Laici Libertari Anticlericali Forum

Posts written by GalileoGalilei

view post Posted: 5/12/2006, 13:05 Don Marco Dessì condannato a 6 anni in Cassazione per violenze su bimbi in missione - La stanza del peccato
http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/c...o-pedofilo.html

CRONACA InviaStampaIl religioso era rientrato in Sardegna per farsi curare una grave malattia
Parecchi gli episodi contestati. Il vescovo: "Niente condanne avventate"
Cagliari, arrestato il missionario dei bambini
La procura del Nicaragua l'accusa di pedofilia


Padre Marco Dessì
CAGLIARI - Tutti lo conoscevano per il missionario dei bambini. In Nicaragua ha fondato una missione che assiste i poveri. Ha sfamato 600 piccoli che vivevano frugando tra i rifiuti delle discariche. Padre Marco Dessì è un religoso amato a Managua e in Sardegna dov'è nato. Nessuno aveva mai avuto il sospetto che nascondesse un passato torbido fatto di violenze e pedofilia.

Oggi i carabinieri hanno arrestato il missionario dei bambini. Nel provvedimento redatto dall'autorità nicaraguense sono elencati una serie di episodi che sarebbero accaduti non solo in Nicaragua, ma anche in Messico e negli Stati Uniti. In queste settimane, padre Marco Dessì, 59 anni, aveva lasciato la sua seconda patria, per rientrare in Sardegna a farsi curare. E' afflitto da una grave malattia e aveva chiesto ospitalità per un po' alla sorella che vive ancora a Iglesias. I carabinieri lo sapevano e stamane, in borghese per tentare di evitare clamori, hanno suonato a quella porta con il mandato d'arresto internazionale in tasca.

"Preghiamo perché nessuno emetta condanne avventate", ha detto il vescovo di Iglesias, monsignor Tarcisio Pillola. "Che la Provvidenza illumini i giudici e porti a un rapido chiarimento. Spero che di fronte ad un'accusa così infamante non vengano pronunciate condanne avventate. Persino la magistratura non procede alla sentenza definitiva prima dei tre gradi di giudizio".

Più della metà della sua vita, padre Marco Dessì l'ha dedicato ai bambini poveri del Nicaragua. A Chinandega, cittadina a 130 chilometri a nord della capitale nicaraguense, ha fondato la missione Betania che assiste bambini poveri e abbandonati. A lui viene attribuito, tra l'altro, il recupero di almeno 600 di bambini che vivevano frugando tra i rifiuti di una discarica. Recentemente è stato inaugurato un reparto di dialisi nel piccolo ospedale della Comunità e nel futuro prossimo c'è pure la costruzione di una casa per ospitare i bambini ciechi tolti dalla discarica. "Adesso che fine faranno tutti quei progetti?", si domandava ieri un amico del religioso. "Padre Marco era l'anima di quella Comunità. Senza di lui sarà tutto più difficile".

(4 dicembre 2006) Torna su
view post Posted: 5/12/2006, 12:27 Iran contro internet - Attualità
L'islam è più periocoloso del cattolicesimo non perch*é più intollerante, ma solo perché in quelle società non si sono sviluppati gli anticorpi laici.

In sè per sé la carica di intolleranza è la medesima.
view post Posted: 4/12/2006, 21:46 Don Marco Dessì condannato a 6 anni in Cassazione per violenze su bimbi in missione - La stanza del peccato
"Lasciate che i pargoli vengano a me"...

Con Marco Dessì, da 30 anni in Nicaragua, si portava dietro il coro GETZEMANI, fatto di ragazzi dai 9 ai 16 anni...

Dal sito dell'UNITALSI di Bologna:

http://72.14.221.104/search?q=cache:Zd2CS9...it&ct=clnk&cd=1

Sulla Pietra di Bismantova ci siamo tutti! (30 carrozzine, 80 disabili marcianti, i vari accompagnatori e tantissimi altri, in pratica circa 1200 persone). Sono circa le undici e trenta, ora fissata per la S.Messa celebrata da Padre Marco Dessi (missionario sardo da trentatrè anni in Nicaragua) e da Don Giordano Goccini.
Al termine della S. Messa abbiamo pranzato tutti assieme con gnocco fritto, pane fritto, salumi e panini. A seguire si è tenuto l'immancabile lancio dei palloncini per ricordare tutte le persone care delle varie associazioni che in questi anni ci hanno lasciato.
In questa giornata abbiamo avuto il piacere di avere come ospiti il CORO GETZEMANI del Nicaragua della scuola di musica della missione Betania composta da diciotto ragazzi di età compresa tra i nove e i sedici anni accompagnati da Padre Marco Dessi che nel pomeriggio ci hanno tenuto compagnia con la loro musica e i loro balli fino alle quindici.




Don Marco Dessì, 55 anni, a quanto pare è anche stimato nel mondo di sinistra.

A quanto pare il prete era semrpe accompagnato dalla cuola di musica itinerante...

http://www.arcifuori.it/articoli/scheda.asp?IDArticolo=138
NICARAGUA VIAGGIO
Di Pierluigi Senatore
E’ appena rientrata dal Nicaragua una delegazione dell’Associazione modenese “Rock No War”. Nel Paese centroamericano i volontari dell’Onlus hanno preso parte all’inaugurazione di un reparto di dialisi all’interno di un piccolo ospedale realizzato nella missione cattolica di Chinandega, cittadina a 130 km a nord della capitale Managua e sconvolta nel 1998 dall’uragano Mitch che solo in quell’area provocò oltre 3mila morti, tra l’indifferenza di gran parte del Mondo “ricco” e “civilizzato”. Al progetto della missione “Betania” di Chinandega, “Rock No War” ha contribuito con un primo finanziamento di oltre 35mila euro; mentre per il prossimo anno l’associazione sta reperendo quasi 60mila dollari per costruire una casa che dovrà ospitare i bambini ciechi tolti dalla vicina discarica; un vero inferno dei vivi. L’anima di questa missione è il sacerdote Padre Marco Dessi, 55 anni cagliaritano che <>. Trent’anni nel corso dei quali ha convissuto con la dittatura della famiglia Somoza (la più lunga del Centroamerica), con dieci anni di regime sandinista e poi con tre governi “liberali” e “democratici” che hanno dato il colpo di grazia al Paese con una terribile e inarrestabile corruzione radicata ad ogni livello della mastondotica burocrazia che “guida” un popolo di poco più di 5 milioni di anime; ma soprattutto Padre Dessi ha dovuto fare i conti con il terribile terremoto che nel 1972 distrusse il Nicaragua provocando decine di migliaia di morti; con l’uragano Mitch del 1998 e con un Paese piegato dalla fame e che ormai non si fa più illusioni perché troppe volte ha visto finire nel nulla le promesse di politici, politicanti e perché no anche di associazioni di volontariato. <>; con queste parole Padre Marco Dessi ha voluto salutare al termine della sua omelia in spagnolo, in una messa di saluto, la delegazione dell’associazione modenese “Rock No War” della quale faceva parte anche Beppe Carletti leader dei Nomadi, da sempre attento alle tematiche della solidarietà; una solidarietà concreta fatta di poche parole e di molti fatti. A Chinandega Padre Marco oltre ad occuparsi di quasi un migliaio di bambini ai quali fornisce istruzione, sanità, un pasto e a volte un tetto, è riuscito in questi anni a realizzare dal nulla una missione che è una vera oasi all’interno della quale c’è una chiesa, un parco giochi, una comunità giovanile, scuole professionali e medie, un ospedale chirurgico e adesso anche un reparto dialisi. Per il sacerdote cagliaritano la Chiesa deve andare dove c’è bisogno di Lei e non aspettare che chi ha bisogno venga da Lei. In Nicaragua l’associazione “Rock No War”, inoltre è stata ricevuta anche dal comandante Daniel Ortega, leader del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale e maggiore esponente dell’Opposizione e dal ministro dei Servizi Sociali del governo di Managua, la signora Edda Callejas. Con loro è stato possibile conoscere le due differenti visioni dello Stato e della situazione attuale che appare di profonda crisi istituzionale e sociale con il precedente presidente, Aleman, messo sotto accusa per corruzione e l’attuale, Bolanos, che sembra incapace di attuare una vera e radicale riforma. D’altro canto anche i sandinisti devono accusare se stessi per avere perso il potere nel 1990 al momento delle prime elezioni libere nel Paese. Daniel Ortega è stato impietoso nell’analisi della sconfitta riconoscendo molti errori come ad esempio quello di non aver dato vita ala riforma agraria a favore dei campesinos, di avere istituito il servizio militare obbligatorio e di non essere riuscito a mettere insieme le varie anime del Paese e del Frente; a suo merito, però, va riconosciuto di essere stato l’unico leader rivoluzionario ad avere accettato democraticamente di lasciare il potere una volta sconfitto alle elezioni. Durante la permanenza in Nicaragua, Rock No War, com’è ormai sua abitudine ha sfidato a calcio una formazione locale e per la prima votla (il risultato è storico) è riuscita a non perdere impattando per 4 a 4 anche per merito di Antonio, un 65enne mirandolese, massiccio e corpulento ma con un passato nelle giovanile del Bologna che si è erto come un balurado in porta. Da qualche giorno Padre Marco è in Italia per far conoscere il suo progetto; per fare questo il sacerdote, sempre tranquillo nonostante i problemi ai quali ogni giorno deve andare incontro, ma che ha saputo tenere a bada i somozisti, i sandinisti e i guerriglieri contras, si è fatto accompagnare da un coro composto da 17 bambini dai 9 ai 15 anni; bambini tolti dalle discariche, dalle strade, da una vita di violenza. A loro ha insegnato l’amore per Dio, la musica, l’arte e la vita e che adesso cantano perché il Mondo si ricordi di loro. Padre Marco con il coro “Getsemani” sarà la sera del 6 dicembre al Club La Meridiana di Casinalbo di Formigine; in seguito saranno a Cavezzo, San Felice e Modena. Per avere maggiori informazioni sul “Progetto Chinandega” e sull’attività svolta da Rock No War è possibile collegarsi al sito www.rocknowar.it.
view post Posted: 4/12/2006, 21:15 Uccelli di rovo a tarallucci e vino - La stanza del peccato
http://lanazione.quotidiano.net/chan/crona...058:/2006/12/04:

'UCCELLI DI ROVO'
Bruciò la casa al prete
Perpetua perdonata
Il parroco ha ritirato la querela contro la sua ex governante brasiliana e forse amante che gli aveva incendiato l'appartamento per gelosia


Messina, 4 dicembre 2006 - Una stretta di mano e il ritiro della querela da parte del sacerdote per l'incendio della villa a settembre. Sembra tornata la pace tra l'ex parroco di Santa Teresa di Riva (Messina) e la sua ex perpetua Silvia Gomez de Souza che tre mesi fa, dopo l'incendio per gelosia, aveva gridato al mondo la loro relazione amorosa.

I due protagonisti di una vicenda da «Uccelli di rovo» si sono rivisti oggi in Tribunale dove Don Mantarro era chiamato a deporre, davanti al giudice monocratico Antonino Giacobello, contro la brasiliana accusata di danneggiamento aggravato. Lei aveva raccontato al giudice di aver appiccato il fuoco nella villa del suo «amante» per vendetta, perchè l'aveva sorpreso a letto con un'altra donna sposata e per dimostrare il loro legame affettivo aveva fatto acquisire lunge ed appassionate lettere d'amore scritte di proprio pugno da Don Carmelo.

Il sacerdote oggi ha ammesso di averle scritte, ma come gesto affettivo e non d'amore. Poi ha detto al giudice di voler ritirare la denuncia contro la Gomez, facendole così revocare l'obbligo della firma tre volte la settimana alla stazione dei carabinieri e soprattutto il divieto di dimora a Roccalumera dove l'ex perpetua vive in un appartamento messole a disposizione da Don Mantarro.

La sentenza per Silvia Gomez arriverà il 18 dicembre, anche perchè deve rispondere anche di aver danneggiato a colpi di martello l'auto di una incolpevole dottoressa di Furci Siculo, poichè la focosa brasiliana credeva fosse quella del suo 'amato' prete.

I guai per Don Mantarro, però, non sono certo finiti con la stretta di mano di oggi: Silvia Gomez lo aveva accusato infatti anche di prestare soldi a strozzo ai suoi parrocchiani facendolo indagare per usura dal sostituto procuratore Federica Rende.

view post Posted: 4/12/2006, 21:03 Don Marco Dessì condannato a 6 anni in Cassazione per violenze su bimbi in missione - La stanza del peccato
Il pedofilo beneficia di sconto per presrizione. Ecco che vanno a fare certi "missionari"


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www.leggonline.it/viewnews2.php?fil...61204200451.xml

04-DIC-06 20:04
PEDOFILIA: PRETE MISSIONARIO ARRESTATO A CAGLIARI


Cagliari, 4 dic. (Adnkronos) - Un prete di Villamassargia (Cagliari), don Marco Dessi', e' stato arrestato con l'accusa di pedofilia dai carabinieri del comando provinciale di Cagliari in esecuzione di un mandato di cattura internazionale. Il religioso e' stato ammanettato a casa della sorella, ad Iglesias, dove si trovava da alcuni giorni per effettuare dei controlli sanitari. I fatti per il quale il prete e' finito in manette sarebbero accaduti in Nicaragua, dove don Marco da oltre 30 anni era impegnato in diverse missioni umanitarie, in particolare, in favore dei bambini.
(Rag/Pe/Adnkronos)

Edited by GalileoGalilei - 2/2/2014, 12:07
view post Posted: 4/12/2006, 14:09 Pubblicità Paluani - Libero
Ragazzi avete visto la pubblicità della Palunai? Secondo voi chi sono i 4 deficienti che cantano la canzoncina "Grazie, Paluani grazie"?
view post Posted: 4/12/2006, 11:21 Pedofilia all'asilo. Suor Soledad, Cassazione accusa Procura: "Inspiegabile la non impugnazione" - La stanza del peccato

Dal Canale Youtube

In primo grado condannata ad 8 anni per abusi nell'asilo di Vallo della Lucania (SA)

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Sfogo di una madre. Silenzi del vescovo di Vallo della Lucania


www.cilentando.com/

la copia cache del link: http://209.85.129.104/search?q=cache:rIrn6...it&ct=clnk&cd=1

20 Novembre 2006
Violenze nell’asilo, il vescovo come Pilato

Lettera di una mamma di Vallo della Lucania inviata al quotidiano Il Mattino:

ANTONIO MANZO «Sono la mamma di una bimba di cinque anni che porta sulla sua carne i segni della violenza subìta…». È la drammatica lettera di una mamma di Vallo della Lucania, Rita Pellegrino che ieri pomeriggio arriva nella nostra redazione.

La figlioletta di cinque anni sarebbe stata violentata da suor Soledad, la suora peruviana agli arresti con la terribile accusa di aver violentato ventisette bambini tra le mura dell’asilo Paolo VI di Vallo della Lucania. L’accusa è terribile: la Chiesa locale è in silenzio. Nessuna parola di conforto, anzi perfino accuse di «isterismi familiari» nell’incredibile storia di ventisette bambini vittime degli abusi sessuali che avrebbe compiuto una suora peruviana. Bambini vittime - ventisette - che insieme alle loro famiglie, finora in un dignitoso silenzio, finiscono per diventare fantasmi che agitano la quiete troppo sospetta di una cittadina del Sud. Papa Ratzinger a Roma condanna i religiosi pedofili, a Vallo nessuno ne vuole più parlare. Nessuna forma di vicinanza e solidarietà ai bambini coinvolti e alle loro famiglie, atteggiamenti «pilateschi» addebitati ad un vescovo capace solo di «poche e scarne dichiarazioni ufficiali» e «silenzi assordanti». Ora basta, il dramma delle famiglie vittime delle storie di abusi sessuali compiuti da una suora peruviana - secondo l’accusa del procuratore della Repubblica di Vallo della Lucania che ha retto fino in Cassazione - esplode in pubblico. È la lettera, drammatica, della mamma di una bambina vittima.

È l’appello a Benedetto XVI che non ha avuto timore a denunciare la gravità degli atti compiuti da uomini di Chiesa, siano essi sacerdoti o suore, con abusi sessuali in danno di minori. Ha parlato ai vescovi irlandesi ma è come se quelle parole fossero state pronunciate anche per la drammatica vicenda di Vallo della Lucania: un asilo, una suora, un’accusa di violenza sessuale in danno di ventisette bambini, le accuse di favoreggiamento per le conseorelle della suora arrestata. Sembra che avessero progettato di farla partire per il Perù pochi giorni prima che arrivassero le manette. Prima di decidere di spedire la lettera al nostrogiornale, Rita Pellegrino, ci ha pensato bene ed ha riflettuto. Perchè quando ieri ha spedito la lettera via fax, erano passati già quindici giorni in attesa di una prima risposta da parte del vescovo di Vallo, monsignor Rocco Favale, e poi da papa Benedetto XVI protagonista di una dura denuncia sui responsabili di abusi sessuali sui minori, specie se commessi da uomini di Chiesa, preti o suore.

Rita Pellegrino è la mamma di una delle bambine vittima delle violenze sessuali della suora peruviana nell’asilo di Vallo della Lucania, tuttora agli arresti domiciliari a Roma nella casa generalizia dell’ordine delle suore delle ancelle di santa Teresa del Bambin Gesù. Suor Soledad, venticinque anni, è accusata di aver compiuto abusi sessuali in danno di ventisette bambini della scuola materna Paolo VI di Vallo della Lucania. Su di lei pesa come un macigno l’accusa della procura della Repubblica di Vallo della Lucania intenzionata ad ampliare il giro delle indagini fino agli ultimi accertamenti compiuti dal Ris dei carabinieri per un presunto giro di pedofilia collegato proprio alla suora peruviana.

L’accusa per la suora ha sostenuto già il vaglio del tribunale del Riesame e successivamente della Cassazione. «Questa donna va fermata» scrisse sintenticamente, ma efficacemente, il procuratore dlela Repubblica Alfredo Greco nella seconda richiesta di custodia cautelare. E, probabilmente, poche ore prima che la suora fuggisse in Perù e facesse perdere le sue tracce. Un mese fa l’incidente probatorio, con i bambini interrogati nell’aula del tribunale trasformata in sala giochi per «cristallizzare» le prove dell’accusa. Poi, nel pieno della seconda tranche dell’inchiesta con i sette indagati per il presunto giro di pedofilia, la delibera del consiglio comunale di Vallo: non denigrate il nostro paese.

Edited by pincopallino1 - 15/4/2024, 22:01
view post Posted: 4/12/2006, 11:13 L'arcivescovo Milingo cacciato dalla chiesa cattolica - Attualità
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=138460

«Roma mi discrimina Niente scomunica per i sacerdoti cinesi» - di Redazione -


L'arcivescovo Emmanuel Milingo ieri ha protestato contro il Vaticano per il diverso trattamento da lui ricevuto con la scomunica rispetto ai vescovi patriottici cinesi e - a suo dire - i vescovi cattolici polacchi nazionali, «che sono stati consacrati in due cerimonie separate il 30 novembre e non sono stati scomunicati per aver ordinato vescovi senza un mandato papale». Milingo sostiene in una nota, diffusa in Italia dal prete sposato Giuseppe Serrone, di essere discriminato dalla Santa Sede per ragioni razziali. «Il Vaticano mi ha scomunicato il 26 settembre - afferma Milingo -, due giorni dopo che ho consacrato quattro uomini sposati come vescovi, perché provengo da un povero paese dell'Africa. Ma quest'anno in Cina sono stati consacrati tre vescovi senza un mandato e senza ricevere scomunica. Anche la Chiesa cattolica nazionale polacca ha ordinato quattro vescovi sposati e non ha ricevuto scomuniche». «Questo è un trattamento ingiusto - protesta l'ex arcivescovo di Lusaka - ed è motivato da distinzioni razziali. Il Vaticano discrimina dal punto di vista razziale ed economico». Milingo si prepara intanto alla nuova convention del suo movimento «Married Priests Now» che si svolgerà a Parsippany, New Jersey dall'8 al 10 dicembre. Ha già annunciato che in quell'occasione ordinerà al sacerdozio tre uomini sposati, rinnovando così la sua sfida alla Santa Sede

view post Posted: 4/12/2006, 10:56 Welby. Anche ministro Bonino fa sciopero della fame - Attualità
http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/c...lby-bonino.html

Si allarga la protesta in segno di solidarietà con l'uomo che chiede di morire
Oggi e domani due giorni di mobilitazione straordinaria lanciata dai radicali
Welby, anche il ministro Bonino
aderisce allo sciopero della fame
di MARIO REGGIO


Emma Bonino
ROMA - Cresce la mobilitazione per sostenere la richiesta di Piergiorgio Welby di mettere fine alle proprie sofferenze. Da oggi anche il ministro per il Commercio Estero, Emma Bonino, inizierà lo sciopero della fame a sostegno dell'iniziativa. Una mobilitazione che vede già coinvolte più di 250 persone, tra le quali i radicali Marco Cappato e Rita Bernardini.

Un caso, quello di Welby, che da mesi scuote le coscienze degli italiani. E divide il fronte politico. Il 2 dicembre, in un'intervista a Repubblica, il professor Ignazio Marino, di fede cattolica, eletto nelle liste dei Ds, e presidente della Commissione Sanità del Senato è intervenuto dichiarando che staccare la spina a Piergiorgio Welby "sarebbe una scelta giusta". E motivando la sua scelta con un ragionamento chiaro: "Welby non ha alcuna possibilità di migliorare, dobbiamo rispettare la persona, altrimenti ne prolunghiamo solo le sofferenze. In questo caso, come in altri, staccare la spina non significa uccidere, ma accettare che non c'è più nulla da fare".

Si tratta di una scelta di eutanasia camuffata? Ignazio Marino respinge l'accusa: "L'eutanasia è un atto con il quale si determina la fine della vita con l'iniezione di un veleno che arresta il cuore e determina il decesso. Per Welby la situazione è diversa: è cosciente, sopravvive solo perché è attaccato ad una macchina che gli permette di respirare, ha chiesto, anche al Presidente della Repubblica, di porre fine alle sue sofferenze".

Ma nella maggioranza le acque sono agitate. Lo ha confermato il ministro Rosy Bindi, nell'intervista pubblica ieri da Repubblica. "Staccare la spina a Welby sarebbe un chiaro caso di eutanasia, le parole di Ignazio Marino mi hanno sorpreso e meravigliato. Io mi rifiuto di prendere in considerazione qualsiasi regolamentazione dell'eutanasia. Ciò di cui dobbiamo discutere ora è il testamento biologico e non altro. Nessuno può interrompere la vita di un essere umano. I malati terminali devono essere accompagnati, con le terapie del dolore, verso la morte naturale".

(4 dicembre 2006)
view post Posted: 4/12/2006, 10:52 Preti pedofili. Diocesi di Los Angele sborsa 45 milioni di $ - La stanza del peccato
http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=65734

Los Angeles, 1 dicembre 2006
La Diocesi cattolica di Los Angeles ha deciso di fare ammenda per i propri peccati a sfondo sessuale mettendo mano al portafoglio e ha accettato di risarcire 45 vittime di preti pedofili per un totale di 60 milioni di dollari.

L'accordo e' il piu' significativo raggiunto finora per risolvere una catena di azioni legali che si era trascinata per anni nei tribunali della metropoli californiana. 50 milioni di dollari saranno pagati dalla diocesi e circa otto milioni da ordini religiosi.

Nel 2002 lo stato della California aveva approvato una legge che aveva concesso un anno alle vittime di molestie sessuali del clero per ricorrere in giudizio anche in casi altrimenti passati in prescrizione per limiti di tempo. In base a quella legge un migliaio di persone si sono rivolte al giudice.
view post Posted: 4/12/2006, 10:16 Alessandro VI (1492 - 1503). Scapolo con 7 figli, assassino, professione Sommo Pontefice - Storia e Controstoria
Rodrigo Borgia, vicario di Cristo in terra, l'infallibile.

Alessandro VI (1492 - 1503). Scapolo con 7 figli, assassino, professione Sommo Pontefice

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Alessandro VI

www.storiain.net/arret/num7/aborgia7.html


Alla fine del 1400 scandalizzo’ tutto il mondo conducendo una vita corrotta e cinica

ALESSANDRO VI.
STATO DI FAMIGLIA:
SCAPOLO CON 7 FIGLI.
PROFESSIONE:
SOMMO PONTEFICE


Rodrigo Borgia salito al soglio pontificio nell' agosto 1492 con il nome di Alessandro VI

di PAOLO DEOTTO

E' cosa nota che un uomo innamorato fa e dice un sacco di sciocchezze. Leggiamo ad esempio questa lettera, scritta nel 1494 a Giulia Farnese, (formalmente sposa di Orsino Orsini), dal suo impetuoso amante, seccatissimo per una "scappatella" di Giulia col legittimo sposo:

"Abbiamo udito che avete nuovamente rifiutato di tornare da noi senza il consenso di Orsino. Conosciamo la malvagità della vostra anima e dell'uomo che vi guida, ma non avevamo pensato per un sol momento che sareste stata capace di venir meno al vostro solenne giuramento di non avvicinare Orsino. Ma voi l'avete fatto, mettendo a repentaglio la vostra vita stessa per recarvi a Bassanello (la tenuta degli Orsini - N.d.R.) e cedere ancora una volta ai desideri di quello stallone. Pertanto vi ordiniamo con questa, sotto pena di scomunica e di eterna dannazione, che non vi rechiate mai più a Bassanello".

Chi legge potrà giustamente osservare che questo focoso amante, oltre che autoritario, doveva essere anche un po' suonato. Ma chi credeva di essere, per minacciare scomuniche e dannazioni? Il Papa?

Ebbene sì, in effetti lo era. Era Sua Santità Alessandro VI, cardinale Rodrigo Borgia, salito alla Cattedra di Pietro l'undici agosto di due anni prima.

Giulia Farnese, di una quarantina d'anni più giovane di lui, era l'amante in carica pro-tempore. Per lei Rodrigo Borgia, quando non era ancora Papa, aveva lasciato la precedente amante, Vannozza Cattanei, dalla quale aveva avuto quattro figli. Il legame con una giovinetta lo aveva travolto e ringalluzzito, ma gli faceva provare anche i terribili morsi della gelosia. E, come abbiamo visto, gli faceva anche perdere un po' di senso del ridicolo, perché sarebbe stato interessante, se la minaccia contenuta nella missiva avesse avuto seguito, vedere una donna cattolica scomunicata dal Papa perché teneva fede ai propri impegni coniugali...non dobbiamo stupirci più di tanto poiché nella Roma del XV secolo era cosa più che normale che un cardinale fosse un uomo di mondo, corteggiato dalle belle donne: godeva, a tutti gli effetti, di quello che oggi è un titolo solo formale.


La nostra storia però inizia con un Papa austero, vecchio, malaticcio, noioso, pieno di ideali irraggiungibili: Callisto III, eletto Pontefice nel 1455, quando morì improvvisamente, a soli cinquantasette anni, Nicola V. Probabilmente il primo a restar sorpreso della nomina era stato lui stesso, l'eletto, Sua Eminenza Alonso Borja, arcivescovo di Valencia, che aveva ricevuto il cappello cardinalizio pochi mesi prima, e che aveva un'età, settantasette anni, in cui in genere non si fanno grossi progetti per il futuro. Il Cardinale Alonso Borja, che a Roma divenne Alonso Borgia, si trovava nell'Urbe da tempo per perorare la causa del suo re, Alfonso di Aragona, che, desiderando cingere anche la corona di Napoli, aveva bisogno dell'approvazione del Pontefice, che era, seppur formalmente, il sovrano anche di Napoli.
UN BORGIA TIRA L’ALTRO Alonso Borgia portò a termine bene il suo mandato ed ebbe in dono dal re Alfonso un palazzo e dal Papa il cappello di cardinale. L'arcivescovo di Valencia era un uomo che aveva passato la sua vita negli studi di legge, che all'epoca impegnavano moltissimi anni. A differenza di molti suoi colleghi, egli non era un vecchio "arnese di curia"; era un ecclesiastico severo e frugale che devolveva buona parte dei suoi proventi in beneficenza. Non gli si conoscevano amanti, nè passioni per le arti, per il teatro o per lo sfarzo, così di moda all'epoca. La sua unica passione era sempre stato l'arido linguaggio della legge, e si trovava a suo agio tra le pergamene, i documenti, i codici. Quando Nicola V morì, il cardinale Borgia era, oltre che avanti con gli anni, anche di salute malferma.
E la sua nomina avvenne proprio per queste sue caratteristiche. I cardinali erano arrivati ad un punto morto: le alleanze si facevano e si disfacevano attorno ai nomi più quotati senza riuscire a raggiungere un risultato. A tutti parve a un certo punto un'ottima soluzione l'elezione di questo vecchio grigio, che non sarebbe vissuto a lungo, ma abbastanza per permettere la formazione di un gruppo dominante che potesse esprimere un Papa. Inoltre il cardinale di Valencia aveva il pregio di essere uno straniero, e di restare quindi al di fuori delle normali faide che dividevano le famiglie della nobiltà romana, abituate ad entrare pesantemente nel gioco che doveva concludersi con la conquista di un immenso potere spirituale e temporale.
Insomma, il cardinale Alonso Borgia, papa Callisto III, non doveva essere che una parentesi che permettesse di riprender fiato alle varie fazioni, per poter meglio ricominciare le loro lotte, le loro alleanze, i loro intrighi. E in effetti il suo pontificato fu breve (tre anni scarsi), grigio come era lui stesso, che divenne ancora pIù aspro e scostante per il fallimento di quella che considerava la sua maggiore missione: una crociata. Ma Papa Callisto III, per quanto austero e riservato, non si sottraeva agli usi del nepotismo, tranquillamente accettato all'epoca, ed anche comprensibile in questo caso, per un uomo che desiderava circondarsi di compatrioti, trovandosi all'improvviso a dover prendere dimora definitiva in una città che non era sua e che, da sempre tollerante e cosmopolita, manifestava un'antica antipatia proprio per il popolo spagnolo, considerato un popolo di straccioni vanagloriosi, soprattutto ora che la nuova cultura rinascimentale faceva lievitare il gusto per tutto ciò che poteva esserci di bello e raffinato nel vestire, nel comportamento, addirittura nel modo di camminare e di mangiare.
... E ARRIVANO FROTTE DI SPAGNOLI E Roma iniziò a riempirsi di spagnoli, mal tollerati dai pur tolleranti romani, che non mancavano di far notare che, "se il vento spirava bene, si sentiva l'avanzare d'una compagnia di spagnoli ad un miglio di distanza", ironizzando così pesantemente su una presunta scarsa confidenza di quel popolo col sapone. Gli spagnoli a loro volta non nascondevano il loro disprezzo per i romani, considerati un popolo di rammolliti, se non addirittura di effeminati, salvo poi guadagnarsi il rimprovero dei romani, tenendo quei comportamenti di eccessiva sfrenatezza e dissolutezza che non si sarebbero mai potuti permettere in patria. Callisto III volle vicino a sè i due nipoti prediletti, Pedro e Rodrigo, figli di sua sorella Isabella, da poco rimasta vedova. Erano due giovani gagliardi, poco più che ventenni, e il Papa spagnolo vedeva in loro il sostegno della sua vecchiaia. Tra i due Rodrigo, il più brillante, era già predestinato alla carriera ecclesiastica; ed infatti aveva dovuto seguire i lunghi e complicati studi di giurisprudenza, che avrebbero potuto dargli l'accesso ai più elevati incarichi.
E il Papa lo nominò, a soli venticinque anni, cardinale e vicecancelliere. Questa carica praticamente lo rendeva secondo solo al Pontefice sia negli affari amministrativi interni della Chiesa che nei rapporti con le altre potenze. Il fratello Pedro ebbe invece la carica di Prefetto di Roma. Il Prefetto era il funzionario che esercitava il potere temporale sull'Urbe in nome del Papa. Callisto, che adorava i due nipoti, non esercitò su di loro alcuna autorità, disinteressandosi del loro operato ed approvandolo a priori, preso com'era dalle varie incombenze della sua carica e dal pensiero di organizzare la Crociata. Malaticcio, dirigeva gli affari della Chiesa più dalla stanza da letto che dalla fastosa sala delle udienze, liquidando spesso le lamentele che gli giungevano sull'operato di Pedro come semplici espressioni di malevolenza contro gli spagnoli.
Ma la realtà era diversa: mentre Rodrigo, di indole brillante ed affabile, sapeva farsi benvolere, Pedro era arrogante, convinto di esercitare un'autorità indiscutibile, per nulla conoscitore dell'animo dei romani, pronti a impiccare domani chi oggi veniva incensato. E Pedro si accorse amaramente dei suoi errori di comportamento quando la salute del Papa precipitò. Spinta dalla potente famiglia Orsini, che considerava la carica di Prefetto come una proprietà privata e pertanto aveva visto come usurpatore il giovanotto spagnolo che aveva come unico merito il fatto di essere nipote del Papa, la plebaglia romana iniziò una vera caccia allo spagnolo, che si interruppe per qualche giorno quando sembrava che Callisto si riprendesse, per poi ricominciare con accresciuta virulenza quando era chiaro che il Pontefice era ormai agonizzante. Le truppe papaline non intervenivano: era del resto una tradizione che la città piombasse nel caos alla morte del Pontefice, per riprendere poi la sua vita quotidiana quando il Conclave proclamava il nuovo eletto.
IL FUTURO PAPA SE LA SQUAGLIA Nel breve interregno nessuno voleva assumersi responsabilità eventuali di fronte al futuro padrone. E quindi i due spagnoli più eminenti, Pedro, Prefetto di Roma, abbandonato anche dal suo corpo di guardia personale, e Rodrigo, Cardinale vicecancelliere della Chiesa, fuggirono nella notte da Roma, travestiti, per raggiungere Ostia, dove una nave avrebbe dovuto portarli in salvo. Ma anche il capitano della nave aveva abbandonato il prefetto caduto in disgrazia, e pertanto i due fratelli presero la strada per Civitavecchia, dove peraltro Pedro, sfuggito al linciaggio dei vendicativi romani, trovò la morte per un'improvvisa febbre. Rodrigo invece a poche miglia da Civitavecchia, considerando il fratello ormai al sicuro, aveva ripreso la strada per Roma, dimostrando un notevole coraggio: anche se lui era benvoluto, ed era pur sempre un principe della Chiesa, gli Orsini non erano disposti a fare molte distinzioni fra spagnoli buoni e spagnoli cattivi. Ma nella città in preda alla plebaglia assetata di sangue spagnolo, Rodrigo riuscì a raggiungere il Vaticano e si portò al capezzale dello zio agonizzante. E lì attese, fino alla morte del vecchio Pontefice.
A soli ventisette anni il cardinale Rodrigo Borgia, grazie al suo ufficio di vicecancelliere, era il porporato più alto in carica tra i diciotto conclavisti che si riunirono il 17 agosto 1458 per eleggere il successore di Callisto III. Di questo conclave ci è rimasta una vivida cronaca, redatta dal cardinale Enea Silvio Piccolomini, vescovo di Siena, che ne uscirà come Papa, col nome di Pio II. E fu in questo conclave che il giovanissimo cardinale dimostrò la sua abilità e anche la sua spregiudicatezza nel capire da quale parte schierarsi. Inizialmente favorevole all'elezione del francese Estouteville, potente e ricchissimo vescovo di Rouen, Rodrigo si dichiarò poi apertamente a favore del vescovo di Siena, riuscendo, con questa esternazione, a trascinare anche gli ultimi riluttanti conclavisti.
BORGIA COMINCIA L’ARRAMPICATA Ma la sua scelta non fu determinata da pii motivi. Ammonito dallo stesso Piccolomini sull'inaffidabilità delle promesse del cardinale francese, che mai avrebbe riconfermato, al di là dei solenni impegni, nella fondamentale carica di vicecancelliere uno spagnolo, Rodrigo Borgia ebbe l'intuizione giusta e poi seppe sfruttare il suo ascendente e la sua personalità accattivante per far pendere l'ago della bilancia a favore di Piccolomini. E la naturale ricompensa da parte di Papa Pio II fu la riconferma del cardinale spagnolo nel delicato ufficio. Finalmente Rodrigo Borgia cessava di essere il nipote prediletto di un Papa regnante: ora doveva davvero misurarsi con le sue proprie forze, e l'esordio era stato promettente.
Tra il novello Pontefice e il giovane cardinale, due uomini assolutamente diversi, pio e colto il primo, mondano e superficiale, seppur dotato di vivacissime doti intellettuali il secondo, si stabilì una collaborazione profonda. Pio II considerava Rodrigo un uomo "eccezionalmente abile" e lo voleva sempre al suo fianco. Rodrigo lo ripagava con una fedeltà e un'obbedienza assolute, conformandosi anche alle regole quasi puritane e monacali del Papa, parco nel mangiare, indifferente alla mondanità, ma in compenso sensibile allo sfarzo nelle cerimonie religiose, nella cui organizzazione il cardinale spagnolo era un vero maestro, come la processione del Corpus Domini. Non erano ancora gli anni in cui il cardinale Borgia sarebbe divenuto la delizia dei cronisti del pettegolezzo, sempre a caccia di scandali da offrire in diffusione al miglior offerente. In una sola occasione Rodrigo fece uno scivolone: per una questione di donne, una piccola orgia a cui si diceva avesse partecipato in occasione di un viaggio a Siena. La reprimenda del Papa fu pesante, le proteste di pentimento del giovane furono pronte. E mai più durante il pontificato di Pio II Rodrigo fece simili errori.
Ormai stabilito a Roma, Rodrigo Borgia pensò anche alla costruzione di un palazzo adeguato alla sua posizione sociale. E lo fece proprio di fronte al Vaticano, sull'altra sponda del Tevere. Il suo palazzo, un palazzo-fortezza come erano tutti all'epoca, destinati ad abitazione sontuosa ma anche a rifugio nei non infrequenti periodi di caos, ci viene descritto dal Cardinale Ascanio Sforza, in una lettera che questi inviò la fratello Ludovico, il signore di Milano. E ne vien fuori la descrizione di un palazzo con una grande e disorganica esibizione di ricchezza: vasellame, tappeti preziosi, imbottiture in tessuti raffinati: tutto radunato senza un piano preciso, se non quello di sottolineare la propria agiatezza e magnificenza.
UN PLAY BOY VESTITO DI PORPORA Ben presto la piazza prospiciente il Palazzo Borgia divenne anche il luogo di frequenti spettacoli che il cardinale spagnolo offriva al popolino: rappresentazioni, musica, in un'occasione anche una corrida. Il popolo minuto non partecipava certo al conclave, ma rendersi popolare era comunque una buona politica, faceva comunque parte dei requisiti da avere se si voleva mirare in alto, molto in alto.
Pio II morì nel 1464; dopo di lui regnarono i Papi Paolo II, Sisto IV e Innocenzo VIII. E sempre al fianco del Pontefice vi fu il vicecancelliere cardinale Rodrigo Borgia. Solo un uomo di eccezionale valore poteva resistere per trentasette anni sotto quattro diversi papi. Consideriamo infatti che dopo la parentesi di Pio II, uomo devoto e religioso per quanto il suo tempo poteva permetterlo ad un sovrano regnante, con i successivi pontefici il mercanteggiamento della carica papale, l'assegnazione degli uffici in base alle alleanze politiche, erano divenuti ormai la prassi comune. In un clima di rilassamento morale totale, nessuno dei nuovi Papi avrebbe mantenuto nel suo alto ufficio il cardinale Rodrigo Borgia se non avesse dovuto riconoscere che ormai, in quel posto, ambìto da molti postulanti e quindi possibile merce di scambio per voti nel conclave, nessuno poteva fare meglio di lui. E Rodrigo si spianò la strada per diventare Papa: nessuno come lui era stato così al centro di tutti gli affari ecclesiastici più importanti di un trentennio. E la sua elezione a Papa l'11 agosto del 1492 non fu che il logico epilogo di una strada costruita con pazienza e tenacia.
Quando divenne Papa Rodrigo Borgia aveva già sette figli (di cui quattro avuti dall'amante "ufficiale", Vannozza Cattanei e tre da altre donne), una nuova amante (come vedevamo all'inizio, la giovanissima Giulia Farnese), una situazione "familiare" decisamente intricata. E quest'uomo privo di scrupoli, che aveva costruito la sua strada per il potere con sagacia e pazienza, aveva però il suo tallone d'Achille: non tanto la sua esuberante passionalità, quanto il suo amore sviscerato per i figli, per i quali, come vedremo più avanti, mosse i suoi pochi, ma gravi, passi falsi. Forse, quando divenne l'uomo più potente della Terra, Padrone delle chiavi del Cielo, accarezzò anche, nel più profondo del suo animo, un folle sogno dinastico, che avrebbe trasformato la famiglia Borgia, di piccola nobiltà spagnola, nella famiglia più potente del mondo, per generazioni e generazioni.
L’ORGIA SEGRETA DEL CARDINALE Un sogno folle, che non possiamo che ipotizzare. Ma comunque una follia permeava un mondo dove era cosa normale e accettata che un uomo di Chiesa, non potendosi sposare, avesse una o più amanti, dove ormai solo l'apparenza contava. E parliamo di follia non tanto per un discorso morale, il peccato essendo compagno di strada quotidiano di ognuno, quanto per la doppiezza che si impone come modello di vita quando, nello sfascio morale, la salvezza delle apparenze diviene essenziale. Se ben guardiamo, lo stesso biasimo di Pio II per l'episodio dell'orgia di Siena ha qualcosa di grottesco. Logica avrebbe voluto che un Principe della Chiesa, colto in un tale peccato, subisse una durissima punizione. Ma in fondo quello che si rimproverava all'allora giovane Borgia non era tanto il peccato carnale, quanto che la cosa fosse divenuta oggetto di pettegolezzo. E Rodrigo Borgia dimostrò di essere il campione di questo mondo artificiale e schizofrenico. Nell'autunno del 1474 il notaio Camillo Beneimbene venne chiamato a Palazzo Borgia a presiedere una cerimonia nuziale, onorata dalla presenza del cardinale stesso, tra Vannozza Cattanei e messer Domenico d'Arignano, di professione "funzionario ecclesiastico". Si sarebbe detto che si celebrava il matrimonio di un parente povero ma caro al cardinale, che per particolare benevolenza gli aveva concesso l'uso della sua dimora sfarzosa per la cerimonia.



Lucrezia, la chiacchierata figlia di Papa Borgia, presta il volto a Santa Caterina in un'opera del Pinturicchio


La realtà era ben diversa. Questo matrimonio non fu che il primo di una lunga serie di atti formali con cui il cardinale Rodrigo Borgia intendeva dare "copertura legale" alla propria amante e ai figli che dalla stessa avrebbe avuto. Il marito morì pochi mesi dopo il matrimonio e Vannozza restò vedova per quattro anni, durante i quali dette alla luce due figli, Juan e Lucrezia, che vennero ad aggiungersi al primo, Cesare, nato un anno esatto dopo le nozze. Nei quattro anni successivi, Vannozza si sposò altre due volte, sempre con uomini scelti da Rodrigo Borgia, e mise al mondo altri due figli, Joffre e Ottaviano. Quest'ultimo fu l'unico riconosciuto dal legittimo marito, ma anche sulla paternità di Joffre esistevano dei dubbi, che lo stesso Borgia esprimeva nei momenti di collera.
I MARITI DELLE AMANTI DEL PAPA Del resto questi "incidenti" erano inevitabili in una situazione così delicata: il cardinale sceglieva i mariti per l'amante, preoccupato di dare sempre a quest'ultima una situazione di "legittimità". Ma doveva certamente convincere con sostanziosi argomenti gli sposi "pro-tempore" a subire una situazione che era una bazza per i pettegolezzi romani. E poteva darsi che un marito "formale" volesse dimostrare di essere anche un marito "sostanziale". Vannozza Cattanei veniva dai ranghi della più bassa nobiltà, e secondo i più maligni era una delle tante cortigiane, più abile di altre.
Di certo fu per il cardinale spagnolo una compagna discreta che gli diede un lungo periodo di stabilità affettiva e che indubbiamente lo coinvolse profondamente, tant'è che il futuro Papa Alessandro concentrò tutte le sue attenzioni paterne sui figli avuti da Vannozza (Cesare, Juan, Joffre e Lucrezia), preoccupandosi molto meno per gli altri tre figli (Pedro, Gerolama e Isabella) nati precedentemente al suo legame con Vannozza e sulla cui madre riuscì sempre a mantenere il segreto più assoluto. Pedro ottenne il ducato di Gandia in Spagna, fu un soldato valoroso, e morì a soli trent'anni, nel 1488. Gerolama e Isabella vennero date in moglie a rappresentati minori della nobiltà romana. La prima morì giovanissima poco dopo le nozze, mentre Isabella sopravvisse a tutti i figli di Vannozza, li ignorò e fu da essi ignorata e morì ultrasettantenne, nel 1541.
Vannozza, dicevamo, fu la compagna discreta e sottomessa. Prudente e avveduta, a differenza delle vere cortigiane che quasi sempre finivano la loro vita in miseria, seppe amministrarsi molto bene; del resto Rodrigo Borgia era ricchissimo e generoso. Le diede molto: ma le chiese anche molto. E Vannozza seppe ritirarsi silenziosamente quando il futuro Papa Alessandro si infiammò per la giovanissima nuova amante, e seppe obbedire in silenzio anche quando le furono sottratti i figli, affidati alle cure di Adriana da Mila, una cugina di Rodrigo, a lui devotissima. E proprio Adriana è senza dubbio la figura più misteriosa e ambigua in tutta la vicenda di Rodrigo Borgia.
Adriana era nata a Roma, essendo suo padre venuto in Italia con la prima ondata di spagnoli, sotto il vecchio Papa Callisto, e aveva sposato un membro secondario della famiglia Orsini, da cui aveva avuto un unico figlio, nato poco prima che lei rimanesse vedova. E il figlio era quell'Orsino Orsini, uomo scialbo e senza particolari doti, che nel 1489 sposò la bellissima Giulia Farnese. La cerimonia si svolse nella Sala della Stella di Palazzo Borgia, e lo sposo, terminata la formalità, si ritirò subito nella tenuta degli Orsini a Bassanello.
COTTA PER LA BELLISSIMA FARNESE Il suo posto venne preso dall'ormai cinquantottenne cardinale Rodrigo Borgia, che da questo nuovo legame ebbe gioie e dolori, come vedevamo all'inizio e due figli, Rodrigo e Laura, anche se sulla paternità effettiva di quest'ultima molto si discusse, per una certa coincidenza di date con l'ultima "scappatella" di Giulia alla tenuta di Bassanello. La relazione con Giulia fu una delle maggiori manifestazioni di potere del cardinale Borgia: la potente famiglia Orsini non mosse un dito di fronte alla ridicola situazione di un loro membro. E i Farnese, nobili spiantati, ricevettero a loro volta il loro guiderdone, perchè uno dei primi atti del nuovo Pontefice Alessandro VI fu la nomina a cardinale del fratello di Giulia, che ebbe così spianata la strada al futuro pontificato. Un enigma la posizione di Adriana, di fatto la suocera di Giulia.
Fu la torbida organizzatrice di tutto, o si limitò ad accettare la situazione? L'unica cosa certa è che per Adriana da Mila Rodrigo era l'universo che lei venerava. E per il quale potrebbe anche aver costretto il figlio a recitare l'incresciosa parte di marito "putativo" dell'amante dell'adorato cugino. L'aggrovigliata situazione affettiva del cardinale Borgia era ben rappresentata anche in termini logistici: Giulia infatti andata a vivere con Adriana e con i figli che Rodrigo aveva avuto da Vannozza e che, come vedevamo, aveva dato in tutela alla devota cugina.
C’era ormai materiale per deliziare i cronisti mondani e per alimentare i pettegolezzi a dismisura. L'antico livore romano contro gli spagnoli trovò nuovo alimento nell'esuberanza di questo cardinale spagnolo che spargeva figli in giro, preoccupandosi però di avere sempre amanti regolarmente sposate e ben sapendo, nel frattempo, che il segreto sulla sua situazione era il segreto di Pulcinella. E così sulla famiglia Borgia, tanto più quando Rodrigo divenne Papa Alessandro VI, si scatenò anche un diluvio di maldicenze, la più tenebrosa delle quali fu quella circa i rapporti incestuosi tra il Pontefice e l'adorata figlia Lucrezia, che a sua volta avrebbe avuto rapporti così obbrobriosi anche col fratello Cesare. Voci maligne, che non furono mai suffragate da prove. Ma comunque voci faticose da dissipare, per un uomo che, in ogni caso, non poteva certo dirsi un modello di virtù.
SOTTO UNA TEMPESTA DI PETTEGOLEZZI Ma queste voci non impressionavano più di tanto nè il popolo romano, avvezzo ormai a tutto, nè il sacro collegio dei cardinali. Molti dei porporati avevano l'armadio così pieno di scheletri, da non pensare neppur lontanamente ad andare ad aprire gli armadi altrui. E gli scheletri non erano costituiti solo da peccati carnali, sui quali peraltro la Chiesa all'epoca era abbastanza indulgente. Il vero cancro che stava corrodendo la società era la corruzione dilagante: tutto era in vendita, era solo questione di prezzo. E naturalmente non mancarono le voci sull' "acquisto" da parte di Rodrigo Borgia dei voti in conclave per essere eletto Papa.
Diversi anni dopo la morte di Alessandro VI queste voci vennero date come assolute verità dallo storico fiorentino Francesco Guicciardini. Qualche dubbio resta legittimo, sia per l'animosità che comunque il Guicciardini mai dissimulò contro gli spagnoli che avevano "infestato" Roma, sia perchè il conclave da cui Rodrigo Borgia uscì con la bianca veste papale si svolse nel più assoluto segreto, sotto la ferrea vigilanza del maestro di cerimonie Johannes Burchard, funzionario arido ma scrupolosissimo nel far rispettare le regole, tra le quali esisteva quella della segretezza, violata solo, tanti anni prima, da Piccolomini. Comunque dobbiamo considerare anche altri aspetti, tra cui la conferma, da parte dello storico milanese Bernardino Corio, del fatto che il principale antagonista di Borgia, il cardinale milanese Ascanio Sforza, si era ritirato dalla competizione dopo una generosa elargizione di monete d'oro.
Corio era uno studioso moderato e, soprattutto, bendisposto per ovvie ragioni di convenienza verso la grande famiglia milanese. Inoltre, tornando a quanto dicevamo prima, la corruzione era un costume talmente diffuso (giˆ in uso ai tempi di Piccolomini, che nei suoi racconti riferisce di complicate transazioni monetarie tra i vari aspiranti alla carica suprema) che più nessuno se ne stupiva, almeno intimamente. Ma l'accusa poteva sempre tornare utile in un secondo momento, quando con più o meno ipocrisia si volevano trovare argomenti per colpire il regnante.
ASCESE AL SOGLIO URLANDO DI GIOIA Comunque per Rodrigo Borgia l'11 agosto 1492 restava la data in cui aveva raggiunto il suo scopo, nè fece nulla per dissimulare la sua gioia. Al posto del tradizionale e compassato "Volo" con cui il nuovo Papa dichiarava l'accettazione della carica, Rodrigo, al termine dello scrutinio, gridò con entusiasmo: "Sono Papa!" e impartì subito la prima benedizione al popolo, mostrandosi raggiante e sorridente. E da subito mostrò le sue doti, dando equilibrio ai suoi primi provvedimenti da Pontefice regnante.
Durante i giorni del conclave Roma era caduta, come di consuetudine, nel caos. Bande di teppisti avevano imperversato e si contavano oltre duecento morti. Alessandro capì che bisognava dare una risposta immediata al desiderio di ordine e di sicurezza. Scovare i delinquenti non era cosa difficile perchè questi, per una lunga abitudine all'impunità, si pavoneggiavano delle loro imprese. Le milizie papaline ebbero ordini precisi e spietati, e divennero finalmente simbolo di legalità, di severissima legalità: le case degli assassini vennero rase al suolo, e sulle stesse macerie si innalzava la forca alla quale veniva impiccato il colpevole. E il 26 agosto, quando ci fu l'incoronazione ufficiale di Alessandro VI, Roma si presentava come una città tranquilla ed ordinatissima alla quale, quasi in premio del suo ravvedimento (sollecitato a colpi di impiccagioni...), il nuovo Pontefice donò uno di quegli spettacoli che facevano andare in visibilio il popolo. La cerimonia dell'incoronazione in San Pietro e il successivo corteo per andare a prendere formale possesso del Palazzo Laterano furono quanto di più sfarzoso si fosse mai visto a Roma, un misto di esibizione di magnificenza, di pomposità, di gigantismo. Al centro del corteo, che sfilò per oltre sei ore, stava l'imponente figura del Papa stesso, maestoso, dalla figura alta, massiccia e piena di energia, in sella ad un cavallo bianco, vero sovrano capace di ammaliare la fantasia delle folle.
I iniziò così anche formalmente il regno di Alessandro VI, che per prima cosa si scontrò con una dura realtà: le finanze vaticane, al di là delle apparenze sempre sfarzose, vivevano in perenne asfissia, non essendo mai sufficienti le entrate a pareggiare completamente i costi di un apparato che era il più elefantiaco del mondo. Tra l'altro tutti i cattolicissimi regnanti europei avevano sempre diversi problemi quando si trattava di versare l'obolo dovuto alla Cattedra di San Pietro, mentre a carico delle finanze vaticane viveva un incredibile numero di persone non produttive, dipendenti di una burocrazia antiquata ma in perenne crescita, ivi inclusi quei cardinali a cui la Chiesa era tenuta a provvedere "comunque" e in misura adeguata al loro status di Principi.
BUSTARELLE PER LE INDULGENZE Insomma, nonostante la Chiesa avesse varie entrate, comprese quelle derivanti dal quasi monopolio sulla produzione dell'allume (sostanza indispensabile per tingere le stoffe), proveniente dalle miniere della Tolfa, poichè non si riuscivano a comprimere le spese, era necessario reperire nuove forme di guadagno. E fu con Alessandro VI che la vendita delle indulgenze e degli uffici ebbe uno sviluppo così smaccato da suscitare scandalo anche in una società che sembrava ormai capace di assorbire qualsiasi nefandezza. Addirittura esisteva un ufficio apposito, la Datarìa, che aveva il compito di mettere ordine in questo settore. E ai fondi della Datarìa il Papa poteva accedere direttamente, senza passaggi burocratici, che si sarebbero rivelati comunque imbarazzanti, perchè Alessandro VI aveva bisogno di molti soldi, non solo per le sue spese "familiari", ma anche per far fronte alle ambizioni sempre maggiori dei figli.
Nei piani del Pontefice ognuno dei figli aveva un posto ben preciso. Mentre la prediletta Lucrezia era comunque destinata, dati gli usi dell'epoca, a divenire "merce di scambio" per matrimoni politici, Cesare, a soli diciotto anni, ebbe la porpora cardinalizia, nello stesso concistoro che nominò cardinale anche il fratello di Giulia Farnese. Juan era invece destinato alla carriera "civile": succeduto al fratellastro Pedro nella titolarità del ducato di Gandia in Spagna, ebbe una rapida ascesa, divenendo successivamente anche capitano generale, signore di Terracina e Duca di Benevento. Ma questa veloce carriera fu interrotta bruscamente la notte del 14 giugno 1497, quando Juan, dopo aver partecipato ad una festicciola familiare in casa di Adriana, la cugina prediletta del padre, non fece più ritorno a casa.
Il suo corpo fu rinvenuto due giorni dopo nel Tevere; il Duca di Gandia era quasi irriconoscibile, martoriato da diecine e diecine di colpi di pugnale e di spada. I sicari avevano fatto un lavoro accurato. La morte di Juan gettò il Papa nella più cupa disperazione, acuita anche dal mistero che circondò l'assassinio e dalle voci insistenti che volevano il fratello Cesare non estraneo al crimine. In effetti quest'ultimo da tempo scalpitava, mal accettando la sua posizione di ecclesiastico, seppur di altissimo rango, e non nascondendo la sua invidia per la carriera mondana e politica in cui invece era avviato il fratello.
CESARE, UN MOSTRO FIGLIO DI PAPA E in effetti, mentre l'incolore Joffre andava sposo, giovanissimo, a Sancia d'Aragona, e si trasferiva poi nel Regno di Napoli, dove sarebbe morto nel 1517, Cesare iniziò la sua incredibile ascesa dopo la morte del potente fratello Juan. Si dice che Cesare esercitasse sul padre una notevole e nefasta influenza: sta di fatto che Alessandro VI, che per creare Cesare cardinale non aveva esitato a compilare un falso documento in cui lo si dichiarava "nipote", al quale era stato concesso benevolmente l'uso del cognome Borgia, non seppe rifiutare la richiesta del figlio, che ora voleva essere ridotto allo stato laicale. E Cesare, ora che aveva anche formalmente la libertà di agire, iniziò la sua avventura. Ottenuta dal Re Carlo VIII di Francia (formalmente alleato del Papa dopo la goffa "invasione" dell'Italia del 1494 con la quale il giovane monarca voleva, tra le altre cose, deporre Alessandro, Papa corrotto e simoniaco, e fu da questi invece subornato) il titolo di Duca di Valentinois, divenuto cognato del Re di Navarra, iniziò l'invasione delle Romagne con truppe fornite dal re francese e finanziate dal pontefice. Ufficialmente il "Duca Valentino" (così era chiamato in Italia) doveva rivendicare i diritti papali su quelle terre: di fatto iniziò la costruzione di un suo regno personale, conquistando Imola e Forlì e ingrandendosi via via fino a raggiungere Perugia e Città di Castello.
In tutte queste campagne diede prova di crudeltà senza pari, ricorrendo, quando lo reputava conveniente, al tradimento e all'inganno. Il Papa stava a guardare questo figlio che ormai gli impartiva ordini, gli ingiungeva di non allearsi con gli Aragonesi per non creare imbarazzi al Re di Francia, costruiva un regno sui territori che erano della Chiesa. Fu Cesare Borgia l'ispiratore di Machiavelli quando questi volle descrivere il tipo ideale di "principe". E Cesare, già sospettato per l'assassinio del fratello, fu anche il principale indiziato per un altro fosco episodio, che si consumò addirittura all'interno delle mura vaticane: l'uccisione di Alfonso di Aragona, marito di Lucrezia, che l'aveva dovuto sposare quando il padre Alessandro, interessato a stringere alleanza con la casa d'Aragona, fece dichiarare nullo il primo matrimonio della figlia con Giovanni Sforza.
.... E AMBIZIOSO FINO ALL’OMICIDIO Un primo tentativo di assassinio andò a vuoto: ignoti sicari accoltellarono Alfonso, ma la forte fibra del giovane ebbe la meglio. Si dice che Cesare, che si recò in visita al capezzale del ferito, fu sentito sussurrare "ciò che non s'è fatto per colazione, si farà per cena." Probabilmente la frase è inventata. Sta di fatto che il matrimonio "politico" di Lucrezia con un membro della casa di Aragona cozzava contro gli interessi del re di Francia e quindi contro quelli del Duca Valentino. E il 18 agosto 1500 Alfonso di Aragona, convalescente dalle ferite, fu trovato strangolato nel suo letto.
Da parte di molti fu fatto il nome di Cesare. Il padre, il potente Alessandro VI, l'uomo che non aveva avuto alcun scrupolo per spianarsi la strada al papato, nè alcun scrupolo nel creare ricchezze e titoli per i figli, l'uomo che, come si diceva a Roma "vendeva le opere della Chiesa e poteva ben farlo, visto che le aveva comprate", ormai manifestava apatia, incapacità a dominare il figlio, mentre la figlia prediletta Lucrezia prendeva la via della corte Estense di Ferrara, andando sposa al duca Alfonso d'Este, finalmente svincolandosi dalla corte vaticana e vivendo serenamente, apprezzata dai suoi nuovi sudditi, i suoi ultimi anni. Cesare continuava a imperversare: stroncò la ribellione di Senigallia, e fu anche l'occasione per regolare i conti ormai ultradecennali con la famiglia Orsini.
Alessandro VI fece imprigionare a Castel Sant'Angelo il cardinale Orsini, lo fece avvelenare, confiscò i beni di famiglia, sfrattò familiari e servi. Cesare a questo punto giudicò di poter eliminare i fautori della rivolta di Senigallia, i due nipoti dell'ormai eliminato cardinale Orsini, e li fece strangolare. Alessandro VI, si diceva, era ormai uno strumento nelle mani del Duca Valentino, vittima del mostro da lui stesso creato, di questo figlio che aveva appreso dal padre una vita di inganni, scelleratezze, consumate all'ombra della Croce di Cristo. E il 18 agosto del 1503 Alessandro VI, stroncato da un attacco di malaria, morì. Erano passati esattamente tre anni dal giorno in cui una mano omicida aveva messo fine, nel suo stesso palazzo, alla vita di Alfonso di Aragona. Le leggende fiorirono anche sulle ultime parole del Papa: secondo alcuni morì invocando il Demonio, secondo altri fece in tempo a chiedere perdono dei propri peccati.
MORI’ INVOCANDO SATANA... SI DISSE Resta il fatto che, pur sfrondandolo dalle molte leggende, il pontificato di Alessandro VI rappresenta probabilmente il punto più basso a cui arrivò la storia della Chiesa. L'aver abbellito Roma, o l'aver protetto artisti come il Pinturicchio o il Sangallo rientrava in uno stile rinascimentale: era quasi un dovere. Ma la morte di papa Rodrigo Borgia, Alessandro VI, che, salvo una vaga devozione, più che altro di maniera, per la Vergine, non mostrò mai altri interessi che non fossero quelli di sfrenato potere per sè e per i suoi figli, questa morte, dicevamo, non suscitò commozione nè rimpianti in alcuno. Roma, eterna e a tutto adattabile, mise pochissimo tempo a far sparire ogni traccia dell'esecrando periodo. La vita continuava.
La morte del Papa fu l'inizio della fine per Cesare Borgia. Il Duca Valentino era caduto malato assieme al padre, ma la sua forte fibra e la giovinezza ebbero la meglio sul morbo. Conscio del fatto che senza Alessandro VI i suoi molti nemici avrebbero iniziato a presentargli il saldo dei conti, Cesare ebbe però motivo di sperare con l'elezione a Papa di Francesco Piccolomini, nipote di Pio II, che prese il nome di Pio III. Quest'ultimo confermò Cesare Borgia nella carica di capitano generale della Chiesa. Ma il pontificato di Pio III non durò che un mese: vecchio e malato, il Papa morì il 18 ottobre del 1503, probabilmente anche a causa delle fatiche imposte dalla complicata cerimonia dell'incoronazione. E dopo la morte di Pio III, Cesare fece il suo primo grave errore di valutazione, brigando (disponeva ancora del controllo dei cardinali spagnoli) per l'elezione a Papa di Giuliano della Rovere, già acerrimo nemico di Alessandro VI. Della Rovere divenne Papa, col nome di Giulio II, e subito disattese le promesse che aveva fatto a Cesare in cambio dell'appoggio dei porporati spagnoli, tra cui quelle di confermarlo nella carica di capitano generale e di tutelare il "suo" ducato di Romagna, che senza la sua presenza si andava sfaldando. Cesare Borgia non contava più senza l'uomo che era il suo specchio e il suo succube, Alessandro VI. Svanito il sogno del Regno in Romagna, imprigionato dal già amico Re di Francia, Cesare, passato ora al servizio della Navarra, morì nel 1507 presso la città spagnola di Viana, dove si trovava alla testa di un esercito navarrino, per combattere la ribellione del conte Juan di Beaumont. Le circostanze della sua morte sono note: fu ucciso da alcuni soldati di Beaumont, che se l'erano visto arrivar contro, solo, in una specie di forsennata carica. Meno noti sono i reali motivi del comportamento di Cesare, che fece il marchiano errore (difficilmente pensabile per un generale del suo valore) di arrivare da solo a contatto del nemico, essendosi tagliato fuori dal collegamento col resto dell'esercito. E infatti non pochi parlarono di suicidio, un suicidio condotto con energia, virulenza, e comunque con coraggio. Un suicidio degno del Duca Valentino.



E poi i papi e i monsignori ci vengono a parlare di castità!

Edited by pincopallino2 - 28/5/2017, 21:23
view post Posted: 3/12/2006, 16:13 Crisi di vocazioni. Card. Hummes: abolire il celibato? - Attualità
http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/e....html?ref=hpsez



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Il porporato svela la sua ricetta per risolvere il calo delle vocazioni
"La Chiesa non è una istituzione immobile ma è capace di cambiare"


Il cardinale Claudio Hummes, nuovo Prefetto della Congregazione per il clero
CITTA' DEL VATICANO - Il calo delle vocazioni potrebbe indurre il Vaticano a ridiscutere il tema del celibato sacerdotale che in realtà non è un dogma ma solo una norma disciplinare. E' quanto ha detto al quotidiano brasiliano Estrado do S. Paulo il cardinale Claudio Hummes, arcivescovo di San Paolo in Brasile, appena nominato da Benedetto XVI nuovo Prefetto della Congregazione per il clero.

"Il celibato è una forma disciplinare". Il porporato, già citato come papabile durante l'ultimo conclave, si appresta in queste ore a raggiungere Roma dove si dovrà occupare dei problemi dei sacerdoti della Chiesa universale. "Partendo dalla considerazione che i celibi fanno parte della storia e della cultura cattolica - ha affermato il cardinale - la Chiesa può riflettere sopra questo tema, poichè il celibato non è un dogma ma una forma disciplinare".

"La pedofilia - ha aggiunto il cardinale - non è un problema che riguarda solo i sacerdoti, ma tutta la società dato che ci sono casi di abusi sessuali anche nelle famiglie". E' però importante, ha aggiunto Hummes, che i vescovi investano sempre di più in una selezione rigorosa e in una formazione esigente dei candidati al sacerdozio per combattere la pedofilia.

(3 dicembre 2006





"La Chiesa non è immobile". Inoltre alcuni apostoli, ha spiegato il porporato, erano sposati e la proibizione del matrimonio è venuta alcuni secoli dopo l'istituzione del sacerdozio. Hummes ha affermato che la Chiesa non è una istituzione immobile ma che sa cambiare quando questo è necessario. Considerato che quella intorno al celibato non è una decisione facile che può essere presa in modo repentino, "la Chiesa dovrà in primo luogo discuterne e ridiscuterne".

Pedofilia e sacerdozio. In quanto al problema dei sacerdoti pedofili il nuovo Prefetto per il clero ha fatto due osservazioni: "Anche se si trattasse di un solo caso sarebbe già una grave preoccupazioni soprattutto per le vittime" allo stesso tempo è "ingiusto e ipocrita generalizzare gi scandali di pedofilia poichè più del 99% dei sacerdoti ha nulla a che vedere con questi fatti".
view post Posted: 3/12/2006, 15:08 Mario Monicelli: Sul caso Welby, girerei una commedia - Attualità
http://www.radioradicale.it/node/1811817

Mario Monicelli: Sul caso Welby, girerei una commediainvia a un amico
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di Michele Lembo
pubblicato il 30 Novembre 2006
Mario MonicelliMario Monicelli, noto regista con all'attivo oltre 60 film, ai microfoni di Radio Radicale spiega il suo modo di raccontare il contesto italiano e dice la sua sulla lotta di Piergiorgio Welby.




«Il tema, la storia di Piero Welby è un tema che si potrebbe benissimo trattare con la commedia all’italiana, o comunque con il cinema». Così per Monicelli si può raccontare la lotta di Piergiorgio Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, che da mesi ormai chiede una «morte opportuna». «Ironizzando – prosegue il regista - e mettendo in ridicolo quelli che pensano che questo disgraziato debba rimanere lì a soffrire per grazia non si sa di chi, forse per la deontologia del medico? si possono fare dei film drammatici, divertenti, che dicano qual è la realtà. E sono i più convincenti di tutti».

L'audiovideo dell'intervista:
http://www.radioradicale.it/schede/view/id=212383



view post Posted: 3/12/2006, 14:29 AIDS Blair. Chiese permettano uso del profilattico - Mens sana in corpore sano
http://www.swissinfo.org/ita/mondo/agenzie...y=1164989177000



1 dicembre 2006 - 17.06

Aids: Blair, chiese permettano uso profilattici

LONDRA - Le Chiese devono "guardare in faccia la realta'" e accettare che i fedeli facciano uso del preservativo, strumento fondamentale nella lotta contro l'Aids. L'esortazione e' del primo ministro britannico, Tony Blair, in occasione della Giornata mondiale contro l'Aids.

"Penso", ha detto il premier in un'intervista alla rete televisiva musicale Mtv, "che se tutte le Chiese e le organizzazioni religiose guardassero in faccia la realta', sarebbe meglio". "Il pericolo", ha avvertito Blair, "e' che se c'e' un divieto generale dalle gerarchie ecclesiastiche a usare il profilattico, allora se ne scoraggia l'uso anche quando e' necessario per proteggere la propria vita", come nei casi di quelle persone che per sopravvivere sono costrette a prostituirsi.

Il premier britannico, che e' di fede anglicana ma che spesso frequenta la messa cattolica per accompagnare la moglie Cherie, ha quindi annunciato di volere aumentare gli stanziamenti per favorire l'uso del preservativo. "Per contrastare il virus dell'Aids", ha aggiunto a conclusione dell'intervista, "nei prossimi anni l'esecutivo spendera' 1,5 miliardi di sterline (2,2 miliardi di euro
view post Posted: 3/12/2006, 14:26 Saluti e benvenuti - Presentazioni
No....dobbiamo costruire uno spazio nostro, in cui ci saranno anche sezioni su altri temi , dal tempo libero alle relazioni sociali.

Una cosa nostra, senza voler danneggiuiare e essere in concorrenza con nessuno.
17627 replies since 3/12/2006