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Madre Teresa non fu una santa. Il falso mito dell'altruismo, Il suo vero volto: culto del dolore, conversioni forzate, rapporti coi dittatori, pessime cure

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view post Posted on 24/3/2016, 08:58
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Il suo vero volto: culto del dolore, conversioni forzate, rapporti coi dittatori, pessime cure

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Madre Teresa non fu una santa
Pubblicato: 17/03/2016 09:44 CET Aggiornato: 17/03/2016 11:47 CET MADRE TERESA
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Il quattro settembre di quest'anno Madre Teresa diventerà Santa Teresa. Cosa tutt'altro che sorprendente; era stata beatificata nel 2003, e la beatificazione è una specie di strada a senso unico per la canonizzazione. Ma questa è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Lei una santa non lo fu.

Canonizzare Madre Teresa significherebbe chiudere la questione di quella problematica eredità che si è lasciata alle spalle, che include le conversioni forzate, i discutibili rapporti intrattenuti coi dittatori, la sua mala gestione, a onor del vero, delle cure mediche di qualità davvero pessima. Cosa peggiore di tutte, lei incarnava la classica figura dell'uomo bianco che porta la propria carità nel terzo mondo - che poi è il senso stesso di quella che è stata la sua immagine pubblica, nonché fonte d'incommensurabili traumi per la psiche collettiva postcoloniale dell'India e della sua diaspora.

L'annuncio del Papa: "Madre Teresa santa il 4 settembre"


Nel 2013 una ricerca condotta dall'Università di Ottawa ha sfatato il "mito dell'altruismo e della generosità" che avvolge Madre Teresa, raggiungendo la conclusione che la sua santificata immagine non regge al confronto coi fatti, e rappresenta sostanzialmente il compimento di una vigorosa campagna mediatica organizzata da una Chiesa Cattolica in sofferenza.

Nonostante tutte le sue 517 missioni, che al momento della sua morte erano state organizzate in cento diversi paesi del mondo, la ricerca ha scoperto che praticamente nessuno di coloro che vi si era recato alla ricerca d'assistenza medica ne aveva poi effettivamente ricevuta. Le condizioni che vi si potevano osservare erano non igieniche, "perfino inappropriate", l'alimentazione inadeguata, e gli antidolorifici assenti - non certo per mancanza di fondi, nei quali l'ordine di Madre Teresa, famoso in tutto il mondo, in realtà sguazzava - ma in nome di quella che gli autori della ricerca definiscono la sua "peculiare concezione della sofferenza e della morte".

"C'è qualcosa di meraviglioso nel vedere i poveri accettare la propria sorte, sopportandola come se si trattasse della Passione di Cristo. Il mondo ha parecchio da guadagnare dalla loro sofferenza": lo dichiarò Madre Teresa a un Christopher Hitchens tutt'altro che entusiasta.

Pure tenendoci all'interno della concezione cristiana della benedetta mansuetudine, che razza di logica perversa sottende a questo punto di vista? Non sorprendentemente, tenendo conto della cornice in cui si svolgeva la sua opera, la risposta sta nel colonialismo razzista. Per tutti quei cento paesi, Madre Teresa appartiene all'India, ed è l'India ad aver concepito la Beata Teresa di Calcutta. Fu lì che lei acquisì l'immagine che lo storico Vijay Prakash ha definito della "donna bianca nelle colonie per antonomasia, impegnata per la salvezza di quei corpi scuri dalle loro tentazioni e dai loro fallimenti".

La sua immagine è interamente racchiusa nella logica coloniale: quella del salvatore bianco che getta una luce sugli uomini dalla pelle ambrata più poveri del pianeta. Madre Teresa fu una martire - non per i poveri dell'India e del Sud globale - ma per quel senso di colpa bianco e borghese. (Come nota Prakash, svolgeva esattamente questa funzione al posto di, e non certo insieme a, una "autentica sfida a quelle forze che la povertà la producono e la coltivano"). E tutti quei suddetti uomini dalla pelle ambrata, poi, come li avrebbe aiutati? In modo quanto meno discutibile, ammesso che l'abbia mai fatto. Il suo persistente "secondo fine" era quello di convertire al cristianesimo alcuni fra gli individui più vulnerabili del Paese, come del resto ha dichiarato l'anno scorso il capo di una Ong induista . Esistono perfino alcune testimonianze secondo le quali lei e le sue suore avrebbero provato a battezzare persone in punto di morte.

Tutto questo accanirsi nei confronti della suora e del suo ordine potrebbe apparire meschino, se non fosse per quella che è stata l'incessante campagna condotta dalla chiesa per renderla qualcosa di più di ciò che fu. Una campagna che partì quando lei era ancora in vita, all'epoca in cui il giornalista antiabortista inglese Malcolm Muggeridge si accollò la croce di curare l'immagine pubblica di Madre Teresa, prima con un documentario agiografico del 1969, poi con un libro pubblicato nel 1971. Fu lui ad avviare il movimento d'opinione per andare a collocarla nel "regno del mito" più che in quello della storia.

La sua beatificazione postuma è stata intrapresa col furore di chi non vuole essere beccato. Papa Giovanni Paolo II esonerò il suo processo di beatificazione da quello che sarebbe stato un normale periodo d'attesa quinquennale e infatti esso cominciò ad appena un anno dalla sua morte. Si sarebbe propensi a supporre che una donna disposta a ricorrere a metodi tanto straordinari dovesse essere al di sopra di ogni sospetto. E tuttavia nel corso della sua vita Madre Teresa s'intrattenne con famigerati despoti del calibro di Jean-Claude Duvalier di Haiti (dal quale accettò la Legione d'Onore nel 1981) e l'albanese Enver Hoxha.

Ora, niente di quanto detto finora è particolarmente nuovo. Gran parte di tutto ciò venne alla luce già nel 2003, all'epoca della sua beatificazione, con la polemica sollevata da Christopher Hitchens, nonché nel documentario "Hell's Angel" di Tariq Ali. Qui non si vuol parlare male dei morti.

Ma l'imminente santificazione di Madre Teresa è un qualcosa in grado di suscitare un'irritazione del tutto inedita. Noi concepiamo Dio a nostra immagine, e vediamo la santità in coloro che ci somigliano. Da questo punto di vista l'immagine di Madre Teresa rappresenta un reperto della supremazia bianca occidentale. La sua glorificazione avviene a scapito della psiche collettiva indiana - della mia psiche indiana. E di un miliardo di indiani e della diaspora a cui è stato inculcato il concetto che quando sono i bianchi ad aiutarci è diverso, è meglio. A cui è stato insegnato che una conversione forzata non è poi questo gran problema. Che sono cresciuti apprendendo il vergognoso fatto che uno dei cinque premi Nobel "indiani" fu una donna che lasciava morire i malati. La povertà non è bella, è tremenda. Madre Teresa assurgerà al ruolo di santo patrono dei bianchi in anno sabbatico, ma mai di alcuna reale persona di colore.

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Questo post è stato pubblicato per la prima volta su The Huffington Post U.S.A. ed è stato poi tradotto dall'inglese da Stefano Pitrelli
 
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view post Posted on 3/9/2016, 15:30
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http://www.repubblica.it/vaticano/2016/09/...ione-147061908/

Madre Teresa, attesi oltre centomila fedeli: piano di sicurezza per la canonizzazione
Domenica papa Francesco presiede la cerimonia. In arrivo delegazioni ufficiali da 15 nazioni. Piano straordinario per i controlli: mobilitati tremila agenti. Divieto di sorvolo su tutta l'area di San Pietro

di ANDREA GUALTIERI

CITTÀ DEL VATICANO - È uno degli eventi più attesi del Giubileo. Ed è anche l'ultimo passaggio del percorso ecclesiale di Madre Teresa di Calcutta, una delle figure più note nella storia del cattolicesimo del Novecento. Domenica, in piazza San Pietro, ci saranno delegazioni di 15 Paesi del mondo per rendere omaggio alla suora dei poveri, la donna che si definiva una "matita nelle mani di Dio" e che ora diventa santa. Greg Burke, che ha preso il posto di padre Federico Lombardi alla guida della Sala stampa vaticana, ha annunciato oggi che sono già centomila i biglietti gratuiti distribuiti ai fedeli per assistere alla cerimonia in programma alle 10,30 davanti alla basilica vaticana. Ma ai pellegrini registrati si aggiungeranno quelli che confluiranno fuori dai settori predisposti in piazza San Pietro. Quanti se ne prevedono? Burke non si sbilancia.

Erano trecentomila in tutto - con 27 delegazioni ufficiali estere e rappresentanti di altre religioni - le persone accorse nel 2003 per la beatificazione presieduta da Giovanni Paolo II, il papa che - per la prima volta nella storia contemporanea - aveva accelerato l'iter derogando per Madre Teresa dal vincolo che impone di attendere cinque anni dalla morte prima di istituire una causa di canonizzazione. Un privilegio che, in seguito, sarebbe stato riservato proprio a Wojtyla. "La sua grandezza risiede nella sua abilità di dare senza calcolare i costi, di dare fino a quando fa male", disse il papa polacco proclamando beata la piccola religiosa albanese nata a Skopje nel 1910 e morta 87 anni dopo essere divenuta celebre nel mondo per il suo impegno tra i più bisognosi dell'India. Jorge Bergoglio, con la decisione annunciata nel concistoro del marzo scorso, ha voluto che fosse lei una delle icone dell'Anno Santo e ha scelto di canonizzarla nel giorno in cui il calendario giubilare prevedeva l'incontro con gli operatori della misericordia: a loro, sabato mattina, è riservata una catechesi del pontefice che inizia alle 10,30 e che fa da preludio alla grande festa di domenica.
Madre Teresa santa, il postulatore: "Nella preghiera trovava forza di stare con i poveri"


LA CERIMONIA HI-TECH. Per seguire la canonizzazione - che Repubblica.it trasmetterà in diretta sul sito - ci saranno telecamere da tutto il pianeta, con oltre 600 giornalisti accreditati e 125 emittenti collegate. Il Ctv, centro televisivo vaticano, ha reso noto che la ripresa sarà effettuata in 4K Ultra-Hd, "che è anche il moderno standard per l'archiviazione del materiale, in questo caso sicuramente storico". In piazza ci saranno nove telecamere. E farà l'esordio anche il progetto "Io c'ero", che prevede una ripresa ad altissima risoluzione di piazza San Pietro che sarà navigabile da lunedì sul sito della canonizzazione e con la quale, dalla visione panoramica, si potrà fare uno zoom sul volto di ogni singolo partecipante.
Marcilio: "Dovevo essere morto, invece vivo miracolato da Madre Teresa"

LA PIAZZA BLINDATA. Ma a monitorare le presenze ci saranno soprattutto gli addetti alla vigilanza. Un secco 'no comment' è arrivato in conferenza stampa da Burke alle domande relative alla sicurezza. Ma in contemporanea la questura di Roma ha reso noto che nelle ventiquattro ore saranno in azione "circa mille uomini, che andranno a rafforzare il piano preventivo di vigilanza e prevenzione disposto per l'interno anno giubilare che conta l'impiego di altri duemila uomini nell'intero territorio della Capitale, a partire dalle periferie". In campo scenderanno anchele squadre specializzate antiterrorismo della polizia e dei carabinieri. Dalle ore 8 alle ore 19 di domenica è stato interdetto il volo in una vasta area adiacente San Pietro con la creazione di una 'bolla di sicurezza' controllata dall'Aeronautica Militare. I fedeli che arriveranno in piazza la troveranno, sin dalla serata di sabato, suddivisa in 3 aree - Sant'Uffizio, Traspontina e Porta angelica - ciascuna delle quali avrà un varco d'accesso con controlli sulle persone e sui bagagli, che, spiegano dalla questura, seguirà "una logica di cerchi concentrici".
Madre Teresa, diventa santa la "matita di Dio" - La videoscheda
 
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view post Posted on 4/9/2016, 19:38
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http://m.huffpost.com/it/entry/11847472?ut...ef=italy&m=true



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C’è un problema nella canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta
7 ore fa
Mauro Leonardi Prete e scrittore

LAPRESSE
La canonizzazione di Madre Teresa di domenica 4 settembre a Roma è l’evento più importante dell’intero Giubileo Straordinario indetto da Papa Francesco. La cerimonia è stata seguita in mondovisione da centoventi reti televisive, sono stati accreditati seicento giornalisti, centoventicinque corrispondenti televisivi e in piazza san Pietro e dintorni si sono assiepati più di 100mila fedeli.

Oltre agli entusiasti ci sono naturalmente anche i contrari (come per esempio lo statunitense Hitchens) ma la domanda vera che l’avvenimento pone è stata fatta da una giornalista durante la conferenza stampa di venerdì e riguarda come le Missionarie della Carità, ovvero le suore di Madre Teresa, abbiano cambiato la società laddove sono attive.

I grandi santi sociali hanno trasformato il modo di vivere non solo delle persone cui si rivolgevano direttamente ma dell’intera società in cui si trovavano. Essi hanno dato vita a folle di protagonisti e di sconosciuti che si sono dati senza risparmio all’aiuto sociale, cambiando strutture e mentalità in un modo che andava molto oltre il primo cerchio delle persone direttamente coinvolte.

Basti pensare a un caso impressionante, quello della Torino tra Ottocento e Novecento: Cottolengo accoglie i rifiuti della società, quelli che tutti respingono; Giovanni Bosco dà tutto se stesso a favore dei figli dei “proletari”; Murialdo gareggia con lui per trasformare giovani ignoranti e affamati in buoni artigiani e cittadini; Faà di Bruno segue le loro orme per proteggere le ultime tra gli ultimi, le serve sfruttate, malate, cacciate perché ormai anziane; Cafasso spende tesori di carità per alleviare la sorte dei più dimenticati e disprezzati, i carcerati; Allamano si preoccupa dei miserabili al di là dell’Europa e manda tra loro i suoi Missionari della Consolata; Orione non pone limiti al soccorso dei più bisognosi. Sono solo alcuni nomi, e ristretti al Piemonte di un periodo circoscritto, di persone che hanno innescato cambiamenti radicali di percezione dei problemi di un intero paese.

Cosa avviene e soprattutto cosa avverrà invece con le suore di Madre Teresa, rimane per lo più un mistero. Chiunque abbia partecipato come volontario a qualche attività anche piccola si è trovato spessissimo di fronte a delle prassi tanto minime quanto inflessibili. Ricordo, in una periferia romana, il rito della pulizia dei tavoli che era invariato sia che lo svolgesse una quindicenne che una madre di famiglia: se chiedevi dov’era la roba per pulire i tavoli della merenda dei bambini, la suora ti rispondeva che i tavoli si pulivano in tre e tirava fuori una bacinella con tre spugne e un sapone liquido. La prima spugna era per la persona che insaponava il tavolo, con la seconda spugna una seconda persona sciacquava via la saponata, con la terza spugna una terza persona asciugava la superficie del tavolo. L’impressione che si aveva era che Madre Teresa stessa facesse così e che quindi si sarebbe fatto così per sempre. Di questi esempi ce ne sono moltissimi e alcuni molto delicati; tra tutti ne scelgo uno emblematico: l’utilizzo della lingua inglese, obbligatorio a tutti i livelli quando le suore si trovano tra loro.

La canonizzazione di un fondatore o di una fondatrice rende ineludibile il problema della sociabilità del messaggio perché, nel momento in cui una persona viene fatta “santa”, non appartiene più alla piccola realtà da cui essa è nata. Questo significa che gli eredi hanno un duplice compito. Da una parte sono quelli cui noi guardiamo per cogliere la presenza di un carisma: se devo dire chi è Madre Teresa prima che ai libri guardo alle sue suore, quindi esse hanno innanzitutto un compito di testimonianza. Ma, e questo è il secondo aspetto della questione, poiché un “santo” è un santo dell’intera Chiesa universale, esse devono poter gettare il loro seme in ogni terreno. Però, per farlo, devono parlare il linguggio di tutti e ciò le spinge a trovare il modo di entrare in relazione con tutti. Il motivo profondo di tale spinta all’apertura non è il proselitismo, il desiderio di crescere la loro quota di mercato, ma la loro missione: se Madre Teresa è santa, poiché è additata a modello universale, la cosa di cui le suore di Madre Teresa sono eredi non è più solo loro: se fosse solo loro potrebbero decidere anche di buttarla via. Ma poiché con la canonizzazione Madre Teresa appartiene a tutti sono questi tutti che diventano i protagonisti di quel dono.

Se io sono prete, lo sono diventato perché ad un dato momento ho trovato “un prete” da guardare e questo qualcuno non ha “messo dentro di me” qualcosa ma, soprattutto, ha “risvegliato” qualcosa che era già dentro di me e che mi ha permesso di riconoscere quel “primo prete” come qualcuno attinente la mia vita.

Il problema dell’uso esclusivo della lingua inglese - ripeto, non è l’unico problema attinente quanto sto argomentando, ma lo prendo come esempio - è che rende impossibile una relazione normale con il mondo circostante, con la società nella quale esse operano.

Le suore di Madre Teresa se sono in Italia devono, almeno progettualmente, parlare italiano. Non solo con i poveri italiani: anche tra di loro. Esse invece parlano, per sistema, una lingua che non è quella del paese in cui si trovano: nella preghiera, nella formazione personale, nel divertimento, nella normale vita relazionale. Per lo meno così è stato spiegato a me. Forse erroneamente mi è stato detto che avviene così perché Madre Teresa parlava inglese e perché in India si parla quella lingua: ma se fosse davvero così questo sarebbe davvero un grosso ostacolo a che il loro dono possa diventare universale. Oltrettutto non si può pensare che gli scritti e le parole di Madre Teresa originariamente in inglese non possano essere tradotte nelle lingue di tutto il mondo. Gesù Cristo parlava in aramaico ma i vangeli sono stati scritti in greco e poi in tutte le lingue del mondo. La chiesa - come insegna Pentecoste - non ha una sola lingua ma la sua lingua propria è quella di ogni uomo. Essa conosce che è possibile tradurre il suo contenuto in ogni parola umana proprio perché sa che, venendo da Dio, strutturalmente quel contenuto è per tutti.

Il problema della canonizzazione di Madre Teresa quindi è che rende necessaria l’universalità di un messaggio ma questa universalità è possibile solo se c’è una relazione vera e propria con la società in cui la suore vivono. La canonizzazione di Madre Teresa quindi, rendendo la piccola albanese universale, espropria le Missionarie della Carità della loro Fondatrice: o meglio le spinge a trovare il modo di rendere la loro organizzazione davvero universale.

Qualora essa non lo fosse già e io fossi male informato. Mi piacerebbe, in questo, sbagliarmi.

Altro: madre teresa madre teresa santa vaticano chiesa cronaca
 
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