Laici Libertari Anticlericali Forum

Posts written by pincopallino2

view post Posted: 20/11/2023, 13:08 Vescovo ortodosso: "abusato a 12 anni da prete protetto dalla diocesi di Castellaneta" - La stanza del peccato
https://bari.corriere.it/notizie/cronaca/2...093176xlk.shtml

«Quando ero ragazzo ho subìto abusi da un prete». La verità di don Domenico Cantore, scomunicato e ora vescovo ortodosso
diCesare Bechis
L'ex sacerdote, oggi padre Ciriaco, è stato ordinato vescovo ortodosso a Cetinje e il 19 novembre ha celebrato la sua prima messa con il nuovo rito nel palazzetto dello sport di Mottola. Aveva già denunciato i presunti abusi

«Quando ero ragazzo ho subìto abusi da un prete»: la verità di padre Ciriaco, scomunicato e diventato vescovo ortodosso
«In giovane età, dai 12 ai 14 anni, ho subìto abusi sessuali da parte di un prete attualmente in vita e la diocesi di Castellaneta ha sempre nascosto tutto. Adesso sono vescovo e ho trovato il coraggio di rendere nota la vicenda». La gravissima e forte denuncia è arrivata la mattina di domenica 19 novembre dall’ex sacerdote cattolico don Domenico Cantore, oggi padre Ciriaco di rito ortodosso - e, per questa ragione, scomunicato dal vescovo di Castellaneta, Sabino Iannuzzi - poco prima di celebrare la sua prima messa secondo il nuovo rito. Vi hanno partecipato i fedeli ortodossi e anche tanti cattolici, che hanno ammesso di essere presenti «per curiosità». Durante l’omelia il vescovo Ciriaco non ha fatto alcun cenno alle sue vicende personali. Ma intervistato dai giornalisti ha aggiunto: «Gli abusi sessuali che ho subìto mi hanno deviato, scoraggiato e buttato a terra psicologicamente. Mi hanno rovinato la vita, ma me l’hanno fatto sempre nascondere». Le autorità ecclesiastiche ora avvieranno un’indagine per accertare se quanto denunciato dall’ex parroco cattolico trovi corrispondenza nella realtà.

La denuncia al Vaticano sugli abusi subìti
Intanto, c’è da segnalare che questi fatti erano stati già portati a conoscenza del Vaticano a inizio d’anno. Il 2 febbraio scorso l’arcivescovo segretario Giorgio Demetrio Gallaro, nel confermare di aver ricevuto dalla Segreteria di Stato «una lettera indirizzata al Santo Padre Francesco nella quale Ella riferiva dei fatti particolarmente gravi a proposito di un sacerdote pedofilo che l’avrebbe abusato», comunica al reverendo padre P. Ciriaco Cantore che «per poter procedere ad ulteriori verifiche sarebbe necessario far pervenire una relazione scritta in cui emergano i fatti e le circostanze temporali, il nominativo del sacerdote e come sia stata gestita la questione da parte delle autorità ecclesiastiche e civili nel caso fosse stata sporta denuncia». In altre parole il Vaticano voleva sapere chi, dove, come e quando fossero avvenuti questi presunti abusi e come la diocesi locale e pugliese avesse gestito la vicenda. Questo nel caso in cui fossero già state presentate le opportune denunce sia alle autorità ecclesiali che alle forze dell’ordine.

Ciriaco: «Ho deciso di dire tutto dopo l'attacco del vescovo»
Il vescovo Ciriaco ha ammesso di aver deciso di uscire allo scoperto ora «in virtù del duro attacco subito a mezzo stampa dal vescovo di Castellaneta che ha usato un tono crudele e denigratorio. Lo perdono – ha detto – ma mi ha messo in ridicolo dinanzi a tutti, ai miei amici e fratelli ortodossi e ha tentato di ‘uccidermi’». La diocesi di Castellaneta, in questa fase, preferisce non replicare rinviando ad altri momenti i chiarimenti necessari su una vicenda spinosa che merita gli opportuni approfondimenti e verifiche.
view post Posted: 20/11/2023, 10:19 Vescovo ortodosso: "abusato a 12 anni da prete protetto dalla diocesi di Castellaneta" - La stanza del peccato

Il vescovo di Castellaneta Sabino Iannuzzi

www.lagazzettadelmezzogiorno.it/ne...RhqYd0_03ByGai4

«Io abusato, la Chiesa ha nascosto»: a Mottola la rivelazione del vescovo ortodosso Kyriàkos
Nel giorno della sua prima liturgia episcopale, è balzato agli onori della cronaca perché accusato dalla diocesi di Castellaneta di delitto di scisma

DARIO BENEDETTO

20 NOVEMBRE 2023

MOTTOLA - Doveva essere una mattinata di festa, in occasione della sua prima divina liturgia episcopale organizzata nel palazzetto dello sport di Mottola. Invece, ancora una volta, il vescovo ortodosso Kyriàkos, al secolo Domenico Cantore, ha spiazzato tutti rilasciando pubblicamente delle dichiarazioni pesantissime, puntando il dito contro i vertici della curia pugliese.


Il vescovo Ciriaco, da qualche giorno balzato agli onori della cronaca perché accusato dalla diocesi di Castellaneta di delitto di scisma, non ha usato giri di parole: «In giovane età, dai 12 ai 14 anni, ho subìto abusi sessuali da parte di un prete attualmente in vita e la diocesi di Castellaneta ha sempre nascosto tutto. Adesso sono vescovo e ho trovato il coraggio di rendere nota la vicenda». Come un fiume in piena, Padre Ciriaco è sceso nei dettagli, ammettendo di essere stato deviato, scoraggiato, indotto a condurre una vita di perversioni e ferito psicologicamente da chi poteva aiutarlo ma nel corso degli anni lo ha obbligato a tacere: «Mi hanno rovinato la vita – ha ammesso – e per questo ho informato la Santa Sede e denunciato tutto anche alle autorità competenti. Presto la verità verrà a galla ma non sono armato di vendetta bensì di senso di responsabilità nei confronti di tanti bambini costretti a subire nel silenzio ciò che ho subìto anch’io in tutti questi anni»...

CONTINUA A LEGGERE SULL'EDIZIONE CARTACEA O SULLA NOSTRA DIGITAL EDITION
view post Posted: 18/11/2023, 09:16 Morto p. Gino Burresi, condannato dal Vaticano per abusi su fedeli e seminaristi, prima li stuprava e poi li faceva preti - La stanza del peccato
OMV87d22-8-copia-2

https://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1336662.html

La prima sentenza del prefetto Levada fa tremare la Legione
La congregazione per la dottrina della fede ha colpito con una pesante condanna padre Gino Burresi. Le colpe? Le stesse di cui è accusato padre Marcial Maciel, fondatore dei potenti Legionari di Cristo

di Sandro Magister

ROMA, 28 luglio 2005 – Il quotidiano cattolico “Avvenire” ha pubblicato il 19 luglio la seguente nota della segreteria generale della conferenza episcopale italiana:

“A seguito del decreto in data 27 maggio 2005 della congregazione per la dottrina della fede, si rende noto che nei confronti di padre Luigi (Gino) Burresi, della congregazione dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, sono stati decisi i seguenti provvedimenti canonici:

“1 – revoca della facoltà di ricevere le confessioni di tutti i fedeli in ogni luogo, di cui ai canoni 966 e 969 del codice di diritto canonico;

“2 – proibizione definitiva di svolgere il ministero della direzione spirituale nei confronti di tutti i fedeli, siano essi laici, chierici o consacrati;

“3 – revoca della facoltà di predicare di cui ai canoni 764 e 765;

“4 – divieto di celebrare i sacramenti e i sacramentali in pubblico;

“5 – divieto di concedere interviste, scrivere su giornali, opuscoli, riviste periodiche o tramite internet, partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive che trattano questioni attinenti la dottrina cattolica, la morale, i fenomeni soprannaturali e mistici.

“Tanto si rende noto per conoscenza e utilità dei fedeli”.

In pratica, la CEI ha comunicato che padre Gino Burresi, fondatore dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, deve lasciare il ministero e ritirarsi a vita privata.

Tra i motivi del provvedimento, il decreto della congregazione per la dottrina della fede cita abusi nella confessione e nella direzione spirituale. Ma fonti vaticane hanno confermato che a questi motivi vanno aggiunte le accuse di abuso sessuale rivolte contro padre Burresi da alcuni che furono suoi seguaci e seminaristi negli anni Settanta e Ottanta.

Il decreto vaticano non è stato reso pubblico. Ma il settimanale americano “National Catholic Reporter” ne è entrato in possesso, e il suo corrispondente John L. Allen ne ha dato conto nella sua Newsletter “The Word from Rome” del 22 luglio.

Il decreto contro padre Burresi è il primo emesso dalla congregazione per la dottrina della fede nel pontificato di Benedetto XVI. È il primo che porta la firma del suo nuovo prefetto, l’ex arcivescovo di San Francisco William J. Levada (nella foto). Ed è stato approvato personalmente dal papa il 27 maggio ricevendo in udienza il segretario del dicastero, l’arcivescovo Angelo Amato. L’approvazione papale, “in forma specifica”, non ammette appello.

In quanto diretto contro il fondatore di un ordine religioso sulla base di accuse risalenti a decenni addietro per abusi sessuali compiuti su suoi seguaci, il decreto contro padre Burresi richiama un altro caso analogo ma di peso molto maggiore, anch’esso sotto esame da parte della congregazione per la dottrina della fede: il caso di padre Marcial Maciel Degollado, fondatore del Legionari di Cristo.

Non è escluso che la severità adottata contro padre Burresi preluda a un provvedimento di analogo rigore contro padre Maciel.

* * *

Padre Burresi, che oggi ha 73 anni, ha fatto parte fino al 1992 degli Oblati della Vergine Maria, un ordine fondato nel 1816 dal sacerdote italiano Bruno Lanteri. Devotissimo delle rivelazioni di Fatima, divenne prete abbastanza avanti negli anni, nel 1983, ma già prima s’era guadagnato una grande fama come mistico e direttore spirituale, oltre che per le stimmate e le visioni.

In piccolo, la sua popolarità somigliava a quella di padre Pio da Pietrelcina. E neppure troppo in piccolo: da lui accorrevano ogni giorno centinaia di persone in cerca di conforto, dall’Italia e dall’estero, compresi alti prelati, politici, ambasciatori. Dalle lontane Filippine, l’allora presidente Corazon Aquino mandò un giorno un suo messo a far benedire un rosario da quest’uomo in profumo di santità.

Il suo quartier generale era nelle campagne sotto Tivoli, poco fuori Roma, nella località di San Vittorino, dove ora sorge un vistoso santuario mariano in vetrocemento a forma di cono, edificato con le offerte dei devoti. “Fratel Gino”, come tutti lo chiamavano, riceveva inizialmente in una baracca di legno e lamiera, al posto della quale la congregazione degli Oblati costruì poi un seminario internazionale. Perché padre Burresi era anche un grande magnete di vocazioni alla vita religiosa.

Finché nel maggio del 1988 prima due, poi altri cinque suoi giovani seguaci ruppero l’incanto. Riferirono ai superiori della congregazione che il sacerdote li aveva attratti più volte nella sua camera e aveva abusato sessualmente di loro. Messi per iscritto, i loro racconti oscillavano tra fascinazione e autocolpevolizzazione. Ad esempio:

“Padre Gino baciava e nello stesso tempo diceva cose belle e sante: ‘Lasciati toccare da Dio. Amare non vuol dire peccare’. Ero confuso e paralizzato. sapevo che egli era uno stigmatizzato, uno che aveva contatti diretti con la Madonna. Perciò sentivo che mi sbagliavo, non poteva essere come pensavo, perché se così fosse stato Dio non lo avrebbe scelto come suo ministro in terra. Dissi tra me: Guarda quanto sono cattivo e marcio, vedo la malizia anche negli abbracci affettuosi di un santo”.

Vagliate queste accuse, i superiori degli Oblati presero una decisione fulminea. Il 6 giugno 1988 imbarcarono padre Burresi su un volo per Vienna e lo trasferirono nel loro convento austriaco di Loretto. E il giorno dopo il superiore generale dell’ordine, l’argentino Julio Cura, rimise il dossier d’accusa al prefetto della congregazione vaticana per i religiosi, che era il cardinale Jérôme Hamer.

Ma nella stessa congregazione l’allora segretario Vincenzo Fagiolo, futuro cardinale, era un simpatizzante dell’accusato. “Veniva spesso a confessarsi da me”, fece prontamente sapere padre Burresi, che intanto era già scappato dal confino austriaco ed era rientrato in Italia, a Montignoso di Gambassi Terme, in Toscana, diocesi di Volterra, dove tutt’ora risiede.

Sta di fatto che dal Vaticano misero sotto processo, più che padre Burresi, i superiori degli Oblati, alle cui costole posero un ispettore, Marcel Gendrot, monfortano. Dopo due mesi d’indagine, questi concluse a favore del ritorno di padre Burresi a San Vittorino e con una nota di biasimo a carico dei superiori dell’ordine.

I quali allora si appellarono a papa Giovanni Paolo II. Il ricorso, in data 22 novembre 1988, riempie tre pagine. Elenca i capi di accusa: atti omosessuali consumati con più giovani, sequestro di persona a scopo di libidine, violazione del segreto sacramentale. Rimprovera all’ispettore Gendrot d’aver insabbiato l’indagine. Chiede al papa di togliere il processo ad Hamer e Fagiolo e di affidarlo invece all’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, oppure a una commissione speciale.

Il 3 gennaio successivo la risposta: ricorso respinto. Non solo. Padre Cura e gli altri superiori degli Oblati sono dimessi d’autorità. Da ispettore, Gendrot è promosso commissario dell’ordine. Il processo resta nella mani di Hamer e Fagiolo. Unica concessione: un supplemento d’indagine affidato a tre cardinali oggi defunti: Giuseppe Caprio, Opilio Rossi, Luigi Dadaglio. Questi riascoltano uno solo dei sette iniziali testimoni d’accusa, alla fine divenuti undici. E un anno dopo, nel febbraio del 1990, concludono consentendo a padre Burresi di restare dov’è, a Montignoso, e di continuare lì la sua opera, col solo divieto di occuparsi di giovani vocazioni.

Ma padre Burresi ormai s’è messo in proprio. Nel 1992 lascia gli Oblati e fonda una nuova congregazione, i Servi del Cuore Immacolato di Maria, con ramo maschile e femminile, oggi forte di 150 membri.

Cinque anni più tardi, però, nel 1997, torna a indagare su di lui la congregazione per la dottrina della fede. Il processo si conclude il 10 maggio 2002 con un decreto firmato da Ratzinger e dall’allora segretario del dicastero, Tarcisio Bertone, oggi cardinale e arcivescovo di Genova.

La sentenza prende atto che le accuse sono cadute in prescrizione e quindi non condanna né punisce padre Burresi. Ma il rapporto di venti pagine che accompagna il decreto – anch’esso oggi in possesso del “National Catholic Reporter” – ha passaggi che meritano d’essere citati. È firmato dai quattro prelati incaricati delle indagini, presieduti da Velasio De Paolis, oggi vescovo e segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Il rapporto elenca le accuse contro il sacerdote: violazione del segreto confessionale, uso illegittimo delle confidenze avute in confessione a danno del penitente, offesa al buon nome delle persone, violazione del diritto alla privacy, induzione alla disubbidienza contro i superiori, falso misticismo, asserite apparizioni, visioni e messaggi soprannaturali.

Ammette che i fatti oggetto delle accuse sono caduti in prescrizione. Ma chiede alla congregazione per la dottrina della fede di comminare ugualmente contro padre Burresi delle sanzioni amministrative. Per questo motivo:

“Non va dimenticato che durante questo processo alcuni [seguaci di padre Burresi] hanno detto che l’accusato ‘uscirebbe da esso trionfante, più rispettato che mai, e quindi senza alcuna ombra, più glorioso di prima’. [Essi hanno detto] ‘che la segreteria di stato difende padre Gino, per cui la vittoria è assicurata’. Se nessun limite fosse applicato alla sua libertà di esercitare il ministero semplicemente per il fatto che le accuse provate sono cadute in prescrizione, probabilmente la sentenza di questa corte sarà usata come strumento di propaganda a favore dell’accusato. Egli sarà in grado di continuare a far danno a quelle persone psicologicamente deboli che si mettono sotto la sua direzione spirituale”.

* * *

L’asserito appoggio della segreteria di stato a padre Burresi – richiamato nel rapporto – è un altro degli elementi che accomunano il suo caso a quello di padre Maciel.

In effetti, nella segreteria di stato lavorano due prelati che appartengono l’uno, Angelo Tognoni, ai Servi del Cuore Immacolato di Maria fondati da padre Burresi, e l’altro, Donal Corry, ai Legionari di Cristo fondati da padre Maciel.

Non solo. I Legionari di Cristo risultano avere come loro sostenitore, da molti anni, il segretario di stato in persona, il cardinale Angelo Sodano.

Una conferma dell’appoggio della segreteria di stato alla causa dei Legionari si è avuta lo scorso venerdì 20 maggio, poco dopo l’uscita di un servizio di www.chiesa dedicato all’indagine sul caso Maciel avviata dalla congregazione per la dottrina della fede.

Grazie a un fax a loro pervenuto senza firma ma con un timbro della segreteria di stato, i Legionari di Cristo hanno emesso quel giorno un comunicato che diceva:

“At this time there is no canonical process underway regarding our founder, Fr Marcial Maciel, LC, nor will one be initiated”.

In realtà, il fax della segreteria di stato era meno perentorio, riguardo al futuro. Esso letteralmente diceva, in italiano:

“Non vi è nessun procedimento canonico in corso né è previsto per il futuro nei confronti di p. Maciel”.

La formula “non è previsto per il futuro” è ricorrente in Vaticano per indicare atti che sono nelle sfera del possibile, ma sui quali non è stata ancora presa una decisione formale.

Di certo c’è che sul caso Maciel l’indagine preliminare è andata avanti anche dopo la pseudo-smentita del 20 maggio, acquisendo ulteriori testimonianze e documenti. E sulla base di questa indagine la congregazione per la dottrina della fede – non la segreteria di stato – deciderà circa il processo canonico contro il fondatore dei Legionari di Cristo.

Il caso Burresi insegna. Pareva definitivamente archiviato dalla benevola sentenza del 10 maggio 2002. E invece è ripartito e arrivato a una conclusione ben più severa. Con Ratzinger giudice supremo, nel frattempo divenuto papa.

http://nelsegnodipadreginosantuariodimonti...o-magister.html
3 MARZO 2022
PADRE GINO BURRESI E IL VATICANISTA SANDRO MAGISTER


In questa sezione scrive anche un certo Hanss, che, così come ha fatto Sandro Magister, ha cancellato tutti i suoi commenti.

Io li ho salvati e posso riproporveli qui di seguito:

"La brutta chiesa di San Vittoriano Romano dedicata alla Vergine di Fatima.

Avevo poco più di vent'anni quando fui invitato a san Vittorino Romano, non lontano da Roma, in un centro spirituale animato da padre Gino Burresi. Chi mi invitò fu un giovane amico, Agostino, il quale aveva scoperto in padre Gino un uomo di grande levatura spirituale.

Al tempo ero giovane anch'io, quindi inesperto del mondo clericale. Raggiunsi la casa di ritiro per giovani nella quale era presente padre Gino e qualche organizzatore assieme a tanti altri giovani e al mio amico Agostino. Credo ci rimasi per una settimana. Ogni giorno c'era la messa e qualche preghiera in comune. Il discorso pomeridiano che padre Gino rivolgeva a noi giovani per incitarci ad amare Cristo e ad offrire noi stessi, entrando nel suo istituto religioso, era particolarmente atteso.

Il clima che si respirava aveva un non so che di "eccessivo", di "pompato" o "drogato".
Sembrava che tutti si aspettassero qualche evento soprannaturale, da un momento all'altro.

Padre gino girava per la casa con un paio di guantoni neri sotto i quali, si diceva, c'erano delle stimmate. Al tempo, ero un cattolico convinto ma piuttosto diffidente nei riguardi di fenomeni "eccezionali". Guardai, dunque, quei guantoni con un misto di sospetto e paura.

I discorsi di padre Gino tendevano molto ad essere di "pancia", poco razionali e molto emotivi, come quella volta in cui disse:

"Se io devo andare in Paradiso senza il papa o in inferno col papa preferisco questa seconda scelta!"

Se la prese, poi, con le Chiese cristiane che non riconoscono al papa il potere che ha nel Cattolicesimo. Nelle sue parole si sentiva il peso di molta arroganza, una notevole forzatura e ignoranza, oltre che un evidentemente capovolgimento di valori!!
Ma, forse, fu anche il desiderio di "piacere" al Vaticano con quest'inutile e gratuita piaggeria insegnata ad ingenui ragazzi...

Altre volte leggeva qualche passo dal suo diario. Una volta si soffermò su una sua "visione":

"Vidi la Vergine Maria con in braccio il bambino Gesù. Si avvicinò a me e me lo diede tra le braccia. Io fui estasiato vedendo la CARNE di quel bambino, bianca e profumata che sapeva di Paradiso....".

Se, per la maggioranza degli uditori, questo passo sembrava comprovasse la "santità" di padre Gino, personalmente mi lasciò molto scettico e inquieto: il padre si sentì in Paradiso ed estasiato al pensiero della CARNE di un bambino piccolo???? Il clima era tale che, se anche si avesse avuto sospetti di pedofiia, immediatamente ce li autocensuravamo.

Qua e là si sentiva qualcuno che diceva: "Povero padre Gino! Pare che lo combattano molto, gli diano molti dispiaceri ma in Vaticano viene protetto contro chi gli vuole male!".
Non lo dicevano chiaramente ma, già quella volta, padre Gino era sospetto e accusato di pedofilia e la cosa era abbastanza nota...

La sera, il reverendo padre girava per i dormitori. Io e gli altri dormivamo su letti a castello. Il religioso passava per gli stanzoni a vedere se era tutto a posto con una torcia elettrica, al buio.
Una di quelle sere si avvicinò a me, come precedentemente aveva fatto con altri.
Mi sorprese perché mi passò arditamente la mano sul petto nudo passando sotto la maglietta, me lo accarezzò completamente dicendo:

"Vuoi fare parte della nostra Congregazione e seguire Gesù?".

Rimasi molto confuso ma anche qui non riuscii a pensare "male".

Al termine del ritiro giovanile, decisi di non prendere alcuna decisione religiosa: ero troppo perplesso e confuso. Pensando di trovare comprensione, lo dissi al padre Gino ma, scattando d'ira, costui mi rivolse una risposta pressapoco come segue:
"Bene! Allora ti troverai una stupida donnetta, inutile come te, e ti sposerai".

Sentii una violenta arroganza e un disprezzo in quelle parole, tale da agghiacciarmi totalmente. Il religioso mi umiliò davanti ad altri con parole quanto meno sconvenienti. Avrei voluto dire al mio amico Agostino: "E' questo il santo che mi dicevi d'ascoltare?". Lasciai perdere e mi allontanai cercando di dimenticare tutta la strana vicenda.
(Per Agostino ci volle molto tempo in più: entrò nella loro congregazione e l'abbandonò dopo ben un anno. D'altronde, lui era molto più inquadrato cattolicamente di me, quindi più restìo ad accorgersi di "certe" cose).

Dopo 10 anni scoprii, casualmente, che padre Gino Burresi era stato condannato per pedofilia dal Vaticano.

Compresi, allora, perché dopo ogni cena, al momento della ricreazione, mi avvicinavo "irrazionalmente" verso i cancelli chiusi osservando la strada d'uscita di quel luogo di ritiro. Il mio corpo aveva sentito l'oppressione quando la mia mente di credente cattolico non voleva ancora ammetterla....

Edited by hanss - 26/5/2011, 12:52"


http://nelsegnodipadreginosantuariodimonti...-114452204.html

Hansss
view post Inviato il: 10/1/2013, 01:23


Nella società laica le antiche regole del buon senso esistono ancora, nonostante tutto.
Il comandante Schettino - che ha fatto disastrare la nave di cui era responsabile - è stato interdetto perpetuamente dal comandare navi, nonostante che si possa ritenere responsabile e pentito.
Ci sono, infatti, certe situazioni della vita, che, una volta violate, comportano un "non ritorno".
La cosiddetta misericordia divina non dev'essere mescolata con la giustizia elementare che prevede certi provvedimenti, dal momento che viviamo in un consesso civile e umano.
La capacità di dare a Cesare (nella giustizia umana) e di dare a Dio (nella misericordia divina) è completamente stravolto dal ragionamento del signore soprastante che, alla fine, propone un vero e proprio RELATIVISMO ETICO, quello stesso che il mondo cattolico "per aliam viam" condanna imputandolo al mondo laico.
Sarebbe proprio da dire "medice, cura teipsum!".

GalileoGalilei
view post Inviato il: 10/1/2013, 07:18


Io considero positivamente che si parli ancora di questo prete pedofilo spretato. Serve a insegnare che l'ambiente cattolico è irriformabile, perché chiuso alla comprensione della realtà, anche quando si manifesta davanti agli occhi.

Poi non conosco le storie e le persone, non posso giudicare. Ma ti invito a testimoniare ancora quel che hai visto. E a non fare il tuo nome e cognome pubblicamente, come ti chiedono per tirarti in trappola.


Hansss
view post Inviato il: 10/1/2013, 12:30


L'ambiente cattolico è attraversato periodicamente da tensioni riformatrici proprio perché esiste una permanente impossibilità a modificarlo.

E' una società nella società e, pure al suo interno, ha una società nella società: il "mondo dei preti" si mantiene ben staccato e privilegiato rispetto al cosiddetto "mondo dei laici".

Ancora oggi, un parroco può consultare il suo consiglio parrocchiale ma non è per nulla costretto da esso e può agire completamente contro le sue decisioni. Il diritto ecclesiastico glielo consente e lo tutela.

Che esista del clero sensibile ai temi della giustizia, per cui si irrita quando altro clero la fa da "padrone", questo è sempre stato ma il sistema consente i "padroni" e questo lo si vede in modo esemplare nei vertici vaticani che ne sono la sintesi efficace. Essi parlano ma possono benissimo non ascoltare nessuno!

Per questo i temi elementari della giustizia fanno fatica a passare e sono visti con molto sospetto (anche se ci si riempie la bocca di essi, ma è "polvere" negli occhi!): la giustizia è quella che certo clero ha deciso di essere, non altra!

Il lavoro MERITORIO di un certo mondo laico (credente e non) sta proprio nell'illuminare questa reale CONSORTERIA MAFIOSA.

Nel caso del Burresi, il sistema non cambia ma viene ulteriormente (e ipocritamente) innondato da una glassa dolciastra di pietismo e buonismo.

Come ho detto, non si tratta di "limitare" la misericordia divina, che per un credente è sempre presente, soprattutto nel caso di chi si pente dalle sue malefatte, ma di non annullare, in nome della misericordia, la giustizia umana, le elementari norme del buon senso e della prudenza. Alla fine delle vittime, di eventuali abusati e di gente che ha subito ingiustizia da questo guru nessuno pare curarsi! Ci si erge a paladini sempre dei carnefici!

Che nella Chiesa antica gli equilibri fossero un poco diversi, lo notiamo nei canoni dei primi concili ecumenici dove se il chierico contravveniva a certe norme, incorreva in sanzioni severe e irreformabili. Allora esisteva molta più severità e il popolo aveva di certo molta più voce in capitolo.

Purtroppo oggi le sanzioni funzionano solo quando i crimini si vengono a sapere e per non far sfigurare la gerarchia, che in molti casi si è manifestata collusa e lungamente connivente.

In Italia c'è l'aggravante di voler - in nome della misericordia, quindi prendendo in giro lo stesso proprio Dio - riabilitare il condannato come se potesse in ogni caso essere un testimone esemplare.

Ed ecco che padre Gino, allontanato dai seminaristi, deve essere di nuovo messo tra loro e fatto guida di tutti i "pauperes spiritu" del mondo.

No, non è proprio il caso!
Hansss
view post Inviato il: 10/1/2013, 19:59


www.iltirreno.it/empoli/cronaca/20...cano-1.16787846

Morto don Gino più volte indagato dal Vaticano

Era originario di Gambassi, verrà tumulato a Casanova vicino alla sua casa natale. Si era guadagnato una grande fama come mistico e direttore spirituale
04 maggio 2018


GAMBASSI. Se ne è andato all’età di 86 anni dopo una lunga malattia don Gino Burresi, sacerdote con grande seguito di fedeli ma anche sconfessato dalla Conferenza episcopale italiana e che in passato aveva ricevuto denunce per abusi. Originario di Gambassi, da alcuni anni si era ritirato a vita privata a Tuscania, in provincia di Viterbo. Ma sarà tumulato vicino alla sua casa di nascita in località Casanova, lungo la via Francigena, come richiesto dall’ordine religioso al quale padre Gino faceva riferimento, e che aveva fondato, i Servi del cuore immacolato di Maria.Padre Burresi era nato il 6 luglio 1932 e aveva fatto parte fino al 1992 degli Oblati della Vergine Maria, un ordine fondato nel 1816 dal sacerdote Bruno Lanteri.

Devotissimo alle rivelazioni di Fatima, divenne prete a 51 anni nel 1983, ma già prima si era guadagnato una grande fama come mistico e direttore spirituale. Come asserivano i suoi seguaci, aveva le stimmate, le visioni ed emanava profumo di rose. La sua popolarità somigliava a quella di padre Pio. Da lui accorrevano centinaia di persone in cerca di conforto: alti prelati, politici, ambasciatori e artisti. Il suo quartier generale era vicino Tivoli, a San Vittorino, dove venne costruito un santuario mariano edificato con le offerte raccolte tra i devoti.

Nel maggio del 1988, in seguito a un'inchiesta avviata dopo alcune denunce per abusi presentata da giovani seminaristi, venne trasferito in Austria. Quando rientrò in Italia, scelse la sua terra, la parrocchia di Montignoso, in Valdelsa, a due passi da Gambassi e da Castelfalfi. E qui ristrutturò completamente il santuario di San Frediano che divenne metà di centinaia e centinaia di fedeli ogni settimana.Poi in seguito ad un'altra inchiesta del vaticano dovette ritirarsi a vita privata.

Edited by pincopallino2 - 18/11/2023, 09:37
view post Posted: 17/11/2023, 09:21 Claps, centinaia contro il vescovo: "Vergogna, assassini" - Attualità
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/1...igorio/7355248/

“Miserabili le parole del vescovo di Potenza, mai chiesto risarcimento in cambio del nostro silenzio”: il fratello di Elisa Claps replica alle accuse di monsignor Ligorio
“Miserabili le parole del vescovo di Potenza, mai chiesto risarcimento in cambio del nostro silenzio”: il fratello di Elisa Claps replica alle accuse di monsignor Ligorio
Il fratello di Elisa era in collegamento con la trasmissione "Chi l’ha visto" che in studio ha ospitato anche Gianmarco Saurino, l’attore che l’ha interpretato nella serie Rai “Per Elisa”

di Alessandra De Vita | 16 NOVEMBRE 2023
Lo sguardo è lucido e provato, ma non è spento. È pieno di forza. Da dove venga è davvero difficile immaginarlo. Filomena Claps è madre coraggio, perché non ha mai smesso di lottare per sua figlia. Forse quella forza viene dai duemila ragazzi che sabato scorso erano sotto casa di Elisa, davanti al suo portone. Lo stesso da cui la ragazza uscì quella mattina del 12 settembre del ’93 per non tornare mai più. Ad aspettarla c’era la sua amica Eliana, da cui si separò per entrare in chiesa dove ad aspettarla c’era Danilo Restivo, condannato per il suo omicidio dopo 17 anni in Inghilterra dove poi ha ucciso un’altra donna, la sua vicina di casa. “Ci sono voluti 30 anni di sacrifici e dolore ma vedere tutta questa gente per Elisa è un onore. Vi vorrei abbracciare tutti”: ha detto mamma Filomena ai ragazzi. “È stato un passaggio generazionale, vedere oltre duemila ragazzi che urlavano il nome di Elisa è stato straordinario”, ha detto ieri Gildo Claps, il fratello di Elisa, in collegamento con la trasmissione Chi l’ha visto che in studio ha ospitato anche Gianmarco Saurino, l’attore che l’ha interpretato nella serie Rai “Per Elisa”.



“L’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio è riuscito a sporcare anche quella giornata, quel vento di primavera”. Gildo Claps si riferisce all’intervista che, dopo la manifestazione di sabato, Ligorio ha rilasciato al Corriere e in cui ha detto che “La famiglia Claps chiedeva un risarcimento ma noi abbiamo detto di no”. “Non avete nulla da giustificare, lo sento profondamente. I familiari si tolgono il pane da bocca per avere i figli a casa ma se vuoi puoi rispondere”, ha replicato la conduttrice Federica Sciarelli che segue questo caso da anni. “Ma queste cose fanno male – ha aggiunto Gildo –. Non c’è stata mai una richiesta di risarcimento in cambio del nostro silenzio, questa affermazione è miserabile. La verità in questi anni da questi studi l’abbiamo raccontata, consegnata, adesso nessuno ha più scuse. Se qualcuno si rifiuta ancora di vederla è in mala fede, non ho altro da dire”.

In realtà, a chiedere il risarcimento non è stata la famiglia Claps, ma gli stessi sacerdoti della Chiesa della Santissima Trinità in cui quella mattina di settembre di 30 anni fa Elisa fu assassinata da Danilo Restivo e in cui è rimasta sepolta da un muro di omertà per ben 17 anni. A ritrovarla, solo dopo la morte del parroco don Mimì Sabia, furono degli operai, durante dei lavori, il 17 marzo del 2010. Ebbene, il tribunale di Salerno glielo negò quel risarcimento, a causa della loro negligenza, riferendosi alla chiesa della Santissima Trinità che aveva chiesto di potersi costituire parte civile per ottenere una condanna in favore della Parrocchia da parte dei Restivo. Il vescovo Agostino Superbo, il giorno dopo il ritrovamento del corpo di Elisa, si presentò in Chiesa con un avvocato. Davanti alle telecamere dei giornalisti disse: “Sono venuto a concordare con i funzionari che stanno dirigendo le indagini i tempi per la riapertura al culto e alle altre attività. La chiesa non è sconsacrata, non è avvenuto niente in questa chiesa. La chiusura è un atto di collaborazione dovuta, penso che ci vorrà almeno una settimana perché riapra. Niente di male è accaduto qui dentro”.


Quella Chiesa ha riaperto dopo 17 anni tra il dissenso della comunità lucana e non silo. Eppure Restivo non aveva mai negato di aver visto Elisa proprio in quella chiesa. Lo aveva detto durante il processo che ci era entrato con Elisa. Che avevano parlato davanti alla canonica, dietro l’altare, vicino all’ufficio del Parroco. Dopo 30 anni, restano molte domande senza risposta. La presa d’aria, i fori nel sottotetto in corrispondenza del cadavere di Elisa per fare uscire i miasmi del suo corpo martorizzato a morte. “Di certo non può averli fatti Restivo, sconvolto da quanto aveva fatto – ha aggiunto la Sciarelli, che conosce benissimo questa storia. E cosa ci faceva in quel sottotetto un materasso? E quel bottone rosso porpora, in prossimità de corpo di Elisa?”. Quel bottone fu analizzato dall’esperta Eva Sacchi, che disse che era un bottone usato negli abiti talari cardinalizi. “Fu presa una foto di Don Mimì – ha specificato Sciarelli – in cui si vedeva che al suo abito mancava un bottone. Non era quello, stabilì la nella perizia ma Sacchi scrisse anche che le condizioni dell’abito usurato e l’ottima condizione di bottoni facevano credere che i bottoni fossero stati sostituiti. Domande per cui dovrebbero esserci delle risposte”.

Il vescovo dice che tirerà fuori un dossier. “Dovrebbero consegnarlo alle autorità, non siamo uno Stato in cui c’è la polizia segreta della curia potentina che li rilascia alla stampa. Dovrei ricordare tutte le nefandezze di questa storia. Persino la dottoressa Barbara Strappato della Squadra Mobile di Potenza, ha detto che quello del 2010 non fu il primo ritrovamento di Elisa ma una messa in scena. Ad ogni modo, non c’è bisogno di una condanna giudiziaria, è la storia che li condanna, la città e il Paese intero”.

Quella condanna è arrivata forte domenica 5 novembre quando centinaia di persone hanno manifestato a Potenza, davanti a quella chiesa che è stata la tomba di Elisa, perché contrari alla riapertura al culto. “Non c’erano talebani lì davanti ma famiglie di credenti con bambini a urlare vergogna per la rimozione della verità. Possibile che non riusciate a chiedere scusa ad ammettere le vostre responsabilità. Possibile che non riusciate a chiedere scusa?”, si chiede Gildo Claps insieme a tutta la comunità potentina e non soltanto
view post Posted: 17/11/2023, 07:42 Soldi per posti di lavoro. Don Clemente condannato a un anno e 7 mesi. Trasferito al nord Italia. - Attualità
www.casertanews.it/cronaca/process...hiarazioni.html

Anna Grippo
Collaboratrice
16 novembre 2023 17:19

CRONACA GRAZZANISE

Posti di lavoro in cambio di denaro, prete a processo. La vittima: "Mi fidavo di lui"
L'ex parroco di Brezza si faceva consegnare ingenti somme per la sua intermediazione

"Avevo capito che qualcosa non andava e cominciai a registrare le nostre conversazioni, mi ha spillato oltre 70mila euro ed ha giocato sporco sulla speranza che avevo di vedere mia figlia sistemata o di fare io stesso un lavoro così importante per la Curia di Capua. Erano tutte menzogne ed io mi sono fidato, era il mio parroco. A malincuore ho capito che era solo un impostore che mi ha ingannato". Sono le dichiarazioni rese dall'imprenditore edile di Santa Maria La Fossa nel corso dell'udienza celebratasi dinanzi al giudice monocratico Marzia Pellegrino del Tribunale di Santa Maria La Fossa nel processo per truffa aggravata a carico di Don Sergio Clemente, 54enne, di Grazzanise ex parroco della Parrocchia San Martino Vescovo di Grazzanise località Brezza.

Secondo quanto ricostruito dalla Procura sammaritana il parroco allontanato poi nell'imminenza dell'apertura delle indagini nell'ottobre 2017, fece credere all'imprenditore edile che avrebbe ottenuto l'affidamento di un appalto di rilevante valore in particolare, di svolgere dei lavori presso il vescovato di Capua del valore di 2 milioni e 600 mila euro, previo però versamento di varie somme di denaro da elargire ai membri della commissione. Altresì fece credere al professionista che avrebbe trovato un posto di lavoro alla figlia presso la banca Unicredit ove millantava il credito in ragione del suo ufficio religioso rappresentando la necessità di versare ulteriori somme di denaro necessarie per "impegnare un suo amico" che decideva delle assunzioni presso l'istituto di credito.

Don Clemente quindi per la presunta attività di intermediazione si sarebbe fatto consegnare dal costruttore ben 73.000 euro suddivisi in 58.000 euro per il presunto appalto milionario dei lavori presso la Curia capuana e 15.000 euro per la presunta assunzione della figlia presso la banca fiduciaria della Curia. I lunghi tempi di attesa insospettirono la vittima che denunciò tutto alla stazione carabinieri di Grazzanise. Si torna in aula nel mese di dicembre per le discussioni dei legali.
view post Posted: 16/11/2023, 17:02 Prete ubriaco al funerale del neonato: "l'angelo dorme e stavo dormendo pure io" - Attualità
https://news.fidelityhouse.eu/esteri/prete...lta-593411.html



Prete ubriaco al funerale di un neonato, la polizia lo multa
Padre Czesław Kubera si è presentato al funerale di un neonato in ritardo ed ubriaco. "L'angelo sta dormendo, quindi dormivo anche io", ha farfugliato ai familiari in lutto, che hanno chiamato la polizia.

Prete ubriaco al funerale di un neonato, la polizia lo multa
ESTERI
di Anna Santini
16 Nov 2023 / 01:15
Un parroco ha scatenato la rabbia dei fedeli dopo essersi presentato ubriaco e in ritardo al funerale di un neonato venuto al mondo morto. La notizia viene dalla Polonia, dove Padre Czesław Kubera di Garczegorze è stato multato dalla polizia dopo essere stato sottoposto all’alcooltest appena finita la cerimonia funebre.

“Il prete non si è presentato, quindi l’impresa di pompe funebri lo ha chiamato“, ha raccontato la zia del bambino al quotidiano polacco Fakt. “Dopo la chiamata un parrocchiano locale lo ha portato in auto alla chiesa, perché il sacerdote aveva perso la patente per guida in stato di ebbrezza“.

Dopo essersi presentato al funerale con ben un’ora di ritardo rispetto all’orario di inizio previsto, padre Czesław è salito sul pulpito ed ha iniziato a farfugliare e a borbottare. “Confondeva le parole, biascicava, riusciva a malapena a reggersi in piedi“, riporta. Poi, arrivato al cimitero, avrebbe detto alla famiglia in lutto, riferendosi al figlio deceduto, che “l‘angelo sta dormendo, quindi anch’io stavo dormendo“. “Siamo senza parole. I genitori del bambino non riescono neanche a parlarne“, ha aggiunto la zia, “quanto avvenuto ha acuito il loro dolore“.

Roma, la moglie muore in clinica e il funerale diventa un’odissea. Il marito: "Non c’era una chiesa disponibile"
Roma, la moglie muore in clinica e il funerale diventa un’odissea. Il marito: "Non c’era una chiesa disponibile"
Quando è finita la cerimonia, i parenti hanno chiamato la polizia, che ha scoperto all’arrivo che il sacerdote era al di sopra del limite consentito. Secondo altri testimoni, il sacerdote non era neppure in grado di stare in piedi. Sale l’indignazione delle persone del luogo, che hanno commentato: “Questa non è la prima situazione del genere con questo prete. Era ubriaco alle messe e ai battesimi, ma la situazione al funerale è al di là della comprensione umana“.

“Abbiamo ricevuto una segnalazione secondo cui un prete stava celebrando servizi funebri nel comune di Nowa Wieś Lęborska e poteva essere ubriaco”, ha commentato la portavoce della polizia Marta Szałkowska, aggiungendo che gli è stato fatto un test dell’etilometro ed è risultato essere al di sopra del limite. L’uomo è stato conseguentemente multato di 500 Zloty, corrispondenti a circa 114 euro.


https://www.oggitreviso.it/shock-al-funera...-au23291-321047
Shock al funerale di un neonato, il prete arriva in chiesa ubriaco fradicio
Il religioso faticava a reggersi in piedi e farfugliava: la polizia chiamata dai parenti lo ha multato
16/11/2023 13:36 |

Shock al funerale di un neonato, il prete arriva in chiesa ubriaco fradicio

POLONIA - In un piccolo paese polacco, un funerale che avrebbe dovuto essere un momento di raccoglimento e rispetto si è trasformato in uno scandalo. Padre Czesław Kubera, parroco della località di Garczegorze, è stato multato dopo essere arrivato visibilmente ubriaco al funerale di un neonato, aggiungendo ulteriore dolore alla famiglia già colpita dalla tragica perdita. Il prete, giunto con un'ora di ritardo rispetto all'orario previsto, ha destato l'indignazione dei presenti con il suo comportamento inappropriato. Testimoni oculari riferiscono che Padre Czesław faticava a reggersi in piedi e parlava in modo incomprensibile durante la cerimonia funebre. Nel corso della messa e al cimitero, ha pronunciato frasi sconcertanti, come il commento ai genitori del bambino defunto: "L'angelo sta dormendo, quindi anch'io stavo dormendo".

La comunità locale ha espresso la propria indignazione, affermando che non si tratta del primo episodio di ubriachezza da parte del sacerdote. Testimonianze riportano che simili comportamenti si erano verificati durante messe e battesimi precedenti, ma l'incidente al funerale è stato definito "al di là della comprensione umana". Dopo la cerimonia, i parenti del neonato hanno chiamato la polizia. Al loro arrivo, è stato eseguito un test dell'etilometro, che ha rivelato che Padre Czesław superava il limite consentito. La portavoce della polizia, Marta Szałkowska, ha dichiarato che il sacerdote è stato multato con 500 Zloty, circa 114 euro, per la sua condotta inaccettabile.
view post Posted: 16/11/2023, 09:09 Oggi 11 novembre, san Martino, patrono dei cornuti - ...Ridi che ti passa!
www.newsdellavalle.com/2023/11/13/...guarda-il-video

Rionero Sannitico: successo e numeri in crescita per la festa dei cornuti.
Pubblicato: 13-11-2023

Guarda il video
Rionero Sannitico.L'associazione Rio & Venti in collaborazione e con il patrocinio del comune ha promosso in paese sabato 11 novembre ma tradizionale festa dedicata a San Martino e ai "cornuti". Centro storico e zone principali del paese allietate da un gruppo folk e dal passaggio della processione festosa del protagonista assoluto della serata con un vistoso copricapo in testa , naturalmente con delle corna ben vistose. Rito tradizionale nato per festeggiare San Martino che nel corso degli anni i rioneresi hanno contribuito a fare crescere. Numerose le presenze registrate sabato nel comune molisano. Stand gastronomici presi d'assalto e tanto divertimento per tutti.
view post Posted: 14/11/2023, 21:53 Vescovo ortodosso: "abusato a 12 anni da prete protetto dalla diocesi di Castellaneta" - La stanza del peccato
www.viviwebtv.it/articolo/domenico...o-vescovo_98244

Domenico Cantore è stato consacrato vescovo
La Redazione | oggi, mar 14 novembre


A sinistra il vescovo Kyriàkos
Il mottolese Domenico Cantore, convertito alla Chiesa Ortodossa, lo scorso 12 novembre è stato consacrato vescovo nella città di Cetinje, in Montenegro.

Rientrato in Italia, si occuperà dei fedeli ortodossi e curerà in particolar modo gli ortodossi provenienti dal Montenegro.


Le foto
1 di 9 Tutto schermo
Il suo nome non sarà più Domenico ma Kyriàkos che italianizzato significa Ciriaco.

Il vescovo Ciriaco ha il titolo di Magna Grecia perché la nostra terra è stata per diversi secoli bizantina e ne sono testimonianza le innumerevoli grotte affrescate con le sante icone.

Lo stesso vescovo Ciriaco è pittore di icone e quest'arte e preghiera lo ha fatto conoscere nel mondo orientale.

Il vescovo Ciriaco continuerà a vivere con altri monaci in un monastero da lui fondato e sito nei pressi di Mottola.

Il suo invito è rivolto a tutta la cittadinanza: la sua prima messa sarà celebrata il 19 novembre prossimo, alle 10, nel palazzetto dello sport di Mottola.

https://pugliasera.it/2023/11/14/sacerdote...u-in-comunione/

Sacerdote di Mottola accusato di scisma per essersi convertito alla Chiesa Ortodossa, il vescovo di Castellaneta: “Non è più in comunione”
Redazione
14/11/2023
Attualità
ADN0697 7 CRO 0 ADN CRO NAZ CHIESA: VESCOVO CASTELLANETA, ‘NUOVO SCISMA DA ECCLESIASTICO CANTORE, NON E’ PIU’ IN COMUNIONE’ = Taranto, 14 nov. – (Adnkronos) – “Mi corre l’obbligo di precisare all’intero santo popolo di Dio di questa nostra Chiesa diocesana di Castellaneta e a me affidato che il reverendo Domenico Cantore non è più in comunione con la Chiesa Cattolica”. Così il vescovo della Diocesi di Castellaneta, in provincia di Taranto monsignor Sabino Iannuzzi in un messaggio rivolto ai fedeli, a proposito di un sacerdote che era già stato sottoposto a procedimento amministrativo nell’ambito del diritto canonico per comportamenti simili e che era già stato accusato di scisma. Secondo quanto si apprende Cantore, di Mottola, cittadina che fa parte della diocesi, si sarebbe convertito alla Chiesa Ortodossa. Inoltre sarebbe stato consacrato vescovo in Montenegro.

“Come Vescovo della Chiesa diocesana che è in Castellaneta, consapevole del triplice ufficio di insegnare, santificare e governare, in questo momento avverto forte il dovere di tutelare e difendere le persone a me affidate dall’unico e supremo Pastore, Cristo Gesù”, premette Iannuzzi citando anche il Preambolo al ‘Motu proprio’ di Papa Francesco, ‘Come una madre amorevole’ e i canoni del Codice di Diritto Canonico.

“La notizia che il Reverendo Domenico Cantore, in data 12 novembre 2023, abbia cercato ed ottenuto illegittimamente, senza mandato pontificio, una presunta ordinazione episcopale in una comunità ecclesiale non in comunione con la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, mi rattrista molto in quanto, con questa presunta ordinazione episcopale, si è consumato un gravissimo atto di lacerazione della comunione ecclesiale da qualificare nuovamente come scisma”.

Il reverendo Domenico Cantore era già stato sottoposto ad un procedimento “ai sensi del canone 1720 del Codice di Diritto Canonico (Coc ndr) -ricorda il vescovo Iannuzzi nella sua nota- con decreto finale del 4 maggio 2022 a firma di sua Eccellenza monsignor Claudio Maniago, amministratore apostolico di Castellaneta (ora arcivescovo metropolita di Catanzaro Squillace ndr), in cui si dichiarava che il predetto chierico era incorso nella scomunica ‘latae sententiae’ per aver commesso il delitto di scisma”.

Il Decreto di scomunica fu notificato, dallo stesso Iannuzzi a mano, al diretto interessato nella sua residenza presso il cosiddetto ”Monastero San Nicola Taumaturgo” in agro di Mottola, fondato dallo stesso Cantore, il 22 giugno 2022. “Dopo la remissione della scomunica, avvenuta con mio decreto del 5 luglio 2022 – continua – ora si prende atto con grande rammarico che il Reverendo Domenico Cantore ha commesso, con reiterata responsabilità personale, un nuovo atto di scisma”. Di qui la dichiarazione che Cantore non è più in comunione con la Chiesa Cattolica.

“Pertanto, alla luce dei summenzionati gravi atti da lui compiuti pubblicamente, esorto vivamente tutti i fedeli a non partecipare alle sue celebrazioni o ad altre pratiche di culto poiché esse, come specificato, non sono espressione della comunione con la Chiesa Cattolica Apostolica Romana”.


https://it.scribd.com/document/436860239/Univ
il sottoscritto Padre Domenico Kyriakos Cantore nato a Ginosa TA il 10 aprile del 1972, ordinato Sacerdote il 2 aprile del 2005 e incardinato nella Diocesi di Castellaneta
view post Posted: 14/11/2023, 21:40 Prete stupra e maltratta 13enne. PM aspetta che muoia per indagarlo - La stanza del peccato
Sicilia. Passano 8 anni tra la denuncia e l'inizio delle indagini e il pedofilo muore impunito

www.ildifforme.it/cronaca/pm-sinatra-sospesa-fece/
la pm Sinatra è stata sospesa: fece prescrivere abusi su minori

La pm è stata sanzionata per aver fatto cadere in prescrizione delle inchieste su violenze e abusi sessuali su minori
Redazione
14 Novembre 2023 18:22

aLESSIA-sINATRA-1--1024x509
La pm di Palermo Alessia Sinatra

La pm di Palermo Alessia Sinatra, salita agli onori della cronaca per lo scalpore suscitato dal caso Creazzo, è stata sanzionata per aver ritardato e fatto cadere in prescrizione delle inchieste su violenze e abusi sessuali, che in alcuni casi vedevano coinvolti minori.

Indice
La vicenda dei tre fratellini
La 14enne molestata dallo zio
Il 13enne affidato dai genitori alle cure di un sacerdote
Sinatra e il caso Creazzo
L’accusa, rappresentata dalla procura generale della Cassazione, aveva chiesto la perdita di anzianità di tre mesi, mentre la Sezione disciplinare del Csm ha deciso per Sinatra una pena ben più severa: la sospensione dal servizio per sei mesi e il trasferimento al tribunale di Caltanissetta con funzioni di giudice civile.

Imagoeconomica 1767134
Csm
I casi che hanno valutato la p.g. della Cassazione e la Sezione disciplinare del Csm sono tre: quella dei fratellini che hanno subito violenze sessuali nell’ambiente familiare, una ragazza 14enne molestata dallo zio e, infine, il caso drammatico di un ragazzino minorenne affidato dai genitori alle cure di un sacerdote che ha abusato dallo stesso.

La vicenda dei tre fratellini
Il primo dei tre casi riguardava una storia di abusi sessuali ai danni di tre fratellini, avvenuti all’interno dell’ambiente familiare. Già nei primi interrogatori le probabili vittime avevano indicato i presunti responsabili, ma la pm ha fatto passare 7 anni prima di mettere per iscritto la notizia di reato nel registro ignoti. Come si legge nell’atto dell’accusa, “dopo più di 16 anni di totale inerzia investigativa e oltre ogni ragionevole termine di durata delle indagini preliminari” aveva chiesto l’archiviazione del reato, visto che intanto era intervenuta la prescrizione dello stesso.

La 14enne molestata dallo zio
Altra vittima, una ragazza di 14anni. La minorenne, secondo la denuncia presentata dall’allora fidanzato, sarebbe stata abusata sessualmente dallo zio. Anche questo caso è finito nel dimenticatoio. Quando la giudice Alessia Sinatra ha chiesto il rinvio a giudizio dello zio della giovane, il reato era già caduto in prescrizione.

aLESSIA sINATRA 1
La pm di Palermo Alessia Sinatra
Il 13enne affidato dai genitori alle cure di un sacerdote
Stessa sorte è toccata ad un ragazzino affidato dai genitori alle cure di un sacerdote da quando aveva 13 anni. Sono stati i genitori a denunciare gli abusi e i maltrattamenti subiti dal figlio, ma solo dopo la morte del religioso, che avrebbe approfittato dello stato di minorità della famiglia. La notizia di reato fu iscritta dopo 8 anni e, sempre per la stessa formula, cioè quella delle indagini che si sono protratte “oltre ogni ragionevole termine di durata” la pm Sinatra ha chiesto l’archiviazione per difetto di querela.


Sinatra e il caso Creazzo
Pm Giuseppe Creazzo
La pm Sinistra aveva già ricevuto una sanzione da parte del Consiglio superiore della magistratura per il suo comportamento “gravemente scorretto” nei confronti del collega Giuseppe Creazzo, il magistrato che l’aveva molestata sessualmente e a sua volta punito sul piano disciplinare nel 2021 con la perdita di due mesi di anzianità di servizio. Il problema non riguardava tanto le molestie sessuali, mai denunciate in sede penale dalla pm, bensì quello della nomina del procuratore capo di Roma, che doveva essere deciso dal Csm a maggio 2019.

Avvenne un vero e proprio scandalo riguardante le nomine pilotate al Csm testimoniate nell’enorme quantità di intercettazioni captate dal cellulare di Palamara. La pm, riporta Il Foglio, cercava in tutti i modi di sfavorire Creazzo “coinvolgendo Palamara in una ‘missione’ finalizzata a condizionare negativamente i componenti del Csm”.
view post Posted: 13/11/2023, 22:27 Lascia o raddoppia. Due preti perdono 1,15 mln in speculazione finanziaria - Attualità
https://osimooggi.it/%F0%9D%90%93%F0%9D%90...84%F0%9D%90%91/

𝐓𝐑𝐔𝐅𝐅𝐀 𝐀𝐈 𝐃𝐔𝐄 𝐒𝐀𝐂𝐄𝐑𝐃𝐎𝐓𝐈, 𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐂𝐔𝐑𝐈𝐀 𝐒𝐈𝐋𝐄𝐍𝐙𝐈𝐎 𝐒𝐔𝐋𝐋𝐄 𝐕𝐈𝐂𝐄𝐍𝐃𝐀
𝐍𝐎𝐍 𝐏𝐄𝐑𝐕𝐄𝐍𝐔𝐓𝐈 𝐏𝐄𝐍𝐒𝐈𝐄𝐑𝐈 𝐒𝐔𝐋𝐋𝐄 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐄 𝐏𝐄𝐑𝐒𝐎𝐍𝐀𝐋𝐈 𝐃𝐄𝐈 𝐏𝐀𝐑𝐑𝐎𝐂𝐈
13 Novembre 2023
𝐓𝐑𝐔𝐅𝐅𝐀 𝐀𝐈 𝐃𝐔𝐄 𝐒𝐀𝐂𝐄𝐑𝐃𝐎𝐓𝐈, 𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐂𝐔𝐑𝐈𝐀 𝐒𝐈𝐋𝐄𝐍𝐙𝐈𝐎 𝐒𝐔𝐋𝐋𝐄 𝐕𝐈𝐂𝐄𝐍𝐃𝐀𝐍𝐎𝐍 𝐏𝐄𝐑𝐕𝐄𝐍𝐔𝐓𝐈 𝐏𝐄𝐍𝐒𝐈𝐄𝐑𝐈 𝐒𝐔𝐋𝐋𝐄 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐄 𝐏𝐄𝐑𝐒𝐎𝐍𝐀𝐋𝐈 𝐃𝐄𝐈 𝐏𝐀𝐑𝐑𝐎𝐂𝐈

𝐂𝐨𝐦𝐞 𝟏𝟖 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐟𝐚, 𝐥𝐚 𝐃𝐞𝐥𝐞𝐠𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐨𝐧𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐋𝐨𝐫𝐞𝐭𝐨 𝐦𝐚𝐢 𝐚𝐦𝐦𝐢𝐬𝐞, 𝐬𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐀𝐫𝐜𝐢𝐯𝐞𝐬𝐜𝐨𝐯𝐨 𝐆𝐢𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐃𝐚𝐧𝐳𝐢, 𝐥𝐚 𝐬𝐩𝐚𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐚 𝐥𝐢𝐪𝐮𝐢𝐝𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐮𝐚𝐫𝐢𝐨, 𝐚𝐦𝐦𝐨𝐧𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐚 𝐛𝐞𝐧 𝟏𝟏 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐞 𝟑𝟎𝟎.𝟎𝟎𝟎 𝐞𝐮𝐫𝐨 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐂𝐚𝐲𝐦𝐚𝐧… 𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐥’𝐀𝐫𝐜𝐢𝐝𝐢𝐨𝐜𝐞𝐬𝐢 𝐝𝐢 𝐀𝐧𝐜𝐨𝐧𝐚-𝐎𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐧𝐮𝐧𝐜𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐮𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐢, 𝐩𝐫𝐢𝐯𝐚𝐭𝐢 𝐦𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐢𝐜𝐚𝐭𝐢, 𝐝𝐢 𝐃𝐨𝐧 𝐃𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐒𝐠𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐞 𝐌𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐧𝐨𝐫 𝐕𝐢𝐧𝐜𝐞𝐧𝐳𝐨 𝐁𝐚𝐢𝐨𝐜𝐜𝐨
Se a Loreto, nel 2005, la Madonna pianse (non lacrime di sangue ma pur sempre 11.300.000 lacrime di euro, ovvero l’intera liquidità della Delegazione pontificia guidata dall’Arcivescovo Gianni DANZI) ad Osimo, 18 anni dopo, la Curia non sorride.

La notizia del milione di euro beffato dalla disponibilità personale di Don Domenica SGALLA e quella, ugualmente sostanziosa, dei 150.000 euro spariti dalle tasche di Monsignor Vincenzo BAIOCCO, da giorni sta facendo parlare parrocchiani e semplici curiosi della vicenda finanziaria a firma Prisca CARLETTI.


Nessun commento, neanche informale, è filtrato dalla Curia sulla clamorosa truffa di Prisca CARLETTI ai due sacerdoti osimani
Tutti a chiedersi, non tanto come mai due anziani parroci potessero contare su simili somme in grado, se investite in opere di carità, di risanare quasi mezza Africa…ma sulla moralità, attagliata a dei sacerdoti, oltretutto di età ultra avanzata, di possedere simili cifre.

E’ lecito, per chi predica tutta la vita il bene, l’etica, il buon esempio, il fine ultimo dell’anima, ammucchiare fortune (come nel caso di Don Domenico) o anche solo risparmi ingenti (come per Monsignor BAIOCCO) meritevoli, forse, di ben altra destinazione?

Qui il discorso, investendo i punti fermi di ciascuna persona, si fa accidentale e discretamente sconnesso, investendo la morale di ciascun lettore; per cui tagliamo corto e lasciamo a chi vorrà le proprie riflessioni.


86 anni e 60 di sacerdozio, reduce da una pericolosa caduta da un albero, per Don Domenico SGALLA anche la beffa finale di essere stato alleggerito dei risparmi di una vita per circa un milione di euro
Chi, piuttosto, dovrebbe aver da dire qualcosa e pronunciare la sua in maniera chiara e magari anche netta, dovrebbe essere, parlando di sacerdoti con delle parrocchie da amministrare (Padiglione e San Biagio) l’istituzione curiale nella sua massima forma.

Abbiamo provato a richiedere il conforto di una parola, un indirizzo, al limite l’opinione personale del pastore Angelo SPINA, dai sei anni a capo dell’Arcidiocesi di Ancona e Osimo. O almeno un indirizzo comportamentale a chiarimento.


Stessa sorte, seppur minore, per Monsignor Vincenzo BAIOCCO, compare di Don Domenico in affari finanziari ad alto rischio
Impegnato in appuntamenti rilevanti già in agenda, nel week-end non siamo riusciti a confrontarci con Sua Eccellenza su un tema certamente scottante che avrebbe certamente attratto la curiosità e il comportamento di tante pecorelle, oggi smarrite e confuse davanti lo sciorinar delle notizie di cronaca.


Il fu Arcivescovo di Loreto Gianni DANZI, in un paio di anni, prima di morire per cancro al pancreas, fece sparire 11.300.000 euro verso le Isole Cayman, ovvero l’intera liquidità del Santuario mariano!
Ma come fu per Loreto, con la Delegazione pontificia -mai disponibile ad ammettere l’approdo alle Cayman dei soldi sottratti alla allora Banca delle Marche (5 milioni di euro), Credito cooperativo di Camerano (4 milioni) e Carilo (2 milioni e 300.000 euro) per un totale, giusto appunto, di ben 11 milioni e 300.000 euro sottratti all’ordinaria amministrazione del Santuario…- anche nel caso osimano e privato, più piccolo ma forse più significativo nei risvolti, Santa Madre Chiesa tende a nascondere, voltare lo sguardo e gettare sabbia, puntando sull’oblio. E comunque evitando accuratamente riflessioni pubbliche.
view post Posted: 13/11/2023, 15:32 Papa Francesco s'è fatto le monache e il monastero in Vaticano - Attualità
Morto il coinquilino Ratzinger, chiama 6 religiose, serve e badanti, per accudirlo come un faraone

163143169-665b4913-af0a-483e-9ed0-fd44357c44d1
Papa Francesco a Napoli assalito dalla monache in duomo


www.vaticannews.va/it/vaticano/new...-argentine.html

Il Mater Ecclesiae torna ad essere "casa" per gli ordini contemplativi
Il monastero nel cuore dei Giardini Vaticani, eretto da San Giovanni Paolo II, è stato per circa dieci anni il luogo di residenza di Benedetto XVI dopo la rinuncia del 2013. Francesco ha convocato le monache dell'Ordine Benedettino dell'Abbazia di Santa Scolastica di Victoria, provincia di Buenos Aires. La responsabilità affidata al Governatorato
Vatican News

Il Mater Ecclesiae, il monastero nel cuore dei Giardini Vaticani che per quasi dieci anni è stata la "casa" del Papa emerito Benedetto XVI, per volontà di Francesco riprende il suo scopo originario. Torna ad essere, cioè, il luogo di residenza degli ordini contemplativi "per sostenere il Santo Padre nella sua quotidiana sollecitudine per tutta la Chiesa, attraverso il ministero della preghiera, dell'adorazione, della lode e della riparazione, essendo così una presenza orante nel silenzio e nella solitudine". Lo si legge in un comunicato diffuso dalla Sala Stampa vaticana, che annuncia che Papa Francesco ha disposto questa decisione con una lettera autografa del 1° ottobre di quest'anno. Il Papa ha convocato le Monache dell'Ordine Benedettino dell'Abbazia di Santa Scolastica di Victoria, provincia di Buenos Aires (Diocesi di San Isidro) in Argentina, "che hanno generosamente accettato l'invito" del Pontefice.

Residenza di Benedetto XVI dopo la rinuncia
Era stato Giovanni Paolo II, con il Breve La vita contemplativa del 25 marzo 1994, ad erigere canonicamente nella Città del Vaticano un Monastero di Monache di vita contemplativa, con il titolo di Mater Ecclesiae. Benedetto XVI aveva espresso il desiderio di risiedervi dopo la storica rinuncia dell'11 febbraio 2013 e vi aveva quindi trascorso gli ultimi anni della vita, assistito dai suoi collaboratori e accompagnando la Chiesa con la preghiera fino alla morte, sopraggiunta il 31 dicembre 2022.

Sei monache dai primi di gennaio
Il monastero - riferisce ancora la nota - ora accoglierà sei monache che, secondo gli Statuti, formeranno la Comunità Monastica inizieranno a vivere nel Monastero nei primi giorni di gennaio. Papa Francesco ha anche deciso che il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano sarà responsabile di tutte le questioni riguardanti il Monastero Mater Ecclesiae.
view post Posted: 12/11/2023, 18:28 Sesso orale per psicoterapia. Suora denuncia p. Salonia: querela tardiva. E il Vaticano punisce il testimone don Dell'Agli - La stanza del peccato
p_salonia

www.insiciliareport.it/2023/11/11/...TvBVRp5BmnNjPEM

Ecco il drammatico racconto della religiosa ai pubblici ministeri di Roma nel procedimento a carico di Giovanni Salonia per violenza sessuale aggravata. Risultati delle indagini alla mano, la Procura chiede il rinvio a giudizio del sacerdote cappuccino ma il processo è arrestato dal Tribunale per querela tardiva. E’ questo il nodo corposo del fitto intreccio: nella ‘scatola nera’ c’è il movente della rappresaglia ritorsiva dopo la testimonianza non gradita al potente frate. Perciò Nello Dell’Agli è condannato in sede canonica e la sua fraternità di Nazareth soppressa. Nel dettaglio tutti i passaggi, le date, le sequenze della macchinazione ordita con l’ok dei piani alti del Vaticano
Di Angelo Di Natale il 11 Nov 2023

Riprendiamo la ricostruzione dei fatti nel punto in cui l’abbiamo lasciata nell’articolo precedente, il quarto.

Abbiamo visto i numerosi punti di contatto, oltre che di comune appartenenza alla famiglia dei frati francescani minori sia pure in un diverso ordine, di Giovanni Salonia – sacerdote, cappuccino e ‘vescovo mancato’ per via della rinuncia all’ordinazione episcopale, dopo la nomina – con Josè Rodriguez Carballo, amico di papa Francesco che nel 2013 lo vuole fortemente (è la sua prima nomina) a capo della congregazione per gli istituti di vita consacrata dove a lungo lo mantiene nonostante i tanti scandali che lo investono e, alla fine, solo di recente, con provvedimento del 14 settembre scorso esecutivo dal primo novembre, lo silura.

In precedenza è emerso come big sponsor nel 2017 della nomina episcopale di Salonia sia l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice ma ciò non esclude che una figura come quella del potente frate galiziano possa perorarne la causa, prima e dopo l’infausta elezione vescovile rimasta incompiuta. Certo è che Salonia per lungo tempo sia docente incaricato nella pontificia università Antonianum di cui Carballo, durante l’intero periodo di carica al vertice dell’ordine religioso, è Gran cancelliere.

Le impronte di Carballo appaiono, in qualche caso anche documentate, nella lunga serie di abusi, soprusi, violazioni, stranezze inspiegabili passate in rassegna. Qui bisogna avere presenti, pur distinti, l’ambito giudiziario e quello amministrativo.

In entrambi le incursioni del vescovo spagnolo sono evidenti perché è lui che fin dall’inizio prende in mano il dossier d’accusa contro la fraternità di Nazareth di Ragusa quando questa, all’improvviso, diventa una realtà pericolosa, da colpire e da cancellare, con punizione esemplare del suo responsabile. Il che, come i fatti dimostrano, è solo una macchinazione calunniosa e ritorsiva: proprio ciò di cui, falsamente, i suoi promotori, al contrario, incolpano vittime innocenti. Come Nello Dell’Agli, teologo, psicoterapeuta e sacerdote dimesso dallo stato clericale in quanto punito con la pena massima prevista dal codice di diritto canonico, a conclusione del processo imbastito da un tribunale ad hoc e sfociato in una sentenza che l’intervento di Carballo sull’amico Papa rende inappellabile. Nell’ambito della stessa partita di potere e della prova muscolare condotta da Carballo, con i suoi uomini fidati e l’azione congiunta dei sostenitori di Salonia, la fraternità di Nazareth di Ragusa fondata da Dell’Agli viene soppressa.

La spedizione punitiva in tre atti contro Dell’Agli colpevole di verità: processo con tribunale ad hoc, condanna e commissariamento della fraternità di Nazareth

Nel primo ambito è di Carballo la pressione finalizzata all’apposizione della firma del Papa che impedisce ogni riesame della sentenza, falsa e assurda, comminata dal tribunale ad hoc nei confronti di Dell’Agli ‘colpevole’ di testimoniare sul conto dell’influente cappuccino di Ragusa, sommerso da accuse infamanti dopo l’improvvida nomina episcopale come ausiliare dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice il quale lo propone e, anche dopo lo scandalo che l’avvolge, lo vorrebbe a tutti i costi con sè.

In questo stesso ambito si deve sempre al potente frate spagnolo, alla sua spinta e alla sua azione esperita su più piani, l’imposizione del tribunale ad hoc, in luogo di quello ordinario correntemente costituito. Tale imposizione si concretizza nel periodo in cui è assente di fatto il vescovo di Ragusa Carmelo Cuttitta, ammalato e impossibilitato ad esercitare la sua funzione la quale transita nelle mani del vicario generale Roberto Asta, poi anche amministratore apostolico. E’ in questa fase che il tribunale ad hoc viene di fatto imposto al vescovo di Ragusa il quale, nel pieno esercizio – lineare, trasparente e secondo giustizia – delle proprie prerogative potrebbe e dovrebbe decidere diversamente. Su questo punto torneremo anche in riferimento alle lobbies e al peso da esse esercitato in fatto di selezione di candidati a qualsivoglia posizione curiale e di nomine da parte del Pontefice.

Peraltro la sentenza canonica che condanna Dell’Agli è talmente squilibrata, illogica e incredibile da impedire d’immaginarne una analoga ad opera di altro giudice. Ecco perché chi la vuole ha bisogno di blindarla con il catenaccio dell’inappellabilità, possibile solo con atto d’imperio del Papa che il suo amico vescovo José non fatica ad ottenere.

Quindi un tribunale ad hoc per fare condannare un innocente e, raggiunto lo scopo, un veto di riesame perché altrimenti, in un secondo grado di giudizio, il falso di una sentenza, che è tutta una fantasiosa menzogna, per mano di un altro giudice verrebbe a galla. Un doppio blitz portato a termine dal vescovo spagnolo.

Nell’ambito amministrativo la clava impugnata è quella del commissariamento della fraternità di Nazareth, l’associazione privata di fedeli fondata a Ragusa nel 2008 da Nello Dell’Agli non ancora sacerdote (sarà ordinato nel 2011) e riconosciuta dal vescovo Paolo Urso. Abbiamo visto le contestazioni subìte dalla fraternità nel tempo: in proposito è sufficiente e utile rilevare che esse si dispiegano in tre fasi.

Una prima, proprio nel 2011, parte da doglianze di persone che lasciano la comunità e si chiude con un esito di verifica dell’infondatezza delle segnalazioni e della regolarità della vita della Nazareth, anche grazie a testimonianze tutte convergenti tra le quali quella di Giovanni Salonia, collega di Dell’Agli in quanto psicoterapeuta. Peraltro sarà il frate cappuccino a presentarlo per l’ordinazione sacerdotale.

Una seconda fase scatta nel 2014 dopo che Dell’Agli rompe, sul fronte del proprio impegno professionale, con l’istituto di psicoterapia Kairòs di Salonia perché non accetta e non è disposto ad assecondare promiscuità e cointeressenze tra la fraternità e gli affari di lavoro, con annesse implicazioni personali nei due diversi contesti tali da renderne ombrosa e incerta la linea di distinzione.

Una terza fase, decisiva e prorompente fino a quella Caporetto della verità e della giustizia nella quale ci siamo imbattuti, sussegue e consegue alle testimonianze, in sede canonica e dinanzi alla procura di Roma, rese da Dell’Agli sul conto di Salonia.

La missione di Carballo e le azioni sul campo del suo inviato Farì: rapporti, scambi e quel riguardo dell’arcivescovo Lorefice verso il parroco di Napoli

Tornando al potente Carballo e all’ambito amministrativo della sua azione, un primo dato risalta in tutta evidenza: essa, oltre a tutto quanto già rilevato nel merito, è illegittima perché la congregazione, oggi dicastero, per gli istituti di vita consacrata da lui guidata non è legittimata ad agire rispetto ad un’associazione privata di fedeli – realtà di primo livello, non istituto – riconosciuta dalla diocesi che è quindi l’istituzione competente, come del resto avviene nel 2015 quando il vescovo Paolo Urso è l’autorità investita del precedente procedimento che definisce con propri provvedimenti. Ma siccome Carballo è a capo della congregazione suddetta ed è lui che può portare a termine la ‘missione’, ecco una lampante violazione compiuta, reiterata e – ai livelli più alti del governo vaticano – tollerata fino alle conseguenze estreme.

Allo stesso modo chiedere, se del caso, il processo nei confronti del responsabile della fraternità di Nazareth spetterebbe alla congregazione per il clero perché l’accusato è un appartenente al clero, non quindi a Carballo o all’area di competenza di cui è a capo.

Peraltro tale decisione, con applicazione del tribunale ad hoc, avviene in totale assenza di ogni accusa nuova rispetto a quelle formulate nel 2015 e pienamente definite con i provvedimenti del vescovo Paolo Urso, a capo della diocesi di Ragusa dal 12 aprile 2002 al 7 ottobre 2015. Provvedimenti comunicati il 27 giugno 2015 alla congregazione per gli istituti di vita consacrata. E’ una semplice comunicazione di decisioni prese in autonomia ma sulla base di mandato ricevuto, sempre con eccesso di poteri, dalla congregazione di Carballo che però nel primo caso, 2015, sceglie una modalità soft di tale eccesso esorbitante, chiedendo e raccomandando al vescovo di procedere. Quando, quattro anni dopo, gli servono ben altri provvedimenti, scavalca la diocesi – o la costringe ad una supina acquiescenza – e si affida solo ai suoi uomini, in una linea di totale copertura e di fervido sostegno da parte del primate di Sicilia, l’arcivescovo di Palermo Lorefice.

In totale assenza di accuse nuove viene altresì disposto il commissariamento, appunto per volere di Carballo, il 15 aprile 2019 quando imperversa la terza fase, più violenta della seconda e a questa accomunata dall’identico movente ritorsivo evidentemente più forte del precedente, mentre la prima, nel 2011, nasce in modo naturale e senza retroscena o manovre occulte.

Carballo dunque commissaria la fraternità di Nazareth e spedisce a Ragusa il fido Salvatore Farì, pugliese di Maglie, religioso dell’ordine dei frati vincenziani, oggi quarantaseienne, sacerdote dal 2003, parroco della chiesa di San Gioacchino a Napoli, superiore della casa della missione dei vergini e vicario episcopale per la vita consacrata dell’arcidiocesi partenopea. In Puglia e Campania è noto come missionario vincenziano in carriera per via del suo attivismo e della salda integrazione in certe cordate ben piazzate nei palazzi curiali. Al suo attivo varie pubblicazioni, alcune con prefazione di Carballo spesso fisicamente al suo fianco in presentazioni promozionali e incontri pubblici. Domenica 29 ottobre 2023, nella sua parrocchia a Napoli è l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice a celebrare una messa nel trentesimo anniversario del martirio di don Pino Puglisi. Presenza sicuramente apprezzabile da parte dei fedeli, dato il legame del beato con la chiesa palermitana (l’intera sua vita si svolge nella trincea delle periferie mafiose del capoluogo siciliano) ma certo poche altre parrocchie o forse nessun’altra, tra le venticinquemila sparse in Italia, possono fregiarsi dell’intervento del capo dell’arcidiocesi di Palermo per celebrare la memoria del parroco di Brancaccio. Privilegio concesso a Farì forse anche in nome dei buoni comuni rapporti con Carballo e degli scambi rispettivi.

Ritorsione uno e ritorsione due: la prima un avvertimento, la seconda una rappresaglia subito dopo la testimonianza di Dell’Agli in Procura a Roma

Dunque, per riprendere il filo dei fatti che dobbiamo tenere ben presenti, nel 2014 Dell’Agli, sacerdote e psicoterapeuta, interrompe i rapporti di collaborazione con l’istituto Kairòs del frate e collega psicoterapeuta Giovanni Salonia, istituto che offre i propri servizi all’insegna del metodo Gestalt basato sul contatto fisico, oltre che sulla parola.

Dell’Agli compie questa scelta per difendere la fraternità di Nazareth, da lui fondata quattro anni prima a Ragusa, dalle insidie di una commistione che non approva. Salonia non la prende bene e non ne fa mistero: immediato, a fine 2014, scatta l’intervento punitivo. Lo dispone Carballo, senza titolo né competenze (ed in effetti in questo primo caso si ‘limita’ a chiedere al vescovo perchè proceda) e la fraternità di Nazareth viene passata ai raggi x. Il vescovo Urso che la conosce e nel 2008 ne ha approvato la regola, anche per difenderla da vendette che egli scorge nitidamente come ammetterà in qualità di teste, dispone le misure che reputa giuste e opportune. Il movente ritorsivo è chiaro, ma l’effetto finale, poiché rimesso nelle mani di un giudice naturale che agisce secondo coscienza, il vescovo di Ragusa Urso, si rivela contenuto (abbiamo visto le misure adottate) e tutto finisce lì. O almeno così dovrebbe essere.

E invece ad agosto 2018 matura una sete di vendetta ben più forte e feroce. A provocarla le due testimonianze rese da Dell’Agli: la prima a marzo 2017 quando è interpellato dalle autorità vaticane in sede canonica sul conto di Salonia nominato vescovo ma costretto alla rinuncia per lo scandalo sopravvenuto in relazione a suoi precedenti scabrosi; la seconda a luglio 2018 quando come persona informata dei fatti viene convocato dalla procura di Roma nell’ambito delle indagini sul cappuccino accusato di violenza sessuale aggravata ai danni di una suora.

Questo piano ritorsivo, affidato al solito Carballo e sostenuto dagli aderenti alla sua cordata (vedremo poi la natura degli interessi che la cementano e l’alimentano) viene eseguito a partire da una denuncia del 18 agosto 2018 senza neanche lo sforzo d’ingegno nel fabbricare nuove – anche false – accuse. E così è documentale che, senza alcun elemento ulteriore né contestazione di qualsivoglia natura, la situazione già definita con le misure decise nel 2015, all’improvviso, in un certo preciso momento, riprenda nuova vita e produca determinazioni aberranti aventi un solo elemento di contatto con la realtà dei fatti: una ‘lezione’, ben più severa della prima che si era ridotta ad un avvertimento, da impartire al testimone che osa sottrarsi alla linea di sostegno del falso secondo le regole d’ingaggio della commissione-Gisana e, addirittura, rispondere – raccontando i fatti di propria conoscenza – alle domande dei pubblici ministeri i quali vogliono verificare la fondatezza delle accuse della suora al potente frate cappuccino.

La finzione di un governo ordinario della fraternità di Nazareth, ma la chiusura

è già decisa in partenza. Quella nomina di Farì in conflitto d’interessi

Vedremo le date: il via alla ritorsione pesante e definitiva scatta il 18 agosto 2018, un mese dopo la testimonianza resa, il 17 luglio 2018, da Dell’Agli alla procura di Roma.

E’ così che il 15 aprile 2019 la spedizione punitiva produce il commissariamento della fraternità di Nazareth, ad opera di Carballo che, come abbiamo visto, non ha titoli nè competenze per occuparsene, tanto meno il potere di disporlo. Il suo inviato sul posto, con i gradi di commissario pontificio e visitatore apostolico, è Farì il quale a Ragusa fa solo brevi e fugaci apparizioni: non sembra tanto interessato a verificare le cose e governare la comunità quanto a portare a termine, con occhi bendati e orecchie tappate, il mandato ricevuto: chiuderla e mettere sotto processo il suo fondatore. Nell’esercizio dell’incarico il 4 ottobre 2019 nomina come propria socia Lidia Curcio, biologa e psicologa della comunicazione, perché con lui <<collabori nel governo ordinario dell’associazione privata di fedeli fraternità di Nazareth>>. Di ordinario quell’esperienza non ha nulla perché i soli atti compiuti, e di conseguenza il loro scopo, sono solo quelli che servono a sopprimere l’associazione. E infatti, al pari di Farì, anche Curcio a Ragusa si vede appena ogni tanto.

Non c’è bisogno del suo impegno: basta Farì a cui basta Carballo a cui, a sua volta, basta l’input ricevuto. Con buona pace di chi creda nella Chiesa, nel suo amore di verità, nel suo senso di giustizia, nella bontà e nella fratellanza, nell’inclinazione al bene e nel rifiuto del male.

Per la cronaca, quando Curcio viene nominata socia del commissario della fraternità di Nazareth, è membro di una comunità della quale il missionario Farì (quante missioni da compiere!) è commissario con funzione ispettiva: la ‘famiglia ecclesiale Chiesa-mondo di Catania’, realtà nata come istituto nel 1968 sull’onda del Concilio Vaticano II, la quale nel tempo cambia natura, subisce controlli e viene commissariata. Nel 2001, arcivescovo Luigi Bommarito, è riconosciuta, con la denominazione attuale, come <<nuova forma di vita consacrata>> ma in seguito finisce nel mirino ed è oggetto di ispezioni con le relative ‘cure di discernimento’. Il 13 novembre del 2020, come si legge nel sito ufficiale, <<l’arcivescovo Salvatore Gristina, su indicazione della congregazione per gli istituti di vita consacrata, approva il testo riveduto delle costituzioni>>.

A capo della congregazione c’è Carballo che a Catania ha le antenne – ed anche occhi, braccia e quant’altro serva – del fido inviato Farì. Infatti il 27 agosto 2022 il nuovo arcivescovo di Catania Luigi Renna <<a conclusione dell’assemblea della famiglia ecclesiale, presieduta dal commissario arcivescovile padre Salvatore Farì c.m., ha nominato – riporta sempre il sito – nuova responsabile generale della famiglia ecclesiale la dottoressa Lidia Curcio … I membri della famiglia ecclesiale iniziano così una nuova fase della loro missione, dopo il periodo di discernimento degli ultimi anni, in cui sono stati illuminati dallo Spirito e accompagnati dal commissario p. Farì>>.

Due missioni con esiti diversi. Nella ‘famiglia etnea’ Lidia Curcio, nel momento stesso in cui è parte in causa, viene prescelta per affiancare, nella ‘fraternità iblea’, il suo stesso commissario: Farì, commissario dell’una e dell’altra ed ora anche socio di lei, pur parte in una delle due strutture commissariate. Difficile pensare che se la sua ‘famiglia’ a Catania le sta a cuore possa coltivare a Ragusa autonomia d’esame e indipendenza di giudizio.

Niente di nuovo se pensiamo alla vicenda del vescovo dell’Illinois Michael Fors Olson nominato commissario, come abbiamo visto, del monastero la cui priora ha denunciato i suoi abusi e gli ha fatto causa: figura di arbitro-giocatore che tanto piace a Carballo. In questa luce si comprende meglio la singolarità del doppio ruolo di Lidia Curcio, prima parte della ‘famiglia’ sotto commissariamento, quindi socia del commissario e alla fine responsabile generale, carica di vertice, della stessa ‘famiglia’ tornata a nuova e prospera vita dopo la cura Carballo-Farì a lei tanto salutare.

Tra l’allora commissario e la socia nominata nel dossier-Ragusa c’è piena sintonia peraltro: pubblicazioni a quattro mani come ‘Nella bottega di San Giuseppe’, prodotto editoriale distribuito con cinque cortometraggi sulla vita consacrata; inoltre convegni, prefazioni, presentazioni, trasmissioni tv, talvolta anche con l’intervento e la presenza di Carballo a sostegno, in veste di testimonial-promoter.

Intrecci e cordate dell’affaire-Salonia. L’arcivescovo di Catania Renna, la copertura prestata a preti pedofili e le referenze pregresse tra debiti, mafia e scandali sessuali

La nomina di Curcio a responsabile generale della ’Chiesa-mondo’, come abbiamo visto è firmata dall’arcivescovo Luigi Renna. Pugliese come Farì, Renna giunge a Catania a febbraio 2022 con il peso di tutte le ombre del suo primo episcopato nella diocesi di Cerignola-Ascoli-Satriano: rapporti con imprese vicine alla mafia, debiti delle chiese della sua diocesi per centinaia di migliaia di euro verso lo Stato per la tassa sui rifiuti non pagata, scandali sessuali come quello del prete di Candela le cui foto in autoscatto con il pene in bella mostra viaggiano per settimane tra migliaia di telefonini nel territorio della diocesi. E il vescovo sempre al suo fianco, anche nella comune celebrazione di una messa in cui attacca i fedeli colpevoli di chiedere serietà, verità e pulizia.

La destinazione di Renna a capo dell’arcidiocesi di Catania dopo l’era Gristina conferma un doppio segno dei tempi: la forza di certe lobbies, sempre le stesse, nelle dinamiche del potere vaticano e la debolezza, fuori da esse e contro di esse, della chiesa siciliana o di quello che ne resta.

In una piazza importante come quella catanese la scelta di un esterno, di prestigio etico e lignaggio pastorale così poco evidenti da non poterne sanare o giustificare la provenienza extraregionale, ha il sapore di uno schiaffo. Peraltro nell’isola non è facile trovare esempi molto diversi da quelli forniti, per fare un nome, da Rosario Gisana (l’abbiamo visto prodigarsi a tutela dei preti pedofili e contro le vittime nella diocesi di Piazza Armerina) o dallo stesso presidente della conferenza episcopale siciliana Antonio Raspanti, in precedenza vice presidente della Cei per l’Italia meridionale. Come vescovo di Acireale il prelato si segnala, purtroppo in linea con un’ampia maggioranza di colleghi in Italia e in varie parti del mondo, per la prassi d’insabbiare gli abusi sessuali del clero e d’ignorarne le accertate responsabilità in sede penale come nel caso di don Vincenzo Calà Impirotta, sacerdote condannato nel 2014 in primo grado a quattro anni di reclusione (oltre all’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, perpetua da quelli implicanti relazioni con ambienti frequentati da minori) e, nel 2018, a tre anni nel giudizio d’appello; ma salvato l’anno dopo in Cassazione per la tagliola provvidente della prescrizione la quale scatta per appena nove giorni.

Il processo accerta ben sei episodi di violenza sessuale in danno di un minore ma, fin dalla prima denuncia Raspanti non dispone neanche una temporanea sospensione a divinis. E subito dopo il proscioglimento, intervenuto come abbiamo visto per mera prescrizione, il prete pedofilo è assolto in sede canonica nella quale – sentenziano i giudici del Vaticano – <<non risulta che egli abbia commesso i delitti ascritti>>: formula magica e sempiterna, buona in ‘copia e incolla’ e senza mai motivazione, a chiudere per sempre ogni vicenda di abominevoli abusi più che accertati nelle sedi proprie ma sempre meritevoli della più ampia assoluzione canonica.

Il richiamo a quest’ultimo caso di cronaca ci è utile perchè ci aiuta a rilevare come questa prassi non risparmi neanche figure come Raspanti meritevole d’apprezzamento, su altri piani e in altre circostanze ma sempre in relazione ai valori laici di verità e giustizia che sostengono il filo dei fatti oggetto della presente inchiesta. All’interno di questa prassi d’insabbiamento sempre imperante e dura a morire occorre distinguere, almeno nell’ottica interna della Chiesa (al di fuori non può esservi giustificazione alcuna) e rispetto alle responsabilità personali, tra un prima e un dopo lo spartiacque temporale dell’editto ‘tolleranza zero’ verso i preti pedofili. Spartiacque annunciato da papa Francesco con tre documenti a marzo 2019, dopo un vertice sul fenomeno degli abusi sessuali del clero in danno di minori: <<la lettera apostolica in forma di motu proprio sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili, la legge sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili dello Stato della Città del Vaticano e le Linee guida per la protezione dei minori e delle persone vulnerabili per il Vicariato della Città del Vaticano>>. In concreto la linea giuridica di questo spartiacque è dettata dal Motu proprio papale Vos estis lux mundi del 7 maggio 2019 che fa cadere il segreto pontificio sugli abusi del clero in danno di minori e persone fragili, e dalle istruzioni sulla riservatezza delle cause contenute nel rescritto del 17 dicembre successivo.

Riprendendo il filo dei fatti, Carballo e Farì portano a termine la missione di chiudere la fraternità di Nazareth, incriminare e fare condannare, con tribunale ad hoc e sentenza resa inappellabile, il suo fondatore colpevole di ‘verità’ nelle testimonianze alle quali è chiamato sul conto di Giovanni Salonia.

Abbiamo visto come, dopo tali testimonianze rese da Dell’Agli per motivi di giustizia, la soluzione finale scatti nel 2018, senza alcuna accusa nuova (falsa o vera che in astratto possa essere) rispetto a quelle già vagliate e definite nel 2015 e immediatamente successive al primo fatto scatenante, avvenuto nel 2014, costituito dalla fine della collaborazione di Dell’Agli con l’istituto di psicoterapia Gestalt Kairòs di Salonia.

Nessuna nuova accusa a Dell’Agli ma Carballo questa volta si affida ai suoi uomini: spedizione punitiva e blitz sulla diocesi di Ragusa allora fragile e indifesa

Per avere piena e specifica contezza della mancanza di nuove accuse dobbiamo mettere a confronto le ‘notitiae criminis’ utilizzate nei due procedimenti.

A determinare il primo è un esposto del 2014. Vi fa riferimento la congregazione per gli istituti di vita consacrata che l’11 dicembre dello stesso anno scrive al vescovo di Ragusa Paolo Urso per chiedere di <<promuovere un’accurata e approfondita visita canonica nella fraternità di Nazareth e al sacerdote Nello Dell’Agli>>. La congregazione, retta da Josè Rodriguez Carballo, avanza la richiesta avendo ricevuto «un lungo e dettagliato esposto contenente seri addebiti nei riguardi dell’associazione privata di fedeli denominata Fraternità di Nazareth ed in particolare del suo iniziatore ed attuale responsabile, P. Nello Dell’Agli, sacerdote e psicoterapeuta>>.

La visita apostolica viene eseguita nel mese di aprile 2015. Alla fine il vescovo dispone che il sacerdote Nello Dell’Agli debba <<farsi seguire da mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, e sospendere per un anno la pratica psicoterapeutica, in modo da meglio assimilare la “novità” dell’azione pastorale in quanto presbitero>>. Nei riguardi dell’associazione privata di fedeli le misure adottate sono le seguenti: <<tutta la fraternità deve farsi seguire da mons. Calogero Peri, accettare nuovi ingressi in fraternità solo dopo essersi consultata con il vescovo e avere avuto il suo permesso (in modo da cautelarsi evitando l’ingresso di persone non adatte), non portare l’abito monastico fuori dalla fraternità>>.

Il 27 giugno 2015 Urso informa il Vaticano dei provvedimenti presi, con lettera che il 1 settembre 2015 la congregazione retta da Carballo conferma di avere ricevuto. Tutto ciò che scaturisce da quell’esposto del 2014 finisce qui. O, almeno, così dovrebbe essere e, certamente, così sarebbe stato se nel 2017 e nel 2018 non fossero intervenute le testimonianze di Dell’Agli, per fatti successivi a quelli oggetto di giudicato: la nomina episcopale di Salonia il 10 febbraio 2017 e la lettera della suora sua ex amante la quale, indignata, avverte il Papa al fine di evitare alla Chiesa una caduta così rovinosa.

Perciò Carballo torna in campo modulando il suo intervento con la forza direttamente proporzionale alla nuova richiesta, del tipo di quelle che il fervido credente Manzoni metterebbe in bocca a Don Rodrigo, a lui pervenuta in seguito alle vicende descritte.

La ‘lezione’ impartita nel 2015 tramite avvertimento non è servita o non è bastata e questa volta occorre rincarare la dose. E così Carballo, in servizio permanente effettivo su certe pratiche, si mette all’opera e il 15 aprile 2019, come abbiamo visto, nomina il fidatissimo Salvatore Farì commissario pontificio della fraternità di Nazareth. Come risulta evidente, questa volta Carballo fa da solo e mette in campo il suo personale esercito. Non si affida al vescovo – nel frattempo, dal 7 ottobre 2015 è Carmelo Cuttitta, succeduto a Urso il quale peraltro già quattro anni prima ha risolto la questione – perché per fare ciò che ha in mente, così come gli è stato chiesto, ha bisogno dei ‘suoi uomini’. Al capo della diocesi semmai risultano imposti veri e propri atti d’arbitrio come il tribunale ad hoc che un vescovo potrebbe certamente respingere ma dovrebbe averne la forza e la volontà. A Cuttitta, nel 2019 già seriamente ammalato (lascerà la carica l’anno dopo), manca certamente la prima. A chi ne fa le veci, il vicario generale Roberto Asta (che dopo l’atto di servizio, nella sopravvenuta vacatio per la rinuncia del vescovo è nominato amministratore apostolico) certamente la seconda e forse entrambe. In ogni caso l’esito è quello già ampiamente illustrato e qui ci interessa accertare in che modo Farì, Carballo e danti causa riescano a prepararlo e determinarlo.

Una denuncia che non ‘denuncia’ nulla, ma basta a scatenare il piano già deciso

Le accuse sono contenute in una lettera inviata il 18 agosto 2018 da tre persone, tutte donne che hanno in comune una singolare caratteristica: avere lasciato la comunità da molto tempo. Una ne ha fatto parte per un breve periodo nel 2003-2004 quando non era associazione privata di fedeli e non aveva una regola approvata (avverrà nel 2008): in pratica ne è uscita quattro anni prima che venisse formalmente eretta, sette anni prima che Dell’Agli fosse ordinato sacerdote e quattordici anni prima di inviare la denuncia. Un’altra se ne è separata nel 2010 dopo aver emesso i voti temporanei, un anno prima dell’ordinazione di Dell’Agli. La terza infine l’ha abbandonata nel 2013 anche in questo caso dopo aver emesso i voti temporanei. I fatti sui quali quindi queste tre ex sodali possano testimoniare per conoscenza diretta sono di molto risalenti nel tempo, tutti precedenti a quelli già oggetto di verifica e definiti nel 2015, e in gran parte anche alle prime segnalazioni rivelatesi totalmente infondate come, in quel caso e in quel momento, siamo nel 2011, testimoniato dallo stesso Salonia.

Nella lettera non ci sono denunce nuove. Le tre donne non hanno più frequentato la fraternità né il suo fondatore. Eppure lo accusano genericamente di <<continuare a comportarsi in modo illecito>> mentre tutti gli appartenenti alla comunità, partecipi e presenti, escludono violazioni o anomalie di qualsivoglia natura e rappresentano solo in termini positivi l’intera esperienza associativa anche in riferimento all’integrale rispetto della regola fondativa.

Ma vediamo esattamente cosa le tre donne dicano.

Il primo addebito è che Dell’Agli <<ha ripreso a pieno ritmo le sue attività formative, esponendo nuovamente in pubblico la fraternità e circondandosi nuovamente di giovani donne>>. Un’accusa che non è tale perché denuncia fatti totalmente leciti. Al fondatore della fraternità nessuno, neanche nello specifico il vescovo Urso con le sue prescrizioni del 2015, ha mai vietato attività formative, ma, solo per un anno, quella professionale di psicoterapeuta perché egli – è questo il senso della motivazione prima testualmente richiamata – possa immergersi meglio nella novità della vita sacerdotale intrapresa da poco tempo. Cosa vuole dire quindi <<ha ripreso>> se non ha mai smesso né, in ogni caso, gli è mai stato chiesto o ordinato di smettere?

Analogamente oscura, priva di senso, ingannevole e fuorviante appare la contestazione di <<esporre nuovamente in pubblico la fraternità>> dal momento che nessun provvedimento ne ha mai impedito o limitato le attività in pubblico.

Un’altra goccia di veleno, in apparenza in forma d’accusa ma in realtà del tutto vuota e priva di senso, è quella con cui le tre esponenti dicono che Dell’Agli nel riprendere l’attività su descritta <<sia tornato a circondarsi di giovani donne>>. Anche in questo caso nessun divieto risulta infranto. Uomini e donne, giovani e meno giovani fanno parte dell’associazione e ne seguono le attività: lo prevede e lo consente la regola approvata dal vescovo nel 2008.

A fronte di tali accuse, nelle quali già dichiaratamente manca ogni sussistenza di illecito, tutti i testimoni a conoscenza dei fatti escludono ogni possibile violazione o anomalia ed anzi raccontano la piena osservanza delle regole e la positività dell’esperienza.

Dopo questo elemento segnalato nella lettera dalle tre donne insieme, vediamo quali altre accuse ciascuna di loro aggiunga: altre accuse che – giova ripeterlo – in nessun caso sono ‘nuove accuse’ rispetto a quelle già giudicate e definite nel 2015.

L’accusa di una teste surreale a Dell’Agli: ha calunniato Salonia dicendo ai

magistrati che ha abusato di una suora, <<cosa assolutamente non vera>>!

Cominciamo dalla donna che da più tempo ha lasciato la fraternità di Nazareth: quattordici anni prima di tale nuova denuncia e molto prima sia dell’approvazione diocesana che dell’ordinazione di Dell’Agli.

Uscita dalla comunità nel 2004, estranea alle segnalazioni del 2011, ‘ripescata’ in quelle del 2014 e ora nuovamente nel 2019 nonostante la loro ripetitività, viene accettata dal famoso tribunale ad hoc apparecchiato da Carballo e Farì come teste contro un sacerdote che tale non era al tempo della sua partecipazione a quella che solo diversi anni dopo sarebbe divenuta un’associazione privata di fedeli riconosciuta dalla diocesi. Vediamo cosa dichiari questa teste singolare e surreale, così come riportato nel capo d’accusa ‘calunnia’. Prima, in proposito giova evidenziare che sono otto i capi d’imputazione per Dell’Agli, due dei quali rientranti nei delicta graviora di competenza pertanto non del tribunale ad hoc ma della congregazione per la dottrina della fede la quale su di essi lo assolve pienamente ritenendo i fatti insussistenti e tali che mai il procedimento avrebbe dovuto essere avviato.

Dunque al capo ‘calunnia’ la donna 14 anni dopo essere uscita dalla fraternità dichiara che << Dell’Agli (le cui testimonianze sono del 2017 e 2018, quindi recentissime in quel momento) ha calunniato padre Salonia dicendo che questi ha abusato di una suora, cosa assolutamente non vera>>. Come fa a sapere che il sacerdote avrebbe calunniato Salonia? Ma, soprattutto, come fa ad affermarlo?

Proviamo ad argomentarne. Io (un io ipotetico) posso non sapere di un fatto ma non posso essere certo che un fatto (lo stesso? Un altro analogo o simile?) riferito da altri sia non vero se non ne ho piena e diretta contezza o specifica esperienza diretta. Peraltro nel 2019 Salonia si trova in una doppia situazione, certa e documentata: è imputato di violenza sessuale aggravata ai danni di una suora, imputazione da cui uscirà prosciolto il 28 febbraio 2020 solo per asserita tardività della querela da parte della vittima; ha ammesso il 18 ottobre 2018 dinanzi alla procura di Roma di avere a lungo intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un’altra suora la quale per scrupolo di coscienza ha spontaneamente lasciato il suo ordine religioso, mentre lui avanza imperterrito nella carriera di sacerdote e nei gradi del suo ordine religioso fino alla nomina a vescovo.

Questi sono dati incontestabili, rispetto ai quali le domande da porsi acquistano un rilievo illuminante. Come fa questa teste a dichiarare che l’affermazione di abusi commessi da Salonia in danno di una suora sia una calunnia? Sa di quale suora e di quali specifici episodi si parli? Era presente nel luogo e nel momento in cui Salonia abusava (se abusava) sessualmente di una o più suore o, quanto meno, in quelli in cui intratteneva rapporti sessuali con quella determinata suora e potere quindi escludere che non fossero abusi ma normali relazioni sessuali tra un religioso ed una religiosa entrambi con voti perpetui di castità? Inoltre come fa a sapere cosa abbia dichiarato Dell’Agli e, qualora le sue dichiarazioni abbiano effettivamente avuto ad oggetto gli abusi di Salonia su una suora, come fa ancora una volta a sapere di quale suora tali supposte dichiarazioni trattino, in relazione a quale determinato episodio, in quale momento e in quale luogo e se siano abusi?

Poiché sono tutte domande senza possibilità alcuna di risposta tale da mantenerci su un piano di pertinente sostenibilità delle accuse, l’unica conclusione logica è che la teste ripescata sia addestrata e imbeccata. Perché e ad opera di chi è materia che ciascun lettore e ciascuna lettrice possano definire da sé. Sorprendente che il reclutamento riesca e che la teste reciti la parte: vedremo se in proposito possano soccorrerci indizi utili.

Tutti i punti di una realtà falsata: esclusione delle prove che rivelano la verità,

credito a testimoni addestrati e imbeccati che nulla sanno delle cose che dicono

Una seconda esponente, firmataria della lettera inviata al Papa il 18 agosto 2018, è la donna che ha lasciato la fraternità nel 2010, ovvero otto anni prima, quando l’associazione di fedeli è riconosciuta e approvata da due anni e il suo fondatore non è ancora sacerdote. Anche in questo caso una teste surreale disinvoltamente accettata dallo speciale tribunale chiamato alla speciale missione. Troviamo sue dichiarazioni in due distinti capi d’accusa: ‘violazione degli obblighi di una pena’ e ‘disobbedienza all’ordinario’. L’ex sodale sottoscrive le stesse parole in entrambi tali capi d’accusa, in una sorta di ‘copia e incolla’ sbrigativo e magari, per presunta rassicurazione o istruzione ricevuta e concordata, sufficiente allo scopo. La donna si riferisce a Dell’Agli: <<ho saputo che il vescovo di Ragusa gli aveva dato delle indicazioni che lui non ha rispettato. Il vescovo gli aveva chiesto di non fare lo psicoanalista, ma lui ha continuato a farlo. Gli era stato chiesto di non indossare l’abito e ha continuato a farlo. Gli era stato chiesto di non accogliere altre persone in comunità, ma lui ha continuato a far entrare persone>>. Tre violazioni degli obblighi imposti dal vescovo che non sussistono o non sono state commesse: in alcuni casi perché a non sussistere è l’obbligo stesso (divieto di attività professionale: era solo per un anno ed è stato rispettato; divieto di indossare l’abito monastico solo fuori dalla fraternità) in altri sono le asserite violazioni ad essere smentite da testi ben più qualificati come il vescovo stesso come abbiamo visto. La donna dichiara anche: <<mons. Cuttitta mi disse che a don Nello era stato chiesto di farsi seguire da mons. Peri, ma che lui non era mai andato da mons. Peri>>.

Anche in questo caso una domanda e un’osservazione sono naturali. La prima è questa: chi informa e imbecca una teste d’accusa totalmente estranea e distante dall’intera sfera di conoscibilità, anche astratta e potenziale, dei fatti sui quali depone? E come può accadere che essa sia presa in considerazione al di sopra di testi qualificati e a diretta specifica conoscenza dei fatti medesimi?

La seconda, l’osservazione, è d’obbligo. Il vescovo Cuttitta quindi avrebbe detto a questa donna (quando da molti anni non fa più parte della comunità) che Dell’Agli abbia violato la prescrizione impartita dal predecessore Urso di <<farsi seguire dal vescovo Peri quale supervisore e accompagnatore>>, ma non c’è alcuna conferma diretta da parte di Cuttitta sicché siamo dinanzi ad un assurdo: il vescovo di Ragusa citato de relato dalla teste tace e di lui (il solo a potere dare prova certa) non c’è menzione agli atti del processo mentre viene presa per buona la confidenza riservata che lo stesso le avrebbe fatto. Perché questi ‘giudici ad hoc’ scelgono di ritenere credibile, senza prova né riscontri, questa presunta strana confidenza concessa dal vescovo ad una persona così distante dai fatti di causa e non avvertono il bisogno di sentire lui che invece quei fatti li conosce direttamente e li controlla personalmente?

Gli altri due vescovi, Urso e Peri, interpellati, rendono dichiarazioni totalmente contrarie a quelle della teste d’accusa che però il famoso tribunale ad hoc decide di rendere decisiva!

Proprio nella sentenza che condanna Dell’Agli leggiamo, in relazione al capo d’imputazione di ‘disobbedienza all’ordinario’ (ovvero il vescovo), le dichiarazioni del vescovo medesimo Paolo Urso al quale Dell’Agli avrebbe disubbidito, e per questo condannato: <<posso dire che Sebastiano (Nello Dell’Agli, n.d.r.), finchè sono stato vescovo a Ragusa, ha seguito le indicazioni che io gli avevo dato».

Quanto all’obbligo di Dell’Agli e dell’intera fraternità di Nazareth di farsi seguire da Peri (capo d’accusa ‘violazione degli obblighi di una pena’, in realtà misura prescrittiva adottata dal vescovo Urso nel 2015) la sentenza stessa esclude ogni violazione in quanto in essa è riportata la dichiarazione del vescovo di Caltagirone: «posso dire che all’indicazione che avevano ricevuto di farsi guidare da me tutti i membri della comunità sono rimasti sempre fedeli. Infatti, sempre con cadenza regolare sono venuti da me per confrontarsi con me».

Le accuse a Dell’Agli da persone che non conoscono i fatti che denunciano

ma hanno motivo d’essere grate a chi ispira la ritorsione contro di lui

Infine la terza donna, anche lei teste d’accusa.

Dichiara, così come affermato nella lettera sottoscritta che <<dell’Agli ha ripreso a pieno ritmo le sue attività formative, esponendo nuovamente in pubblico la fraternità e circondandosi nuovamente di giovani donne>>. Sul contenuto delle dichiarazioni abbiamo già osservato. Da aggiungere che questa teste ha il merito e la fortuna di una rapida e brillante carriera nell’Istituto di Gestalt Kairòs diretto da Salonia e nello Studio teologico San Paolo di Catania. Merito e fortuna sono da intendersi anche quelli di guadagnarsi o comunque di fruire del pieno sostegno dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice e del ‘quasi vescovo’ e suo mancato ausiliare Giovanni Salonia.

Il nome di questa teste peraltro è legato anche ad un elemento specifico della sua denuncia. Dichiara infatti di avere subito abusi sessuali da parte di Nello Dell’Agli. Nella sua versione tali abusi sono baci e toccamenti che il sacerdote avrebbe compiuto. Emergerà poi dalle testimonianze, compresa quella del vescovo Urso, che si trattava di abbracci. Gesti che quella teste surreale, smentita dagli altri testi anche d’accusa, interpreta come abusi o preliminari d’abuso.

Ne parla pubblicamente anche Dell’Agli nella sua dichiarazione alla stampa il 18 luglio 2023 dopo la sentenza di condanna. <<…Sono stato accusato di gravi e reiterati atti sessuali. Qui siamo al super assurdo. Vi può essere condanna solo se vi è pedofilia, violenza, ricatto o persistenza scandalosa in rapporti sessuali completi in caso di concubinato (questo perché la chiesa distingue, chiaramente, tra peccato e reato). Nessuno mi ha accusato di questo. Eppure – osserva Dell’Agli – sono stato condannato. Non solo. Nessuno mi ha mai accusato nemmeno di rapporti sessuali. E nessuno mi ha mai accusato nemmeno di proposte sessuali. Solo una donna (la teste di cui parliamo, una delle tre firmatarie della lettera del 18 agosto 2018 n.d.r.) mi ha accusato di baci e toccamenti, da vestiti. Senza prove. Da me e da altri testimoni, anche dell’accusa, smentita. In ogni caso si tratta di un’accusa non riconducibile al capo di imputazione, in quanto, ripeto, questo prevede pedofilia, ricatto, violenza, o persistenza scandalosa in rapporti sessuali completi in caso di concubinato. Le accuse, tra l’altro, in grandissima parte, risalgono al periodo in cui ero psicoterapeuta e non ero stato ancora ordinato prete: e quindi, dal punto di vista canonico-penale non hanno alcun valore. Riporto la testimonianza di mons. Urso: “Gli abusi che mi erano stati denunciati consistevano essenzialmente in abbracci. (…) Nelle accuse che ricevetti ebbi l’impressione che c’era in chi accusava un tentativo di vendetta. A me sembrava che ci fosse qualcuno che voleva far pagare a Sebastiano qualcosa”».

La dichiarazione di Dell’Agli prosegue poi con un riferimento all’elemento tipico del metodo psicoterapeutico Gestalt: <<a margine della questione, vorrei dire, in quanto psicoterapeuta, che solo qualcuno in mala fede, o che vuole suscitare prurigine in ambito ecclesiale, o legato a una psicologia ormai superata – osserva il sacerdote dimesso dallo stato clericale – può vedere in gesti corporeo-affettivi un necessario significato sessuale. Così ad esempio, un abbraccio in terapia è lecito (per lo Stato italiano e per la comunità scientifica internazionale) e può essere utile. In tanti anni in cui ho esercitato la professione di psicoterapeuta e di didatta in una scuola di specializzazione, nessuna allieva si è mai lamentata di me. Anzi, le manifestazioni di stima, affetto e gratitudine nei miei confronti sono state tantissime>>.

Qualcuno quindi – la terza teste firmataria della lettera-esposto del 2018 – di cui abbiamo potuto riscontrare l’impossibile conoscenza diretta dei fatti denunciati nonché la (questa, sì, diretta) sfera di relazioni coltivate e interessi perseguiti, tenta di coinvolgere Dell’Agli in ipotesi di abusi sessuali indicandone come prova fattuale gli abbracci.

Per questa verità falsata ad uso e consumo di potenti, passano ambizioni episcopali, carriere, fedeltà senza scrupoli e obbedienze immorali date per mero tornaconto

Su un altro piano della vicenda sappiamo come il contatto fisico e gli abbracci siano contemplati dalle tecniche di psicoterapia della Gestalt e ad esse si riferisca Dell’Agli in un passo della sua dichiarazione alla stampa. Vedremo tra poco come invece di tutt’altro tenore siano, così come risultano dal processo penale che fino al 2020 vede imputato Salonia di violenza sessuale, certe ‘tecniche di contatto’ e, complessivamente, il caso della suora del Nord Italia che denuncia di essere stata violentata da Salonia, diversa dall’ex suora del centro Italia la quale, quanto meno e per ammissione dell’interessato, ne è stata a lungo amante.

Ciò che scatena la soluzione finale contro Dell’Agli e la fraternità di Nazareth è la lettera che le tre ex sodali (abbiamo visto da quando tempo ‘ex’) scrivono il 18 agosto 2018, una data da collocare con attenzione nella sequenza temporale dei fatti.

In quel momento è morta e sepolta la prospettiva di Salonia di diventare vescovo: ha dovuto rinunciarvi oltre un anno prima, ad aprile 2017, e la petizione del settembre successivo non può avere alcuna chanche per le ragioni ampiamente spiegate; è prosciolto in sede canonica ad aprile 2017 dalla commissione-Gisana dinanzi alla quale testimonia Dell’Agli, ma è indagato – come abbiamo visto per violenza sessuale in danno di una religiosa – dalla procura di Roma che il 17 luglio 2018 interroga Nello Dell’Agli come persona informata dei fatti. A giugno e luglio 2018 la stessa procura ascolta inoltre la suora firmataria, il 9 marzo 2018, della querela da cui prende il via il procedimento e l’ex suora che racconta la relazione sessuale con Salonia.

Nella sfera dell’esperienza diretta o delle relazioni familiari di talune denuncianti troviamo performances di carriera, in alcuni casi con ruoli direttivi e docenze nella Gestalt, nello studio teologico San Paolo nonchè attività di successo nell’area degli interessi e delle influenze di Salonia e Lorefice. La loro lettera che mette in moto il potente e disinvolto Carballo è del 18 agosto 2018, un mese dopo la deposizione di Dell’Agli in procura. Ne conseguono il commissariamento della fraternità di Nazareth, con mandato a decretarne la chiusura, l’incriminazione e il processo affidato ad un tribunale ad hoc per condannare Dell’Agli con sentenza resa inappellabile. Effetti resi possibili dal peso di Carballo e dall’azione del suo inviato-commissario Farì anche se formalmente passano per la firma del vescovo di Ragusa, in questo caso un Cuttitta già fortemente provato e turbato dalla malattia. Quanto a Carballo e Farì, se è questi ad apporre la firma su determinati atti, è il primo che lo ha scelto, lo guida, lo garantisce e lo sostiene.

Nella diocesi a seguire il dossier è il vicario generale Roberto Asta, diligente esecutore della linea Carballo-Farì e – all’atto di rinuncia del vescovo, accettata dal Papa il 28 dicembre 2020 – promosso amministratore apostolico della diocesi fino all’insediamento del successore Giuseppe La Placa, il 16 luglio 2021, quando il sacerdote di Comiso torna ad essere semplice vicario generale.

In seguito, nel lavorìo sotterraneo che precede le nomine di nuovi vescovi nelle sedi vacanti circola anche il nome di Asta ma, per esempio a luglio 2022, a tagliare il traguardo, per la diocesi di Mazara del Vallo, è un altro ibleo, della diocesi di Noto in questo caso, Angelo Giurdanella di Modica il quale indossa la mitra a 66 anni dopo quarant’anni di sacerdozio e altri dieci di formazione: mezzo secolo di vita e di lavoro negli stessi luoghi e negli stessi ambienti che sospingono Gisana e Lorefice dei quali il neo vescovo è più anziano (di tre anni del primo, di sei del secondo) ma taglia per ultimo il traguardo che segna e conferma la forza di una squadra e dei suoi life coaches.

La difesa d’ufficio di Salonia, imputato di violenza sesssuale, da parte di Lorefice.

Le parole dell’arcivescovo, basate su un falso, offendono e aggrediscono

la suora che ha avuto la dignità, il coraggio e la forza di denunciare gli abusi

Per tornare all’affaire-Salonia, abbiamo visto e vedremo ancora importanti cointeressenze nella cerchia di chi, con vari ruoli, porta avanti la macchinazione contro Dell’Agli. Tra le persone firmatarie della lettera-esposto del 2018 emergono rapporti di collaborazione, di nomine e di incarichi nella sfera d’attività o d’influenza di Salonia. Ed in questo stesso ambito di lucrosi incarichi e gratificanti carriere, fin dal 2015 anno in cui scatta la prima azione ritorsiva contro Dell’Agli, risaltano le appassionate attestazioni pro-Salonia nella comunicazione social (con centinaia di post, articoli celebrativi, testimonianze promozionali degne di agit-prop di collaudata esperienza) soprattutto nei momenti cruciali in cui c’è da difendere il frate sostenendo falsamente ch’egli sia vittima di calunnia come del resto faranno in tanti, comprese figure investite di alta responsabilità e connessi doveri, anche di ‘fede pubblica’, come l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice.

Il riferimento è alla sua dichiarazione pubblica dopo il proscioglimento, il 28 febbraio 2020, per querela tardiva della vittima.

Ne vedremo il tenore e la portata, violenta e ripugnante, agli occhi della suora che denuncia. Intanto, nello spazio finale di questa puntata, conviene cominciare a guardare nello scrigno segreto che racchiude la scatola nera e quindi la chiave dell’intero intreccio di vicende oggetto di questa inchiesta, introducendo quello che ne è il capitolo centrale: il processo che da marzo 2018 vede Salonia indagato e poi (dal 7 luglio 2019 in virtù della richiesta di rinvio a giudizio) imputato per violenza sessuale aggravata in danno di una suora.

Il 9 marzo 2018 la religiosa, della quale abbiamo rivelato un solo elemento, l’essere di una regione del Nord Italia, presenta una querela che già qualche giorno dopo è all’attenzione della procura di Roma la quale apre un fascicolo per violenza sessuale aggravata e iscrive Giovanni Salonia nel registro degli indagati.

Segue un’intensa attività d’indagine, con l’esame di fonti di prova e l’interrogatorio di diversi testimoni.

Sesso orale della suora al sacerdote per guarire. La ricetta del frate psicoterapeuta

nel racconto della religiosa, sofferto e drammatico, ai pubblici ministeri di Roma.

Ecco in sintesi il racconto della vittima ai magistrati, il 19 giugno 2018, con l’assistenza di una psicologa specializzata in audizioni di persone in condizioni di vulnerabilità. Di lei – che chiameremo suor Teresa – oltre all’area territoriale di provenienza, aggiungiamo che ha circa vent’anni in meno di Salonia, è molto stimata come religiosa sincera e fedele ai voti, apprezzata per il servizio da sempre e tuttora prestato nel suo ordine religioso e nelle realtà scolastiche e sociali in cui è proficuamente impegnata mettendo a frutto la sua formazione culturale e i titoli accademici.

Di seguito, in carattere corsivo, il suo racconto sul quale sarà necessario tornare per chiarirne i vari aspetti, dar conto delle dichiarazioni di Salonia, riferirne gli sviluppi fino allo stop al processo per tardività della querela e riprendere in conclusione il filo dei fatti.

****

Ho conosciuto – racconta suor Teresa – padre Giovanni Salonia nel 1998 in un convegno e poi ho avuto una conoscenza ed una frequentazione più approfondite quando tra il il 2005 e il 2007 ho frequentato un corso triennale per formatrici nell’ambito religioso, in quanto padre Giovanni era il direttore del corso di formazione. Lo stesso ha svolto anche delle lezioni unitamente ad altri formatori.

Padre Giovanni è uno psicoterapeuta della formazione Gestalt. In particolare è co-direttore di una scuola di formazione gestaltica “Gesta Terapy HCC Kairos”; tale scuola ha tre sedi, una a Ragusa, una a Roma ed un’altra a Venezia. Lo stesso insegna anche nell’università Gregoriana, il Pontificio Ateneo Antonianum nonché alla Cattolica di Roma.

Durante la frequentazione del corso triennale, per mie vicissitudini personali, ho parlato con padre Nello Dell’Agli, il quale mi ha consigliato di parlare con padre Giovanni e in quella occasione ho fatto un colloquio. Siamo nel luglio del 2007.

Mi sono rivolta a padre Nello in quanto avvertivo da tempo delle sensazioni di malessere e di stati ansiosi depressivi. La mia sofferenza derivava da una pregressa sofferenza traumatica che non avevo ancora elaborato consapevolmente e che solo a partire della fine del 2008 ho affrontato, rivolgendomi a padre Giovanni.

Non avevo ancora coscienza degli abusi sessuali che avevo subito all’età di circa 3 anni e mezzo da parte di mio padre quando mi sono rivolta a padre Giovanni tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009. All’epoca io mi trovavo a … mentre padre Giovanni si trovava a Siracusa.

I miei sintomi erano peggiorati, ossia avevo crisi di ansia, insonnia, attacchi di panico e depressione e i primi contatti con padre Giovanni a causa della nostra distanza erano avvenuti via e-mail. Lo stesso mi aveva indirizzato a dicembre del 2008 presso uno psichiatra di sua conoscenza a … e poi mi aveva dato dei suggerimenti su come affrontare questi momenti di grande difficoltà. La prima volta ci siamo incontrati a … nel febbraio del 2009 e gli avevo chiesto l’opportunità di essere seguita da uno dei suoi collaboratori facenti parte della sua scuola a … ma lo stesso mi aveva detto che non c’era nessuno. Ho saputo dopo che a … in realtà vi era un istituto di terapia gestaltica la cui direttrice era stata co-direttrice con lui precedentemente. Poi ho saputo che si erano separati. La terapia era una volta ogni mese e mezzo-due mesi a Roma e due volte sono scesa a Siracusa. Talvolta ci siamo incontrati anche a … (indica in dettaglio le varie località, n.d.r.) Ogni qualvolta padre Giovanni si spostava, in tali sedi avvenivano gli incontri.

Non ha mai fatturato le mie sedute e io non ho mai pagato. Lui mi chiedeva di dire tre Ave Maria.

La prima volta che ci siamo incontrati mi ha abbracciato in maniera particolarmente affettuosa. Mi ha detto che avremmo fatto una terapia prevalentemente corporea e non verbale per superare le mie difficoltà corporee. Avevo delle difficoltà con il mio corpo. Mi ha detto che avevo bisogno di calore, e che dovevo imparare a provare piacere, scollegato dall’angoscia che avevo vissuto a causa degli abusi subiti.

Durante l’incontro avvenuto a …, padre Giovanni mi ha fatto spogliare e mi ha fatto rimanere in biancheria intima, eravamo in un convento all’interno di una camera da letto da soli. Ha cominciato a toccare ogni parte del mio corpo, il seno, la pancia, e tutte le altre parti intime compresi i miei genitali e ogni qualvolta toccava una parte del mio corpo, io dovevo dare il nome a quella parte. Ciò è avvenuto nel settembre del 2009.

Queste modalità di trattamento sono andate nel tempo ad intensificarsi fino ad arrivare a dirmi di andare in braccio a lui, di mettermi sulle sue gambe. Alcune volte mi sono rifiutata di fare ciò che mi chiedeva per una questione morale e lo stesso reagiva, talvolta bruscamente dicendomi che se non mi fidavo di lui mi sarei dovuta rivolgere ad alto terapeuta, altre volte dolcemente cercando di rassicurarmi. Ricordo che in un incontro avvenuto a … nel 2009, lui mi invitava a sedere con le gambe aperte sopra di lui. Mi chiedeva di muovermi come un animale in quanto secondo padre Giovanni dovevo liberare le energie bloccate per il gesto interrotto. Mentre mi trovavo sulle sue gambe lui mi baciava sulle guance e ricordo che la mia percezione era allora quella di essere tornata bambina nelle braccia di un papà, però buono, che mi coccolava.

Quando ero sulle sue gambe ero terrorizzata al pensiero che si potesse eccitare facendomi muovere sopra di lui; non ho avuto la percezione della sua eccitazione ma posso dire che quando terminava la seduta si recava in bagno. In queste circostanze io ero sempre rimasta vestita, con l’abito monastico, gonna e vestaglietta. Ricordo un particolare, ossia che quando mi faceva muovere, le sue mani erano sui miei glutei ed accompagnava il movimento ondulatorio. Da questo momento in poi i nostri incontri avvenivano per lo più nelle camere da letto, nei luoghi in cui ci si incontrava.

Durante questi incontri mi faceva togliere gli abiti per sentirmi più libera e per non stropicciarli mentre lui rimaneva vestito; subito dopo mi si avvinghiava e mi stringeva forte dicendo di muovermi ‘come un animale’, in alcuni casi mi toccava sotto il reggiseno, mi strizzava i capezzoli e qualche volta ha cercato di baciarmi sui capezzoli. Ricordo inoltre che mentre mi baciava sulle guance, scivolava sulla bocca. Io gliel’ho sempre impedito perché mi dava fastidio, ma una volta è riuscito nel suo intento. Ricordo in una circostanza la sua lingua nella mia bocca. Inoltre mi toccava con il dito dentro la vagina allo scopo di farmi eccitare, cosa che riusciva e mi guardava intensamente. Questi episodi avvenivano tutte le volte in cui ci siamo incontrati tra il 2009 e il 2013.

Io partecipavo a questi incontri perché ero convinta che si trattasse di una cura terapeutica come lui mi aveva spiegato e assicurato ma al tempo stesso provavo un grande conflitto interiore e mi chiedevo se era lecito quello che stavamo facendo. Non posso negare che in alcune occasioni uscivo da questi incontri in uno stato di benessere. Ricordo perfettamente che in qualche occasione io gli dicevo di sentirmi una sorta di “puttana” e lui mi chiedeva se era un mio pensiero oppure la voce di mia madre (lo psicoterapeuta conosceva i traumi, il contesto e le figure familiari della paziente, n.d.r.). Io mi persuadevo di quest’ultima soluzione ed ammettevo che si trattava della voce di mia madre perché in casa mia il sesso era considerato tabù.

Nel 2012 padre Giovanni mi ha proposto durante i nostri incontri di fare delle sessioni pratiche perché io diventassi parte attiva e superassi il disgusto che provavo verso il corpo maschile. Una prima volta mi fece toccare il suo pene, dopo che si era abbassato i pantaloni e gli slip. Era un’attività finalizzata all’esplorazione secondo quanto lui mi diceva, tranquillizzandomi perché io ero molto imbarazzata e tesa. La seconda volta lui mi ha detto di baciarlo sul pene dicendomi che era ciò che io volevo ed io l’ho baciato provando un disgusto indescrivibile. Preciso che questi inviti erano fatti in maniera molto suadente e convincente nonché con modalità rassicuranti spiegandomi che era la terapia. La terza volta mi ha detto di prenderlo in bocca e per convincermi diceva che era ciò che io volevo e di non lasciarmi fermare dalla paura di farlo. Ricordo che quella volta l’ho messo in bocca provando un disgusto incredibile e rimanendo ferma. Ricordo perfettamente di avere avvertito lo stesso odore percepito con mio padre e che solo di recente ho ricollegato agli abusi subìti.

Il trauma della stessa violenza subìta in famiglia all’età di tre anni:

<<padre Salonia che doveva curarmi ne era perfettamente a conoscenza>>

Ricordo – prosegue suor Teresa – che da bambina di frequente mi tornava questo odore e mi chiedevo cosa fosse: mi davo come risposta “che era un budino bianco che avevo mangiato”. In realtà mio padre mi faceva fare sesso orale e ricordo che durante la notte svegliavo mia mamma per chiederle da bere perché non riuscivo ad ingoiare ciò che avevo in gola…

Dopo avere praticato un rapporto orale con padre Giovanni ricordo di avere vomitato e ancora oggi provo un senso di repulsione molto forte.

Non ricordo che lo stesso in questa occasione si sia eccitato perché mi diceva rassicurandomi che il suo membro non si sarebbe mosso e non sarebbe successo nulla. Faccio presente che padre Giovanni era perfettamente a conoscenza degli abusi sessuali di natura orale che ho subìto da parte di mio padre e del fatto che mia madre ne avesse piena contezza. Ho il ricordo di questa madre rigida ed anaffettiva che si seccava quando io di notte le chiedevo un bicchiere d’acqua.

Ricordo che gli incontri con padre Giovanni sono cessati nel 2013, perché alla fine dell’anno io continuavo a manifestare il mio malessere mentre lui mi diceva che io ormai avevo superato i problemi e non avevo più bisogno di incontri. Lui mi diceva altresì che io gli facevo presente il mio malessere per non essere da lui abbandonata e quindi mi ha indirizzata verso altro psicoterapeuta, dott…

In seguito io di nuovo ho incontrato padre Giovanni ma non ci sono stati più contatti di natura fisica, solo colloqui superficiali. Ricordo che il nuovo psicoterapeuta dott… mi diceva che i contatti con padre Giovanni erano ancora attivi probabilmente perché voleva controllare in qualche modo cosa io dicessi.

Io ho preso coscienza di quello che mi aveva fatto padre Giovanni in data 11 settembre 2017 perché ero stata malissimo, era peggiorata la depressione ed ero andata da uno psichiatra per avere una terapia adeguata alla mia patologia, il dott… Questi mi chiedeva quale tipo di terapia avessi svolto fino a quel momento e una volta raccontato per sommi capi che era una terapia di tipo corporeo con padre Giovanni, lui disse che conosceva le terapie corporee e, una volta dettagliato maggiormente cosa avveniva, lo psichiatra mi disse che nessuna terapia corporea prevede un tale trattamento fino ad arrivare a toccare gli organi genitali, ma che si trattava di un abuso sessuale commesso nell’esercizio della professione di psicoterapeuta.

Ho presentato la querela solo il 9 marzo 2018 perchè ero stata malissimo, ho passato periodi brutti di estrema sofferenza e inizialmente avevo pensato di fare una denuncia canonica, ciò in quanto a febbraio del 2017 padre Giovanni era stato nominato vescovo ausiliare di Palermo. Tuttavia sono a conoscenza di un supplemento di indagini a seguito della pubblicazione della sua nomina a vescovo, in quanto vi erano state delle accuse per violazione del voto di castità contro padre Giovanni tanto che la sua nomina è stata bloccata. Mi risulta che lui abbia fatto un atto di rinuncia. Padre Giovanni ha subìto un processo canonico per infedeltà al voto di castità e sono stati ascoltati come testimoni … (la teste fa il nome della suora che con Salonia ha avuto una relazione sessuale da lui stesso in seguito ammessa ai magistrati, n.d.r.).

Sono a conoscenza – conclude suor Teresa – che anche costei è stata molestata da padre Giovanni avendo con lo stesso avuto rapporti di natura sessuale mentre costui svolgeva la sua funzione di sacerdote. La stessa mi ha detto che vi erano altre quattro-cinque suore che come lei avevano vissuto la stessa esperienza.

La stessa abita a … e non fa più parte dell’ordine religioso.

A settembre del 2017 quando mi sono resa conto di quello che mi aveva fatto padre Giovanni ho cancellato molte delle e-mail scambiate con lo stesso tra il 2008 e il 2009 ma ne conservo molte altre che mi riservo di consegnare.

5 – continua

Le puntate precedenti sono state pubblicate il 14 ottobre 2023 (qui), 21 ottobre 2023 (qui), 28 ottobre 2023 (qui), 4 novembre 2023 (qui).

Qui invece una breve nota pubblicata il 6 novembre scorso dopo le parole pronunciate dal Papa in difesa del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, uno degli esponenti del clero di cui si parla nell’inchiesta.
view post Posted: 12/11/2023, 17:57 Manfredonia: "il prete gay mi ha toccato le parti intime e chiesto di far sesso" - La stanza del peccato
https://www.statoquotidiano.it/12/11/2023/...nianze/1044466/

Manfredonia. Presunti abusi sessuali e sesso con sacerdoti: rese due testimonianze

Come riferito, potrebbero essere almeno 2 i sacerdoti coinvolti nelle accuse, con fatti avvenuti alcuni anni fa. In tal senso, sono in corso acquisizioni di informazioni. Sono state rese già 2 testimonianze da parte di due giovani del territorio.

AUTORE
Giuseppe de Filippo
PUBBLICATO IL

12 Novembre 2023
CATEGORIE

Manfredonia – “Doverosa ricerca della verità“. Continuano gli accertamenti dell’Ente Arcidiocesi di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo in seguito all’articolo pubblicato su StatoQuotidiano.it lo scorso 25 agosto 2023 dal titolo “Manfredonia. ‘Mi ha toccato nelle parti intime e mi ha chiesto di fare sesso. Chi? Un sacerdote‘”.

Sui fatti l’Arcivescovo Franco Moscone aveva già detto che “si tratta di una notizia che richiede necessariamente un approfondimento serio ed accurato, pertanto l’Arcidiocesi intraprenderà quanto previsto dalla normativa canonica. Ciò, al fine di appurare la verità dei fatti e di garantire la giustizia nei confronti delle persone coinvolte“.
Come riferito, potrebbero essere almeno 2 i sacerdoti coinvolti nelle accuse, con fatti avvenuti alcuni anni fa. In tal senso, sono in corso acquisizioni di informazioni. Sono state rese e registrate già 2 testimonianze da parte di due giovani del territorio.
Settimane fa, l’arcivescovo Moscone ha incaricato una persona di fiducia, un professionista del territorio, per i relativi accertamenti.

A cura di Giuseppe de Filippo, direttore responsabile www.statoquotidiano.it
view post Posted: 11/11/2023, 16:25 Sesso orale per psicoterapia. Suora denuncia p. Salonia: querela tardiva. E il Vaticano punisce il testimone don Dell'Agli - La stanza del peccato
www.insiciliareport.it/2023/11/11/...TvBVRp5BmnNjPEM

Ecco il drammatico racconto della religiosa ai pubblici ministeri di Roma nel procedimento a carico di Giovanni Salonia per violenza sessuale aggravata. Risultati delle indagini alla mano, la Procura chiede il rinvio a giudizio del sacerdote cappuccino ma il processo è arrestato dal Tribunale per querela tardiva. E’ questo il nodo corposo del fitto intreccio: nella ‘scatola nera’ c’è il movente della rappresaglia ritorsiva dopo la testimonianza non gradita al potente frate. Perciò Nello Dell’Agli è condannato in sede canonica e la sua fraternità di Nazareth soppressa. Nel dettaglio tutti i passaggi, le date, le sequenze della macchinazione ordita con l’ok dei piani alti del Vaticano
Di Angelo Di Natale il 11 Nov 2023

Riprendiamo la ricostruzione dei fatti nel punto in cui l’abbiamo lasciata nell’articolo precedente, il quarto.

Abbiamo visto i numerosi punti di contatto, oltre che di comune appartenenza alla famiglia dei frati francescani minori sia pure in un diverso ordine, di Giovanni Salonia – sacerdote, cappuccino e ‘vescovo mancato’ per via della rinuncia all’ordinazione episcopale, dopo la nomina – con Josè Rodriguez Carballo, amico di papa Francesco che nel 2013 lo vuole fortemente (è la sua prima nomina) a capo della congregazione per gli istituti di vita consacrata dove a lungo lo mantiene nonostante i tanti scandali che lo investono e, alla fine, solo di recente, con provvedimento del 14 settembre scorso esecutivo dal primo novembre, lo silura.

In precedenza è emerso come big sponsor nel 2017 della nomina episcopale di Salonia sia l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice ma ciò non esclude che una figura come quella del potente frate galiziano possa perorarne la causa, prima e dopo l’infausta elezione vescovile rimasta incompiuta. Certo è che Salonia per lungo tempo sia docente incaricato nella pontificia università Antonianum di cui Carballo, durante l’intero periodo di carica al vertice dell’ordine religioso, è Gran cancelliere.

Le impronte di Carballo appaiono, in qualche caso anche documentate, nella lunga serie di abusi, soprusi, violazioni, stranezze inspiegabili passate in rassegna. Qui bisogna avere presenti, pur distinti, l’ambito giudiziario e quello amministrativo.

In entrambi le incursioni del vescovo spagnolo sono evidenti perché è lui che fin dall’inizio prende in mano il dossier d’accusa contro la fraternità di Nazareth di Ragusa quando questa, all’improvviso, diventa una realtà pericolosa, da colpire e da cancellare, con punizione esemplare del suo responsabile. Il che, come i fatti dimostrano, è solo una macchinazione calunniosa e ritorsiva: proprio ciò di cui, falsamente, i suoi promotori, al contrario, incolpano vittime innocenti. Come Nello Dell’Agli, teologo, psicoterapeuta e sacerdote dimesso dallo stato clericale in quanto punito con la pena massima prevista dal codice di diritto canonico, a conclusione del processo imbastito da un tribunale ad hoc e sfociato in una sentenza che l’intervento di Carballo sull’amico Papa rende inappellabile. Nell’ambito della stessa partita di potere e della prova muscolare condotta da Carballo, con i suoi uomini fidati e l’azione congiunta dei sostenitori di Salonia, la fraternità di Nazareth di Ragusa fondata da Dell’Agli viene soppressa.

La spedizione punitiva in tre atti contro Dell’Agli colpevole di verità: processo con tribunale ad hoc, condanna e commissariamento della fraternità di Nazareth

Nel primo ambito è di Carballo la pressione finalizzata all’apposizione della firma del Papa che impedisce ogni riesame della sentenza, falsa e assurda, comminata dal tribunale ad hoc nei confronti di Dell’Agli ‘colpevole’ di testimoniare sul conto dell’influente cappuccino di Ragusa, sommerso da accuse infamanti dopo l’improvvida nomina episcopale come ausiliare dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice il quale lo propone e, anche dopo lo scandalo che l’avvolge, lo vorrebbe a tutti i costi con sè.

In questo stesso ambito si deve sempre al potente frate spagnolo, alla sua spinta e alla sua azione esperita su più piani, l’imposizione del tribunale ad hoc, in luogo di quello ordinario correntemente costituito. Tale imposizione si concretizza nel periodo in cui è assente di fatto il vescovo di Ragusa Carmelo Cuttitta, ammalato e impossibilitato ad esercitare la sua funzione la quale transita nelle mani del vicario generale Roberto Asta, poi anche amministratore apostolico. E’ in questa fase che il tribunale ad hoc viene di fatto imposto al vescovo di Ragusa il quale, nel pieno esercizio – lineare, trasparente e secondo giustizia – delle proprie prerogative potrebbe e dovrebbe decidere diversamente. Su questo punto torneremo anche in riferimento alle lobbies e al peso da esse esercitato in fatto di selezione di candidati a qualsivoglia posizione curiale e di nomine da parte del Pontefice.

Peraltro la sentenza canonica che condanna Dell’Agli è talmente squilibrata, illogica e incredibile da impedire d’immaginarne una analoga ad opera di altro giudice. Ecco perché chi la vuole ha bisogno di blindarla con il catenaccio dell’inappellabilità, possibile solo con atto d’imperio del Papa che il suo amico vescovo José non fatica ad ottenere.

Quindi un tribunale ad hoc per fare condannare un innocente e, raggiunto lo scopo, un veto di riesame perché altrimenti, in un secondo grado di giudizio, il falso di una sentenza, che è tutta una fantasiosa menzogna, per mano di un altro giudice verrebbe a galla. Un doppio blitz portato a termine dal vescovo spagnolo.

Nell’ambito amministrativo la clava impugnata è quella del commissariamento della fraternità di Nazareth, l’associazione privata di fedeli fondata a Ragusa nel 2008 da Nello Dell’Agli non ancora sacerdote (sarà ordinato nel 2011) e riconosciuta dal vescovo Paolo Urso. Abbiamo visto le contestazioni subìte dalla fraternità nel tempo: in proposito è sufficiente e utile rilevare che esse si dispiegano in tre fasi.

Una prima, proprio nel 2011, parte da doglianze di persone che lasciano la comunità e si chiude con un esito di verifica dell’infondatezza delle segnalazioni e della regolarità della vita della Nazareth, anche grazie a testimonianze tutte convergenti tra le quali quella di Giovanni Salonia, collega di Dell’Agli in quanto psicoterapeuta. Peraltro sarà il frate cappuccino a presentarlo per l’ordinazione sacerdotale.

Una seconda fase scatta nel 2014 dopo che Dell’Agli rompe, sul fronte del proprio impegno professionale, con l’istituto di psicoterapia Kairòs di Salonia perché non accetta e non è disposto ad assecondare promiscuità e cointeressenze tra la fraternità e gli affari di lavoro, con annesse implicazioni personali nei due diversi contesti tali da renderne ombrosa e incerta la linea di distinzione.

Una terza fase, decisiva e prorompente fino a quella Caporetto della verità e della giustizia nella quale ci siamo imbattuti, sussegue e consegue alle testimonianze, in sede canonica e dinanzi alla procura di Roma, rese da Dell’Agli sul conto di Salonia.

La missione di Carballo e le azioni sul campo del suo inviato Farì: rapporti, scambi e quel riguardo dell’arcivescovo Lorefice verso il parroco di Napoli

Tornando al potente Carballo e all’ambito amministrativo della sua azione, un primo dato risalta in tutta evidenza: essa, oltre a tutto quanto già rilevato nel merito, è illegittima perché la congregazione, oggi dicastero, per gli istituti di vita consacrata da lui guidata non è legittimata ad agire rispetto ad un’associazione privata di fedeli – realtà di primo livello, non istituto – riconosciuta dalla diocesi che è quindi l’istituzione competente, come del resto avviene nel 2015 quando il vescovo Paolo Urso è l’autorità investita del precedente procedimento che definisce con propri provvedimenti. Ma siccome Carballo è a capo della congregazione suddetta ed è lui che può portare a termine la ‘missione’, ecco una lampante violazione compiuta, reiterata e – ai livelli più alti del governo vaticano – tollerata fino alle conseguenze estreme.

Allo stesso modo chiedere, se del caso, il processo nei confronti del responsabile della fraternità di Nazareth spetterebbe alla congregazione per il clero perché l’accusato è un appartenente al clero, non quindi a Carballo o all’area di competenza di cui è a capo.

Peraltro tale decisione, con applicazione del tribunale ad hoc, avviene in totale assenza di ogni accusa nuova rispetto a quelle formulate nel 2015 e pienamente definite con i provvedimenti del vescovo Paolo Urso, a capo della diocesi di Ragusa dal 12 aprile 2002 al 7 ottobre 2015. Provvedimenti comunicati il 27 giugno 2015 alla congregazione per gli istituti di vita consacrata. E’ una semplice comunicazione di decisioni prese in autonomia ma sulla base di mandato ricevuto, sempre con eccesso di poteri, dalla congregazione di Carballo che però nel primo caso, 2015, sceglie una modalità soft di tale eccesso esorbitante, chiedendo e raccomandando al vescovo di procedere. Quando, quattro anni dopo, gli servono ben altri provvedimenti, scavalca la diocesi – o la costringe ad una supina acquiescenza – e si affida solo ai suoi uomini, in una linea di totale copertura e di fervido sostegno da parte del primate di Sicilia, l’arcivescovo di Palermo Lorefice.

In totale assenza di accuse nuove viene altresì disposto il commissariamento, appunto per volere di Carballo, il 15 aprile 2019 quando imperversa la terza fase, più violenta della seconda e a questa accomunata dall’identico movente ritorsivo evidentemente più forte del precedente, mentre la prima, nel 2011, nasce in modo naturale e senza retroscena o manovre occulte.

Carballo dunque commissaria la fraternità di Nazareth e spedisce a Ragusa il fido Salvatore Farì, pugliese di Maglie, religioso dell’ordine dei frati vincenziani, oggi quarantaseienne, sacerdote dal 2003, parroco della chiesa di San Gioacchino a Napoli, superiore della casa della missione dei vergini e vicario episcopale per la vita consacrata dell’arcidiocesi partenopea. In Puglia e Campania è noto come missionario vincenziano in carriera per via del suo attivismo e della salda integrazione in certe cordate ben piazzate nei palazzi curiali. Al suo attivo varie pubblicazioni, alcune con prefazione di Carballo spesso fisicamente al suo fianco in presentazioni promozionali e incontri pubblici. Domenica 29 ottobre 2023, nella sua parrocchia a Napoli è l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice a celebrare una messa nel trentesimo anniversario del martirio di don Pino Puglisi. Presenza sicuramente apprezzabile da parte dei fedeli, dato il legame del beato con la chiesa palermitana (l’intera sua vita si svolge nella trincea delle periferie mafiose del capoluogo siciliano) ma certo poche altre parrocchie o forse nessun’altra, tra le venticinquemila sparse in Italia, possono fregiarsi dell’intervento del capo dell’arcidiocesi di Palermo per celebrare la memoria del parroco di Brancaccio. Privilegio concesso a Farì forse anche in nome dei buoni comuni rapporti con Carballo e degli scambi rispettivi.

Ritorsione uno e ritorsione due: la prima un avvertimento, la seconda una rappresaglia subito dopo la testimonianza di Dell’Agli in Procura a Roma

Dunque, per riprendere il filo dei fatti che dobbiamo tenere ben presenti, nel 2014 Dell’Agli, sacerdote e psicoterapeuta, interrompe i rapporti di collaborazione con l’istituto Kairòs del frate e collega psicoterapeuta Giovanni Salonia, istituto che offre i propri servizi all’insegna del metodo Gestalt basato sul contatto fisico, oltre che sulla parola.

Dell’Agli compie questa scelta per difendere la fraternità di Nazareth, da lui fondata quattro anni prima a Ragusa, dalle insidie di una commistione che non approva. Salonia non la prende bene e non ne fa mistero: immediato, a fine 2014, scatta l’intervento punitivo. Lo dispone Carballo, senza titolo né competenze (ed in effetti in questo primo caso si ‘limita’ a chiedere al vescovo perchè proceda) e la fraternità di Nazareth viene passata ai raggi x. Il vescovo Urso che la conosce e nel 2008 ne ha approvato la regola, anche per difenderla da vendette che egli scorge nitidamente come ammetterà in qualità di teste, dispone le misure che reputa giuste e opportune. Il movente ritorsivo è chiaro, ma l’effetto finale, poiché rimesso nelle mani di un giudice naturale che agisce secondo coscienza, il vescovo di Ragusa Urso, si rivela contenuto (abbiamo visto le misure adottate) e tutto finisce lì. O almeno così dovrebbe essere.

E invece ad agosto 2018 matura una sete di vendetta ben più forte e feroce. A provocarla le due testimonianze rese da Dell’Agli: la prima a marzo 2017 quando è interpellato dalle autorità vaticane in sede canonica sul conto di Salonia nominato vescovo ma costretto alla rinuncia per lo scandalo sopravvenuto in relazione a suoi precedenti scabrosi; la seconda a luglio 2018 quando come persona informata dei fatti viene convocato dalla procura di Roma nell’ambito delle indagini sul cappuccino accusato di violenza sessuale aggravata ai danni di una suora.

Questo piano ritorsivo, affidato al solito Carballo e sostenuto dagli aderenti alla sua cordata (vedremo poi la natura degli interessi che la cementano e l’alimentano) viene eseguito a partire da una denuncia del 18 agosto 2018 senza neanche lo sforzo d’ingegno nel fabbricare nuove – anche false – accuse. E così è documentale che, senza alcun elemento ulteriore né contestazione di qualsivoglia natura, la situazione già definita con le misure decise nel 2015, all’improvviso, in un certo preciso momento, riprenda nuova vita e produca determinazioni aberranti aventi un solo elemento di contatto con la realtà dei fatti: una ‘lezione’, ben più severa della prima che si era ridotta ad un avvertimento, da impartire al testimone che osa sottrarsi alla linea di sostegno del falso secondo le regole d’ingaggio della commissione-Gisana e, addirittura, rispondere – raccontando i fatti di propria conoscenza – alle domande dei pubblici ministeri i quali vogliono verificare la fondatezza delle accuse della suora al potente frate cappuccino.

La finzione di un governo ordinario della fraternità di Nazareth, ma la chiusura

è già decisa in partenza. Quella nomina di Farì in conflitto d’interessi

Vedremo le date: il via alla ritorsione pesante e definitiva scatta il 18 agosto 2018, un mese dopo la testimonianza resa, il 17 luglio 2018, da Dell’Agli alla procura di Roma.

E’ così che il 15 aprile 2019 la spedizione punitiva produce il commissariamento della fraternità di Nazareth, ad opera di Carballo che, come abbiamo visto, non ha titoli nè competenze per occuparsene, tanto meno il potere di disporlo. Il suo inviato sul posto, con i gradi di commissario pontificio e visitatore apostolico, è Farì il quale a Ragusa fa solo brevi e fugaci apparizioni: non sembra tanto interessato a verificare le cose e governare la comunità quanto a portare a termine, con occhi bendati e orecchie tappate, il mandato ricevuto: chiuderla e mettere sotto processo il suo fondatore. Nell’esercizio dell’incarico il 4 ottobre 2019 nomina come propria socia Lidia Curcio, biologa e psicologa della comunicazione, perché con lui <<collabori nel governo ordinario dell’associazione privata di fedeli fraternità di Nazareth>>. Di ordinario quell’esperienza non ha nulla perché i soli atti compiuti, e di conseguenza il loro scopo, sono solo quelli che servono a sopprimere l’associazione. E infatti, al pari di Farì, anche Curcio a Ragusa si vede appena ogni tanto.

Non c’è bisogno del suo impegno: basta Farì a cui basta Carballo a cui, a sua volta, basta l’input ricevuto. Con buona pace di chi creda nella Chiesa, nel suo amore di verità, nel suo senso di giustizia, nella bontà e nella fratellanza, nell’inclinazione al bene e nel rifiuto del male.

Per la cronaca, quando Curcio viene nominata socia del commissario della fraternità di Nazareth, è membro di una comunità della quale il missionario Farì (quante missioni da compiere!) è commissario con funzione ispettiva: la ‘famiglia ecclesiale Chiesa-mondo di Catania’, realtà nata come istituto nel 1968 sull’onda del Concilio Vaticano II, la quale nel tempo cambia natura, subisce controlli e viene commissariata. Nel 2001, arcivescovo Luigi Bommarito, è riconosciuta, con la denominazione attuale, come <<nuova forma di vita consacrata>> ma in seguito finisce nel mirino ed è oggetto di ispezioni con le relative ‘cure di discernimento’. Il 13 novembre del 2020, come si legge nel sito ufficiale, <<l’arcivescovo Salvatore Gristina, su indicazione della congregazione per gli istituti di vita consacrata, approva il testo riveduto delle costituzioni>>.

A capo della congregazione c’è Carballo che a Catania ha le antenne – ed anche occhi, braccia e quant’altro serva – del fido inviato Farì. Infatti il 27 agosto 2022 il nuovo arcivescovo di Catania Luigi Renna <<a conclusione dell’assemblea della famiglia ecclesiale, presieduta dal commissario arcivescovile padre Salvatore Farì c.m., ha nominato – riporta sempre il sito – nuova responsabile generale della famiglia ecclesiale la dottoressa Lidia Curcio … I membri della famiglia ecclesiale iniziano così una nuova fase della loro missione, dopo il periodo di discernimento degli ultimi anni, in cui sono stati illuminati dallo Spirito e accompagnati dal commissario p. Farì>>.

Due missioni con esiti diversi. Nella ‘famiglia etnea’ Lidia Curcio, nel momento stesso in cui è parte in causa, viene prescelta per affiancare, nella ‘fraternità iblea’, il suo stesso commissario: Farì, commissario dell’una e dell’altra ed ora anche socio di lei, pur parte in una delle due strutture commissariate. Difficile pensare che se la sua ‘famiglia’ a Catania le sta a cuore possa coltivare a Ragusa autonomia d’esame e indipendenza di giudizio.

Niente di nuovo se pensiamo alla vicenda del vescovo dell’Illinois Michael Fors Olson nominato commissario, come abbiamo visto, del monastero la cui priora ha denunciato i suoi abusi e gli ha fatto causa: figura di arbitro-giocatore che tanto piace a Carballo. In questa luce si comprende meglio la singolarità del doppio ruolo di Lidia Curcio, prima parte della ‘famiglia’ sotto commissariamento, quindi socia del commissario e alla fine responsabile generale, carica di vertice, della stessa ‘famiglia’ tornata a nuova e prospera vita dopo la cura Carballo-Farì a lei tanto salutare.

Tra l’allora commissario e la socia nominata nel dossier-Ragusa c’è piena sintonia peraltro: pubblicazioni a quattro mani come ‘Nella bottega di San Giuseppe’, prodotto editoriale distribuito con cinque cortometraggi sulla vita consacrata; inoltre convegni, prefazioni, presentazioni, trasmissioni tv, talvolta anche con l’intervento e la presenza di Carballo a sostegno, in veste di testimonial-promoter.

Intrecci e cordate dell’affaire-Salonia. L’arcivescovo di Catania Renna, la copertura prestata a preti pedofili e le referenze pregresse tra debiti, mafia e scandali sessuali

La nomina di Curcio a responsabile generale della ’Chiesa-mondo’, come abbiamo visto è firmata dall’arcivescovo Luigi Renna. Pugliese come Farì, Renna giunge a Catania a febbraio 2022 con il peso di tutte le ombre del suo primo episcopato nella diocesi di Cerignola-Ascoli-Satriano: rapporti con imprese vicine alla mafia, debiti delle chiese della sua diocesi per centinaia di migliaia di euro verso lo Stato per la tassa sui rifiuti non pagata, scandali sessuali come quello del prete di Candela le cui foto in autoscatto con il pene in bella mostra viaggiano per settimane tra migliaia di telefonini nel territorio della diocesi. E il vescovo sempre al suo fianco, anche nella comune celebrazione di una messa in cui attacca i fedeli colpevoli di chiedere serietà, verità e pulizia.

La destinazione di Renna a capo dell’arcidiocesi di Catania dopo l’era Gristina conferma un doppio segno dei tempi: la forza di certe lobbies, sempre le stesse, nelle dinamiche del potere vaticano e la debolezza, fuori da esse e contro di esse, della chiesa siciliana o di quello che ne resta.

In una piazza importante come quella catanese la scelta di un esterno, di prestigio etico e lignaggio pastorale così poco evidenti da non poterne sanare o giustificare la provenienza extraregionale, ha il sapore di uno schiaffo. Peraltro nell’isola non è facile trovare esempi molto diversi da quelli forniti, per fare un nome, da Rosario Gisana (l’abbiamo visto prodigarsi a tutela dei preti pedofili e contro le vittime nella diocesi di Piazza Armerina) o dallo stesso presidente della conferenza episcopale siciliana Antonio Raspanti, in precedenza vice presidente della Cei per l’Italia meridionale. Come vescovo di Acireale il prelato si segnala, purtroppo in linea con un’ampia maggioranza di colleghi in Italia e in varie parti del mondo, per la prassi d’insabbiare gli abusi sessuali del clero e d’ignorarne le accertate responsabilità in sede penale come nel caso di don Vincenzo Calà Impirotta, sacerdote condannato nel 2014 in primo grado a quattro anni di reclusione (oltre all’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, perpetua da quelli implicanti relazioni con ambienti frequentati da minori) e, nel 2018, a tre anni nel giudizio d’appello; ma salvato l’anno dopo in Cassazione per la tagliola provvidente della prescrizione la quale scatta per appena nove giorni.

Il processo accerta ben sei episodi di violenza sessuale in danno di un minore ma, fin dalla prima denuncia Raspanti non dispone neanche una temporanea sospensione a divinis. E subito dopo il proscioglimento, intervenuto come abbiamo visto per mera prescrizione, il prete pedofilo è assolto in sede canonica nella quale – sentenziano i giudici del Vaticano – <<non risulta che egli abbia commesso i delitti ascritti>>: formula magica e sempiterna, buona in ‘copia e incolla’ e senza mai motivazione, a chiudere per sempre ogni vicenda di abominevoli abusi più che accertati nelle sedi proprie ma sempre meritevoli della più ampia assoluzione canonica.

Il richiamo a quest’ultimo caso di cronaca ci è utile perchè ci aiuta a rilevare come questa prassi non risparmi neanche figure come Raspanti meritevole d’apprezzamento, su altri piani e in altre circostanze ma sempre in relazione ai valori laici di verità e giustizia che sostengono il filo dei fatti oggetto della presente inchiesta. All’interno di questa prassi d’insabbiamento sempre imperante e dura a morire occorre distinguere, almeno nell’ottica interna della Chiesa (al di fuori non può esservi giustificazione alcuna) e rispetto alle responsabilità personali, tra un prima e un dopo lo spartiacque temporale dell’editto ‘tolleranza zero’ verso i preti pedofili. Spartiacque annunciato da papa Francesco con tre documenti a marzo 2019, dopo un vertice sul fenomeno degli abusi sessuali del clero in danno di minori: <<la lettera apostolica in forma di motu proprio sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili, la legge sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili dello Stato della Città del Vaticano e le Linee guida per la protezione dei minori e delle persone vulnerabili per il Vicariato della Città del Vaticano>>. In concreto la linea giuridica di questo spartiacque è dettata dal Motu proprio papale Vos estis lux mundi del 7 maggio 2019 che fa cadere il segreto pontificio sugli abusi del clero in danno di minori e persone fragili, e dalle istruzioni sulla riservatezza delle cause contenute nel rescritto del 17 dicembre successivo.

Riprendendo il filo dei fatti, Carballo e Farì portano a termine la missione di chiudere la fraternità di Nazareth, incriminare e fare condannare, con tribunale ad hoc e sentenza resa inappellabile, il suo fondatore colpevole di ‘verità’ nelle testimonianze alle quali è chiamato sul conto di Giovanni Salonia.

Abbiamo visto come, dopo tali testimonianze rese da Dell’Agli per motivi di giustizia, la soluzione finale scatti nel 2018, senza alcuna accusa nuova (falsa o vera che in astratto possa essere) rispetto a quelle già vagliate e definite nel 2015 e immediatamente successive al primo fatto scatenante, avvenuto nel 2014, costituito dalla fine della collaborazione di Dell’Agli con l’istituto di psicoterapia Gestalt Kairòs di Salonia.

Nessuna nuova accusa a Dell’Agli ma Carballo questa volta si affida ai suoi uomini: spedizione punitiva e blitz sulla diocesi di Ragusa allora fragile e indifesa

Per avere piena e specifica contezza della mancanza di nuove accuse dobbiamo mettere a confronto le ‘notitiae criminis’ utilizzate nei due procedimenti.

A determinare il primo è un esposto del 2014. Vi fa riferimento la congregazione per gli istituti di vita consacrata che l’11 dicembre dello stesso anno scrive al vescovo di Ragusa Paolo Urso per chiedere di <<promuovere un’accurata e approfondita visita canonica nella fraternità di Nazareth e al sacerdote Nello Dell’Agli>>. La congregazione, retta da Josè Rodriguez Carballo, avanza la richiesta avendo ricevuto «un lungo e dettagliato esposto contenente seri addebiti nei riguardi dell’associazione privata di fedeli denominata Fraternità di Nazareth ed in particolare del suo iniziatore ed attuale responsabile, P. Nello Dell’Agli, sacerdote e psicoterapeuta>>.

La visita apostolica viene eseguita nel mese di aprile 2015. Alla fine il vescovo dispone che il sacerdote Nello Dell’Agli debba <<farsi seguire da mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, e sospendere per un anno la pratica psicoterapeutica, in modo da meglio assimilare la “novità” dell’azione pastorale in quanto presbitero>>. Nei riguardi dell’associazione privata di fedeli le misure adottate sono le seguenti: <<tutta la fraternità deve farsi seguire da mons. Calogero Peri, accettare nuovi ingressi in fraternità solo dopo essersi consultata con il vescovo e avere avuto il suo permesso (in modo da cautelarsi evitando l’ingresso di persone non adatte), non portare l’abito monastico fuori dalla fraternità>>.

Il 27 giugno 2015 Urso informa il Vaticano dei provvedimenti presi, con lettera che il 1 settembre 2015 la congregazione retta da Carballo conferma di avere ricevuto. Tutto ciò che scaturisce da quell’esposto del 2014 finisce qui. O, almeno, così dovrebbe essere e, certamente, così sarebbe stato se nel 2017 e nel 2018 non fossero intervenute le testimonianze di Dell’Agli, per fatti successivi a quelli oggetto di giudicato: la nomina episcopale di Salonia il 10 febbraio 2017 e la lettera della suora sua ex amante la quale, indignata, avverte il Papa al fine di evitare alla Chiesa una caduta così rovinosa.

Perciò Carballo torna in campo modulando il suo intervento con la forza direttamente proporzionale alla nuova richiesta, del tipo di quelle che il fervido credente Manzoni metterebbe in bocca a Don Rodrigo, a lui pervenuta in seguito alle vicende descritte.

La ‘lezione’ impartita nel 2015 tramite avvertimento non è servita o non è bastata e questa volta occorre rincarare la dose. E così Carballo, in servizio permanente effettivo su certe pratiche, si mette all’opera e il 15 aprile 2019, come abbiamo visto, nomina il fidatissimo Salvatore Farì commissario pontificio della fraternità di Nazareth. Come risulta evidente, questa volta Carballo fa da solo e mette in campo il suo personale esercito. Non si affida al vescovo – nel frattempo, dal 7 ottobre 2015 è Carmelo Cuttitta, succeduto a Urso il quale peraltro già quattro anni prima ha risolto la questione – perché per fare ciò che ha in mente, così come gli è stato chiesto, ha bisogno dei ‘suoi uomini’. Al capo della diocesi semmai risultano imposti veri e propri atti d’arbitrio come il tribunale ad hoc che un vescovo potrebbe certamente respingere ma dovrebbe averne la forza e la volontà. A Cuttitta, nel 2019 già seriamente ammalato (lascerà la carica l’anno dopo), manca certamente la prima. A chi ne fa le veci, il vicario generale Roberto Asta (che dopo l’atto di servizio, nella sopravvenuta vacatio per la rinuncia del vescovo è nominato amministratore apostolico) certamente la seconda e forse entrambe. In ogni caso l’esito è quello già ampiamente illustrato e qui ci interessa accertare in che modo Farì, Carballo e danti causa riescano a prepararlo e determinarlo.

Una denuncia che non ‘denuncia’ nulla, ma basta a scatenare il piano già deciso

Le accuse sono contenute in una lettera inviata il 18 agosto 2018 da tre persone, tutte donne che hanno in comune una singolare caratteristica: avere lasciato la comunità da molto tempo. Una ne ha fatto parte per un breve periodo nel 2003-2004 quando non era associazione privata di fedeli e non aveva una regola approvata (avverrà nel 2008): in pratica ne è uscita quattro anni prima che venisse formalmente eretta, sette anni prima che Dell’Agli fosse ordinato sacerdote e quattordici anni prima di inviare la denuncia. Un’altra se ne è separata nel 2010 dopo aver emesso i voti temporanei, un anno prima dell’ordinazione di Dell’Agli. La terza infine l’ha abbandonata nel 2013 anche in questo caso dopo aver emesso i voti temporanei. I fatti sui quali quindi queste tre ex sodali possano testimoniare per conoscenza diretta sono di molto risalenti nel tempo, tutti precedenti a quelli già oggetto di verifica e definiti nel 2015, e in gran parte anche alle prime segnalazioni rivelatesi totalmente infondate come, in quel caso e in quel momento, siamo nel 2011, testimoniato dallo stesso Salonia.

Nella lettera non ci sono denunce nuove. Le tre donne non hanno più frequentato la fraternità né il suo fondatore. Eppure lo accusano genericamente di <<continuare a comportarsi in modo illecito>> mentre tutti gli appartenenti alla comunità, partecipi e presenti, escludono violazioni o anomalie di qualsivoglia natura e rappresentano solo in termini positivi l’intera esperienza associativa anche in riferimento all’integrale rispetto della regola fondativa.

Ma vediamo esattamente cosa le tre donne dicano.

Il primo addebito è che Dell’Agli <<ha ripreso a pieno ritmo le sue attività formative, esponendo nuovamente in pubblico la fraternità e circondandosi nuovamente di giovani donne>>. Un’accusa che non è tale perché denuncia fatti totalmente leciti. Al fondatore della fraternità nessuno, neanche nello specifico il vescovo Urso con le sue prescrizioni del 2015, ha mai vietato attività formative, ma, solo per un anno, quella professionale di psicoterapeuta perché egli – è questo il senso della motivazione prima testualmente richiamata – possa immergersi meglio nella novità della vita sacerdotale intrapresa da poco tempo. Cosa vuole dire quindi <<ha ripreso>> se non ha mai smesso né, in ogni caso, gli è mai stato chiesto o ordinato di smettere?

Analogamente oscura, priva di senso, ingannevole e fuorviante appare la contestazione di <<esporre nuovamente in pubblico la fraternità>> dal momento che nessun provvedimento ne ha mai impedito o limitato le attività in pubblico.

Un’altra goccia di veleno, in apparenza in forma d’accusa ma in realtà del tutto vuota e priva di senso, è quella con cui le tre esponenti dicono che Dell’Agli nel riprendere l’attività su descritta <<sia tornato a circondarsi di giovani donne>>. Anche in questo caso nessun divieto risulta infranto. Uomini e donne, giovani e meno giovani fanno parte dell’associazione e ne seguono le attività: lo prevede e lo consente la regola approvata dal vescovo nel 2008.

A fronte di tali accuse, nelle quali già dichiaratamente manca ogni sussistenza di illecito, tutti i testimoni a conoscenza dei fatti escludono ogni possibile violazione o anomalia ed anzi raccontano la piena osservanza delle regole e la positività dell’esperienza.

Dopo questo elemento segnalato nella lettera dalle tre donne insieme, vediamo quali altre accuse ciascuna di loro aggiunga: altre accuse che – giova ripeterlo – in nessun caso sono ‘nuove accuse’ rispetto a quelle già giudicate e definite nel 2015.

L’accusa di una teste surreale a Dell’Agli: ha calunniato Salonia dicendo ai

magistrati che ha abusato di una suora, <<cosa assolutamente non vera>>!

Cominciamo dalla donna che da più tempo ha lasciato la fraternità di Nazareth: quattordici anni prima di tale nuova denuncia e molto prima sia dell’approvazione diocesana che dell’ordinazione di Dell’Agli.

Uscita dalla comunità nel 2004, estranea alle segnalazioni del 2011, ‘ripescata’ in quelle del 2014 e ora nuovamente nel 2019 nonostante la loro ripetitività, viene accettata dal famoso tribunale ad hoc apparecchiato da Carballo e Farì come teste contro un sacerdote che tale non era al tempo della sua partecipazione a quella che solo diversi anni dopo sarebbe divenuta un’associazione privata di fedeli riconosciuta dalla diocesi. Vediamo cosa dichiari questa teste singolare e surreale, così come riportato nel capo d’accusa ‘calunnia’. Prima, in proposito giova evidenziare che sono otto i capi d’imputazione per Dell’Agli, due dei quali rientranti nei delicta graviora di competenza pertanto non del tribunale ad hoc ma della congregazione per la dottrina della fede la quale su di essi lo assolve pienamente ritenendo i fatti insussistenti e tali che mai il procedimento avrebbe dovuto essere avviato.

Dunque al capo ‘calunnia’ la donna 14 anni dopo essere uscita dalla fraternità dichiara che << Dell’Agli (le cui testimonianze sono del 2017 e 2018, quindi recentissime in quel momento) ha calunniato padre Salonia dicendo che questi ha abusato di una suora, cosa assolutamente non vera>>. Come fa a sapere che il sacerdote avrebbe calunniato Salonia? Ma, soprattutto, come fa ad affermarlo?

Proviamo ad argomentarne. Io (un io ipotetico) posso non sapere di un fatto ma non posso essere certo che un fatto (lo stesso? Un altro analogo o simile?) riferito da altri sia non vero se non ne ho piena e diretta contezza o specifica esperienza diretta. Peraltro nel 2019 Salonia si trova in una doppia situazione, certa e documentata: è imputato di violenza sessuale aggravata ai danni di una suora, imputazione da cui uscirà prosciolto il 28 febbraio 2020 solo per asserita tardività della querela da parte della vittima; ha ammesso il 18 ottobre 2018 dinanzi alla procura di Roma di avere a lungo intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un’altra suora la quale per scrupolo di coscienza ha spontaneamente lasciato il suo ordine religioso, mentre lui avanza imperterrito nella carriera di sacerdote e nei gradi del suo ordine religioso fino alla nomina a vescovo.

Questi sono dati incontestabili, rispetto ai quali le domande da porsi acquistano un rilievo illuminante. Come fa questa teste a dichiarare che l’affermazione di abusi commessi da Salonia in danno di una suora sia una calunnia? Sa di quale suora e di quali specifici episodi si parli? Era presente nel luogo e nel momento in cui Salonia abusava (se abusava) sessualmente di una o più suore o, quanto meno, in quelli in cui intratteneva rapporti sessuali con quella determinata suora e potere quindi escludere che non fossero abusi ma normali relazioni sessuali tra un religioso ed una religiosa entrambi con voti perpetui di castità? Inoltre come fa a sapere cosa abbia dichiarato Dell’Agli e, qualora le sue dichiarazioni abbiano effettivamente avuto ad oggetto gli abusi di Salonia su una suora, come fa ancora una volta a sapere di quale suora tali supposte dichiarazioni trattino, in relazione a quale determinato episodio, in quale momento e in quale luogo e se siano abusi?

Poiché sono tutte domande senza possibilità alcuna di risposta tale da mantenerci su un piano di pertinente sostenibilità delle accuse, l’unica conclusione logica è che la teste ripescata sia addestrata e imbeccata. Perché e ad opera di chi è materia che ciascun lettore e ciascuna lettrice possano definire da sé. Sorprendente che il reclutamento riesca e che la teste reciti la parte: vedremo se in proposito possano soccorrerci indizi utili.

Tutti i punti di una realtà falsata: esclusione delle prove che rivelano la verità,

credito a testimoni addestrati e imbeccati che nulla sanno delle cose che dicono

Una seconda esponente, firmataria della lettera inviata al Papa il 18 agosto 2018, è la donna che ha lasciato la fraternità nel 2010, ovvero otto anni prima, quando l’associazione di fedeli è riconosciuta e approvata da due anni e il suo fondatore non è ancora sacerdote. Anche in questo caso una teste surreale disinvoltamente accettata dallo speciale tribunale chiamato alla speciale missione. Troviamo sue dichiarazioni in due distinti capi d’accusa: ‘violazione degli obblighi di una pena’ e ‘disobbedienza all’ordinario’. L’ex sodale sottoscrive le stesse parole in entrambi tali capi d’accusa, in una sorta di ‘copia e incolla’ sbrigativo e magari, per presunta rassicurazione o istruzione ricevuta e concordata, sufficiente allo scopo. La donna si riferisce a Dell’Agli: <<ho saputo che il vescovo di Ragusa gli aveva dato delle indicazioni che lui non ha rispettato. Il vescovo gli aveva chiesto di non fare lo psicoanalista, ma lui ha continuato a farlo. Gli era stato chiesto di non indossare l’abito e ha continuato a farlo. Gli era stato chiesto di non accogliere altre persone in comunità, ma lui ha continuato a far entrare persone>>. Tre violazioni degli obblighi imposti dal vescovo che non sussistono o non sono state commesse: in alcuni casi perché a non sussistere è l’obbligo stesso (divieto di attività professionale: era solo per un anno ed è stato rispettato; divieto di indossare l’abito monastico solo fuori dalla fraternità) in altri sono le asserite violazioni ad essere smentite da testi ben più qualificati come il vescovo stesso come abbiamo visto. La donna dichiara anche: <<mons. Cuttitta mi disse che a don Nello era stato chiesto di farsi seguire da mons. Peri, ma che lui non era mai andato da mons. Peri>>.

Anche in questo caso una domanda e un’osservazione sono naturali. La prima è questa: chi informa e imbecca una teste d’accusa totalmente estranea e distante dall’intera sfera di conoscibilità, anche astratta e potenziale, dei fatti sui quali depone? E come può accadere che essa sia presa in considerazione al di sopra di testi qualificati e a diretta specifica conoscenza dei fatti medesimi?

La seconda, l’osservazione, è d’obbligo. Il vescovo Cuttitta quindi avrebbe detto a questa donna (quando da molti anni non fa più parte della comunità) che Dell’Agli abbia violato la prescrizione impartita dal predecessore Urso di <<farsi seguire dal vescovo Peri quale supervisore e accompagnatore>>, ma non c’è alcuna conferma diretta da parte di Cuttitta sicché siamo dinanzi ad un assurdo: il vescovo di Ragusa citato de relato dalla teste tace e di lui (il solo a potere dare prova certa) non c’è menzione agli atti del processo mentre viene presa per buona la confidenza riservata che lo stesso le avrebbe fatto. Perché questi ‘giudici ad hoc’ scelgono di ritenere credibile, senza prova né riscontri, questa presunta strana confidenza concessa dal vescovo ad una persona così distante dai fatti di causa e non avvertono il bisogno di sentire lui che invece quei fatti li conosce direttamente e li controlla personalmente?

Gli altri due vescovi, Urso e Peri, interpellati, rendono dichiarazioni totalmente contrarie a quelle della teste d’accusa che però il famoso tribunale ad hoc decide di rendere decisiva!

Proprio nella sentenza che condanna Dell’Agli leggiamo, in relazione al capo d’imputazione di ‘disobbedienza all’ordinario’ (ovvero il vescovo), le dichiarazioni del vescovo medesimo Paolo Urso al quale Dell’Agli avrebbe disubbidito, e per questo condannato: <<posso dire che Sebastiano (Nello Dell’Agli, n.d.r.), finchè sono stato vescovo a Ragusa, ha seguito le indicazioni che io gli avevo dato».

Quanto all’obbligo di Dell’Agli e dell’intera fraternità di Nazareth di farsi seguire da Peri (capo d’accusa ‘violazione degli obblighi di una pena’, in realtà misura prescrittiva adottata dal vescovo Urso nel 2015) la sentenza stessa esclude ogni violazione in quanto in essa è riportata la dichiarazione del vescovo di Caltagirone: «posso dire che all’indicazione che avevano ricevuto di farsi guidare da me tutti i membri della comunità sono rimasti sempre fedeli. Infatti, sempre con cadenza regolare sono venuti da me per confrontarsi con me».

Le accuse a Dell’Agli da persone che non conoscono i fatti che denunciano

ma hanno motivo d’essere grate a chi ispira la ritorsione contro di lui

Infine la terza donna, anche lei teste d’accusa.

Dichiara, così come affermato nella lettera sottoscritta che <<dell’Agli ha ripreso a pieno ritmo le sue attività formative, esponendo nuovamente in pubblico la fraternità e circondandosi nuovamente di giovani donne>>. Sul contenuto delle dichiarazioni abbiamo già osservato. Da aggiungere che questa teste ha il merito e la fortuna di una rapida e brillante carriera nell’Istituto di Gestalt Kairòs diretto da Salonia e nello Studio teologico San Paolo di Catania. Merito e fortuna sono da intendersi anche quelli di guadagnarsi o comunque di fruire del pieno sostegno dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice e del ‘quasi vescovo’ e suo mancato ausiliare Giovanni Salonia.

Il nome di questa teste peraltro è legato anche ad un elemento specifico della sua denuncia. Dichiara infatti di avere subito abusi sessuali da parte di Nello Dell’Agli. Nella sua versione tali abusi sono baci e toccamenti che il sacerdote avrebbe compiuto. Emergerà poi dalle testimonianze, compresa quella del vescovo Urso, che si trattava di abbracci. Gesti che quella teste surreale, smentita dagli altri testi anche d’accusa, interpreta come abusi o preliminari d’abuso.

Ne parla pubblicamente anche Dell’Agli nella sua dichiarazione alla stampa il 18 luglio 2023 dopo la sentenza di condanna. <<…Sono stato accusato di gravi e reiterati atti sessuali. Qui siamo al super assurdo. Vi può essere condanna solo se vi è pedofilia, violenza, ricatto o persistenza scandalosa in rapporti sessuali completi in caso di concubinato (questo perché la chiesa distingue, chiaramente, tra peccato e reato). Nessuno mi ha accusato di questo. Eppure – osserva Dell’Agli – sono stato condannato. Non solo. Nessuno mi ha mai accusato nemmeno di rapporti sessuali. E nessuno mi ha mai accusato nemmeno di proposte sessuali. Solo una donna (la teste di cui parliamo, una delle tre firmatarie della lettera del 18 agosto 2018 n.d.r.) mi ha accusato di baci e toccamenti, da vestiti. Senza prove. Da me e da altri testimoni, anche dell’accusa, smentita. In ogni caso si tratta di un’accusa non riconducibile al capo di imputazione, in quanto, ripeto, questo prevede pedofilia, ricatto, violenza, o persistenza scandalosa in rapporti sessuali completi in caso di concubinato. Le accuse, tra l’altro, in grandissima parte, risalgono al periodo in cui ero psicoterapeuta e non ero stato ancora ordinato prete: e quindi, dal punto di vista canonico-penale non hanno alcun valore. Riporto la testimonianza di mons. Urso: “Gli abusi che mi erano stati denunciati consistevano essenzialmente in abbracci. (…) Nelle accuse che ricevetti ebbi l’impressione che c’era in chi accusava un tentativo di vendetta. A me sembrava che ci fosse qualcuno che voleva far pagare a Sebastiano qualcosa”».

La dichiarazione di Dell’Agli prosegue poi con un riferimento all’elemento tipico del metodo psicoterapeutico Gestalt: <<a margine della questione, vorrei dire, in quanto psicoterapeuta, che solo qualcuno in mala fede, o che vuole suscitare prurigine in ambito ecclesiale, o legato a una psicologia ormai superata – osserva il sacerdote dimesso dallo stato clericale – può vedere in gesti corporeo-affettivi un necessario significato sessuale. Così ad esempio, un abbraccio in terapia è lecito (per lo Stato italiano e per la comunità scientifica internazionale) e può essere utile. In tanti anni in cui ho esercitato la professione di psicoterapeuta e di didatta in una scuola di specializzazione, nessuna allieva si è mai lamentata di me. Anzi, le manifestazioni di stima, affetto e gratitudine nei miei confronti sono state tantissime>>.

Qualcuno quindi – la terza teste firmataria della lettera-esposto del 2018 – di cui abbiamo potuto riscontrare l’impossibile conoscenza diretta dei fatti denunciati nonché la (questa, sì, diretta) sfera di relazioni coltivate e interessi perseguiti, tenta di coinvolgere Dell’Agli in ipotesi di abusi sessuali indicandone come prova fattuale gli abbracci.

Per questa verità falsata ad uso e consumo di potenti, passano ambizioni episcopali, carriere, fedeltà senza scrupoli e obbedienze immorali date per mero tornaconto

Su un altro piano della vicenda sappiamo come il contatto fisico e gli abbracci siano contemplati dalle tecniche di psicoterapia della Gestalt e ad esse si riferisca Dell’Agli in un passo della sua dichiarazione alla stampa. Vedremo tra poco come invece di tutt’altro tenore siano, così come risultano dal processo penale che fino al 2020 vede imputato Salonia di violenza sessuale, certe ‘tecniche di contatto’ e, complessivamente, il caso della suora del Nord Italia che denuncia di essere stata violentata da Salonia, diversa dall’ex suora del centro Italia la quale, quanto meno e per ammissione dell’interessato, ne è stata a lungo amante.

Ciò che scatena la soluzione finale contro Dell’Agli e la fraternità di Nazareth è la lettera che le tre ex sodali (abbiamo visto da quando tempo ‘ex’) scrivono il 18 agosto 2018, una data da collocare con attenzione nella sequenza temporale dei fatti.

In quel momento è morta e sepolta la prospettiva di Salonia di diventare vescovo: ha dovuto rinunciarvi oltre un anno prima, ad aprile 2017, e la petizione del settembre successivo non può avere alcuna chanche per le ragioni ampiamente spiegate; è prosciolto in sede canonica ad aprile 2017 dalla commissione-Gisana dinanzi alla quale testimonia Dell’Agli, ma è indagato – come abbiamo visto per violenza sessuale in danno di una religiosa – dalla procura di Roma che il 17 luglio 2018 interroga Nello Dell’Agli come persona informata dei fatti. A giugno e luglio 2018 la stessa procura ascolta inoltre la suora firmataria, il 9 marzo 2018, della querela da cui prende il via il procedimento e l’ex suora che racconta la relazione sessuale con Salonia.

Nella sfera dell’esperienza diretta o delle relazioni familiari di talune denuncianti troviamo performances di carriera, in alcuni casi con ruoli direttivi e docenze nella Gestalt, nello studio teologico San Paolo nonchè attività di successo nell’area degli interessi e delle influenze di Salonia e Lorefice. La loro lettera che mette in moto il potente e disinvolto Carballo è del 18 agosto 2018, un mese dopo la deposizione di Dell’Agli in procura. Ne conseguono il commissariamento della fraternità di Nazareth, con mandato a decretarne la chiusura, l’incriminazione e il processo affidato ad un tribunale ad hoc per condannare Dell’Agli con sentenza resa inappellabile. Effetti resi possibili dal peso di Carballo e dall’azione del suo inviato-commissario Farì anche se formalmente passano per la firma del vescovo di Ragusa, in questo caso un Cuttitta già fortemente provato e turbato dalla malattia. Quanto a Carballo e Farì, se è questi ad apporre la firma su determinati atti, è il primo che lo ha scelto, lo guida, lo garantisce e lo sostiene.

Nella diocesi a seguire il dossier è il vicario generale Roberto Asta, diligente esecutore della linea Carballo-Farì e – all’atto di rinuncia del vescovo, accettata dal Papa il 28 dicembre 2020 – promosso amministratore apostolico della diocesi fino all’insediamento del successore Giuseppe La Placa, il 16 luglio 2021, quando il sacerdote di Comiso torna ad essere semplice vicario generale.

In seguito, nel lavorìo sotterraneo che precede le nomine di nuovi vescovi nelle sedi vacanti circola anche il nome di Asta ma, per esempio a luglio 2022, a tagliare il traguardo, per la diocesi di Mazara del Vallo, è un altro ibleo, della diocesi di Noto in questo caso, Angelo Giurdanella di Modica il quale indossa la mitra a 66 anni dopo quarant’anni di sacerdozio e altri dieci di formazione: mezzo secolo di vita e di lavoro negli stessi luoghi e negli stessi ambienti che sospingono Gisana e Lorefice dei quali il neo vescovo è più anziano (di tre anni del primo, di sei del secondo) ma taglia per ultimo il traguardo che segna e conferma la forza di una squadra e dei suoi life coaches.

La difesa d’ufficio di Salonia, imputato di violenza sesssuale, da parte di Lorefice.

Le parole dell’arcivescovo, basate su un falso, offendono e aggrediscono

la suora che ha avuto la dignità, il coraggio e la forza di denunciare gli abusi

Per tornare all’affaire-Salonia, abbiamo visto e vedremo ancora importanti cointeressenze nella cerchia di chi, con vari ruoli, porta avanti la macchinazione contro Dell’Agli. Tra le persone firmatarie della lettera-esposto del 2018 emergono rapporti di collaborazione, di nomine e di incarichi nella sfera d’attività o d’influenza di Salonia. Ed in questo stesso ambito di lucrosi incarichi e gratificanti carriere, fin dal 2015 anno in cui scatta la prima azione ritorsiva contro Dell’Agli, risaltano le appassionate attestazioni pro-Salonia nella comunicazione social (con centinaia di post, articoli celebrativi, testimonianze promozionali degne di agit-prop di collaudata esperienza) soprattutto nei momenti cruciali in cui c’è da difendere il frate sostenendo falsamente ch’egli sia vittima di calunnia come del resto faranno in tanti, comprese figure investite di alta responsabilità e connessi doveri, anche di ‘fede pubblica’, come l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice.

Il riferimento è alla sua dichiarazione pubblica dopo il proscioglimento, il 28 febbraio 2020, per querela tardiva della vittima.

Ne vedremo il tenore e la portata, violenta e ripugnante, agli occhi della suora che denuncia. Intanto, nello spazio finale di questa puntata, conviene cominciare a guardare nello scrigno segreto che racchiude la scatola nera e quindi la chiave dell’intero intreccio di vicende oggetto di questa inchiesta, introducendo quello che ne è il capitolo centrale: il processo che da marzo 2018 vede Salonia indagato e poi (dal 7 luglio 2019 in virtù della richiesta di rinvio a giudizio) imputato per violenza sessuale aggravata in danno di una suora.

Il 9 marzo 2018 la religiosa, della quale abbiamo rivelato un solo elemento, l’essere di una regione del Nord Italia, presenta una querela che già qualche giorno dopo è all’attenzione della procura di Roma la quale apre un fascicolo per violenza sessuale aggravata e iscrive Giovanni Salonia nel registro degli indagati.

Segue un’intensa attività d’indagine, con l’esame di fonti di prova e l’interrogatorio di diversi testimoni.

Sesso orale della suora al sacerdote per guarire. La ricetta del frate psicoterapeuta

nel racconto della religiosa, sofferto e drammatico, ai pubblici ministeri di Roma.

Ecco in sintesi il racconto della vittima ai magistrati, il 19 giugno 2018, con l’assistenza di una psicologa specializzata in audizioni di persone in condizioni di vulnerabilità. Di lei – che chiameremo suor Teresa – oltre all’area territoriale di provenienza, aggiungiamo che ha circa vent’anni in meno di Salonia, è molto stimata come religiosa sincera e fedele ai voti, apprezzata per il servizio da sempre e tuttora prestato nel suo ordine religioso e nelle realtà scolastiche e sociali in cui è proficuamente impegnata mettendo a frutto la sua formazione culturale e i titoli accademici.

Di seguito, in carattere corsivo, il suo racconto sul quale sarà necessario tornare per chiarirne i vari aspetti, dar conto delle dichiarazioni di Salonia, riferirne gli sviluppi fino allo stop al processo per tardività della querela e riprendere in conclusione il filo dei fatti.

****

Ho conosciuto – racconta suor Teresa – padre Giovanni Salonia nel 1998 in un convegno e poi ho avuto una conoscenza ed una frequentazione più approfondite quando tra il il 2005 e il 2007 ho frequentato un corso triennale per formatrici nell’ambito religioso, in quanto padre Giovanni era il direttore del corso di formazione. Lo stesso ha svolto anche delle lezioni unitamente ad altri formatori.

Padre Giovanni è uno psicoterapeuta della formazione Gestalt. In particolare è co-direttore di una scuola di formazione gestaltica “Gesta Terapy HCC Kairos”; tale scuola ha tre sedi, una a Ragusa, una a Roma ed un’altra a Venezia. Lo stesso insegna anche nell’università Gregoriana, il Pontificio Ateneo Antonianum nonché alla Cattolica di Roma.

Durante la frequentazione del corso triennale, per mie vicissitudini personali, ho parlato con padre Nello Dell’Agli, il quale mi ha consigliato di parlare con padre Giovanni e in quella occasione ho fatto un colloquio. Siamo nel luglio del 2007.

Mi sono rivolta a padre Nello in quanto avvertivo da tempo delle sensazioni di malessere e di stati ansiosi depressivi. La mia sofferenza derivava da una pregressa sofferenza traumatica che non avevo ancora elaborato consapevolmente e che solo a partire della fine del 2008 ho affrontato, rivolgendomi a padre Giovanni.

Non avevo ancora coscienza degli abusi sessuali che avevo subito all’età di circa 3 anni e mezzo da parte di mio padre quando mi sono rivolta a padre Giovanni tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009. All’epoca io mi trovavo a … mentre padre Giovanni si trovava a Siracusa.

I miei sintomi erano peggiorati, ossia avevo crisi di ansia, insonnia, attacchi di panico e depressione e i primi contatti con padre Giovanni a causa della nostra distanza erano avvenuti via e-mail. Lo stesso mi aveva indirizzato a dicembre del 2008 presso uno psichiatra di sua conoscenza a … e poi mi aveva dato dei suggerimenti su come affrontare questi momenti di grande difficoltà. La prima volta ci siamo incontrati a … nel febbraio del 2009 e gli avevo chiesto l’opportunità di essere seguita da uno dei suoi collaboratori facenti parte della sua scuola a … ma lo stesso mi aveva detto che non c’era nessuno. Ho saputo dopo che a … in realtà vi era un istituto di terapia gestaltica la cui direttrice era stata co-direttrice con lui precedentemente. Poi ho saputo che si erano separati. La terapia era una volta ogni mese e mezzo-due mesi a Roma e due volte sono scesa a Siracusa. Talvolta ci siamo incontrati anche a … (indica in dettaglio le varie località, n.d.r.) Ogni qualvolta padre Giovanni si spostava, in tali sedi avvenivano gli incontri.

Non ha mai fatturato le mie sedute e io non ho mai pagato. Lui mi chiedeva di dire tre Ave Maria.

La prima volta che ci siamo incontrati mi ha abbracciato in maniera particolarmente affettuosa. Mi ha detto che avremmo fatto una terapia prevalentemente corporea e non verbale per superare le mie difficoltà corporee. Avevo delle difficoltà con il mio corpo. Mi ha detto che avevo bisogno di calore, e che dovevo imparare a provare piacere, scollegato dall’angoscia che avevo vissuto a causa degli abusi subiti.

Durante l’incontro avvenuto a …, padre Giovanni mi ha fatto spogliare e mi ha fatto rimanere in biancheria intima, eravamo in un convento all’interno di una camera da letto da soli. Ha cominciato a toccare ogni parte del mio corpo, il seno, la pancia, e tutte le altre parti intime compresi i miei genitali e ogni qualvolta toccava una parte del mio corpo, io dovevo dare il nome a quella parte. Ciò è avvenuto nel settembre del 2009.

Queste modalità di trattamento sono andate nel tempo ad intensificarsi fino ad arrivare a dirmi di andare in braccio a lui, di mettermi sulle sue gambe. Alcune volte mi sono rifiutata di fare ciò che mi chiedeva per una questione morale e lo stesso reagiva, talvolta bruscamente dicendomi che se non mi fidavo di lui mi sarei dovuta rivolgere ad alto terapeuta, altre volte dolcemente cercando di rassicurarmi. Ricordo che in un incontro avvenuto a … nel 2009, lui mi invitava a sedere con le gambe aperte sopra di lui. Mi chiedeva di muovermi come un animale in quanto secondo padre Giovanni dovevo liberare le energie bloccate per il gesto interrotto. Mentre mi trovavo sulle sue gambe lui mi baciava sulle guance e ricordo che la mia percezione era allora quella di essere tornata bambina nelle braccia di un papà, però buono, che mi coccolava.

Quando ero sulle sue gambe ero terrorizzata al pensiero che si potesse eccitare facendomi muovere sopra di lui; non ho avuto la percezione della sua eccitazione ma posso dire che quando terminava la seduta si recava in bagno. In queste circostanze io ero sempre rimasta vestita, con l’abito monastico, gonna e vestaglietta. Ricordo un particolare, ossia che quando mi faceva muovere, le sue mani erano sui miei glutei ed accompagnava il movimento ondulatorio. Da questo momento in poi i nostri incontri avvenivano per lo più nelle camere da letto, nei luoghi in cui ci si incontrava.

Durante questi incontri mi faceva togliere gli abiti per sentirmi più libera e per non stropicciarli mentre lui rimaneva vestito; subito dopo mi si avvinghiava e mi stringeva forte dicendo di muovermi ‘come un animale’, in alcuni casi mi toccava sotto il reggiseno, mi strizzava i capezzoli e qualche volta ha cercato di baciarmi sui capezzoli. Ricordo inoltre che mentre mi baciava sulle guance, scivolava sulla bocca. Io gliel’ho sempre impedito perché mi dava fastidio, ma una volta è riuscito nel suo intento. Ricordo in una circostanza la sua lingua nella mia bocca. Inoltre mi toccava con il dito dentro la vagina allo scopo di farmi eccitare, cosa che riusciva e mi guardava intensamente. Questi episodi avvenivano tutte le volte in cui ci siamo incontrati tra il 2009 e il 2013.

Io partecipavo a questi incontri perché ero convinta che si trattasse di una cura terapeutica come lui mi aveva spiegato e assicurato ma al tempo stesso provavo un grande conflitto interiore e mi chiedevo se era lecito quello che stavamo facendo. Non posso negare che in alcune occasioni uscivo da questi incontri in uno stato di benessere. Ricordo perfettamente che in qualche occasione io gli dicevo di sentirmi una sorta di “puttana” e lui mi chiedeva se era un mio pensiero oppure la voce di mia madre (lo psicoterapeuta conosceva i traumi, il contesto e le figure familiari della paziente, n.d.r.). Io mi persuadevo di quest’ultima soluzione ed ammettevo che si trattava della voce di mia madre perché in casa mia il sesso era considerato tabù.

Nel 2012 padre Giovanni mi ha proposto durante i nostri incontri di fare delle sessioni pratiche perché io diventassi parte attiva e superassi il disgusto che provavo verso il corpo maschile. Una prima volta mi fece toccare il suo pene, dopo che si era abbassato i pantaloni e gli slip. Era un’attività finalizzata all’esplorazione secondo quanto lui mi diceva, tranquillizzandomi perché io ero molto imbarazzata e tesa. La seconda volta lui mi ha detto di baciarlo sul pene dicendomi che era ciò che io volevo ed io l’ho baciato provando un disgusto indescrivibile. Preciso che questi inviti erano fatti in maniera molto suadente e convincente nonché con modalità rassicuranti spiegandomi che era la terapia. La terza volta mi ha detto di prenderlo in bocca e per convincermi diceva che era ciò che io volevo e di non lasciarmi fermare dalla paura di farlo. Ricordo che quella volta l’ho messo in bocca provando un disgusto incredibile e rimanendo ferma. Ricordo perfettamente di avere avvertito lo stesso odore percepito con mio padre e che solo di recente ho ricollegato agli abusi subìti.

Il trauma della stessa violenza subìta in famiglia all’età di tre anni:

<<padre Salonia che doveva curarmi ne era perfettamente a conoscenza>>

Ricordo – prosegue suor Teresa – che da bambina di frequente mi tornava questo odore e mi chiedevo cosa fosse: mi davo come risposta “che era un budino bianco che avevo mangiato”. In realtà mio padre mi faceva fare sesso orale e ricordo che durante la notte svegliavo mia mamma per chiederle da bere perché non riuscivo ad ingoiare ciò che avevo in gola…

Dopo avere praticato un rapporto orale con padre Giovanni ricordo di avere vomitato e ancora oggi provo un senso di repulsione molto forte.

Non ricordo che lo stesso in questa occasione si sia eccitato perché mi diceva rassicurandomi che il suo membro non si sarebbe mosso e non sarebbe successo nulla. Faccio presente che padre Giovanni era perfettamente a conoscenza degli abusi sessuali di natura orale che ho subìto da parte di mio padre e del fatto che mia madre ne avesse piena contezza. Ho il ricordo di questa madre rigida ed anaffettiva che si seccava quando io di notte le chiedevo un bicchiere d’acqua.

Ricordo che gli incontri con padre Giovanni sono cessati nel 2013, perché alla fine dell’anno io continuavo a manifestare il mio malessere mentre lui mi diceva che io ormai avevo superato i problemi e non avevo più bisogno di incontri. Lui mi diceva altresì che io gli facevo presente il mio malessere per non essere da lui abbandonata e quindi mi ha indirizzata verso altro psicoterapeuta, dott…

In seguito io di nuovo ho incontrato padre Giovanni ma non ci sono stati più contatti di natura fisica, solo colloqui superficiali. Ricordo che il nuovo psicoterapeuta dott… mi diceva che i contatti con padre Giovanni erano ancora attivi probabilmente perché voleva controllare in qualche modo cosa io dicessi.

Io ho preso coscienza di quello che mi aveva fatto padre Giovanni in data 11 settembre 2017 perché ero stata malissimo, era peggiorata la depressione ed ero andata da uno psichiatra per avere una terapia adeguata alla mia patologia, il dott… Questi mi chiedeva quale tipo di terapia avessi svolto fino a quel momento e una volta raccontato per sommi capi che era una terapia di tipo corporeo con padre Giovanni, lui disse che conosceva le terapie corporee e, una volta dettagliato maggiormente cosa avveniva, lo psichiatra mi disse che nessuna terapia corporea prevede un tale trattamento fino ad arrivare a toccare gli organi genitali, ma che si trattava di un abuso sessuale commesso nell’esercizio della professione di psicoterapeuta.

Ho presentato la querela solo il 9 marzo 2018 perchè ero stata malissimo, ho passato periodi brutti di estrema sofferenza e inizialmente avevo pensato di fare una denuncia canonica, ciò in quanto a febbraio del 2017 padre Giovanni era stato nominato vescovo ausiliare di Palermo. Tuttavia sono a conoscenza di un supplemento di indagini a seguito della pubblicazione della sua nomina a vescovo, in quanto vi erano state delle accuse per violazione del voto di castità contro padre Giovanni tanto che la sua nomina è stata bloccata. Mi risulta che lui abbia fatto un atto di rinuncia. Padre Giovanni ha subìto un processo canonico per infedeltà al voto di castità e sono stati ascoltati come testimoni … (la teste fa il nome della suora che con Salonia ha avuto una relazione sessuale da lui stesso in seguito ammessa ai magistrati, n.d.r.).

Sono a conoscenza – conclude suor Teresa – che anche costei è stata molestata da padre Giovanni avendo con lo stesso avuto rapporti di natura sessuale mentre costui svolgeva la sua funzione di sacerdote. La stessa mi ha detto che vi erano altre quattro-cinque suore che come lei avevano vissuto la stessa esperienza.

La stessa abita a … e non fa più parte dell’ordine religioso.

A settembre del 2017 quando mi sono resa conto di quello che mi aveva fatto padre Giovanni ho cancellato molte delle e-mail scambiate con lo stesso tra il 2008 e il 2009 ma ne conservo molte altre che mi riservo di consegnare.

5 – continua

Le puntate precedenti sono state pubblicate il 14 ottobre 2023 (qui), 21 ottobre 2023 (qui), 28 ottobre 2023 (qui), 4 novembre 2023 (qui).

Qui invece una breve nota pubblicata il 6 novembre scorso dopo le parole pronunciate dal Papa in difesa del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, uno degli esponenti del clero di cui si parla nell’inchiesta.
view post Posted: 9/11/2023, 17:36 Via libera definitivo alla Commissione d'inchiesta Orlandi - Gregori - Attualità
emanuela-orlandi-papa-francesco-1200x675

www.ildifforme.it/politica/caso-or...voto-inchiesta/
Caso Orlandi, sì alla commissione d’inchiesta, il fratello Pietro: “Arriveremo alla verità”
Arriva il sì del Senato. Una speranza concreta per capire le dinamiche di quanto accaduto alla Orlandi e la Gregori
Redazione
9 Novembre 2023 13:25

Le famiglie Orlandi e Gregori stanno cercando ancora risposte. Stamattina è arrivato l’ok definitivo al Senato sulla proposta di legge del Movimento 5 Stelle per l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.

Le parole di Pietro Orlandi
“Sono contento, aspettavo con fiducia questa notizia. Questa commissione potrà fare tantissimo. Sono convinto che arriveremo alla verità, non potrà essere occultata per sempre. Ringrazio i senatori che hanno votato la Commissione. Questa Commissione potrà fare tanto, più di quanto può fare l’inchiesta vaticana” afferma il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi.

Caso Orlandi: le reazione dalla politica
Immediata la reazione di Francesco Silvestri, capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle, che in un post su Facebook afferma: “Oggi si scrive una pagina di storia del nostro Paese. Quando ho avanzato la proposta di istituire questa commissione l’ho fatto nella piena convinzione che il silenzio che ha riguardato le vicende di Emanuela e Mirella non fosse più accettabile. Ora è il momento di verità e giustizia“.

Su X, approda anche il commento di Carlo Calenda, leader di Azione che scrive: “Ci siamo battuti con forza per avere la Commissione bicamerale di inchiesta sui casi di Emanuela ORLANDI e Mirella Gregori. Oggi inizia un percorso nuovo che deve portare finalmente alla verità. Lo dobbiamo alle famiglie e lo dobbiamo alla giustizia“.


Il tweet di Calenda su X
Alla luce della notizia sulla commissione d’inchiesta per il caso che da 40 anni affligge due famiglie, il senatore di Italia Viva, Ivan Scalfarotto dichiara: “Il pubblico interesse nel caso della scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, chiesto dall’articolo 82 della Costituzione per l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare, è fuori discussione. La vicenda è entrata in qualche modo persino nella nostra cultura popolare e rientra a pieno titolo nei misteri italiani, e quindi una commissione ha certamente senso. Temo però che scovare nuovi elementi sarà un lavoro assai difficile, un compito impegnativo, perché sono oggettivamente passati 40 anni“.

Caso Orlandi
al Senato il 7 novembre il disegno di legge per l’istituzione della commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi
Di parere discordante è invece il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che commenta: “Io ho dei dubbi fortissimi sulla ricerca della verità ma la posizione di Forza Italia è molto laica: si
ricerchi, ovviamente non siamo contrari alla ricerca della verità. L’aggressione mediatica ai santi che già ho visto su La7 non sono disposto a tollerarla e lo dico con chiarezza assoluta. Cerchiamo la verità, non il teatrino“.

Caso Orlandi, i familiari: “Non toglieteci questa speranza”
Il voto atteso al Senato rappresenta una speranza concreta per capire le dinamiche di quanto accaduto alle due ragazze. Maria Antonietta Gregori, sorella di Mirella, la figlia quindicenne di un barista in zona Termini scomparsa il 7 maggio 1983, un mese e mezzo prima di Emanuela Orlandi, parla a La storia oscura, su Radio Cusano Campus: “Mi auguro che stavolta la commissione parta veramente e che non ci siano altri slittamenti. Le famiglie aspettano questo da tempo, perché è davvero importante per noi“.

“Io non so a cosa porteranno i lavori di questa Commissione visto che sono passati più di 40 anni, però, non devono toglierci almeno questa speranza. Non possono lasciare in sospeso queste vicende” riporta Il Fatto Quotidiano.

Senato
L’auspicio della Gregori è quello che i deputati e senatori partano dal principio della vicenda, in vista delle poche indagini fatte in precedenza. “Non credo affatto che il caso di Mirella sia penalizzato rispetto a quello di Emanuela, perché le due vicende non viaggiano insieme e quindi comportano due distinte indagini, altrimenti questa commissione sarebbe inutile. Peraltro Mirella è scomparsa prima di Emanuela e quindi ci interessano i 45 giorni prima della sparizione di Emanuela” afferma.

www.fanpage.it/roma/emanuela-orlan...gere-la-verita/
I
8 APRILE 2023
9:56
Emanuela Orlandi: ora sapremo se il Vaticano e Papa Francesco intendono far emergere la verità
Martedì Pietro Orlandi sarà ricevuto dalla giustizia Vaticana. Nel 2013 Papa Francesco disse alla famiglia della ragazza scomparsa “Emanuela sta in cielo”, presto scopriremo se la Chiesa finalmente intende far emergere la verità.

A cura di Valerio Renzi
1.499
CONDIVISIONI
COMMENTA

CONDIVIDI

Ieri sera è arrivata la conferma ufficiale: il prossimo sabato 15 aprile, Pietro Orlandi sarà ricevuto in Vaticano nell'ambito della riapertura delle indaginiOltretevere in merito alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il fratello, che non ha mai smesso di battersi per la verità, aveva chiesto lui stesso un incontro e sarà ascoltato dall'Ufficio del Promotore di Giustizia, che è una figura nominata direttamente dal Papa ed è la più significativa nell'ambito della giustizia vaticana.


Pietro Orlandi sarà accompagnato dal proprio legale, e presenterà spontaneamente dichiarazioni e informazioni che saranno acquisite "nell’ambito del fascicolo aperto dal promotore di Giustizia Vaticano a gennaio di quest’anno, a seguito di alcune recenti dichiarazioni sulla scomparsa della sorella".

"L’Ufficio del Promotore conferma la volontà della Santa Sede di fare chiarezza sulla vicenda, anche alla luce delle recenti dichiarazioni di Pietro Orlandi, intraprendendo ogni azione possibile al fine di giungere ad una ricostruzione accurata degli eventi, per quanto di propria competenza", conclude la nota.

LEGGI ALTRO DI QUESTO AUTORE
Valerio Renzi
Il murales per la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh sfregiato 4 volte in un mese
Valerio Renzi
Striscione Casapound contro Fanpage.it: gli attestati di solidarietà
Valerio Renzi
Lo striscione di Casapound contro Fanpage.it. L'accusa? Siamo antifascisti
Quattro giorni fa, ospite dalla trasmissione televisiva DiMartedì, Pietro Orlandi ha ribadito che Emanuela sarebbe scomparsa nell'ambito di un giro di ricatti interni al Vaticano con al centro una rete di prelati pedofili: "Una possibilità è che Emanuela abbia subito un abuso. Se nel 1993 si parlava di pedofilia nei cardinali, cosa c'è più in alto? Credo sia successo qualcosa ai vertici, e che poi qualcuno abbia chiamato criminali di sua conoscenza per mettere a tacere la situazione".

Nell'ambito della stessa intervista il fratello di Emanuela ha rivelato di essere in possesso di nuove prove che la sorella, una volta rapita, sarebbe finita a Londra. Un'ipotesi già aperta con un libro del 2017 dal giornalista Emiliano Fittipaldi. Pietro Orlandi ha chiarito però che aspetterà a rendere pubbliche le prove in suo possesso fino a che non sarà in grado di verificarne l'assoluta veridicità.


Le nuove prove sulla pista londinese saranno consegnate alla giustizia del Vaticano? Non lo sappiamo. Quel che è certo è che anche grazie alla serie Netflix "The Vatican Girl" la scomparsa di Emanuela Orlandi è apparsa per quello che è da vero: non solo un "cold case", un mistero irrisolto buono per le tanto di moda narrazioni crime, ma una ferita mai sanata nel rapporto tra società e Vaticano, un intrigo politico che come tanti altri della storia italiana tra gli anni Settanta e Novanta che parlano dei vulnus della nostra democrazia.

È il 18 marzo 2013 quando papa Francesco quasi inciampa in Pietro Orlandi con l’anziana madre all'esterno della chiesetta vaticana di Sant’Anna. "Stringendomi la mano mi ha detto ‘Emanuela sta in cielo’, sono rimasto di ghiaccio", ha detto Pietro Orlandi raccontando quel fugace incontro. Presto scopriremo se Bergoglio ha scelto di essere un po' più preciso e fare davvero luce e ricucire e curare la ferita rappresentata dal "caso Orlandi".
6189 replies since 18/12/2013