta ora completando i suoi studi teologici a Napoli presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, sezione S. Luigi, ha scritto un articolo intitolato “Il ritorno di Superman. Di quale salvatore ha bisogno il mondo?”, apparso nell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica” (quaderno 3750, 16 settembre 2006).

Il sacerdote è convinto che “uno spettatore con un buon senso religioso e che riflette su ciò che vede al cinema certamente noterà molti punti in comune tra Cristo e Superman”.

“Il problema – fa notare il gesuita – è che per accogliere veramente la salvezza offerta da Cristo bisogna rinunciare a una salvezza tipo quella di Superman”.

C'è un boom di eroi nel cinema statunitense che ricalcano l'archetipo del messia giudaico-cristiano. A cosa è dovuto?

Padre Zito: Evidentemente l'eroe-messia risponde a un bisogno molto profondo del grande pubblico: sentiamo la necessità di essere salvati, ci piace pensare che possa esistere qualcuno in grado di salvare il nostro mondo dal male, dalla violenza, dall'ingiustizia. Non a caso tutti i grandi film epici che mostrano l'archetipica battaglia tra bene e male hanno un grande successo, basti pensare a "Il Signore degli Anelli", "Harry Potter", "Guerre Stellari", "The Matrix". In tutti questi il protagonista è un eroe-messia che ricalca più o meno da vicino il modello cristiano. Nonostante le grandi conquiste della modernità, della scienza e della tecnologia, sentiamo ancora il bisogno radicale di essere salvati.

Superman è esplicitamente messianico. Quali sono i tratti di lui che ci ricordano Gesù?

Padre Zito: Come Cristo, Superman discende dal cielo, muore, risorge e ascende al cielo (immagine finale del film). È dotato di poteri straordinari, compie prodigi per il bene dell'umanità. È stato mandato dal padre (Jor-El) per salvare gli uomini. Viene trafitto al costato. Si sacrifica per la salvezza del mondo.

Lei pensa che gli spettatori riescano a cogliere queste analogie tra Superman e Gesù Cristo, guardando il film?

Padre Zito: Uno spettatore con un buon senso religioso e che riflette su ciò che vede al cinema certamente noterà molti punti in comune tra Cristo e Superman. È anche vero che questo tipo di spettatore rappresenta solo una piccola parte del grande pubblico. Spero che l'articolo su “La Civiltà Cattolica” vada proprio nella direzione di aiutare il pubblico a riflettere sui prodotti che ci offre l'industria dello spettacolo, se non altro per apprezzarli di più.

Il modo di vincere il male di Cristo è tutta un'altra cosa. In questo caso Superman e Cristo sono antagonisti?

Padre Zito: Come in ogni forma di dialogo si può enfatizzare la diversità tra un modello di salvezza e l'altro, oppure si possono mettere in rilievo i punti comuni e credo che sia sempre bene fare entrambe le cose.

Il problema è che per accogliere veramente la salvezza offerta da Cristo bisogna rinunciare a una salvezza tipo quella di Superman. Già nei Vangeli, come in ogni esperienza di fede in Cristo, i discepoli di Gesù sperano che egli sia una sorta di supereroe, venuto a salvare il mondo a forza di miracoli; per questo la croce rappresenta uno scandalo radicale, la negazione totale del Salvatore-Superman.

Con questo, però, non voglio dire che film come “Superman” siano cattivi dal punto di vista cristiano. Mettiamola così: se ti piace Superman vuol dire che anche tu senti un bisogno radicale di salvezza, e questo è il primo e fondamentale passo verso l'incontro con il vero Salvatore: il Dio crocifisso.
(05 Ottobre 2006) © Innovative Media Inc
 
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view post Posted on 26/9/2015, 05:31
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Questo vecchio pezzo sta tornando di attualità in questi giorni su internet

http://www.osservatorio-sicilia.it/2010/02...aure-e-silenzi/

Preti sposati fra paure e silenzicommenta! 22 febbraio 2010| Invia l'articolo | Stampa |
Quello dei sacerdoti che gettano alle ortiche la tonaca per motivi «amorosi», nella Chiesa cattolica romana, è un problema che potremmo dire ormai più che secolare. E calcolarne il numero non è affatto semplice. Esistono cifre ufficiali, diffuse dallo stesso Vaticano, ma si tratta solo di numeri indicativi a causa dell’oggettiva difficoltà a reperire i dati.
L’Annuarium Statisticum Ecclesiae che la Santa sede edita ogni anno, ad esempio, fornisce i numeri relativi alle defezioni del clero: il termine include anche coloro che hanno lasciato per motivi diversi dal matrimonio. Secondo l’ultimo Annuarium, nel 1998 si sono avute 618 defezioni di cui 31 nel nostro Paese. Un calcolo fatto dall’organo della Santa Sede, L’Osservatore Romano, nel 1997, confrontando i dati dal 1970 al 1995, ha ottenuto una cifra complessiva di circa 46 mila preti che hanno abbandonato il ministero nel solo arco di un quarto di secolo.
Secondo il canonista Vincenzo Mosca, sarebbero invece più di mille ogni anno le defezioni sacerdotali (diocesane e religiose) nel mondo. Ancora oggi, per ogni otto nuovi sacerdoti, almeno uno abbandona il ministero. I sacerdoti “laicizzati” viventi nel mondo, sempre secondo Mosca, sarebbero quindi più di 50 mila.
Non è d’accordo Mauro Del Nevo, presidente della associazione di presbiteri con famiglia «Vocatio», secondo il quale la cifra andrebbe addirittura raddoppiata. «Soltanto in Italia – dice – i sacerdoti coniugati sono da 8 a 10 mila e 120 mila in tutto il mondo».
I picchi di richiesta di dispensa dall’esercizio del ministero si sono avuti nel 1976-77, quando ne sono state inoltrate da 2500 a 3 mila. Attualmente se ne concedono da 500 a 700 l’anno. Negli ultimi anni sono aumentate quelle da parte dei sacerdoti ordinati da un solo anno, in alcune diocesi si raggiungerebbe addirittura una percentuale del 50 per cento.
Ma dietro alle discussioni sui numeri spesso si celano storie di sofferenza causate da una dura lex canonica a cui sembra si sacrifichi volentieri l’uomo e non viceversa.
«Quando sono andato dal mio vescovo per dirgli che mi ero innamorato e che volevo lasciare il ministero, lui mi ha risposto che per bere un bicchiere di latte non era necessario mettersi una capra in casa. Allora ho capito che la mia compagna era la cosa più pulita che mi fosse rimasta». Ha voglia di raccontare e raccontarsi Paolo, ma a patto che il suo vero nome non venga fuori. «Se sanno che ho parlato con un giornalista – spiega – mi tolgono la cattedra di religione che mi hanno dato per vivere, dopo che ho lasciato il ministero».
Come lui, anche gli altri preti sposati, incontrati in un viaggio in una sorta di Chiesa clandestina, hanno accettato di parlare, con l’unica eccezione di soli tre casi, sempre con la condizione che non venisse fatto il loro nome e che non fossero resi riconoscibili dalle storie che raccontavano. Perché hanno paura delle ritorsioni da parte della gerarchia. Sembrerebbe che una “certa” cultura si sia insinuata anche nei rapporti fra pastori e sudditi. Ci sono anche numerosissimi casi di vescovi che seguono con particolare attenzione le vicende dei sacerdoti che smettono la tonaca.
Ma i preti sposati nelle città ci sono e dicono pure messa nelle loro case. Le chiamano «chiese domestiche», con tanto di fedeli e sacramenti, compreso il battesimo e la confessione. Alcuni di loro concelebrano anche, ma con discrezione, nelle parrocchie di presbiteri amici. Eppure pochi sanno che esistono e non se ne parla mai sui mezzi d’informazione cattolici, naturalmente.
«Quando te ne vai – dice uno di loro – in mano ti trovi solo una laurea in teologia, un titolo che lo Stato non riconosce neppure. E, con la tua nuova situazione, spesso con un bimbo in arrivo, magari a quarant’anni suonati, non puoi fare lo schifiltoso. Accetti le loro condizioni e ti metti in un angolo. Perché è questo quello che vogliono: che tu scompaia».
In genere, infatti, le cattedre vengono assegnate in diocesi vicine dove non sono conosciuti. Ma non tutti ottengono l’insegnamento.
«Dipende – spiega Salvatore – dalla rapidità con la quale ottieni la dispensa per sposarti, perché, finché il processo canonico non si chiude, non puoi fare nulla. Io, ad esempio, ho fatto i lavori più umili per diversi anni perché la mia richiesta non era “spinta” a Roma da nessuno. E poi dipende anche dal vescovo perché è lui che patrocina il tuo caso e, se non siete in buoni rapporti o non ti stima, ti devi rassegnare e cambiare aria».
Ma ci sono anche quelli che non ci riescono ad attendere i tempi, è il caso di dirlo, biblici, circa dieci anni, e che perdono la fede o cambiano Chiesa.
È il caso di Mauro che, dice lui, in un momento di disperazione è diventato pastore in una Chiesa protestante.
«Quando sanno che hai abbandonato il ministero – racconta – sono i primi ad aprirti le porte». Adesso Mauro è rientrato nella Chiesa cattolica, ma è considerato un apostata e i tempi del suo processo si stanno sensibilmente allungando.
Fausto ha 37 anni, e ha lasciato l’abito dopo un solo anno dall’ordinazione. È sposato con una fervente cattolica. Ma solo in municipio: davanti a Dio non può, perché aspetta da anni una dispensa papale che non arriva mai. Vive con sofferenza l’impegno che profonde con la moglie in parrocchia. Sono peccatori e non possono accedere ai sacramenti. Neppure alla confessione: per la Chiesa, chi si sposa davanti al sindaco è un concubino.
Don Franco Maggiotto, 70 anni, sposato da più di trent’anni, vive ad Alpignano, vicino Torino. «Innanzitutto – esordisce – rifiuto decisamente la qualifica di ex prete. Al momento della mia ordinazione, mi hanno ripetuto fino alla nausea che sarei stato sacerdote in eterno. Sono prete, non ho mai smesso la tonaca, e sono felicemente sposato». Non ha ovviamente alcun rapporto con la curia vescovile di Torino, ma a lui questo non importa. È animatore di tre comunità di base, una a Finale Ligure e due in provincia di Torino. Ha rotto con la chiesa ufficiale dopo una drammatica esperienza vissuta da un suo confratello verso la fine degli anni ‘60. Un prete si innamorò perdutamente di una giovane donna. Per le pressioni e le violenze subite da entrambi, questo prete si impiccò e la ragazza impazzì.
«Per me – racconta don Franco – fu un’esperienza terribile che mi portò a rifiutare un modo di intendere il sacerdozio antiumano, non biblico, perché in realtà proibisce all’uomo di incontrare l’altro. Nella Bibbia si afferma che “Non è bene che l’uomo sia solo”, sono le gerarchie cattoliche ad essere nell’errore non i preti che si sposano». Ma la critica di don Franco si accentra principalmente su quello che lui definisce “il sistema platonico”, quel sistema che, rinchiudendo l’uomo su se stesso, ne impedisce appunto l’incontro con l’altro e quindi gli fa negare l’essenza stessa del messaggio di Cristo, facendolo diventare pedofilo oppure omosessuale. «Questa realtà – afferma don Franco – la si può toccare nell’elevato numero di preti gay o pedofili di cui in Italia non si parla, ma che riempiono le cronache giornalistiche di altre nazioni».
Paolo Falcone è un prete sposato della diocesi di Roma. «Spesso nei discorsi tra vescovi e preti sposati – ricorda – si sente dire “continua a pregare, ti ricordo nelle mie preghiere, il Signore ti accompagni” e via con altre balle spaziali. Una cosa che non si sente mai è “ti aiuterò per i tuoi diritti, parlerò della tua situazione economica al commercialista o all’economo della diocesi, tutelerò i tuoi diritti acquisiti…”». «Io per lo meno – sottolinea – sono stato abbandonato completamente. Sono stato nel ministero dal 1988 al 1996. Poi dopo tre anni di esercizi spirituali, senza una storia, sono venuto via dal ministero pastorale. Nessuno che mi abbia dato nessuna possibilità. Dopo un po’ scrissi a tutti i cardinali residenti a Roma chiedendo di aiutarmi a sopravvivere. Mi dissero che non conoscevano nessuno, che non avevano nessuna possibilità nemmeno di ascoltarmi e che comunque avrebbero pregato per me». «Dopo anni di stenti e ancora grosse difficoltà – aggiunge –, sto vivendo un momento con mia moglie abbastanza sereno, anche se sempre sul “trapezio”. Vorrei chiedere a chi conosce meglio questa realtà, se esiste un modo per avere i contributi previdenziali e i versamenti del Tfr previsti dalla legge italiana». «Ho un grande sogno – confessa –, costituire un sindacato preti sposati per iniziare una trattativa con la Cei per chiedere i nostri diritti maturati e avere per lo meno il trattamento di fine rapporto, oppure iniziare una serie di vertenze al giudice del lavoro visto che alla chiesa gerarchica abbiamo dato i migliori anni della nostra vita e abbiamo ricevuto “calci in faccia” e belle parole».
Ma ci sono anche le donne dei preti: le «tentatrici», le «rivali di Dio». Come le ha chiamate qualcuno. Rosa è una libera professionista, affermata e stimata, ha un fidanzato col quale progetta di sposarsi, ma quando era ancora una studentessa ha avuto una storia con un giovane prete.
«Un giorno, però, ho scoperto che aveva anche altre ragazze, cinque o sei – ricorda –. Poi è scoppiato lo scandalo subito coperto dalla Curia. Lo hanno mandato fuori a meditare e studiare, poi è tornato qui a continuare quello che faceva prima, adesso so che l’hanno spedito per punizione a fare il vice parroco in un’altra diocesi. Tutto questo mi è servito a capire che certi uomini non pagano mai per i loro errori, a patto però che siano ecclesiastici».
Già non molto considerate all’interno della Chiesa, le donne che si innamorano dei preti vengono spesso maltrattate.
È il caso di Gianna, sposata, un marito lontano, e due figli già grandi, che ha commesso l’errore di aspettare un bambino da un parroco di frontiera. Lui ha improvvisamente scoperto la vocazione missionaria, e per questo è stato spedito in America Latina, mentre lei si è trovata a gestire da sola una situazione drammatica. La Curia è intervenuta per darle una mano soltanto quando lei ha minacciato di fare scoppiare lo scandalo. Prima l’avevano liquidata come «pazza».
Situazione simile a quella di Laura che, stanca di essere relegata al ruolo di amante con un bambino di pochi mesi da crescere, un giorno ha preso «il frutto del peccato» e lo ha portato nella chiesa dove il suo lui celebrava. Vedendolo così solenne e ieratico che benediceva, racconta, non ce l’ha fatta più ed è esplosa. Com’è finita? Il reverendo, notissimo teologo di orientamento progressista, è andato a insegnare in una prestigiosissima istituzione accademica ecclesiastica in un’altra città, a lei è stato promesso un “sostegno” purché tacesse. Situazione che ha accettato ma, commenta, con il cuore davvero a pezzi. Storie di sofferenza, quindi, di umiliazioni e di abbandoni che raramente approdano alle pagine dei giornali o all’attenzione dei media in un Paese, l’Italia, in cui la Chiesa cattolica ha un enorme potere come in nessun altro oggi.
È vero, ammette il teologo e storico della Chiesa don Francesco Michele Stabile «il problema è che non se ne parla perché a “certe cose” non bisogna neppure far cenno se non nel chiuso delle Curie. I vescovi, infatti, non comunicano in Vaticano nemmeno i numeri degli abbandoni. E quelli che lasciano vengono ridotti al silenzio ed emarginati».
Basterebbe, suggerisce Giovanni Franzoni, ex abate benedettino e uno degli indiscussi protagonisti del rinnovamento conciliare nella Chiesa, «ritornare alla semplicità evangelica d’altronde applicata senza problemi dalle Chiese Orientali, dai Protestanti e persino dai cattolici della chiesa romana di rito orientale: il prete deve avere la libertà di vivere la propria vocazione di servizio o nel celibato scelto liberamente o nel matrimonio. L’amore umano non è concorrenziale all’amore per Dio».
A conferma di ciò, scorrendo i dati relativi alle defezioni degli ultimi anni, salta subito all’occhio l’assenza di abbandoni nella piccola ma antichissima eparchia greco-cattolica di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, in Sicilia.
«Noi seguiamo la consuetudine della Chiesa dei primi secoli e di quella Ortodossa – spiega l’eparca Sotìr Ferrara. In dieci anni di episcopato, non ho mai avuto un prete che lasciasse perché da noi possono diventarlo anche gli uomini sposati. Anzi, questi, come dice esplicitamente San Paolo, sono anche i migliori presbiteri perché più realizzati umanamente e affettivamente più sereni. La Chiesa latina, invece, nonostante l’emorragia continua di chierici, si ostina a mantenere una legge che è solamente umana e che non ha nessun fondamento né nel Vangelo né tantomeno nella Tradizione».
In verità, una speranza in passato si era intravista quando il primate d’Inghilterra, il cardinale Basile Hume, recentemente scomparso, aveva proposto allo stesso Papa di concedere, in occasione del giubileo dell’Anno santo del 2000, “un’amnistia verso i preti sposati” riammettendoli al ministero. Il porporato inglese aveva presente la situazione, che costituiva quasi un precedente giuridico, di numerosi preti passati dalla Chiesa anglicana a quella cattolica con tanto di moglie e figli. La richiesta però era stata fatta cadere nel vuoto.
Davide Romano

http://www.nuovosoldo.it/2015/09/25/gli-sp...scia-per-amore/

GLI SPRETATI. QUANDO UN SACERDOTE LASCIA PER AMORE…
25 settembre 2015 | Nessun commento | Mi piace
«Il problema dei preti sposati è nella mia agenda» così assicurava papa Francesco durante la messa di martedì 10 febbraio di quest’anno a Santa Marta alla quale erano presenti anche 5 ex sacerdoti coniugati. Da allora, però, silenzio e nessun gesto concreto che potesse far concretamente sperare in un reale cambiamento.

Ma quello dei sacerdoti che gettano alle ortiche la tonaca per motivi «amorosi», nella Chiesa cattolica romana, è un problema che potremmo dire ormai più che secolare. E calcolarne il numero non è affatto semplice. Esistono cifre ufficiali, diffuse dallo stesso Vaticano, ma si tratta solo di numeri indicativi a causa dell’oggettiva difficoltà a reperire i dati. L’Annuarium Statisticum Ecclesiae che la Santa sede edita ogni anno, ad esempio, fornisce i numeri relativi alle defezioni del clero: il termine include anche coloro che hanno lasciato per motivi diversi dal matrimonio. Secondo l’ultimo Annuarium, nel 1998 si sono avute 618 defezioni di cui 31 nel nostro Paese. Un calcolo fatto dall’organo della Santa Sede, L’Osservatore Romano, nel 1997, confrontando i dati dal 1970 al 1995, ha ottenuto una cifra complessiva di circa 46 mila preti che hanno abbandonato il ministero nel solo arco di un quarto di secolo. Secondo il canonista Vincenzo Mosca, sarebbero invece più di mille ogni anno le defezioni sacerdotali (diocesane e religiose) nel mondo. Ancora oggi, per ogni otto nuovi sacerdoti, almeno uno abbandona il ministero. I sacerdoti “laicizzati” viventi nel mondo, sempre secondo Mosca, sarebbero quindi più di 50 mila. Non è d’accordo Mauro Del Nevo, presidente della associazione di presbiteri con famiglia «Vocatio», secondo il quale la cifra andrebbe addirittura raddoppiata. «Soltanto in Italia – dice – i sacerdoti coniugati sono da 8 a 10 mila e 120 mila in tutto il mondo».

I picchi di richiesta di dispensa dall’esercizio del ministero si sono avuti nel 1976-77, quando ne sono state inoltrate da 2500 a 3 mila. Attualmente se

ne concedono da 500 a 700 l’anno. Negli ultimi anni sono aumentate quelle da parte dei sacerdoti ordinati da un solo anno, in alcune diocesi si raggiungerebbe addirittura una percentuale del 50 per cento.

Ma dietro alle discussioni sui numeri spesso si celano storie di sofferenza causate da una dura lex canonica a cui sembra si sacrifichi volentieri l’uomo e non viceversa.

«Quando sono andato dal mio vescovo per dirgli che mi ero innamorato e che volevo lasciare il ministero, lui mi ha risposto che per bere un bicchiere di latte non era necessario mettersi una capra in casa. Allora ho capito che la mia compagna era la cosa più pulita che mi fosse rimasta». Ha voglia di raccontare e raccontarsi Paolo, ma a patto che il suo vero nome non venga fuori. «Se sanno che ho parlato con un giornalista – spiega – mi tolgono la cattedra di religione che mi hanno dato per vivere, dopo che ho lasciato il ministero».



Come lui, anche gli altri preti sposati, incontrati in un viaggio in una sorta di Chiesa clandestina, hanno accettato di parlare, con l’unica eccezione di soli tre casi, sempre con la condizione che non venisse fatto il loro nome e che non fossero resi riconoscibili dalle storie che raccontavano. Perché hanno paura delle ritorsioni da parte della gerarchia. Sembrerebbe che una “certa” cultura si sia insinuata anche nei rapporti fra pastori e sudditi. Ci sono anche numerosissimi casi di vescovi che seguono con particolare attenzione le vicende dei sacerdoti che smettono la tonaca.

Ma i preti sposati nelle città ci sono e dicono pure messa nelle loro case. Le chiamano «chiese domestiche», con tanto di fedeli e sacramenti, compreso il battesimo e la confessione. Alcuni di loro concelebrano anche, ma con discrezione, nelle parrocchie di presbiteri amici. Eppure pochi sanno che esistono e non se ne parla mai sui mezzi d’informazione cattolici, naturalmente.

«Quando te ne vai – dice uno di loro – in mano ti trovi solo una laurea in teologia, un titolo che lo Stato non riconosce neppure. E, con la tua nuova situazione, spesso con un bimbo in arrivo, magari a quarant’anni suonati, non puoi fare lo schifiltoso. Accetti le loro condizioni e ti metti in un angolo. Perché è questo quello che vogliono: che tu scompaia».

In genere, infatti, le cattedre vengono assegnate in diocesi vicine dove non sono conosciuti. Ma non tutti ottengono l’insegnamento.

«Dipende – spiega Salvatore – dalla rapidità con la quale ottieni la dispensa per sposarti, perché, finché il processo canonico non si chiude, non puoi fare nulla. Io, ad esempio, ho fatto i lavori più umili per diversi anni perché la mia richiesta non era “spinta” a Roma da nessuno. E poi dipende anche dal vescovo perché è lui che patrocina il tuo caso e, se non siete in buoni rapporti o non ti stima, ti devi rassegnare e cambiare aria».

Ma ci sono anche quelli che non ci riescono ad attendere i tempi, è il caso di dirlo, biblici, circa dieci anni, e che perdono la fede o cambiano Chiesa.

È il caso di Mauro che, dice lui, in un momento di disperazione è diventato pastore in una Chiesa protestante. «Quando sanno che hai abbandonato il ministero – racconta – sono i primi ad aprirti le porte». Adesso Mauro è rientrato nella Chiesa cattolica, ma è considerato un apostata e i tempi del suo processo si stanno sensibilmente allungando.

Fausto ha 37 anni, e ha lasciato l’abito dopo un solo anno dall’ordinazione. È sposato con una fervente cattolica. Ma solo in municipio: davanti a Dio non può, perché aspetta da anni una dispensa papale che non arriva mai. Vive con sofferenza l’impegno che profonde con la moglie in parrocchia. Sono peccatori e non possono accedere ai sacramenti. Neppure alla confessione: per la Chiesa, chi si sposa davanti al sindaco è un concubino.

Don Franco Maggiotto, 70 anni, sposato da più di trent’anni, vive ad Alpignano, vicino Torino. «Innanzitutto – esordisce – rifiuto decisamente la qualifica di ex prete. Al momento della mia ordinazione, mi hanno ripetuto fino alla nausea che sarei stato sacerdote in eterno. Sono prete, non ho mai smesso la tonaca, e sono felicemente sposato». Non ha ovviamente alcun rapporto con la curia vescovile di Torino, ma a lui questo non importa. È animatore di tre comunità di base, una a Finale Ligure e due in provincia di Torino. Ha rotto con la chiesa ufficiale dopo una drammatica esperienza vissuta da un suo confratello verso la fine degli anni ‘60. Un prete si innamorò perdutamente di una giovane donna. Per le pressioni e le violenze subite da entrambi, questo prete si impiccò e la ragazza impazzì. «Per me – racconta don Franco – fu un’esperienza terribile che mi portò a rifiutare un modo di intendere il sacerdozio antiumano, non biblico, perché in realtà proibisce all’uomo di incontrare l’altro. Nella Bibbia si afferma che “Non è bene che l’uomo sia solo”, sono le gerarchie cattoliche ad essere nell’errore non i preti che si sposano». Ma la critica di don Franco si accentra principalmente su quello che lui definisce “il sistema platonico”, quel sistema che, rinchiudendo l’uomo su se stesso, ne impedisce appunto l’incontro con l’altro e quindi gli fa negare l’essenza stessa del messaggio di Cristo, facendolo diventare pedofilo oppure omosessuale. «Questa realtà – afferma don Franco – la si può toccare nell’elevato numero di preti gay o pedofili di cui in Italia non si parla, ma che riempiono le cronache giornalistiche di altre nazioni».

Paolo Falcone è un prete sposato della diocesi di Roma. «Spesso nei discorsi tra vescovi e preti sposati – ricorda – si sente dire “continua a pregare, ti ricordo nelle mie preghiere, il Signore ti accompagni” e via con altre balle spaziali. Una cosa che non si sente mai è “ti aiuterò per i tuoi diritti, parlerò della tua situazione economica al commercialista o all’economo della diocesi, tutelerò i tuoi diritti acquisiti…”». «Io per lo meno – sottolinea – sono stato abbandonato completamente. Sono stato nel ministero dal 1988 al 1996. Poi dopo tre anni di esercizi spirituali, senza una storia, sono venuto via dal ministero pastorale. Nessuno che mi abbia dato nessuna possibilità. Dopo un po’ scrissi a tutti i cardinali residenti a Roma chiedendo di aiutarmi a sopravvivere. Mi dissero che non conoscevano nessuno, che non avevano nessuna possibilità nemmeno di ascoltarmi e che comunque avrebbero pregato per me». «Dopo anni di stenti e ancora grosse difficoltà – aggiunge –, sto vivendo un momento con mia moglie abbastanza sereno, anche se sempre sul “trapezio”. Vorrei chiedere a chi conosce meglio questa realtà, se esiste un modo per avere i contributi previdenziali e i versamenti del Tfr previsti dalla legge italiana». «Ho un grande sogno – confessa –, costituire un sindacato preti sposati per iniziare una trattativa con la Cei per chiedere i nostri diritti maturati e avere per lo meno il trattamento di fine rapporto, oppure iniziare una serie di vertenze al giudice del lavoro visto che alla chiesa gerarchica abbiamo dato i migliori anni della nostra vita e abbiamo ricevuto “calci in faccia” e belle parole».

Ma ci sono anche le donne dei preti: le «tentatrici», le «rivali di Dio». Come le ha chiamate qualcuno. Rosa è una libera professionista, affermata e stimata, ha un fidanzato col quale progetta di sposarsi, ma quando era ancora una studentessa ha avuto una storia con un giovane prete.

«Un giorno, però, ho scoperto che aveva anche altre ragazze, cinque o sei – ricorda –. Poi è scoppiato lo scandalo subito coperto dalla Curia. Lo hanno mandato fuori a meditare e studiare, poi è tornato qui a continuare quello che faceva prima, adesso so che l’hanno spedito per punizione a fare il vice parroco in un’altra diocesi. Tutto questo mi è servito a capire che certi uomini non pagano mai per i loro errori, a patto però che siano ecclesiastici». Già non molto considerate all’interno della Chiesa, le donne che si innamorano dei preti vengono spesso maltrattate.

È il caso di Gianna, sposata, un marito lontano, e due figli già grandi, che ha commesso l’errore di aspettare un bambino da un parroco di frontiera. Lui ha improvvisamente scoperto la vocazione missionaria, e per questo è stato spedito in America Latina, mentre lei si è trovata a gestire da sola una situazione drammatica. La Curia è intervenuta per darle una mano soltanto quando lei ha minacciato di fare scoppiare lo scandalo. Prima l’avevano liquidata come «pazza».

Situazione simile a quella di Laura che, stanca di essere relegata al ruolo di amante con un bambino di pochi mesi da crescere, un giorno ha preso «il frutto del peccato» e lo ha portato nella chiesa dove il suo lui celebrava. Vedendolo così solenne e ieratico che benediceva, racconta, non ce l’ha fatta più ed è esplosa. Com’è finita? Il reverendo, notissimo teologo di orientamento progressista, è andato a insegnare in una prestigiosissima istituzione accademica ecclesiastica in un’altra città, a lei è stato promesso un “sostegno” purché tacesse. Situazione che ha accettato ma, commenta, con il cuore davvero a pezzi. Storie di sofferenza, quindi, di umiliazioni e di abbandoni che raramente approdano alle pagine dei giornali o all’attenzione dei media in un Paese, l’Italia, in cui la Chiesa cattolica ha un enorme potere come in nessun altro oggi.

È vero, ammette il teologo e storico della Chiesa don Francesco Michele Stabile «il problema è che non se ne parla perché a “certe cose” non bisogna neppure far cenno se non nel chiuso delle Curie. I vescovi, infatti, non comunicano in Vaticano nemmeno i numeri degli abbandoni. E quelli che lasciano vengono ridotti al silenzio ed emarginati».

Basterebbe, suggerisce Giovanni Franzoni, ex abate benedettino e uno degli indiscussi protagonisti del rinnovamento conciliare nella Chiesa, «ritornare alla semplicità evangelica d’altronde applicata senza problemi dalle Chiese Orientali, dai Protestanti e persino dai cattolici della chiesa romana di rito orientale: il prete deve avere la libertà di vivere la propria vocazione di servizio o nel celibato scelto liberamente o nel matrimonio. L’amore umano non è concorrenziale all’amore per Dio».

A conferma di ciò, scorrendo i dati relativi alle defezioni degli ultimi anni, salta subito all’occhio l’assenza di abbandoni nella piccola ma antichissima eparchia greco-cattolica di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, in Sicilia.

«Noi seguiamo la consuetudine della Chiesa dei primi secoli e di quella Ortodossa – spiega l’eparca emerito Sotìr Ferrara. In decenni di episcopato, non ho mai avuto un prete che lasciasse perché da noi possono diventarlo anche gli uomini sposati. Anzi, questi, come dice esplicitamente San Paolo, sono anche i migliori presbiteri perché più realizzati umanamente e affettivamente più sereni. La Chiesa latina, invece, nonostante l’emorragia continua di chierici, si ostina a mantenere una legge che è solamente umana e che non ha nessun fondamento né nel Vangelo né tantomeno nella Tradizione».
In verità, una speranza in passato si era intravista quando il primate d’Inghilterra, il cardinale Basile Hume, recentemente scomparso, aveva proposto allo stesso Papa di concedere, in occasione del giubileo dell’Anno santo del 2000, “un’amnistia verso i preti sposati” riammettendoli al ministero. Il porporato inglese aveva presente la situazione, che costituiva quasi un precedente giuridico, di numerosi preti passati dalla Chiesa anglicana a quella cattolica con tanto di moglie e figli. La richiesta però era stata fatta cadere nel vuoto.

Davide Romano

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view post Posted on 11/11/2015, 16:49
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Rifiutò di riconoscerla ma fu condannato dal tribunale

1donpaolo%20spoladore

http://corrieredelveneto.corriere.it/venet...172488501.shtml
«DON ROCK»
Il figlio, i corsi e gli affari
Spretato don Spoladore
La decisione del Vaticano: «Dispensato dal celibato». E intanto la «sua» società nel 2014 ha fatturato 1,7 milioni

PADOVA La parabola discendente. Che non è una delle 49 di nostro Signore contenute nei vangeli sinottici. Ma è la traccia lasciata nella Chiesa da don Paolo Spoladore. «Don Rock», come lo etichettavano i giornali all’inizio della storia. O «Donpa», come invece continuano a chiamarlo i suoi fedeli sostenitori. Lo scorso 14 ottobre, infatti, l’amministratore diocesano di Padova, monsignor Paolo Doni, ha firmato il decreto con cui la Congregazione per il Clero riduce il 55enne ex sacerdote allo stato laicale. È la conclusione dell’avventura in clergyman del brillante seminarista, poi parroco di San Lazzaro (parroco capace di farsi seguire in ogni predica da centinaia di persone), quindi cantautore (suoi sono alcuni dei brani più amati e recitati nelle chiese d’Italia: da «Su ali d’aquila» a «Tu sei»), infine scrittore, animatore, guida spirituale. Il pastore torna pecora nel gregge. L’inizio della fine della sua vicenda clericale ha una data precisa: febbraio 2010, quando una professionista di Padova esce allo scoperto e lo accusa di essere il padre del proprio figlio di 8 anni. Spoladore nega tutto, non si sottopone nemmeno al test del Dna.

I suoi seguaci insorgono, denunciano la stampa che riporta la notizia, arrivano pure a minacciare. Un anno dopo, però, l’11 ottobre 2011 il Tribunale dei minori di Venezia riconosce ufficialmente la paternità di Spoladore (a cui impone di pagare un assegno mensile di mantenimento di circa 2-300 euro). Intanto vengono allo scoperto pure gli «altarini» commerciali del sacerdote: non solo dischi e libri, ma anche corsi di formazione a pagamento - un mix di medicina alternativa, motivazione, psicologia - che gli fruttano un enorme giro d’affari (la base è a Santa Maria di Sala nel Veneziano, ma si va anche in tour). È solo a quel punto che la Chiesa lo molla: il 12 ottobre 2011 così si esprime il delegato per la Pastorale della città dell’allora vescovo Antonio Mattiazzo, monsignor Daniele Prosdocimo: «La comunità cristiana prenda le distanze da don Paolo».

E così si arriva al passo finale. A rendere nota la decisione della riduzione allo stato «laicale » di Spoladore, la sanzione più grave prevista dal diritto canonico per un sacerdote, è una breve nota della Diocesi di Padova, pubblicata sull’ultimo numero del settimanale «La Difesa del Popolo». Dieci righe appena, ma piuttosto significative. «In data 28 settembre 2015 la Congregazione per il Clero per le facoltà speciali date dal Sommo Pontefice - si legge - ha emesso il decreto della pena della dimissione dallo stato clericale al sacerdote Spoladore Paolo (sic!), dispensandolo contemporaneamente dal vincolo del celibato. Tale decisione è definitiva e inappellabile e fa seguito al decreto di sospensione a divinis emesso dall’allora vescovo di Padova monsignor Antonio Mattiazzo, il 24 giugno 2014.

Si rende noto questo decreto - prosegue la comunicazione, facendo capire quale sia ancora il seguito che può vantare l’ex parroco - ai presbiteri, ai religiosi e ai laici della diocesi affinché tutti siano informati del grave provvedimento preso nei confronti del sacerdote in seguito a un processo canonico che ha accertato l’incompatibilità con lo stato clericale del suo comportamento e dell’attività che svolge. Si invitano i presbiteri, soprattutto quelli in cura d’anime, a essere attenti ai propri fedeli che dovessero trovarsi smarriti alla notizia di questo decreto, per aiutarli a discernere sulla loro vita cristiana e sulla crescita umana e spirituale che ugualmente devono cercare di condurre seguendo la parola di Dio». Ma se è declinata la parabola clericale del «Donpa», non tanto si può dire per quella degli affari. Per capirlo basta dare un’occhiata ai bilanci della Usiogope, la società che gestisce i suoi interessi (corsi di formazione, pubblicazioni, eventi), intestata alla segretaria Fabiola Berloso: nel 2014 ha fatturato un milione e 712 mila euro, dopo che il 2013 era stato chiuso a quota un milione e 641 mila. Un volo su ali d’aquila, questo sì davvero.

11 novembre 2015
 
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view post Posted on 7/1/2016, 15:15
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www.lastampa.it/2016/01/07/vaticani...wgI/pagina.html

“Così viviamo la nostra seconda vita da ex preti”
In Italia i sacerdoti che hanno rinunciato all’abito talare sono tra i 5 e i 7mila. Viaggio tra i «dimissionari» che rientrano in società, spesso con una compagna. Nuova vita, nuova identità. Le difficoltà di dover ricominciare da zero. Soli e spesso senza un lavoro

Marcello Mastrioanni e Sophia Loren nel film «La moglie del prete»

07/01/2016
MAURO PIANTA
TORINO
C’è chi si è “convertito” in assistente sociale, qualcuno lavora in fabbrica, altri si sono reinventati imprenditori o rappresentanti. I più fortunati insegnano, in tanti sono alla ricerca disperata di un lavoro, ma quasi nessuno dice di aver perso la fede.

Benvenuti nel (complicato) mondo degli ex preti, quelli che hanno abbandonato la tonaca per rientrare nella società, spesso in compagnia di una moglie. Una società che li vede alle prese con una nuova vita e una nuova identità, impegnati con la necessità di dover ricominciare senza mai aver compilato un curriculum o cercato casa, orfani dell’abbraccio della Chiesa e della prospettiva di una pensione elargita dalla Cei. Talvolta prigionieri di una perenne “terra di mezzo” non solo sociologica, ma anche psicologica perché chi abbandona l’abito talare non può più esercitare, ma per la fede cattolica il sacramento del sacerdozio rimane impresso in modo «indelebile». In qualche modo, dunque, si è preti per sempre. Quanto al matrimonio, chi – tra di loro - lo ha celebrato con rito civile si è posto al di fuori della Chiesa. Chi, dopo un processo diocesano, ha atteso la dispensa papale ha potuto invece pronunciare il sì davanti a un ex collega.

Ma quanti sono gli “spretati”? Difficile dirlo. Secondo le stime di alcune associazioni negli ultimi cinquant’anni in Italia si sono dimessi tra i 5 e i 7mila sacerdoti. I dati più aggiornati dell’Ufficio centrale di Statistica della Chiesa cattolica riferiscono di 64 defezioni (il termine include anche coloro che hanno lascito per motivi diversi dal matrimonio) tra i preti italiani nel corso del 2013 (43 quelle dei diocesani, le rimanenti riguardano consacrati appartenenti a ordini religiosi). «Ma in media – spiegano i funzionari dell’ufficio – ogni anno il 10% dei dimissionari ci ripensa». Occorre tener presente che nel nostro Paese ci sono quasi 50mila preti (per l’esattezza: 47560 di cui 31956 diocesani e 15604 religiosi).
La questione dell’esercito degli ex è comunque nell’agenda di Papa Francesco. Lo ha assicurato lui stesso incontrando il clero romano, nel febbraio scorso.

«Speriamo, ma non ci contiamo più di tanto», butta lì Giovanni Monteasi, 76 anni, “spretato” dal 1983, un figlio e una vita lavorativa spesa nella formazione professionale. Lui è il presidente di Vocatio, un’associazione di preti sposati. «Non siamo contro il celibato, ma per la libertà di scelta: i preti dovrebbero avere la possibilità di scegliere se sposarsi o no».

Sulla stessa linea Lorenzo Maestri, 83 anni, direttore della rivista Sulla Strada: «Sono contento di aver rinunciato a questa chiesa medievale, anche se ho pagato un prezzo altissimo: sono stato parroco per 20 anni, quando ho annunciato la mia decisione mi sono ritrovato tutti contro, dal sacrestano al vescovo. Ho fatto il muratore, il rappresentante di commercio e poi l’insegnante. Senza contare la diffidenza della gente, anche se negli ultimi anni il clima è cambiato…».

Ci sono i conti con la coscienza e quelli con la fine del mese. Giuseppe I., 51 anni, siciliano, si è dimesso a gennaio del 2014 e si è sposato civilmente a Roma con la sua compagna che oggi fa la maestra. Solo pochi anni fa lei era una suora. «Eravamo amici. Fui proprio io - racconta lui - ad accompagnarla in un percorso spirituale che la portò ad entrare in una congregazione e poi missionaria in Africa». Un breve periodo e lei lascia la missione, anche lui vacilla. «Ci siamo innamorati. È stato come avvertire un passaggio di Dio nelle nostre vite, quasi che lui volesse creare qualcosa di nuovo e diverso dalle nostre povere esistenze». Inutile parlare con il vescovo, con lo psicologo, inutile l’anno di discernimento in monastero: il sentimento non svanisce. «Adesso sto cercando lavoro, frequento un corso di inglese, mi piacerebbe impegnarmi nel sociale, a contatto con i giovani. Ho mandato decine di curricula, ma non mi ha risposto nessuno. Ho bisogno di lavorare, è una questione di dignità. Viviamo in affitto a Roma, con il solo stipendio di A. (non pronuncia mai la parola moglie, ndr), i miei confratelli sono quasi tutti spariti…». Un figlio? «Se arriva siamo aperti alla vita, ci fidiamo della Provvidenza».

L’amarezza di chi sente abbandonato ha segnato anche l’esperienza di Ernesto Miragoli, 61 anni, di Como, oggi titolare di un’impresa edilizia con quattro dipendenti. «Ero una “promessa” del clero comasco, - ricorda - appassionato di storia dell’arte, collaboravo con i giornali e le tv locali. Mi innamorai, potevo servire la Chiesa da sposato ma me lo hanno impedito. Avevo lavorato per la mia Chiesa fino all’età di 32 anni, eppure da quel giorno del 1986 ero diventato invisibile, una specie di “lebbroso”. Mi aiutò un laico, il direttore di un giornale locale che mi affidò una pagina di cronaca per 800mila lire al mese. Un sostegno che mi permise di galleggiare, fino a quando – dopo aver letto un’inserzione – mi trasformai in un imprenditore edile. Oggi abbiamo tre figli, ho ottenuto la dispensa, andiamo regolarmente a messa e qualche volta, quando sento certe corbellerie dall’altare, mi viene voglia di salire e farla io, la predica…».

Il “segreto” per non restare prigioniero di una vita e di una mentalità da ex sacerdote? Cambiare aria, accumulare esperienze e solo allora tornare nel proprio paese. È la strada seguita da Giuseppe Zanon, 78 anni, da Gottolengo (Brescia): «I miei genitori erano malati e mi misero in collegio. A 13 anni è arrivato un frate e mi ha detto: “Vieni in seminario, potrai studiare e giocare”. Fu una specie di sequestro di persona. A 33 anni abbandonai i voti. Cristo non ti sbatte la porta in faccia perché ti sei innamorato, questo lo fanno gli uomini. Per me è stato decisivo vivere a Milano, aiutato da mio fratello e da un religioso. Lì ho studiato e mi sono laureato. Ho vissuto vent’anni da single, poi nel 1991 ho conosciuto Daniela e ci siamo sposati. Solo allora sono tornato a Gottolengo per insegnare lettere alla scuola media. Oggi sono in pensione e do una mano in parrocchia. Offendermi se mi danno del prete? Macché. Quando il parroco è malato, gli amici al bar mi prendono in giro: “Vai tu a dir messa”. Ma io sono felice di essere un prete, anche se non “esercito” più…».

Edited by GalileoGalilei - 30/10/2020, 14:24
 
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http://www.amicidilazzaro.it/index.php/pre...-che-ritornano/

PRETI CHE ABBANDONANO, PRETI CHE RITORNANO
4 MARZO 2016 REDAZIONE2

priestsMolto spesso si parla nei media dei sacerdoti, purtroppo soprattutto per divulgare casi che fanno scandalo o per condannare gli atteggiamenti della Chiesa giudicati troppo duri nei loro confronti. Assai meno si parla della cura personale che la Chiesa esercita costantemente verso i sacerdoti. […]

Qual e’ oggi la situazione di coloro che, dopo aver abbandonato il sacerdozio — cosa che di solito avviene con molta sofferenza —, chiedono di essere reintegrati nel ministero sacerdotale? Chi sono e quanti sono? Poiche’ in questo campo si fanno circolare dati alle volte inverosimili, vorremmo dare una corretta informazione sul fenomeno sia degli abbandoni, sia su quello, assai meno noto, delle riammissioni all’esercizio del ministero di sacerdoti che lo avevano precedentemente abbandonato. È infatti, a nostro avviso, un campo in cui si manifesta, in modi oggi più comprensivi, la benevolenza e la cura delle persone da parte della Chiesa, più esattamente la “maternità” della Chiesa, raramente messa in rilievo.

Non esiste una statistica precisa che consenta di conoscere il numero attuale dei sacerdoti che, avendo abbandonato il ministero, si sono sposati. Sulla base delle indicazioni pervenute in Vaticano dalle diocesi, dal 1964 al 2004, hanno lasciato il ministero 69.063 sacerdoti. Dal 1970 al 2004, 11.213 sacerdoti hanno ripreso il ministero. Ciò significa che i sacerdoti sposati non possono essere oggi più di 57.000. Probabilmente sono assai meno, perché in 40 anni un certo numero di essi è deceduto. Le cifre indicate dalla stampa e dalle associazioni di sacerdoti sposati, che parlano di 80.000-100.000 ex-sacerdoti, non hanno perciò fondamento.

Oggi la proporzione delle defezioni è in leggero aumento, ma non è paragonabile a quella degli anni Settanta. Dal 2000 al 2004, ogni anno, in media hanno abbandonato il sacerdozio lo 0,26% dei sacerdoti, cioè, in cinque anni, 5.383 preti. Parallelamente è aumentato anche il numero di coloro che chiedono di essere nuovamente ammessi al ministero sacerdotale. Dei 1.076 sacerdoti che ogni anno lasciano il ministero, 554 chiedono la dispensa dagli obblighi derivanti dallo stato sacerdotale: celibato e recita del breviario (1). Degli altri 522 sacerdoti, 74 ogni anno tornano al ministero. Si può notare che il 40% delle richieste di dispensa proviene da sacerdoti appartenenti a un ordine o a una congregazione religiosa. Dal 1° agosto 2005 il 16% delle richieste di dispensa proviene da diaconi. Per il periodo dal 2000 al 2004, ci sono poi 2.240 sacerdoti di cui non si conosce la situazione.

Dati più precisi per i singoli anni rivelano che, nel 2000, si sono registrati 930 abbandoni di sacerdoti, mentre 89 sono stati reintegrati. Sono state concesse 571 dispense, delle quali 68 prima dei 40 anni e 39 in punto di morte. Le dispense concesse ai diaconi sono state 112. Nei cinque anni seguenti le cifre sono aumentate, ma non di molto. Nel 2002 gli abbandoni sono stati 1.219 e i reingressi 71; le dispense concesse 550, di cui 19 prima dei 40 anni e 31 in punto di morte; 98 le dispense concesse ai diaconi. Nel 2004 ci sono stati 1.081 abbandoni e 56 reingressi; 476 le dispense concesse ai sacerdoti, di cui 27 prima dei 40 anni e sei in punto di morte. Dal 1° agosto 2005 al 20 ottobre 2006 la congregazione per il clero ha ricevuto 804 richieste di dispensa, comprese quelle dei diaconi. Includendo anche le 100 pratiche della congregazione per i sacramenti, le richieste provengono: 185 dagli Stati Uniti, 119 dall’Italia, 60 dalla Spagna, 59 dal Brasile, 52 dalla Polonia, 48 dal Messico, 32 dalla Germania, 31 dalle Filippine, 29 dall’Argentina, 27 dall’India, 26 dalla Francia, 23 dall’Irlanda, 22 dal Canada ecc. Si parla di congregazioni vaticane diverse perché sino al 1988 la competenza per le dispense era della congregazione per la dottrina della fede; poi la competenza passò alla congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti; dal 2005, per volontà del Santo Padre, è passata alla congregazione per il clero.

Le cause degli abbandoni, almeno quelle dichiarate, sono molto varie. La maggior parte delle richieste di dispensa è dovuta a situazioni di instabilità affettiva, insieme ad altri fattori che finiscono per rendere la situazione di molti sacerdoti quasi irreversibile, ma non mancano casi di crisi di fede, di conflittualità con i superiori o di difficoltà con il magistero, depressioni e gravi limiti caratteriali.

In media, con tutte le oscillazioni che una media comporta, l’abbandono avviene dopo 13 anni di ministero. Si tratta di persone ordinate a 28 anni e che hanno 50 anni al momento della richiesta della dispensa, perché in genere attendono una decina di anni prima di chiederla. Il 50,2% di coloro che chiedono la dispensa sono perciò già sposati civilmente, il 14,5% sono in situazione di convivenza, mentre il 35,2% vivono da soli.

Generalmente, osservando i casi delle richieste di dispensa inviate a partire dall’anno 2000, si può dire che la maggior parte dei sacerdoti che hanno lasciato il ministero hanno trovato una dignitosa sistemazione nei settori più svariati. Quasi tutti hanno un impiego o un’attività professionale e non sono bisognosi di aiuto. Parecchi di essi sono stati accolti da vescovi per svolgere incarichi ecclesiali e, una volta ottenuta la dispensa, per insegnare religione o, comunque, per lavorare in istituzioni dipendenti dall’autorità ecclesiastica.

Non mancano alcuni casi di ex-sacerdoti che svolgono delicate mansioni anche nella formazione dei giovani o nella formazione permanente del clero. Si sono create anche associazioni, che evidentemente non hanno alcun rapporto con la gerarchia, né godono di alcuna approvazione, od organizzazioni che riuniscono sacerdoti sposati per offrire i loro servizi sacerdotali a chi li richiede, come fedeli che a motivo della loro situazione irregolare o di comodità non desiderano ricorrere ai servizi di un sacerdote regolare (2).

Esiste infine un discreto gruppo di sacerdoti che, dopo aver abbandonato il ministero, trascorso un certo tempo, manifestano per esso una evidente nostalgia e un forte desiderio di riprendere il ministero sacerdotale, a cui erano stati chiamati e al quale si erano preparati. Molti di essi fanno pressione per essere riammessi al sacerdozio, ma senza abbandonare la vita di preti sposati, cosa che la Chiesa non può concedere senza modificare la legge sul celibato. Non pochi di loro vanno alla ricerca di un ministero sacerdotale da esercitare nelle confessioni protestanti o nelle sette.

Nella Chiesa cattolica sono sempre esistiti uomini sposati che lecitamente ordinati esercitano il ministero sacerdotale: sono quelli di rito orientale cattolico. Una pratica, questa, che è tradizionale nelle Chiese orientali sia ortodosse sia cattoliche, e che è stata pienamente confermata dal Concilio Vaticano II. Ci sono però, anche nella Chiesa di rito latino, sacerdoti sposati nel pieno e legittimo esercizio delle loro funzioni sacerdotali. Si tratta di ministri che sono passati alla Chiesa cattolica provenendo dall’anglicanesimo o da altre Chiese e gruppi cristiani. Ma c’è anche la presenza di sacerdoti cattolici sposati di rito orientale, che, come abbiamo detto, sono sempre esistiti, ma sinora erano presenti soltanto nelle zone a prevalente rito orientale, dove esercitavano il ministero a fianco del clero ortodosso o comunque non cattolico, senza causare problemi nelle comunità. Quando si trovavano al di fuori dei territori tradizionali, erano invece tenuti all’obbligo del celibato.

Oggi però un certo numero di sacerdoti cattolici di rito orientale, sposati, emigrano nelle città dell’Occidente, dove vengono accettati anche da vescovi, che, in difficoltà per la penuria di clero, affidano loro delle parrocchie. Fedeli e sacerdoti guardano con una certa perplessità questo fenomeno nuovo al quale non sono abituati. […]

Quando si parla di “recupero” dei sacerdoti sposati, con una terminologia forse non del tutto felice, occorre distinguere le varie casistiche e chiarire di che cosa si sta parlando.

C’è anzitutto il caso degli ex-ministri anglicani o luterani sposati, che, convertendosi alla Chiesa cattolica, chiedono di diventare sacerdoti e ai quali sin dai tempi di Pio XII fu concesso di poter continuare la propria vita coniugale in famiglia. Dai casi singoli si passò a quello di alcune centinaia di pastori anglicani, in grande maggioranza sposati, che chiesero di passare nelle file del clero cattolico, non condividendo alcune scelte compiute dalla loro Chiesa, specialmente in materia di ordinazione delle donne agli ordini sacri. Richieste in tal senso continuano anche oggi e vengono in genere benevolmente accolte. La media è di sette-otto all’anno. Le richieste pervenute negli ultimi anni sono rispettivamente 12 nel 2004, 9 nel 2005, 13 nel 2006.
Ci sono poi i sacerdoti che hanno lasciato il ministero sacerdotale e si sono sposati, ma, una volta liberi dal vincolo matrimoniale, chiedono di essere reintegrati nell’esercizio del ministero. Se una volta si trattava di singoli casi, oggi essi si sono moltiplicati, e la Chiesa ha modificato la propria legislazione per meglio accompagnare il cammino di persone che avevano consacrato la loro vita al suo servizio e avevano poi fatto altre scelte. Sono state stabilite nuove procedure, che offrono ai vescovi “benevoli” (come si dice nel linguaggio canonico) una guida, e nella maggioranza dei casi si concludono con la concessione della grazia pontificia.

Le richieste di reintegrazione negli anni 1967-2006, quindi trattate ancora dalla congregazione per la dottrina della fede, sono state 438. Ne sono state concesse 220, non concesse 104, mentre altre 114 erano in attesa di un supplemento di documentazione. Per poter chiedere la reintegrazione nell’esercizio del ministero, oltre alla domanda dell’interessato, occorre la dichiarazione di un vescovo “benevolo”, o di un superiore maggiore religioso che manifesti la sua disponibilità a incardinare la persona nella sua diocesi (o nel suo Istituto religioso con la professione dei voti temporanei), offrendo garanzie circa l’assenza di pericolo di scandalo qualora la domanda fosse accolta. Il richiedente dev’essere libero da vincolo matrimoniale sacramentale e non deve avere obblighi civili verso la moglie o verso i figli minorenni. Questo suppone normalmente che i figli siano maggiorenni, autosufficienti economicamente e non vivano con il padre. Se è stato sposato, occorre il certificato della morte del coniuge se è rimasto vedovo, oppure il decreto relativo nel caso di nullità del matrimonio del richiedente. Inoltre si richiede che l’età sia “ragionevolmente non troppo avanzata” e che si possa avere la testimonianza di laici ed ecclesiastici circa la sua idoneità a riassumere il ministero. È richiesto anche un aggiornamento teologico di almeno sei mesi. Infine, se si tratta di un ex-religioso che ora desidera essere incardinato in una diocesi, si richiede anche il nulla osta da parte del superiore religioso di origine.

Come si vede, la prassi della Chiesa, pur non modificando la legislazione vigente in fatto di celibato, è ampiamente cambiata, nel senso di andare incontro al desiderio di uomini che hanno abbandonato il ministero per i motivi più vari e desiderano ora riprendere una missione alla quale si erano preparati per anni e di cui continuano ad avvertire il valore e il significato. La rigidità di una volta, che giudicava e condannava duramente ogni abbandono del sacerdozio, è stata temperata da una prassi pastorale certamente più comprensiva e più “materna”. […]

In questo senso è assai significativo il fatto che in circa 30 anni siano stati riammessi all’esercizio del ministero sacerdotale 11.213 sacerdoti che per i più diversi motivi lo avevano abbandonato. […] Pur nel pieno rispetto per quanti decidono di servire meglio il Signore in un diverso stato di vita abbracciato dopo aver percepito di non essere adatti alla vita sacerdotale, ogni ritorno al ministero sacerdotale non può non rallegrare l’intera Chiesa, che ritrova una persona disponibile a servire con tutta se stessa la comunità ecclesiale e la causa del Vangelo.
di GianPaolo Salvini S.I.

NOTE

(1) Nel passato la situazione era assai diversa, anche a causa delle norme molto rigide in vigore sino al 1964, divenute successivamente più benevole e poi, dopo il 14 ottobre 1980, nuovamente alquanto più rigide. La normativa si riflette chiaramente nel numero delle dispense richieste e concesse nei vari periodi. Prima del 1980 la percentuale delle dispense concesse era del 95%; da allora si è scesi a un terzo delle richieste. Dal 1914 al 1963 pervennero 810 richieste di dispensa, delle quali 315 furono accolte e 495 non furono concesse. Dal 1964 al 1988 le richieste pervenute furono 44.890, delle quali 39.149 concesse e 5.741 rifiutate, per un totale di 39.464 dispense concesse e 6.236 respinte su 45.700 richieste pervenute alla congregazione per la dottrina della fede.

(2) Tra queste associazioni, alquanto paradossali, possiamo citare “Rent a priest” (noleggia un prete), assai attiva negli Stati Uniti. Comprende 167 sacerdoti organizzati in “decanati” che coprono tutto il territorio statunitense. Essa conta una quindicina di membri anche in Germania, cinque in Canada e alcuni altri sparsi per il mondo.
 
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view post Posted on 26/4/2016, 14:03
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Le parrocchiane: «È bello come un dio greco». Folgorato da suora laica

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http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli...scia-la-tonaca/

Si innamora della catechista, vice parroco lascia la tonaca


Redazione Tiscali
Le devote della parrocchia di Sant'Ambrogio si mangiavano con gli occhi il giovane vice parroco di Monserrato: “È bello come un dio greco”. Una catechista che lo aiutava nella gestione dell'oratorio ha fatto breccia nel cuore di don Davide Curreli che, a 29 anni, ha deciso di lasciare la tonaca per il suo amore. Tutta la cittadina ne parla, mentre loro, i due innamorati, hanno scelto per ora il silenzio e le preghiere. I sacerdoti monserratini non commentano i fatti, ma si limitano ad attendere una presa di posizione del vescovo. La fidanzata di don Davide, originario di Frutti d'Oro, viene considerata dai compaesani una ragazza fondamentalmente buona, modesta e particolarmente altruista. Impegnata nel sociale, come suora laica, ha deciso di stare con il vice parroco soltanto dopo averci riflettuto parecchio: insomma, anche per i due innamorati è stata una scelta sofferta.

Edited by GalileoGalilei - 6/10/2016, 12:03
 
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