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Sborra Boy e caxone, i profili di don Mauro Stefanoni. Abusò di ragazzo disabile, Como: 8 anni in Cassazione e diocesi condannata a risarcimento per abusi su ragazzo con ritardo mentale. Fa ancora il prete

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view post Posted on 10/6/2008, 09:56
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Giorno, Il (Lecco)
"Lettera e firme al vescovo Coletti: «Fate ritornare don Mauro in paese»"
Data: 10/06/2008
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Cronaca Locale
LECCO
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LAGO E VALLI pag. 10
Lettera e firme al vescovo Coletti: «Fate ritornare don Mauro in paese»
In 1.400 hanno sottoscritto la richiesta a sostegno del prete
di STEFANO CASSINELLI — COLICO — IERI MATTINA le firme raccolte a Colico in sostegno di don Mauro Stefanoni sono state consegnate alla segreteria della curia per il vescovo Diego Coletti. Sono oltre 1.400 le firme raccolte nelle parrocchie del paese per chiedere al vescovo Coletti di far ritornare il sacerdote in paese. Don Mauro è stato condannato, in primo grado, a otto anni per violenza sessuale su un ragazzo minorenne, ma la comunità di fedeli colichesi sembra determinata a non credere alla sentenza e si dimostra determinata a difendere il religioso a spada tratta. Le firme sono accompagnate da una lettera di poche righe rivolte al vescovo in cui si chiede il ritorno del sacerdote. «LE CONTINGENZE esterne - si legge nella missiva - mettono a rischio la permanenza del sacerdote presso la nostra parrocchia. Non allontanate don Mauro dalla nostra comunità affinchè egli possa continuare a esercitare il proprio ministero ed essere di aiuto a ciascuno di noi. Noi tutti confidiamo nella sua comprensione». In curia la situazione più che particolare è presa in considerazione anche se spiegano che monsignor Coletti «non è al momento in sede, ma certamente nei prossimi giorni presterà la massima attenzione al caso e alle richieste dei fedeli». I PROMOTORI dell’iniziativa che ha portato alla raccolta delle firme si dicono fiduciosi e Silvio De Meo spiega: «Crediamo sia più che significativo che praticamente metà paese ha firmato questa petizione. In cinque giorni abbiamo raccolto 1.400 firme, il tutto in modo scrupoloso e in queste firme non ci sono i bambini e gli abitanti di Olgiasca. Insomma possiamo dire che un parrocchiano su due ha firmato. Siamo certi che il vescovo Coletti vorrà tenere in considerazione le richieste della comunità dove don Mauro ha lavorato lasciando così un bel ricordo». Nella lettera inviata al vescovo il messaggio e la richiesta della comunità è chiara e De Meo afferma: «Speriamo che il vescovo voglia accogliere la nostra preghiera e far ritornare don Mauro a Colico. All’appello del processo mancano circa due anni e in questo periodo speriamo che don Mauro possa continuare il cammino che ha intrapreso con la nostra comunità».

http://www.corrieredicomo.it/frm_articoli.cfm?ID=87195

Venerdì 20-06-2008 16:52 Data articolo: 20-06-2008

Cronaca

Primo piano

Cultura

Sport

I sostenitori di don Mauro aprono un sito Internet
VICINI AL SACERDOTE CONDANNATO



La pesantissima condanna in primo grado a 8 anni per violenza sessuale su un minorenne non ha scoraggiato i sostenitori di don Mauro Stefanoni. Così come - almeno all’apparenza - nemmeno la sospensione dall’incarico nella parrocchia di Colico voluta direttamente dal vescovo di Como, Diego Coletti, e l’ipotesi di un’inchiesta interna della Diocesi hanno messo fine alle iniziative dei fedeli più vicini all’ex parroco di Laglio.
L’ultima in ordine di tempo - dopo una raccolta di firme avviata sempre a Colico e coronata da un buon successo - è l’apertura di un sito Internet (www.vis.it/donmauro) dedicato a don Mauro.
L’iniziativa, avviata da qualche giorno, nasce per ammissione stessa dei fondatori con un obiettivo: portare anche sul web solidarietà al sacerdote. Nessun accenno di dibattito, o di critica, nessun messaggio di accusa o riprovazione, nemmeno dopo la sentenza. Anzi, come si legge sulla home page, «il sito nasce da un’idea di alcuni colichesi che vogliono manifestare la loro vicinanza a don Mauro e ai suoi familiari, uniti in un caloroso abbraccio, senza clamore e certi che questo ”momento buio” passerà presto». Appena sotto l’intestazione che titola l’intero sito con la frase “Per tenere viva la speranza”, sono evidenziate le possibilità per il visitatore. Si possono infatti lasciare messaggi brevi, citazioni, poesie o altri pensieri che appariranno in seguito nelle rispettive sezioni in cui è suddiviso il sito.
Passando in rassegna i vari testi già pubblicamente consultabili colpiscono innanzitutto due cose. La prima è che, a parte rarissimi casi, praticamente tutti i messaggi sono anonimi, cioè non recano nomi né cognomi degli autori. Soltanto la data è sempre ben in vista, fatto ancora più significativo se si pensa che la totalità dei messaggi è successiva al giorno della condanna a 8 anni del 30 maggio scorso. Il secondo elemento è il tono persino drammatico di alcuni “post”. Si passa infatti da messaggi del tipo “don Mauro, la tua casa è nel nostro cuore”, “io e la mia famiglia ti aspettiamo presto a Colico, forza don Mauro che sei il migliore”, o addirittura “don Mauro è la speranza di un futuro migliore”.
Si sprecano, poi, le convinzioni di totale innocenza dell’ex parroco di Laglio, così come vengono rimarcate più volte - talvolta con frasi praticamente identiche - le oltre 1.000 firme raccolte a Colico in solidarietà con il sacerdote condannato. Tante, poi, le citazioni da Karol Wojtyla (“Non c’è speranza senza paura, né paura senza speranza”), Shakespeare, Tolstoj e persino dello stesso don Mauro Stefanoni. E poi ancora poesie di Trilussa e Tagore, citazioni di passi delle Scritture, stralci di preghiere e ricordi personali che spesso si concludono con l’auspicio di “riavere don Mauro tra noi”.
Una sola cosa manca tra i messaggi. Un pensiero per la presunta vittima degli abusi.


Emanuele Caso


Edited by GalileoGalilei - 20/6/2008, 16:53
 
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view post Posted on 16/6/2008, 11:51
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http://www3.varesenews.it/insubria/articolo.php?id=101406

Varese - Don Mauro Stefanoni, che è stato parroco anche di Lavena Ponte Tresa, è stato condannato per violenza sessuale. Provvedimento temporaneo del vescovo in attesa del resto del giudizio
Dopo la condanna in primo grado, Sospeso il parroco di Laglio


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Don Mauro Stefanoni, il parroco di Laglio che fu anche parroco di Lavena Ponte Tresa, dopo la sua condanna in primo grado per violenza sessuale è stato sospeso della sue funzioni.

Più precisamente, secondo il comunicato della diocesi di Como, «E’ parso necessario non confermare la sua presenza e il suo ministero nelle parrocchie della zona di Colico, pur apprezzando i segni di solidarietà e di stima che in questi giorni sono stati espressi da alcuni membri di tali comunità».


Nel corso del processo di primo grado che ha visto protagonista Don Mauro, è stato coinvolto per favoreggiamento anche l'ex vescovo di Como Maggiolini, che ora ha preso la decisione «dopo un lungo colloquio con don Stefanoni» e in via provvisoria: «Ogni ulteriore decisione sarà elaborata a suo tempo nel dialogo con don Stefanoni – ribadisce infatti il comunicato - dopo che sarà stato possibile esaminare le motivazioni della sentenza di primo grado».


La Diocesi di Como ricorda infatti come sia «Opportuno astenersi da ogni considerazione di merito, almeno fino a quando la sentenza verrà depositata e motivata. Lo stesso ordinamento giuridico del nostro paese prevede poi altri due gradi di giudizio che sottopongono ad ulteriore verifica quanto è stato fatto e deciso nel primo. Fino a condanna definitiva, si deve presumere che la persona sottoposta a processo possa ancora dimostrare in sede giuridica la propria innocenza».


Senza però sottovalutare la gravità delle accuse, per cui il prete è stato giudicato in primo grado.«Questo non permette di considerare irrilevante e senza conseguenze il pronunciamento in primo grado. Prudenza e rispetto per la magistratura, la doverosa attenzione per tutte le persone coinvolte nella vicenda, comprese quelle che hanno promosso la causa sporgendo accusa» hanno portato ai provvedimenti segnalati.

La Chiesa, come prevede in questi casi con rilevanza penale, promuoverà accertamenti e indagini anche da parte della giurisprudenza ecclesiastica, che «senza interferire con quella civile» formulerà una valutazione processuale secondo il Diritto Canonico.




Lunedi 16 Giugno 2008





http://www.vaol.it/home.jsp?idrub=72400

La Diocesi ha deciso: don Mauro Stefanoni non resterà a Colico
L'ex parroco di Laglio è stato condannato a 8 anni di carcere per violenza sessuale aggravata.

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Visite: 84
Sfoglia l'archivio Notizie di CRONACHE » Pubblicato il: 16/06/2008
Categoria: FUORIPORTA | CRONACHE

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Riceviamo e pubblichiamo la nota diffusa dalla Diocesi sulla sentenza che ha interessato don Mauro Stefanoni.

La vicenda che vede coinvolto il sacerdote don Mauro Stefanoni della diocesi di Como è recentemente arrivata, dal punto di vista del procedimento giudiziario in corso, ad una condanna al termine del processo di primo grado.
Il Vescovo di Como ha già espresso, subito dopo la sentenza, alcune riflessioni. Qui si ribadisce che è opportuno astenersi da ogni considerazione di merito, almeno fino a quando la sentenza verrà depositata e motivata. Lo stesso ordinamento giuridico del nostro paese prevede poi altri due gradi di giudizio che sottopongono ad ulteriore verifica quanto è stato fatto e deciso nel primo. Fino a condanna definitiva, si deve presumere che la persona sottoposta a processo possa ancora dimostrare in sede giuridica la propria innocenza. Questo, tuttavia, non permette di considerare irrilevante e senza conseguenze il pronunciamento in primo grado. Prudenza e rispetto per la magistratura, la doverosa attenzione per tutte le persone coinvolte nella vicenda, comprese quelle che hanno promosso la causa sporgendo accusa, richiedono dunque che l’autorità della Chiesa, nei limiti della sua competenza e responsabilità di fronte ad un suo presbitero, assuma i provvedimenti che meglio salvaguardano la dignità dello stesso e insieme evitano di dare l’impressione di sottovalutare la situazione o di esprimere una minore equità nei confronti della dignità di tutte le parti in causa. In tale quadro è parso necessario al Vescovo di Como, in un lungo colloquio con don Stefanoni, non confermare la sua presenza e il suo ministero nelle parrocchie della zona di Colico, pur apprezzando i segni di solidarietà e di stima che in questi giorni sono stati espressi da alcuni membri di tali comunità. Ogni ulteriore decisione sarà elaborata a suo tempo nel dialogo con don Stefanoni dopo che sarà stato possibile esaminare le motivazioni della sentenza di primo grado. La legge interna della Chiesa prevede in questi casi, come in molti altri di rilevanza penale, che la stessa giurisprudenza ecclesiastica, senza interferire con quella civile, promuova gli opportuni accertamenti e indagini, e formuli una valutazione processuale che possa sostenere e motivare i provvedimenti di competenza dell’Ordinario del luogo (Codice di Diritto Canonico, canoni 1717 – 1731).



Como, 14 giugno 2008

dalla Curia Vescovile

 
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view post Posted on 17/6/2008, 09:24
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http://www.vivereacomo.com/2008/06/16/ecco...di-don-maurino/

Quello che segue è un colloquio telefonico intercettato alle 23.04 dell’11 maggio 2004 tra don Mauro (che verrà in seguito indicato con DM) e un suo giovane amico (indicato con A) residente a Ponte Tresa, paese in cui don Mauro era stato parroco prima di essere trasferito a Laglio.

Amico: Pronto?

Don Mauro: Pronto!

Amico: Pronto?

Don Mauro: Ma cosa cazzo stai facendo?

A: Niente, cosa sto facendo?

DM: Come niente? Testa di cazzo, mi sbatti il telefono in fa… in faccia prima. Poi non rispondi più, come niente? Come niente? Perché hai messo giù il telefono? Eh?

A: Perché stavo andando…

DM: Come stavo andando? Coglione del cazzo! Cosa fai, pisci in macchina? Pensi che son rincoglionito?

A: Piscio in macchina? Se avevo finito di pisciare.

DM: Eh…

A: Come piscio in macchina? Eh?

DM: Eh…eh… Cosa cazzo metti giù il telefono testa di cazzo? Con chi sei andato a Luino?

A: Ma se mi stava chiamando lei (la fidanzata ndr).

DM: (risatina) faccia di merda, ma se continuavo a te…a telefonarti io e non c’è…era libero il telefono.

A: Quando ero…

DM: Ma che pensi, che son deficiente?

A: Quando ero al telefono con te continuava a chiamarmi lei.

DM: Eh. Dopo quando ti chiamavo io, invece non chiamava nessuno. Come mai?

A: Cosa ne so? Quando ero al telefono così…con te…mi stava chiamando…

DM: (risatina) Ma cosa cazzo… se stava chiamando lei. Eri al telefono con me? Mi hai sbattuto il telefono in faccia. O no? O no?

(pausa nella conversazione)

DM: Mi sto sbagliando?

A: (sospira)

DM: Mi sto sbagliando?

(pausa nella conversazione)

DM: Mi sto sbagliando, eh?

A: No, no…

DM: Eh, e allora?

(pausa nella conversazione)

DM: E allora?

A: E cosa?

DM: Sto cercando di capire cosa c’hai. Cosa sono tutte ste paturnie che ti sono venute tutte ad un tratto?
(Pausa nella conversazione)

DM: Si può sapere?

A: Cosa? Sei tu che eri già…mi avevi…Quando ti incazzi e cioè proprio io devo…devo star là…

DM: Chi si incazza?

A: Ad ascoltarti a te…

DM: No, oh…

A: Mi parlavi da incazzato…

DM: Senti bello…

A: Che ti incazzavi…

DM: No, no, no. Senti bello, testa di cazzo. Quando tu mi hai risposto alle dieci…

A: EH, ecco, sì, sì…

DM: Sì. Quando mi hai risposto alle dieci, cos’è che mi hai detto? Cos’è che mi hai detto?

(pausa nella conversazione)

DM: Che stavi dormendo. Io ti ho chiesto: “ma come stavi dormendo, che mi hai rifiutato venti minuti fa?”. E chi è che ha fatto il faccione? Eh?

(pausa nella conversazione)

DM: Eh???

A: Eh…cosa vuoi? Ti ho detto…ti ho rifiutato, eh. E allora?

DM: Eh, eh…eh…

A: Eh, eh..

DM: E io ti ho detto: “Son venti minuti che ti sto chiamando!”.

A: Eh…

DM: E hai visto? Tu cosa mi hai risposto?

A: Eh, ho rifiutato.

DM: Eh…

A: Eh…

DM: Dopo non dire che son gli altri che rispondono da incazzati. Se tu ci hai le paturnie perché ti addormenti sul letto e ti rendi conto che dopo ti fai le seghe mentali perché non sei andato giù, non te la devi prendere con me, testa di cazzo. Io ho solo ridetto questa cosa qui.

(pausa nella conversazione)

DM: Non ho detto altro.

(pausa nella conversazione)

DM: Giusto?

A: Sì, sì…

DM: Sì, sì, sì. Allora, se avevi anche la coscienza a posto, adesso avresti chiamato mentre tornavi a casa. O no? O no?

(pausa nella conversazione)

DM: Eh?

A: Cosa?

DM: No, dico, se…se è…è vero che avevi ragione tu, avresti chiamato adesso tornando a casa. Invece come mai non hai chiamato? Eh?

(pausa nella conversazione)

A: Cosa?

DM: Come cosa? Ti ho fatto (risatina) una domanda un quarto d’ora fa, mi chiedi adesso “cosa”?

Cioè, ti ho fatto una domanda un quarto d’ora fa e…

A: Eh…

DM: Eh… e adesso mi chiedi “cosa” dopo un quarto d’ora?

A: Eh, non ho sentito. Cosa?

DM: E dove cazzo ce l’hai il telefono, nel buco del culo lo tieni?

A: Sì, va bene…

DM: Scusami (risatina) ti ho fatto una domanda un quarto d’ora fa, dove ce l’avevi il telefono?

A: Qua.

DM: Eh, e allora come hai fatto a non sentire?

A: Eh, cosa hai detto?

DM: No, ti ho chiesto, come hai fatto a non sentire? Non cambiare domanda!

A: E cosa hai chiesto? Come ho fatto a non sentire? Cosa hai chiesto? Non mi ricordo. Cosa hai chiesto?

DM: Eh? Cosa?

A: Cosa hai chiesto?

DM: Ti ho chiesto perché sei così testa di cazzo di merda stasera, che non mi hai neanche chiamato quando tornavi.

A: Ma se stavo chiamando e dopo hai chiamato tu?

DM: Sì, ma vaffanculo, va’

A: Cosa vuoi?

DM: Ma vaffanculo va’… è un quarto d’ora che avevi letto il messaggio. Son deficiente anche lì? Sono deficiente anche lì? Va bene…

A: Sì, un quarto d’ora? Tre minuti è un quarto d’ora? Minchia, se tu (voci sovrapposte) le cose…

DM: Sì, ma visto… visto che da Luino a lì ci metti 8 minuti di solito, sai…Cioè, se la matematica non è un’opinione…Se la matematica non è un’opinione…vedi un po’ tu… cosa ti devo dire, eh?

(pausa nella conversazione)

DM: O a meno che sono cambiate le cose, tutte in un tratto, e non ci vogliono più 8 minuti ma 6 ore, uno dice: “Eh, beh”!

(pausa nella conversazione)

(rumori in sottofondo)

(rumore di portiera che viene chiusa)

A: Eh, Tui…

DM: Dimmi…

A: Sei entrato?
DM: Eh?

A: Sei entrato?

DM: Ah, beh, guarda se devo aspettare che tu parli…finire di fare i cazzi tuoi comodi.

A: Sì, si…

DM: (risatina) Bene…

A: Va bene…ok…ci sentiamo domani mattina…

DM: Eh, cosa ti devo dire? Anche perché il tempo è scaduto. I soldi che devo spendere per parlare con te li ho spesi per aspettare che tu finisci di fare i tuoi ca… i tuoi cazzi.

A: Eh, eh…

DM: Eh, la tua troia l’hai salutata e basta. Ciao.

A: Hm, hm…

Secondo la pubblica accusa, rappresentata in udienza dal Pm Maria Vittoria Isella, il ragazzo di Ponte Tresa, oggi maggiorenne, ha palesemente una relazione affettiva e sessuale con don Mauro Stefanoni, iniziata a Ponte Tresa quando l’imputato era parroco in quel paese e il ragazzo ancora minorenne, proseguita anche a Laglio con visite settimanali da parte del ragazzo, effettuate di nascosto dalla fidanzata e dai genitori. La natura del rapporto emerge inevoquivocabilmente dalle intercettazioni telefoniche. Si è accertato che su 2800 telefonate effettuate o ricevute da don Mauro nell’arco di 53 giorni di intercettazioni, ben 2300 sono intercorse con il ragazzo di Ponte Tresa, con una media di 44 telefonate al giorno da parte di don Mauro e 6 da parte del ragazzo.

Il 2 novembre 2004 don Mauro ha tentato di chiamare il ragazzo di Ponte Tresa 110 volte consecutivamente. Il primo tentativo risulta alle 23.58 e all’1.23 è riuscito a mettersi in contatto, chiedendo spiegazioni sul perché il telefono non prendesse.
 
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sd&m
view post Posted on 1/8/2008, 22:30




sborra boy è stato sconfitto. 8 anni comunque mi paiono pochi x questi crimini
 
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view post Posted on 2/9/2008, 09:32
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http://ilgiorno.ilsole24ore.com/como/2008/...credibile.shtml

Ecco le motivazione della condanna a don Mauro
«Il ragazzino violentato Non ha inventato nulla Il suo racconto è credibile»
di CORRADO CATTANEO
— COMO —
HANNO CREDUTO alle testimonianze del ragazzo che ha subito gli abusi sessuali, un parrocchiano minorenne all’epoca dei fatti e affetto da una lieve... Home Como
prec succ
2008-09-02
di CORRADO CATTANEO
— COMO —
HANNO CREDUTO alle testimonianze del ragazzo che ha subito gli abusi sessuali, un parrocchiano minorenne all’epoca dei fatti e affetto da una lieve infermità mentale, i giudici del Tribunale di Como che hanno condannato il 29 maggio scorso l’ex parroco di Laglio, don Mauro Stefanoni, a 8 anni di carcere e a 150mila euro complessivi di risarcimento. La motivazione della sentenza di primo grado, depositata nei giorni scorsi, in oltre cento pagine parla chiaro circa le valutazioni fatte dal collegio della sezione penale lariana presieduto dal giudice Alessandro Bianchi.

E DIVERSAMENTE non poteva essere vista l’entità della condanna, che lo ha giudicato colpevole di violenza sessuale ai danni di un minore - «psichicamente debole e bisognoso di affetto e cure, incapace di ribellarsi efficacemente ad un soggetto adulto circondato da rispetto» - e visto che la conoscenza dei fatti accaduti dipende soprattutto dalle dichiarazioni della vittima, anche se a corroborare la sentenza entrano anche riscontri diretti e indiretti. Nel corso del processo, quindi, il minore «ha rilasciato reiterate dichiarazioni in ordine all’accaduto che, valutate nel loro pieno contenuto e coordinate logicamente con le altre risultanze probatorie, hanno confortato l’impianto accusatorio», questo sebbene l’esposizione del giovane «sia sempre caotica, confusa».

PER I GIUDICI i particolari nuovi emersi durante il procedimento non sono mai stati «in tale contraddizione da mettere in discussione la veridicità del suo racconto», mentre alcune «incongruenze evidenti», hanno comunque trovato «adeguata spiegazione, tale da non compromettere l’attendibilità dell’intera narrazione».

IN PARTICOLARE, visto che il ragazzo si confessò inizialmente con dei compagni di scuola, per il collegio «appare alquanto strano e poco plausibile» che il giovane volle stupirli raccontando le proprie «prodezze», così come «l’invenzione fantasiosa di rapporti sessuali con un sacerdote richiederebbe una capacità intellettiva ed una rielaborazione tipiche di una persona matura» che per i giudici sono «sconosciute» al ragazzo.
In sostanza per il Tribunale il giovane ha confidato gli episodi contestati - che spaziano dall’estate del 2003 all’ottobre del 2004 - «in modo sufficientemente coerente e congruente, con una progressione logica e con contraddizioni non sostanziali e nei limiti impostigli dalla sua patologia». Non fantasia, quindi, né una malattia capace di «minare interamente la sua capacità di rapportarsi al reale» nei suoi racconti di abusi, reiterati, di vario tipo. E così per i giudici sono cadute le due principali argomentazioni difensive per contrastare la credibilità della parte lesa: il complotto della famiglia e l’invenzione del ragazzo, considerati «del tutto inconsistenti».
 
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view post Posted on 2/9/2008, 14:24
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http://www.corrierecomo.it/frm_articoli.cfm?ID=88693


Martedì 02-09-2008 15:35 Data articolo: 02-09-2008


«L’accusatore di don Mauro è credibile»
Rese note le motivazioni della sentenza che condanna in primo grado l'ex parroco di Laglio per violenza sessuale
Secondo i giudici non esiste alcun complotto dovuto a inimicizia


«La vittima ha rilasciato reiterate dichiarazioni che, valutate» e unite alle «risultanze probatorie», confermano l’accusa a don Mauro Stefanoni. E questo, «nonostante l’esposizione del ragazzo» sia stata spesso «caotica, confusa» ma su dettagli «di poco conto».
Con questa motivazione, il collegio del Tribunale di Como ha motivato la sentenza dello scorso 29 maggio che ha condannato l’ex parroco di Laglio a otto anni di reclusione con l’accusa di violenza sessuale su un giovane che, all’epoca dei fatti, era minorenne.
Nelle 117 pagine redatte dal giudice estensore Paola Braggion, e firmate dal presidente Allessandro Bianchi, il collegio composto anche da Luciano Storaci ha toccato tutti i punti del lungo procedimento che si è concluso con la pesante condanna a carico del religioso. E questo - si legge - nonostante «alcune evidenti incongruenze» che tuttavia non sono state tali da «mettere in discussione la veridicità del racconto».
Molti i punti toccati nelle motivazioni, a partire proprio da come si arrivò alla prima rivelazione della presunta vittima che fu fatta ai compagni di classe nello spogliatoio della scuola. «Non si può sostenere - si legge - che le rivelazioni del ragazzo (definito un minore con problemi di natura psicologica, ndr) siano state indotte dalle domande dei compagni». Uno «svelamento dell’abuso», fatto in «un’occasione del tutto fortuita», come confermato, secondo il collegio, da quel “mi è scappato” pronunciato in dibattimento dal ragazzo, che dimostrerebbe una «rivelazione del tutto inaspettata, non precostituita e spontanea».
Un passaggio sottolineato a più riprese, e collegato alla personalità della presunta vittima - che «ricercava l’approvazione e il desiderio di attenzione» in chi gli stava accanto, amici e compagni compresi - è che dunque, dopo il «commento negativo da parte loro», avrebbe potuto ritrattare. Cosa che non fece. Tra l’altro «il ragazzo chiese e ottenne la promessa del silenzio riguardo al suo segreto».
“Fare il gradasso”
La difesa ha puntato il dito su una frase pronunciata dal giovane in aula: “Volevo fare il gradasso”, disse riferito a quelle confessioni. Ma per il collegio la presunta vittima decise di raccontare il suo segreto «per dimostrare che anch’egli, nonostante i suoi problemi, poteva competere con i coetanei, raccontando però solo i fatti veri e reali». Ed ancora si legge che «se davvero avesse voluto fare il gradasso avrebbe inventato un rapporto con una ragazzina coetanea», vantando dunque un’impresa «simile a quella dei suoi coetanei». Le motivazioni richiamano poi l’esempio di un puzzle: «La vittima - si legge - dispone dei medesimi pezzi di un puzzle che sistema diversamente ad ogni ricostruzione, ma sempre arrivando a fornire un quadro d’insieme sufficientemente compiuto». E ancora: «l’assoluta inesperienza in campo sessuale del ragazzo» nei rapporti con altre persone «legittima l’ipotesi che egli abbia facilmente potuto scambiare alcuni atti con altri».
«Le successive dichiarazioni della vittima - si legge ancora - ricalcano la prima, aggiungendo magari nuovi particolari o perché il ricordo si è chiarito strada facendo, o perché si è arricchito di particolari suggeriti dagli intervistatori nei numerosi esami che dovette affrontare». Da qui giungerebbe lo sfogo del ragazzo: “Perché non la smettono di non credermi'”.
La teoria del complotto
Le motivazioni della sentenza prendono poi di mira la “teoria del complotto” per una presunta inimicizia della famiglia del giovane con don Mauro, che però, si legge, «godeva della stima e ammirazione» del ragazzo. Ed in ogni caso «non è ragionevolmente credibile che, a causa di biechi dissidi e questioni di nessuna importanza, una mamma o una nonna possano indurre la persona più debole della famiglia a sostenere falsamente una gravissima ed infamante accusa, solo per danneggiare l’odiato parroco, esponendo in tal modo il minore al ludibrio pubblico».
I riscontri
Lunghissima poi la parte delle motivazioni dedicate ai riscontri «diretti ed indiretti» alle dichiarazioni della presunta vittima. Dalle «vocine erotiche» riferite dal giovane con cui «l’imputato si rivolgeva a lui», attitudine che denota «quantomeno familiarità, confidenza ed affetto», ai contatti telefonici («105 tra il 4 settembre 2003 e il 2 novembre 2004»), spiegati dall’imputato dall’esigenza di fissare gli appuntamenti come chierichetto che tuttavia «il parroco avrebbe potuto svolgere direttamente di persona durante i saluti quotidiani».
Ma c’è spazio in chiusura per un’altra considerazione: «Lo stesso ragazzo - si legge nelle motivazioni - in udienza ha spiegato di non avere mai visto film pornografici veri e propri». A casa poi i genitori non avevano Sky, e «nessun teste ha dichiarato di avere mai visto la vittima assistere a spettacoli pornografici o leggere riviste del genere», come era possibile per il giovane «introdurre nella propria narrazione fatti e condotte viste attuare da altri»'. E questa è «una ulteriore conferma della credibilità» della presunta vittima. La conclusione: «La condotta di don Mauro descritta nell’imputazione e sufficientemente dimostrata, configura i reati a lui contestati». La parola adesso passa alla difesa e al sicuro - e già annunciato - ricorso in appello.


Mauro Peverelli





http://www.corrieredicomo.it/frm_articoli.cfm?ID=88689

Martedì 02-09-2008 15:23 Data articolo: 02-09-2008

Cronaca

Primo piano

Cultura

Sport

Il “giallo delle chiavi” e della videocassetta
Duro attacco della difesa
Sulle dichiarazioni: «L'imputato cercò di condividere le proprie tesi»




All’interno delle motivazioni non mancano passaggi al veleno riferiti alle mosse della difesa. Il primo riguarda il “giallo delle chiavi” della parrocchia. In un primo momento «erano state ritirate» da don Mauro «in modo tale che la casa fosse inaccessibile agli estranei», scrive il collegio. A tal proposito, viene riportata una intercettazione telefonica in cui il prete dice alla sorella: «Ma come fanno ad entrare se la porta è chiusa'», riferendosi al ritrovamento di una microspia messa dalla polizia giudiziaria all’interno di una poltrona e scoperta per caso dalla madre del sacerdote. Fatto questo che confermava quanto detto dalla presunta vittima, che aveva sempre dichiarato che «don Mauro non temeva intrusioni perché nessuno aveva le chiavi per entrare autonomamente». Il religioso aggiunge poi, in una intercettazione ambientale con monsignor Oscar Cantoni, «in casa mia su di sopra non è mai entrato nessuno se non ci sono i miei». L’affermazione è poi stata smentita in aula da don Mauro che ha aggiunto («in modo poco convincente» per il collegio), che con l’espressione “i miei” non intendeva i suoi genitori bensì tutti «i suoi amici più cari».
L’imputato, si legge poi, «spiega in udienza di aver affidato le chiavi dell’oratorio a poche persone di sua fiducia», tra cui tre parrocchiane. Una di loro, però, ha «negato di aver avuto la disponibilità delle chiavi». Salvo aver sottoscritto una dichiarazione (agli atti) del maggio del 2005 in cui la donna «affermava l’opposta circostanza per essere stata in possesso delle chiavi dell’oratorio di Laglio fin dal 2002 con libero accesso» e «senza alcun preavviso».
La dichiarazione, tra l’altro, era stata «preparata» dal parroco. A tal proposito è pungente la frase che segue: «La dichiarazione firmata è sintomatica dell’attività difensiva posta in essere dall’imputato per cercare di convalidare le proprie tesi», constatando poi una «strana analogia» con quanto avvenuto con un’altra dichiarazione sottoscritta e non riconosciuta in aula dal testimone sulla videocassetta pedo-pornografica. Quest’ultima, trovata all’interno della casa parrocchiale in una perquisizione, secondo la difesa era di proprietà di un parrocchiano ed era contenuta in una cesta di videocassette donate alla parrocchia. Anche in questo caso il prete fece «sottoscrivere una dichiarazione» che «il teste contesterà vigorosamente in udienza». Di tale scritto, richiesto da don Mauro nel 2005, tre anni dopo il regalo della cesta, il parrocchiano in aula da testimone ha detto, si legge nelle motivazioni, «di non aver indicato la presenza di una cassetta pornografica». «A sostegno della attendibilità del teste e della infondatezza delle tesi della difesa - scrivono i giudici - si deve osservare che il parroco aveva fornito al suo parrocchiano una falsa giustificazione alla richiesta, nascondendo comprensibilmente il vero motivo al fine di ottenere una firma senza destare sospetti. È poi decisamente improbabile che il parrocchiano avesse consapevolmente donato una cassetta pornografica all’oratorio e avesse altrettanto consapevolmente scritto una dichiarazione in tal senso». La conclusione: «Il possesso di una videocassetta pornografica - scrive il collegio - di per sé non è di grande rilevanza ai fini dell’accertamento giudiziale del reato», ma «è evidente che ciò costituisce uno degli elementi di contorno utili a descrivere il contesto in cui si inserisce la vicenda», e a «definire la personalità dell’imputato compatibile con quanto narrato dalla vittima della violenza».


Mauro Peverelli
 
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PEDOFILIA: DOPO CONDANNA DON MAURO, TRE MONSIGNORI IN PROCURA
Wednesday, September 3rd, 2008
(AGI) - Como, 3 set. - Tre Monsignori in Procura a Como domani pomeriggio davanti al sostituto Maria Vittoria Isella, che li ha iscritti sul registro degli indagati per favoreggiamento personale nei confronti di don Mauro Stefanoni, l’ex parroco di Laglio e Brienno. Don Mauro e’ stato condannato il 29 maggio scorso a 8 anni di reclusione e al pagamento di 150mila euro come risarcimento danni, perche’ ritenuto dal Tribunale lariano colpevole di violenze sessuali ai danni di un ragazzino con lieve disabilita’ mentale e all’epoca dei fatti, il 2004, appena 14enne. Davanti al magistrato dovrebbero sfilare l’ex Vescovo di Como, Monsignor Alessandro Maggiolini, e i suoi collaboratori dell’epoca, Monsignor Oscar Cantoni (attuale Vescovo di Crema) e Monsignor Enrico Bedetti. A tirarli in ballo fu lo stesso imputato durante la sua deposizione davanti al collegio giudicante: a precisa domanda del Pm, rispose di aver saputo dell’indagine prima da Cantoni e Bedetti che lo avevano in Curia a Como, poi dall’allora capo della Diocesi lariana. Secondo il magistrato inquirente, che eredito’ la delicata inchiesta dal collega Vittorio Nessi, ora in servizio a Torino, quando Maggiolini parlo’ dell’inchiesta all’indagato quest’ultimo ancora non aveva ricevuto l’avviso di garanzia e si comportp’ poi in modo decisamente piu’ cauto soprattutto nei colloqui telefonici con un ragazzo di Ponte Tresa, nel Varesotto (dove don mauro ebbe altri problemi del tutto simili anche se la denuncia fu poi ritirata, ndr) il cui rapporto, come si legge nelle motivazioni di condanna a Don Mauro, e’ da ritenersi quantomeno equivoco. (AGI)

Cli/Mi/Est

http://www.corrieredicomo.it/frm_articoli.cfm?ID=88742


Il caso. I religiosi sono accusati dal magistrato di concorso in favoreggiamento personale
Maggiolini, Cantoni e Bedetti oggi interrogati sulla vicenda dell’ex parroco di Laglio


«Questo processo sarà la madre di molti altri che si apriranno nei prossimi mesi», disse il pubblico ministero, Maria Vittoria Isella, nel giorno della requisitoria al procedimento che aveva come imputato don Mauro Stefanoni - l’ex parroco di Laglio accusato di violenza sessuale su un ragazzo che, all’epoca dei fatti, era minorenne - e condannato in primo grado a otto anni.
E quella frase, pronunciata come monito, si è trasformata in immediata realtà pochi giorni dopo, con l’iscrizione nel registro degli indagati di due vescovi, monsignor Alessandro Maggiolini, all’epoca del fatti - nel 2004 - a guida della diocesi lariana, e monsignor Oscar Cantoni, oggi vescovo di Crema. Con loro anche monsignor Enrico Bedetti, ex vicario generale della Curia lariana.
I tre sono accusati dalla Procura di Como di concorso in favoreggiamento personale, avendo rivelato, secondo l’accusa, proprio a don Mauro che era in corso a suo carico una inchiesta penale per presunti abusi sessuali.
Oggi, nel pomeriggio, ci sarà un nuovo capitolo della vicenda: i tre religiosi infatti dovrebbero presentarsi in Procura, nell’ufficio del magistrato che ha sul tavolo il fascicolo, che poi è lo stesso del procedimento sull’ex parroco di Laglio, per essere sentiti sulla vicenda che li vede coinvolti.
Un atto, l’invito a presentarsi consegnato nelle mani di monsignor Maggiolini, di monsignor Cantoni e di monsignor Bedetti, che precede di poco la chiusura delle indagini e l’eventuale citazione diretta a giudizio dei tre indagati.
I primi passi di quanto si è poi concretizzato con l’iscrizione dei monsignori nel registro degli indagati, risalgono al 7 febbraio scorso, quando don Mauro Stefanoni, sentito in aula dal pubblico ministero Maria Vittoria Isella, alla domanda su come fosse venuto a conoscenza della indagine penale a suo carico per violenza sessuale, tirò in ballo senza troppi problemi proprio monsignor Maggiolini, allora vescovo di Como, che lo avrebbe «convocato in Curia una mattina» per dirgli una cosa importante.
Don Mauro, ricorda in aula di aver pensato in un primo momento, quel giorno, a questioni che riguardavano l’asilo, oppure ad uno spostamento di parrocchia visti i problemi che già c’erano stati a Laglio. In Curia però monsignor Maggiolini non c’era, e furono dunque monsignor Bedetti e monsignor Cantoni ad anticipare i motivi della chiamata («Ci risulta un’indagine penale a tuo carico per presunti abusi sessuali»), poi confermati da un successivo incontro con il vescovo alla sera.
«Una notizia che mi gelò il sangue», disse davanti al pubblico ministero don Mauro. Aggiungendo: «Mi consigliarono di lasciare la parrocchia. Al mio rifiuto, mi chiesero di non far parola con nessuno della questione».
L’ex parroco di Laglio concluse quel giorno dicendo che «l’intervento della Curia» non fu «a mio vantaggio».
Ma riferimenti al presunto favoreggiamento personale sono anche all’interno delle 117 pagine di motivazioni alla sentenza di condanna in primo grado di don Mauro.
Si legge infatti che la perquisizione in casa del parroco fu effettuata il 17 novembre del 2004, «dopo aver appreso dalle intercettazioni che l’imputato era stato avvertito dalla Curia della pendenza di un procedimento a suo carico e della possibilità di controlli». Secondo la Procura, infatti, l’intervento di monsignor Maggiolini, monsignor Cantoni e monsignor Bedetti avvenne proprio in un momento il cui l’inchiesta era nel vivo, compromettendo dunque il buon proseguimento delle indagini.
Se monsignor Bedetti e monsignor Cantoni non hanno mai commentato la loro iscrizione nel registro degli indagati, lo stesso non si può dire di monsignor Maggiolini che, dichiarandosi del tutto estraneo alla vicenda, ha aggiunto che «un vescovo è un po’ come un papà. Ho pensato che uno dei miei figlioli stava soffrendo e ho voluto parlargli».


Mauro Peverelli

http://www.agi.it/milano/notizie/200809041...mi0026-art.html

Milano
PEDOFILIA: VESCOVI IN PROCURA A COMO PER CASO DON MAURO

(AGI) - Como, 4 set. - Due vescovi e un monsignore in Procura a Como ma non per una visita pastorale, bensi' nella scomoda posizione di indagati per concorso in favoreggiamento personale nei confronti di Don Mauro Stefanoni, l'ex parroco di Laglio e Brienno condannato in primo grado il 29 maggio scorso a otto anni di reclusione e al pagamento di 150mila euro come risarcimento danni per le accuse di violenze sessuali ai danni di un parrocchiano 14enne affetto da lieve disabilita' mentale.
Davanti al magistrato inquirente, Maria Vittoria Isella, nel pomeriggio di oggi sono attesi il vescovo emerito di Como, Alessandro Maggiolini, e i suoi due collaboratori dell'epoca in cui si svolsero i fatti, ovvero l'attuale Vescovo di Crema Monsignor Oscar Cantoni e l'ex Vicario generale della Diocesi lariana monsignor Enrico Bedetti. Ognuno per il proprio ruolo sono accusati di aver informato don Mauro dell'inchiesta in corso ancor prima che l'indagato ricevesse l'avviso di garanzia, dandogli modo di "correggere" i suoi comportamenti e i suoi colloqui telefonici con un giovane di Ponte Tresa (Varese) con cui, secondo i giudici di primo grado, aveva un rapporto alquanto particolare ed equivoco L'inchiesta era stata avviata dal sostituto Vittorio Nessi, ora in servizio a Torino, e condotta in porto da Isella e dalla collega Giulia Pantano. I due magistrati si accingono a chiudere lo stralcio riguardante i tre prelati ma prima vogliono sentire la loro "campana". A metterli nei guai fu lo stesso don Mauro: rispondendo ad una specifica domanda del Pm durante il processo ammise di essere stato informato da loro dell'inchiesta in corso a suo carico.
(AGI)

Edited by GalileoGalilei - 26/9/2008, 16:16
 
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http://www.disabili-oggi.it/archives/0001531.html

PEDOFILIA:CASO DON MAURO, VESCOVO MAGGIOLINI NON RISPONDE A PM
(AGI) - Como, 4 set.- Si e’ avvalso della facolta’ di non parlare il vescovo emerito di Como, Monsignor Alessandro Maggiolini, comparso nel pomeriggio di oggi davanti al Sostituto procuratore Maria Vittoria Isella che lo accusa di concorso in favoreggiamento per aver informato don Mauro Stefanoni, l’ex parroco di Laglio condannato a 8 anni e a 150mila euro di risarcimento per violenze sessuali su un 14enne affetto da lieve disabilita’ mentale, delle indagini in corso facendo in modo che, secondo la Procura lariana, don Mauro “correggesse” il suo modo di parlare al telefono e di comportarsi di conseguenza. Monsignor Maggiolini, all’epoca dei fatti era a capo della Diocesi comasca ed e’ stato iscritto sul registro degli indagati insieme a due suoi collaboratori dell’epoca: l’attuale vescovo di Crema, Monsignor Oscar Cantoni e l’ormai ex vicario generale della Curia di Como, Enrico Bedetti. Arrivato a Palazzo di Giustizia accompagnato dai due avvocati Carlo e Vittorio Rusconi e su una sedia a rotelle, sulla quale da tempo e’ costretto per le cure chemioterapiche cui e’ sottoposto da qualche anno, dopo l’asportazione di un polmone per un tumore, ci e’ rimasto giusto il tempo di formalizzare la decisione di non rispondere alle domande. Poi se ne e’ andato dalla porta sul retro cercando di “dribblare” fotografi e cameraman. Sono, invece, ancora all’interno del Palazzo di Giustizia gli altri due monsignori indagati. (AGI)

http://www.ciaocomo.it/index.php?option=co...=8556&Itemid=64

Una visita lampo in Procura di Maggiolini, poi se ne va dal retro
giovedì 04 settembre 2008
Non è rimasto molto in Tribunale. Un colloquio breve, forse solo per formalizzare l'intenzione di non rispondere alle domande del Pm Maria Vittoria Isella. Poi è uscito dal retro del Palazzo di Giustizia di Como senza rilasciare alcuna dichiarazione, "dribblando" fotografi e cronisti. Monsignor Maggiolini, vescovo emerito di Como, è arrivato nel primo pomeriggio e poco dopo, sulla sedia a rotelle sulla quale si trova da tempo, se n'è andato. Era accompagnato dai suoi due avvocati. Mistero, al momento, se ha risposto alle domande del magistrato che lo ha indagato con l'accusa di favoreggiamento personale di don mauro Stefanoni, l'ex parroco di Laglio condannato ad 8 anni per violenza sessuale.

Dopo Maggiolini, al Tribunale, sono arrivati anche gli altri due iscritti nel registro degli indagti: l'ex vicario generale della Curia, Enrico Bedetti, ed il vescovo di Crema, monsignor Oscar Cantoni. Entrambi, da quanto si è appreso, sono tuttora all'interno del Palazzo di Giustizia per essere interrogati.

http://www.disabili-oggi.it/archives/0001535.html

PEDOFILIA: CASO DON MAURO,VESCOVO MAGGIOLINI NON RISPONDE A PM
(AGI) - Como, 4 set. - Anche il vescovo di Crema, Monsignor Oscar Cantoni, e l’ex Vicario generale della Curia di Como, Monsignor Enrico Bedetti, come gia’ aveva fatto nel primo pomeriggio il Vescovo Emerito di Como, Monsignor Alessandro Maggiolini si sono avvalsi della facolta’ di non rispondere alle domande del magistrato inquirente. Contrariamente a Maggiolini, pero’, hanno lasciato il Palazzo di Giustizia dalla porta principale senza tuttavia rilasciare dichiarazioni ai numerosi giornalisti che li attendevano al varco. Soltanto Bedetti, nonostante i tentativi del suo avvocato di fiducia di impedirgli qualsiasi pronunciamento, si e’ lasciato andare a critiche presumibilmente riferibili a stampa e Procura, sostenendo che ‘nei nostri confronti vi e’ stata una palese e inammissibile violazione della privacy’. Null’altro. Ora dopo i ‘non interrogatori’ di oggi pomeriggio per poter sentire anche l’altra campana’, il sostituto Maria Vittoria Isella si appresta a chiudere il fascicolo d’inchiesta che vede indagati i tre monsignori per concorso in favoreggiamento nei confronti di don Mauro Stefanoni, condannato in primo grado a otto anni e a 150mila euro di risarcimento per violenze sessuali ai danni di un ragazzino all’epoca 14enne, con lieve disabilita’ mentale. Con tutta probabilita’ il magistrato procedera’ ad una citazione diretta in giudizio dei tre indagati ’saltando’ la fase dell’udienza davanti al giudice dell’udienza preliminare. (AGI)

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La ridicola difesa di mons. Bedetti "Non siamo accusati di niente".

Ma è se è iscritto nel registro degli indagati!

Invoca la privacy, lui. Chi sa se nel suo concetto di privacy c'è anche quello di non avertire un indagato di pedofilia delle indagini contro di lui, mentre vi è il segreto istruttorio.


http://www.corrierecomo.it/frm_articoli.cfm?ID=88773

Silenzio dei tre monsignori in Procura Maggiolini, Cantoni e Bedetti sono indagati per concorso in favoreggiamento nella vicenda di don Mauro Si sono presentati ma hanno scelto la facoltà di non rispondere


Erano attesi per il primo pomeriggio. Ma, a dire la verità, in pochi pensavano che tutti e tre avrebbero risposto all’invito del sostituto procuratore della Repubblica, Maria Vittoria Isella. Invece, monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo emerito di Como, monsignor Oscar Cantoni, vescovo di Crema, e monsignor Enrico Bedetti, ex vicario generale della Diocesi, accompagnati dai loro avvocati, i gemelli Carlo e Vittorio Rusconi, non si sono nascosti, presentandosi puntualissimi - Maggiolini addirittura in anticipo - davanti al magistrato lariano che li ha indagati per concorso in favoreggiamento personale.

Una iscrizione nata dalle dichiarazioni rilasciate in aula da don Mauro Stefanoni - condannato a otto anni in primo grado per violenza sessuale su un minore - nel giorno del suo esame, quando confessò di aver saputo delle indagini a suo carico in seguito a una doppia convocazione in Curia, la prima al mattino (con presenti monsignor Cantoni e monsignor Bedetti), la seconda alla sera, davanti a monsignor Maggiolini, all’epoca dei fatti - che risalgono al 2004 - alla guida della Diocesi di Como. Il primo a varcare la soglia del palazzo di giustizia è stato proprio il vescovo emerito, prima delle 15. In carrozzella, e accompagnato dai suoi legali, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Lo stesso, un’oretta dopo, alle 15.55 e alle 16.10, hanno fatto pure il vescovo di Crema, Oscar Cantoni, e monsignor Bedetti. Anche per loro, l’incontro con il sostituto procuratore Isella è durato una manciata di minuti, giusto il tempo per confermare quanto fatto in precedenza da Maggiolini.

E nemmeno all’uscita dal palazzo di giustizia di Como i tre monsignori hanno voluto parlare della vicenda che li vede coinvolti. Qualche parola, uscita di getto ma detta con garbo, è sfuggita solo a monsignor Bedetti. «Per episodi di furti e rapine non si citano nomi e foto. Noi, invece, siamo stati sbattuti in prima pagina. Si parla tanto di privacy, ma in questo caso non si è vista. Ed è questa la cosa che più mi rammarica in tutta questa vicenda».

E ancora, incamminandosi verso il centro città: «E comunque non siamo accusati di niente. Ci troviamo ancora in una fase preliminare dell’inchiesta». Una indagine che comunque non dovrebbe essere lontana dalla conclusione. Nelle prossime settimane infatti il sostituto procuratore Maria Vittoria Isella dovrebbe inviare ai tre indagati e ai loro avvocati l’avviso della conclusione delle indagini preliminari.

Mauro Peverelli

Edited by GalileoGalilei - 5/9/2008, 19:35
 
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http://stage7.presstoday.com/_Standard/Articles/5709459

La Provincia di Sondrio
"In tre monsignori ora rischiano il processo"


COLICO: IL CASO DI DON MAURO STEFANONI

In tre monsignori ora rischiano il processo

La procura ha chiuso l'indagine riguardante Maggiolini, l'ex vicario e il vescovo di Crema

Ora ci sono venti giorni disponibili per dar vita alle contro deduzioni

COLICO(p. mor.) Non che ci si aspettasse una decisione differente da parte della procura, soprattutto dopo che i tre monsignori indagati per il favoreggiamento di don Mauro Stefanoni (l'ex parroco di Laglio, 40 anni, già in servizio come vicario alla parrocchia di Colico, prima di essere condannato a otto anni di detenzione
per violenza sessuale su un minorenne) nelle scorse settimane hanno scelto la via del silenzio.
Ma la formalizzazione della chiusura dell'inchiesta a carico del vescovo emerito di Como, Alessandro Maggiolini, del vescovo di Crema, Oscar Cantoni e dell'ex vicario della Curia lariana, Enrico Bedetti, è un ulteriore passo verso un possibile processo pubblico a carico degli alti prelati. Tecnicamente, ora che il sostituto procuratore Maria Vittoria Isella ha notificato il cosiddetto avviso di chiusura indagini, ai tre indagati non restano che tre possibilità: chiedere di essere sentiti in interrogatorio per fornire la loro spiegazione sul caso, opzione che difficilmente sarà giocata considerando la decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere quando sono stati convocati in procura; oppure presentare una memoria difensiva in cui si fornisce una chiave di lettura tale, sui fatti, da convincere il pubblico ministero a chiedere l'archiviazione delle accuse; oppure aspettare la citazione in giudizio, ovvero la fissazione della data del processo pubblico a loro carico (il reato per il quale sono indagati non prevede udienza preliminare, dunque si va subito in aula).
Com'è noto i tre monsignori sono finiti sotto inchiesta dopo che, durante il processo a suo carico, don Mauro Stefanoni aveva rivelato di essere stato informato dell'esistenza di un'inchiesta a suo carico dalla diocesi lariana. Più precisamente, l'ex parroco di Laglio e vicario a Colico, condannato dal tribunale di Como a otto anni di reclusione per aver abusato sessualmente di un ragazzo - minorenne all'epoca dei fatti - del paese, nel corso dell'esame a cui era stato sottoposto durante il processo a suo carico aveva raccontato quanto accadde il 16 novembre 2004, nel pieno dell'inchiesta - con tanto di intercettazioni ambientali e telefoniche - a suo carico. «Vado nello studio di monsignor Bedetti e in questo studio trovo monsignore Bedetti con l'allora don Oscar Cantoni - aveva riferito l'ex sacerdote di Laglio - Entro e mi dicono: "guarda dobbiamo dirti una notizia un po' così". Il vescovo ci ha detto di dirti che c'è in ballo una segnalazione per abusi sessuali su un minore». A questo punto don Mauro aveva chiesto un appuntamento con monsignor Maggiolini: «Gli ho chiesto: "Eccellenza, mi dovrebbe fare una cortesia, chi le ha detto questa cosa?". E monsignor Maggiolini mi disse: "non te lo posso dire"». Chissà che, in caso di processo, non decida di rivelare quel segreto.


25/09/2008
 
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view post Posted on 16/10/2008, 19:21
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http://www.corrieredicomo.it/frm_articoli.cfm?ID=89735

tre monsignori indagati respingono tutte le accuse
INCHIESTA SU DON MAURO STEFANONI





Spiegano e si giustificano. Danno la loro versione dei fatti e sostanzialmente si dichiarano del tutto estranei alle contestazioni che la Procura di Como ha fatto nei loro confronti.
I tre monsignori indagati dal pm Maria Vittoria Isella con l’accusa di avere rivelato a don Mauro Stefanoni, ex parroco di Laglio, l’esistenza di una indagine penale a suo carico, hanno già fatto avere in questi giorni - nel pieno rispetto dei tempi concessi loro dalla legge - le loro controdeduzioni al magistrato.
Sotto forma di nota scritta che è stata recapitata dai loro legali negli uffici del quinto piano del Palazzo di Giustizia.
Ora la valutazione conclusiva spetta proprio al magistrato che ha condotto l’intera inchiesta e che si accinge - è solo questione di giorni - a fare le sue richieste.
Il pubblico ministero Isella, lette le memorie dei tre indagati, dovrà decidere già nella prossima settimana se mandare a processo con citazione diretta in aula, monsignor Alessandro Maggiolini, ex vescovo di Como, l’ex vicario generale, Enrico Bedetti e pure l’attuale vescovo di Crema, Oscar Cantoni, oppure archiviare tutto il fascicolo aperto a loro carico.
Lo stabilirà fra qualche giorno il pm. Adesso l’inchiesta è davvero alle battute conclusive.
Ad aprire la strada a un’inchiesta era stato lo stesso don Mauro in Tribunale a Como nei mesi scorsi, durante l’interrogatorio davanti ai giudici. Rispondendo alle domande del magistrato, aveva infatti sostenuto che a informarlo di una indagine su di lui, per presunti abusi di natura sessuale, erano stati i tre monsignori della Diocesi lariana.
In particolare il vescovo di allora, Maggiolini, lo aveva convocato in Curia per questa comunicazione. Lui era andato pensando a tutt’altra cosa e poi era uscito dal colloquio consapevole del fatto che si stava indagando sul suo conto.
Da quelle dichiarazioni in aula, il pm Isella ha deciso di aprire il fascicolo che ora è in dirittura d’arrivo. E per il quale i tre monsignori rischiano anche di ritrovarsi in aula per rispondere di questo che, secondo la Procura, è stato un favoreggiamento personale dell’indagato.
Don Mauro, per la cronaca, è stato poi condannato a otto anni di reclusione in primo grado per violenza sessuale su un ragazzo del paese, minorenne all’epoca dei fatti contestati.


Marco Romualdi

 
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view post Posted on 28/10/2008, 18:21




la vicenda di sborra boy ha dei risvolti inquietanti
 
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view post Posted on 2/11/2008, 00:26
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Venerdì 31-10-2008 15:23 Data articolo: 31-10-2008

Maxidocumento per l'assoluzione di don Mauro
I legali in appello

Un appello fiume, di 271 pagine. È quello presentato, al limite del tempo consentito, dai legali di don Mauro Stefanoni, l’ex parroco di Laglio condannato in primo grado, dal collegio del Tribunale di Como composto da Alessandro Bianchi, Luciano Storaci e Paola Braggion, a 8 anni di reclusione per violenza sessuale ai danni di un ragazzo che, all’epoca dei fatti, era minorenne. Quasi trecento pagine dunque, più del doppio di quelle impiegate per motivare la sentenza (furono 117), in cui gli avvocati Guido Bomparola e Massimo Martinelli non hanno risparmiato nessuno: il Tribunale - che avrebbe usato «metodi inquisitori», «impedendo l’esercizio del diritto alla difesa», sostenendo fatti «inventati di sana pianta» e questo nonostante le «prove contrarie» - la polizia giudiziaria, la presunta vittima, i testimoni che avrebbero raccontato cose non vere e perfino, buon ultimo, i consulenti e la stampa, che avrebbe «sbattuto il mostro in prima pagina» arrivando a condizionare i testimoni della difesa.
Motivo che - secondo i legali - avrebbe spinto una deposizione cardine del processo, quella del fratello dell’imputato, a saltare. Un fuoco di fila, insomma, per chiedere alla Corte d’Appello di Milano che il «fantasioso racconto» del ragazzo vittima dei presunti abusi venga relegato a quello che è: «pura invenzione». Attacchi pesanti, in linea con le udienze del processo in cui non mancarono scambi piccati e accuse tra le parti.
Don Mauro Stefanoni, tramite i suoi avvocati, ha impugnato la sentenza del Tribunale lariano, e anche ben otto ordinanze emesse dallo stesso Collegio. La richiesta è ovviamente l’assoluzione «perché il fatto non sussiste», oppure in subordine, «previa riapertura dell’istruttoria», «ammettere tutti i mezzi di prova dedotti dalla difesa» per arrivare all’assoluzione. Ovvero, dichiarare la «nullità della sentenza» o quantomeno «ridurre la condanna dell’imputato al minimo» previsto dalla pena.
La premessa dell’atto entra subito nel vivo: «Di fronte ad una attività istruttoria scandalosa - scrivono gli avvocati - ci si aspettava dal Tribunale un maggiore equilibrio».
E ancora: «Il Tribunale si è uniformato al principio di provare il delitto anziché ricercare la verità», utilizzando per far questo una «lente deformante» per attribuire la «patente di credibilità» alla presunta vittima. L’obiettivo si sposta immediatamente sulle prime dichiarazioni del minorenne fatte ai suoi compagni di classe in uno spogliatoio e registrate su un nastro. Da qui iniziò, «in un contesto goliardico», la vicenda giudiziaria dell’ex parroco di Laglio. «Dichiarazioni che non possono ritenersi attendibili, poiché fondate su incongruenze tali da coinvolgere l’intera credibilità della persona offesa». Gli avvocati danno anche una loro ricostruzione dei fatti: il ragazzo cercava il consenso dei compagni, che non aveva ottenuto parlando della storia con una ragazza. «L’attenzione invece si concentra su di lui quando si inserisce nel discorso con una battuta banale e sciagurata». Inoltre, proseguono i legali, quella cassetta registrata non riporterebbe le prime dichiarazioni del giovane, in quanto già in precedenza i compagni di classe avrebbero affrontato con lui l’argomento.
Infine, in quel primo nastro, la presunta vittima sarebbe stata «indotta (per meglio dire costretta) a ripetere quanto (non) avrebbe detto in precedenza», dopo che il giovane avrebbe anche «voluto allontanarsi».
Dopo quell’inizio, anche la Procura e la polizia giudiziaria - per la difesa - si sarebbero mosse «come un elefante in una cristalleria, con l’unico scopo di ottenere risposte utili all’impianto accusatorio». «La Pg - proseguono i legali - si è prodigata oltre ogni misura nel coccolare il ragazzo, con l’unico scopo di farsi raccontare quello che gli stessi bramavano di sentirsi dire».
Ma gli avvocati di don Mauro contestano un po’ tutto, compresa la «mancata indicazione delle date nelle quali sarebbero stati commessi gli abusi», visto che il lasso temporale preso in considerazione dalla Procura va «dall’agosto del 2003 al 21 ottobre 2004, ovvero 448 giorni». Oppure la lista dei testimoni della difesa «tagliata» in modo eccessivo, fatto che avrebbe «leso in maniera grave i diritti dell’imputato».
Come detto, anche la stampa e il processo a porte aperte (a cui gli avvocati di don Mauro si erano opposti) una volta che «stava per iniziare la fase di escussione dei testimoni della difesa», finiscono nel mirino dell’Appello. Così i soggetti che avrebbero dovuto sostenere la parte dell’ex parroco di Laglio, si sarebbero trovati «loro malgrado a deporre in un’aula sempre affollata, con l’incessante presenza di giornalisti e pubblico, tra cui alcuni facinorosi ”sostenitori” della tesi dell’accusa». E, particolare clamoroso, sarebbe stato proprio questo il motivo per cui il fratello di don Mauro, testimone cardine, si sarebbe avvalso invece della facoltà di non rispondere.
L’ultima parte dell’appello è dedicata ai riscontri che nella sentenza confermerebbero la versione del ragazzo, dalla vhs pedopornografica alle “vocine” erotiche, dalla visione su Sky di film per adulti al rapporto con un ex parrocchiano di Ponte Tresa. Fino alla patologia dell’imputato, la fimosi serrata, che, secondo gli avvocati, avrebbe impedito di avere rapporti sessuali. Come emerso del resto - sostiene la difesa - nell’incidente probatorio in cui il perito del Gip evidenziò un «marcato processo infiammatorio» di «indubbio ostacolo al compimento dell’atto sessuale», ritenuto «doloroso» e «traumatico».

Mauro Peverelli


 
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La squallida storia del processo a don Mauro Stefanoni, condannato a 8 anni in primo grado: https://laici.forumcommunity.net/?t=11423488


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Mercoledì 19-11-2008 15:34 Data articolo: 19-11-2008

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Processo canonico a don Mauro
Incardinato ieri pomeriggio, scandaglierà il comportamento dell'ex parroco di Laglio
Dovrà accertare se vi siano responsabilità a carico del sacerdote


Si è incardinato ieri pomeriggio il processo canonico a carico di don Mauro Stefanoni. L’ex parroco di Laglio, condannato in primo grado dal Tribunale di Como per violenza sessuale ai danni di un ragazzo che all’epoca dei fatti era minorenne, è finito adesso sotto i fari del codice canonico.
Dalla diocesi lariana non giungono conferme. Anzi, a dominare sono il silenzio assoluto e il riserbo sulla delicata questione.
Il processo canonico, iniziato nel pomeriggio di ieri ma ancora lontano dall’entrare nel vivo, accerterà che ci siano elementi certi della eventuale responsabilità del sacerdote che, occorre ricordare, tramite i suoi legali - Guido Bomparola e Massimo Martinelli - ha presentato ricorso in appello contro la sentenza emessa dal collegio di Como.
La vicenda dei presunti abusi sessuali di don Mauro Stefanoni risale al periodo tra l’estate del 2003 e l’ottobre del 2004. La vicenda processuale prese però origine dalla denuncia presentata dai genitori della presunta vittima il 21 ottobre del 2004.
La lunga e complessa vicenda processuale prese il via il 12 dicembre del 2006, per concludersi poi con la sentenza dello scorso 17 aprile.
È seguita la lunga attesa delle motivazioni del collegio, depositate lo scorso agosto, e il ricorso al Tribunale d’Appello di Milano contro la decisione che ha condannato don Mauro a otto anni.
Una vicenda spinosa, quella dell’ex parroco di Laglio, che si è sempre professato innocente. Il sacerdote, che nel frattempo era stato spostato dalla diocesi a Colico quando vescovo titolare di Como era ancora Alessandro Maggiolini, è poi stato rimosso dall’incarico dalla nuova guida della Chiesa lariana, monsignor Diego Coletti, e vive oggi con i genitori a Cantù.


Mauro Peverelli
 
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Provincia di Como, La
"Don Mauro, archiviato il favoreggiamento"

Data: 05/02/2009
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Cronaca Locale
l'indagine Don Mauro, archiviato il favoreggiamento La Procura chiude l'inchiesta aperta nei confronti del vescovo emerito Maggiolini

La morte di monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo emerito scomparso lo scorso novembre, ha indotto la Procura della Repubblica di Como ad archiviare l'inchiesta aperta a suo tempo nei confronti suoi e dei suoi collaboratori Enrico Bedetti e Oscar Cantoni, attuale vescovo di Crema, accusati inizialmente di favoreggiamento nei confronti dell'ex parroco di Laglio don Mauro Stefanoni. La vicenda aveva preso corpo nel corso del processo per violenza sessuale nei confronti del sacerdote, che aveva riferito in aula di essere stato informato dell'esistenza di una indagine penale nei suoi confronti dai tre alti prelati, che lo avevano convocato e incontrato in curia a Como. Quella fuga di notizia fu, secondo l'ipotesi formulata dal pm Maria Vittoria Isella, la causa principe del naufragio dell'indagine, che quel giorno, di fatto, si fermò, visto che l'indagato badò bene a non assumere più comportamenti penalmente censurabili. Lui, don Stefanoni, negò sempre, sostenendo non solo di essere innocente ma, prima anocra, di non avere mai orientato le proprie mosse in base a quanto gli fu riferito allora, mentre monsignor Maggiolini, che pure con il pm non parlò mai (né lui né gli altri prelati) lasciò sempre a intendere di essersi volutamente e semplicemente comportato come il buon padre di famiglia, come un vescovo con un "suo" parroco. La scomparsa del vescovo emerito vanifica in ogni caso qualunque possibile sviluppo dell'indagine. Viene meno la possibilità di una sua testimonianza, il solo atto che avrebbe consentito alla Procura della Repubblica di accertare la sussistenza di quel che si definisce «elemento soggettivo» del reato, di capire cioè se i monsignori Bedetti e Cantoni commisero un favoreggiamento consapevole. La pratica va in soffitta per sempre, mentre si attende la fissazione della data del processo d'appello di don Mauro, deciso a fare valere le proprie ragioni anche al tribunale di Milano, dove la sentenza di primo grado è già stata impugnata dai suoi avvocati. Oltre un centinaio di pagine per decine di motivi d'appello, coerentemente alla condotta processuale tenuta a Como, dove l'imputato aveva sempre negato ognuno degli addebiti mossi dall'ex parrocchiano minorenne che lo accusava di violenza sessuale. La data del processo non dovrebbe farsi attendere.


04/02/2009
 
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Venerdì 20-02-2009 16:48 Data articolo: 20-02-2009

Don Mauro contro i testimoni
Secondo l'ex parroco di Laglio sarebbero state indicate circostanze non veritiere
Il sacerdote ha denunciato oltre trenta persone

Tutti denunciati. Oltre una trentina di testimoni dell’accusa che, nei mesi scorsi, sono sfilati in Tribunale a Como nel processo a carico di don Mauro Stefanoni, l’ex parroco di Laglio accusato e poi condannato in primo grado a 8 anni di reclusione per violenza sessuale su un ragazzo del paese, minorenne all’epoca dei fatti. Lo si apprende al Tribunale di Como dove, nelle ultime settimane, i fascicoli relativi a questi procedimenti sono sfilati sul tavolo della Procura. Sono stati denunciati tutti coloro che sono stati chiamati dal pm Maria Vittoria Isella a spiegare fatti e circostanze relativi al procedimento a carico del religioso. Da chi ha svolto le indagini su disposizione della Procura, come gli agenti della squadra mobile della Questura, ai genitori e agli amici più stretti della vittima.
Don Mauro, assistito dai suoi avvocati Guido Bomparola e Massimo Martinelli, avrebbe ravvisato nel loro comportamento qualcosa di irregolare, di non veritiero. Tanto che sono partite, quasi contestualmente alle varie udienze al Tribunale, le denunce. Oltre trenta, in tutto, come detto, di cui parte già in fase di archiviazione visto che il magistrato che si è occupato della vicenda – differente dal pm di udienza – non avrebbe ravvisato alcunché di irregolare né tantomeno con rilievi di natura penale.
L’inchiesta su don Mauro e i suoi presunti abusi di natura sessuale è partita nel 2005. Quando la vicenda era emersa aveva suscitato molto scalpore a Laglio. Il parroco ha sempre rigettato con decisione ogni accusa. Lo ha fatto davanti agli inquirenti, lo ha ribadito durante il processo che si è svolto tra il 2007 e il 2008 al Tribunale cittadino. Ma al termine di tante e combattute udienze il sacerdote è stato ritenuto colpevole e condannato: 8 anni di reclusione, in primo grado, stessa pena che il pm Isella aveva sollecitato per il religioso.
«Una congiura contro di lui», hanno sempre tuonato i suoi due legali che hanno già depositato alla Corte di appello di Milano un voluminoso ricorso (oltre 300 pagine) per chiedere un processo bis a don Mauro. Nel frattempo, il prete è stato sospeso dalla Curia di Como da ogni incarico. Da Laglio, infatti, era finito agli arresti domiciliari nella casa dei genitori a Cantù. E da qui era stato trasferito dalla Diocesi a Colico, in Altolago. Ma è stato proprio il vescovo Diego Coletti, qualche settimana dopo la sentenza di primo grado, a decidere di intervenire e a mettere l’ormai 30enne religioso in una situazione di aspettativa. Fuori dalla Curia, lontano da impegni o incontri con parrocchiani, in attesa di chiarire il contenuto delle accuse mosse dal ragazzino, minorenne quando sarebbero avvenuti i fatti. A carico di don Mauro è stato avviato anche il processo canonico che ha tempi e modalità decisamente differenti rispetto a quelli della giustizia ordinaria.

Marco Romualdi
 
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