Pietra dopo pietra si demolisce una democrazia!
Ecco un altro segnale dell'obiettivo finale del movimento teocratico che si sta facendo spazio in Italia:
http://www.pontifex.roma.it/index.php/opin...o-confessionalePerché non tornare allo stato confessionale? Stampa E-mail
Pontifex.RomaVoglio fare una riflessione sulla situazione attuale della nostra Italia in merito alla questione religiosa, in virtù dell’immigrazione che ne sta stravolgendo il tessuto sociale, culturale e politico. E la voglio fare partendo da una domanda semplice semplice: perché non torniamo allo Stato confessionale? - LO STATO CONFESSIONALE E STATO LAICO - Anzitutto, pare opportuno partire dalla definizione di Stato confessionale. Che cos’è uno Stato confessionale? Come se ne configura la struttura? Si parla di Stato confessionale quando vi è un ordinamento che dà luogo a una vera e propria professione di fede, nel senso che lo Stato modella l’organizzazione statuale ai principi di una determinata religione (nel nostro caso quella cattolica). Religione che ha scelto e riconosciuto come propria. Anche nella nozione di Stato confessionale, evidentemente, esistono numerose differenze: può manifestarsi, ad esempio, assoluta intolleranza contro le ...
... religioni diverse da quella ufficiale, oppure, più semplicemente, lo Stato può assumere, nei confronti di queste ultime, un atteggiamento di disinteresse, almeno finché non vengano messi in discussione alcuni dogmi o postulati reggenti l'organizzazione statuale. Lo Stato laico, invece, è quello che si fonda sul convincimento che la religione rappresenti un mero fatto individuale e, conseguentemente, non determina alcuna forma di gerarchizzazione fra le religioni praticate all'interno dei suoi confini. Questa definizione sintetica, tuttavia, non è assolutamente rigida, ma è capace di ricomprendere al suo interno numerose ipotesi: da quella dello Stato che rimane indifferente nei confronti di tutte le religioni, a quella dello Stato che combatte una o più confessioni, ritenute contrarie al raggiungimento dei fini che si propone.
LO STATO CONFESSIONALE SINO AL 1984
Storicamente, in Italia, nonostante la vigenza degli attuali principi costituzionali, sanciti dalla Carta del 1948, nel periodo che va, appunto, dal 1948 al 1984 (anno del cosiddetto Nuovo Concordato con la Chiesa Cattolica, firmato dal Cardinale Agostino Casaroli – Segretario di Stato del Vaticano - e da Bettino Craxi – Presidente del Consiglio dei Ministri d’Italia), il nostro sistema dava luogo a una netta distinzione tra la religione Cattolica (che veniva considerata religione “di Stato", in forza del disposto dall'articolo 1 del Trattato Lateranense del 1929) e i culti cosiddetti “acattolici”, cioè quelli ammessi che, pur avendo ottenuto il crisma della legalità e pur godendo di una serie non indifferente di prerogative, si trovavano in una posizione comunque subordinata e meno garantita. Fu soltanto con l'abrogazione dell'articolo 1 del Trattato, avvenuta proprio nel 1984, per effetto del Nuovo Concordato, che venne meno il principio che assegnava alla religione Cattolica lo status di "sola religione dello Stato", dando definitivamente attuazione al disposto dall'articolo 8, comma 1, della Carta, che così recita: "Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge" . Ciò, beninteso, non significava ancora che lo Stato italiano si ponesse in un atteggiamento di completa equidistanza rispetto a tutte le confessioni, perché rimanevano (e rimangono tuttora, per fortuna!) tracce ben visibili di una considerazione particolare, riconosciuta alla confessione Cattolica, atteso il suo notevole grado di diffusione nel nostro Paese. Tale realtà, peraltro, ha fatto ritenere a molti commentatori che, anche a seguito degli Accordi del 1984, lo Stato ha, sì, rinunciato formalmente alla confessionalità, ma è altrettanto vero che esso continua a servirsi dello strumento concordatario per regolare i propri rapporti con una specifica confessione, quella cattolica, assicurandole, di conseguenza, particolari privilegi. Dando così alla religione Cattolica un primato di fatto rispetto alle altre religioni.
LA SITUAZIONE COSTITUZIONALE ODIERNA
La disciplina costituzionale del fenomeno religioso, oggi, in Italia, trova la propria collocazione anzitutto all'interno della prima parte della Carta costituzionale, laddove vengono a essere riconosciuti e codificati i diritti fondamentali della persona. A tal proposito pare doveroso elencare le fonti normative.
Anzitutto l’art. 7 della Costituzione afferma che “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Con quest’ articolo, lo Stato accetta una limitazione della propria sovranità, perché riconosce espressamente il principio, anzi addirittura lo costituzionalizza, che nel proprio territorio esista e operi un altro ordinamento originario, quello della Chiesa Cattolica.
Vi è poi l’art. 8 il quale afferma: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base d’intese con le relative rappresentanze”. Pertanto si evince che: "Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge, ad eccezione di quella Cattolica, che è più libera delle altre". Va precisato, infatti, che il principio dell'uguaglianza religiosa si distingue profondamente da quello della libertà religiosa. Secondo la costruzione costituzionale del fenomeno, infatti, per le varie confessioni, essere "egualmente libere" non può significare essere "eguali", cosicché, in tema di eguaglianza, bisogna distinguere tra: eguaglianza assoluta, che viene riconosciuta a tutti gli individui in materia religiosa, senza distinzioni (art. 3) e tra eguaglianza relativa, che viene attribuita, invece, alle confessioni religiose le quali, non a caso, non sono qualificate come "uguali", bensì solo come "ugualmente libere" davanti alla legge.
Vi è poi l’art. 19, il quale afferma: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. Con tale disposizione è stato dato luogo alla regolamentazione "esterna" o associativa del fenomeno religioso nel nostro Paese, quella che, superata la pura dimensione spirituale, è destinata a produrre effetti percettibili all'interno della società. La norma in esame, intimamente connessa con l'articolo 2 e 3 della Costituzione che riconoscono, rispettivamente, i diritti inviolabili dell'uomo e l'eguaglianza degli individui anche in materia religiosa, si sostanzia, essenzialmente, in due significati, attribuendo due tipi di libertà: una libertà di culto, che consiste nella possibilità, per ogni individuo, di professare liberamente la propria fede religiosa e una, più generica, libertà di religione, che si sostanzia nella possibilità, concessa a ogni cittadino, di aderire a una specifica confessione religiosa.
Infine, nella nostra Carta costituzionale abbiamo l’art. 20 che afferma: “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività”. L'articolo in esame riguarda la tematica degli enti ecclesiastici, cioè di quegli strumenti, più o meno organici a ogni confessione, che hanno lo scopo di promuovere e regolamentare, "dall'interno", lo sviluppo e l'esercizio del culto e che, inevitabilmente, finiscono per avere una rilevanza anche civile, in quanto entità riconosciute dallo Stato. Ebbene, in materia, la nostra Costituzione ha optato per una ispirazione sostanzialmente liberale, in quanto ha stabilito che per motivi religiosi non possa essere discriminato alcun ente, anche se continua a essere doverosa una qualche forma di controllo, laddove emerga la pretesa di fondare "istituzioni ecclesiastiche" che potrebbero porsi in alternativa a quelle statali, o che potrebbero esercitare funzioni potenzialmente idonee a minacciare l'integrità o la sicurezza dello Stato.
LO STATUTO ALBERTINO E LA RELIGIONE CATTOLICA
Fra le molte Costituzioni nate nel 1848, lo Statuto Albertino, promulgato il 4 marzo, da Carlo Alberto in Piemonte, è certamente quella che ha avuto la vita più lunga: circa un secolo. Sopravvissuto alla "seconda restaurazione", lo Statuto divenne nel 1861 la legge fondamentale del nuovo Regno d'Italia; e tale rimase fino al 1947, quando fu sostituito dalla Costituzione repubblicana. Ispirato ai testi costituzionali più moderati del primo '800, lo Statuto proclama la religione cattolica "unica religione di Stato". L’art. 1, infatti, recita: “La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi”.
CATTOLICI E POLITICA
Nel presente articolo, dopo aver fatto un viaggio che ci ha evidenziato la differenza fra Stato laico e Stato confessionale; la vigenza, in Italia, sino al 1948 dello Stato confessionale e dal 1948 al 1984 di uno para-confessionale; dopo aver affrontato la situazione attuale in virtù della nostra Costituzione; dopo aver affrontato la considerazione che lo Statuto Albertino dava alla religione Cattolica: pare doveroso fare alcune considerazioni. E’ importante notare, infatti, la volontà politica odierna. Una volontà che cerca sempre più di sminuire l’importanza della Fede nella gestione della res pubblica, relegando all’aspetto spirituale una caratteristica privatistica. Un po’ come dire: io Stato non mi interesso di ciò che fai tu per ciò che riguarda la religione, purché lo fai in privato. Pare evidente che oggi il fenomeno religioso cattolico sia un peso per i nostri politici i quali si disinteressano che la maggioranza assoluta degli italiani è e rimarrà cattolica. Pertanto, non è assolutamente giusto che i politici releghino la religione cattolica a un mero aspetto privatistico. Di più: personale. Non c’è da avere vergogna nel professarsi cattolici in politica e di vivere il proprio credo con fermezza anche e soprattutto nell’impegno politico. Una politica che oggi è davvero poca cosa e dove si registrano comportamenti di vita - e non solo – davvero degni di censura.
IL PROBLEMA ISLAMICO
E non è per niente corretto dire, affermate e statuire – come scritto in precedenza- che ogni religione è uguale. Ad esempio quella cattolica (che la stragrande maggioranza del popolo italiano professa) non contraddice assolutamente la Carta costituzionale. Anzi l’ispira. I principi fondamentali che pongono l’uguaglianza dell’uomo sono appunto attinti dal Vangelo. Come negarlo? Il cristianesimo è alla base della nostra Carta costituzionale, la quale, se ben interpretata, evidenzia come determinati culti debbano essere limitati, controllati o addirittura vietati. L’Islam, ad esempio, è una religione che contrasta nettamente con la nostra Costituzione. Contrasta in ogni sua parte: anzitutto per il fatto di non riconoscere l’uguaglianza fra le persone, in modo specifico quella fra uomo e donna; non riconosce la libertà religiosa, anzi chi non è islamico è un infedele. Beh, allora, come permettere la costruzione di moschee o di centri culturali islamici? Peggio ancora: come giustificare determinati sacerdoti che danno la disponibilità di spazi al culto musulmano? Come non evidenziare e notare la miopia politica nel concedere finanziamenti a tali comunità?
COSA FARE?
La situazione è davvero triste. Davvero grave. Assolutamente irreparabile. Se si continua così; se non si eleggono politici capaci e che non fanno del politicamente corretto il loro perno d’agire politico; se non ci si capacita del fatto che la religione cattolica è l’unica religione della salvezza e che Cristo ha dato la sua vita per il nostro riscatto; se non riconosciamo al Papa anche un ruolo politico, sia in Italia sia nel mondo intero; se non ci svegliamo dal torpore relativistico il quale ci dice che tutto è relativo, che se professo una religione rispetto a un’altra è lo stesso purché non contraddico la legge; se non poniamo un limite allo sbandamento morale della politica e degli italiani; se non diciamo che essere eterosessuali è normale e omosessuali no: sarà la nostra fine, la fine della nostra civiltà, imbevuta, appunto, di cristianesimo.
Beh, per fare tutto ciò, mi pare evidente che si debba tornare a uno Stato confessionale, affinché il primo articolo della Costituzione reciti, come recitava l’art. 1 dello Statuto Albertino: “La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi”.
Emanuele Maestri (emanuelemaestri.it)
Qualcuno potrebbe dire che sono solo farneticazioni di uno squilibrato, io le definirei meglio pericolose farneticazioni!
Questi messaggi buttati lì non si perdono, sicuramente qualcuno li raccoglie e li elabora per tirarne fuori altre idee.
Non solo! Questo si aggiunge ad altri messaggi: il politico che si professa cattolicissimo in campagna elettorale, il programma televisivo delle 3 del pomeriggio che parla di giustizia divina, la manifestazione pubblica per l'unificazione d'Italia che diventa la consacrazione della Santa Alleanza Italia-Vaticano, il gruppetto di fanatici religiosi che opera nello sperduto paesino di provincia, ma che ha sempre più frequentatori, che professa l'idea che l'unità d'Italia è stato il frutto di un progetto massonico e che esalta una religiose sentimentalista ed emotiva.
Tanti piccoli atti che rodono dentro il sistema!