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Verona. 67 sordi accusano: "Violentati da preti pedofili all'Istituto Provolo", Le "virtù erocihe" del venerabile vescovo Carraro, accusato di pedofilia

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GalileoGalilei
view post Posted on 29/3/2010, 13:04 by: GalileoGalilei
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www.larena.it/stories/Cronaca/13947..._la_colpa_a_me/

Orfano e sedotto da un prete «Ma diedero la colpa a me»
ABUSI SUI MINORI. Nuove testimonianze dopo i fatti raccontati in tivù da tre veronesi ex allievi del Provolo
Vitaliano: «Quando la vicenda venne alla luce io fui cacciato dall'istituto e il responsabile fu trasferito in un altro collegio»

* 29/03/2010

Le sconvolgenti testimonianze dei tre veronesi che hanno raccontato gli abusi sessuali di cui sarebbero stati vittime da bambini nell'istituto per sordomuti Don Antonio Provolo sono stati rilanciati perfino dal sito web dell'inglese Bbc all'interno di un servizio sullo scandalo dei preti pedofili. I loro racconti erano andati in onda venerdì nella trasmissione televisiva «Mi manda Raitre». Intanto, il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, ha fatto sapere che il modo in cui la Chiesa affronta la questione degli abusi sessuali sui minori «è cruciale per la sua credibilità morale» e ammettere i fatti e chiedere il perdono delle vittime «è il prezzo del ristabilimento della giustizia».
I fatti narrati dagli ex allievi del Provolo hanno tuttavia aperto una strada. E dopo tanti anni qualcuno sta trovando il coraggio di narrare vicende analoghe vissute di persona. Vitaliano Gazzabin, 65 anni, si è rivolto direttamente al nostro giornale. La sua sembra una storia di «mala educacion» uscita dalla sceneggiatura di un film di Almodovar. Operaio in pensione e con un passato di impegno sociale in una comunità per tossicodipendenti, l'uomo, che risiede a Verona da circa quarant'anni narra un'infanzia vissuta tra orfanatrofi e istituti religiosi. «Da bambino venni abbandonato due volte: prima dai miei genitori naturali e poi dai responsabili del collegio che riversarono su di me la colpa per le attenzioni pedofile di un sacerdote. Lo ricordo bene ma nei suoi confronti», sottolinea, «non coltivo rancore perché la vera violenza l'ho subita dai superiori». Vitaliano trattiene l'emozione a fatica. «Mi sentii un reietto... mi sembra ancora di vedere l'espressione impietrita della mia mamma adottiva quando le dissero di riportarmi a casa».
La sua storia sconfina nella zona grigia in cui violenza e complicità si confondono. «Frequentavo la terza elementare», racconta, «e dopo l'orfanatrofio agli Esposti di Padova, la mia famiglia adottiva mi mandò in un istituto religioso, non di Verona, dove divenni oggetto del piacere pedofilo di un sacerdote. Dico oggetto», sottolinea, «perché non ero consapevole del significato di quel piacere, ma ne fui anche soggetto, perché, sia pure nella mia coscienza di minore, cercai e condivisi quel piacere. Noi per quanto ragazzini conoscevamo le preferenze di quel prete, e fra di noi sapevamo chi era l'amante in carica e quello che non era più nella sue grazie». Il passato riaffiora, i volti, dopo oltre cinquant'anni, sembrano materializzarsi: «Ricordo un biondino del mio stesso paese, ricordo un chioggiotto dalla forte vitalità. Devo ammetterlo: ad essere scelti, era anche motivo di vanto, perché, per quella scelta, ottenevamo regali che altri non avevano speranza di avere. Le attenzioni particolari di quel prete, che per quanto mi riguarda aprì forse una porta non chiusa, erano stemperate dai privilegi».
L'uomo fa una pausa, come per rimettere ordine nei pensieri. «Non si deve pensare al sessantacinquenne di oggi ma all'orfano di allora, anche di ogni concreto affetto».
Ma è sull'istituzione che l'ex allievo del collegio religioso veneto intende puntare il dito. «Anche nel mio caso», esclama, «si preferì usare la politica del mettiamo tutto a tacere poiché una volta scoperto il fattaccio, il prete ricevette una lettera del superiore generale in cui, notificandogli il trasferimento ad altro collegio, gli si disse di badare meglio ai suoi atti verso i collegiali. Ricordo bene quella lettera scritta a penna in corsivo con inchiostro nero e ne ricordo il contenuto perché quel prete me la fece leggere». I fatti scorrono nella memoria come fotogrammi di un film. «Il collegio era immerso in un parco, sembrava un angolo di paradiso, mi vedo seduto su una panchina, in lacrime, e di fronte a me il religioso che in tono accusatorio mi rinfaccia di essere la causa dei suoi guai. E dal collegio io fui cacciato, non trasferito. Tutto considerato, al corruttore andò meglio che al corrotto». Al dolore si somma l'amarezza. «Sono passati più di 50 anni e ho un ricordo nitido dei miei pianti, della mia solitudine di bambino abbandonato, ma non per questo», concude, «è mai venuta meno la mia stima nella chiesa dell'amore, nel suo sacro come nel suo profano. Da allora, però, ho in profondo astio la chiesa del potere: vuoi quando si serve del sacro, vuoi quando si serve del profano». [FIRMA]
Enrico Santi

Enrico Santi

Edited by GalileoGalilei - 17/7/2010, 08:15
 
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