Arrestato per pedofilia e violentato in cella: era innocente
Una storia raccapricciante. Ora quell'uomo gira libero in città. Sembra sereno, ma...
www.ottopagine.it/av/attualita/8839...innocente.shtmlHa chiesto il risarcimento allo Stato. Ma è poca cosa. «Mi hanno fatto di tutto, ho chiesto aiuto. Tutto inutile...». L'incontro nello studio dell'avvocato Schettino.
Avellino.
di Luciano Trapanese
L'abbiamo visto passeggiare lungo il Corso. Tranquillo, sorridente. Come tanti altri. Eppure alle spalle ha una storia terribile. Un incubo. Il peggiore.
E' stato accusato di pedofilia, avrebbe abusato della cognata di undici anni. Arrestato. Recluso in cella con due fratelli imputati per reati sessuali. Che lo hanno violentato. Ripetutamente. Fino a quel giorno, quando durante l'incidente probatorio, la vittima ha ritrattato tutto. Non era vero niente. Il presunto orco era innocente.
Lo incontrammo nello studio dell'avvocato Annibale Schettino, a due passi dal tribunale di Avellino. Era stato appena rimesso in libertà. Portava addosso l'ansia e il dolore di quell'esperienza. E anche la voglia di sfogarsi, di raccontare la verità. E soprattutto di chiedere giustizia per quello che aveva dovuto subire.
Accadeva quindici anni fa. Una di quelle storie che anche per un cronista esperto sono estreme. Al limite del raccontabile.
Era stato catturato dalla polizia. L'accusa infamante di aver abusato della sorellina di sua moglie. Le manette all'alba, in una casa del Montorese (omettiamo i nomi, c'è un sacrosanto diritto all'oblìo da rispettare).
Il giovane, all'epoca aveva 30 anni, venne recluso in cella. Nel carcere di Bellizzi, come in tutti i penitenziari, c'è una sezione a parte per chi commette reati sessuali. Questioni di sicurezza. Negli altri padiglioni - soprattutto i pedofili – rischiano di essere massacrati. Ma è una tutela che per il 30enne non ha funzionato.
«Erano due fratelli, mi hanno costretto con la violenza. Ho chiesto aiuto. E' stato inutile». Ci raccontò nei dettagli quello che aveva subito. Una storia cruda, narrata nascondendo la vergogna. Guardando l'interlocutore negli occhi, non in segno di sfida. Anzi. Alla ricerca forse di umana comprensione. L'avvocato Schettino ascoltava scuotendo la testa. Era un pomeriggio di primavera. Dalla finestra si vedeva il tribunale. E anche quella stanza, dove si era svolto quel confronto che avrebbe messo fine all'incubo.
I due fratelli compagni di cella erano del Baianese. Reclusi con l'accusa di violenza carnale nei confronti di una disabile. Una storiaccia.
«Hanno usato anche oggetti», continuava il 30enne. «Lo scopino per il bagno». Gli abbiamo chiesto di non andare oltre. Di evitare certe descrizioni. Aveva gli occhi lucidi. La voce ora si era fatta incerta.
Era stato il suo difensore a giocare la carta dell'incidente probatorio. La ragazzina aveva parlato di carezze. E in famiglia aveva specificato. Erano carezze davvero. Niente altro. Ma come accade a volte, da voce in voce, quelle carezze erano diventate prima morbose e poi abusi. Sull'ordinanza di custodia cautelare si parlava di violenza. Ed era spuntata anche la parola chiave, pedofilia.
Davanti al Gip il chiarimento. Dopo quasi un mese di cella. Dopo quasi un mese di violenze vere. Subite. Scarcerazione immediata. Lacrime davanti al giudice.
Ora quell'uomo passeggia per il corso. Apparentemente tranquillo. Eppure – ne siamo certi – quell'incubo continua a viaggiare insieme a lui. E, sembra un paradosso, può anche dire di essere stato fortunato. Per aver chiuso in 30 giorni una vicenda giudiziaria che avrebbe potuto annientarlo. Come è accaduto ad altri.
Una storia che segnato anche la nostra esperienza professionale. Soprattutto nel racconto di storie di questo tipo. Un'accusa infamante è già una condanna. Riportarla senza riguardo sugli organi di informazione è la conferma e la divulgazione di quella condanna senza processo. E se poi l'imputato è innocente?
sabato 13 agosto 2016 alle 19.11
Edited by GalileoGalilei - 17/8/2016, 21:54