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Garibaldi anticlericale, Il mito inossidabile del più grande eroe che l'Italia abbia avuto

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GalileoGalilei
view post Posted on 20/7/2007, 16:40 by: GalileoGalilei
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Oggi è Ven, 20 Lug 2007


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Edizione 155 del 20-07-2007

Lettera aperta


A proposito di Garibaldi liberale
di Riccardo Scarpa


Caro Direttore,
ora che sono tornato da una breve parentesi valdostana, posso guardarmi in pace i vecchi numeri de l’Opinione (sono recenti ma, si sa, i quotidiani scadono prima delle bottiglie di latte), e mi intrattengo sulla prosa di Gilberto Oneto (l’Opinione 7 Luglio 2007), che lui certamente pensa mi riguardi. Non è vero, perché mi trattengo la catalogazione trai deamicisiani, ma restituisco, anzi gli rigiro la patente di cretino, che è tutta sua. Mi fregio, come di una decorazione, della inserzione tra gli emuli di Edmondo De Amicis perché intervengo sui giornali solo occasionalmente, ma ammiro i giornalisti, ed il suddetto fu grande giornalista e scrittore. È errato ricordarlo solo per “Cuore”, fu anche un cronista di viaggi, ad esempio. Leggete “Costantinopoli”, riproposto di recente dal Touring Club, e quindi non difficile da trovare, laddove descrive la diversità di caratteri ritraendo un greco ed un turco. Bisognerà attendere la psicologia dei popoli di Salvador de Madariaga per trovare indagini tanto pregnanti.

Certo, non ci si può aspettare questo da un soggetto che si definisca liberale e democratico, ma non si sente alla moda se non aggiunge “liberista”. Sono queste aggiunte che distinguono la moneta liberale falsa da quella vera. È un’insulsaggine dei tempi che un sedicente liberale senta bisogno di usare questo termine non solo riduzionista, ma potenzialmente illiberale. Infatti il mercato, ridotto a sé stesso, può generare, e lo fa il più delle volte, posizioni dominanti che tutto promuovono, tranne la libertà dell’individuo in società. Ebbene, un simile soggetto accusa d’illiberale Giuseppe Garibaldi perché dichiara d’aver partecipato all’Internazionale socialista sin dal periodo latino-americano, ma non dice che in quella stessa lettera i marxisti sono definiti “archimandriti del socialismo”, preti virginali dei loro dogmi, che definendo la proprietà privata un furto, deprivavano il socialismo delle sue potenzialità liberali, quale revoca in dubbio delle posizioni di dominio sociale che comprimono la libertà dell’individuo in società. Come i liberisti, gli archimandriti del libero mercato i quali pensano che le società umane tanto più tendano ad uno stato anarcoide di anomia tanto più siano libere.

Forse le società, nel loro assetto totalitario, lo sarebbero, ma gli individui, i soggetti empirici stritolati dalle logiche quantitative, “commerciali”, come le chiamava John Stuart Mill? Questa è una caricatura risibile, puerile e oltremodo sciocca del liberalismo, ben lontana dalla scienza sociale anche di un Friedrik Von Hayek, o di un Von Mises, oltre che d’un Rawls. Ma tant’è, che la dose di liberalismo presente in Garibaldi viene valutata, secondo la moda, in base all’adesione ai criteri formali e procedurali di un dato stereotipo, come se il liberalismo fosse una logica procedurale. Lasciamo questa insulsaggine all’anima di un Norberto Bobbio. Il liberalismo non è una procedura, ma un criterio sostanziale storicamente determinato. Dal punto di vista procedurale le logiche costituzionali degli Stati Uniti d’America settentrionale e quelle degli Stati Uniti del Messico sono pressoché identiche, ma è lo spirito riformato, il maggiore dinamismo sociale, la criticità dell’informazione che facevano della nordamericana una società più liberale della omologa indio-latina.

Dico facevano, perché oggi proprio un mutamento etico-politico e non procedurale priva un nord-america ridotto ad una sorta di Stato di polizia internazionale antiterrorista di qualunque attrattiva per un liberale. E così si torna a Garibaldi, alla moda di certo ideologismo, filocafone e neoborbonico, di contrabbandare per libertarie le insorgenze reazionarie, di vedere in quei bravi figli della Santa Fede e del Cardinale Ruffo i nonni dei teo-con, e questo forse è vero, ma anche in nonni e nipoti un qualcosa di liberale, e ciò sarebbe un’eresia se non fosse soltanto stupidità. Io dico, e lo sostengo, che non vi è stata opera più liberale della Dittatura di Giuseppe Garibaldi per avviare l’integrazione unitaria del mezzogiorno, e che ha fatto meglio all’Italia risorgimentale il decisionismo riformatore del garibaldino Francesco Crispi che l’inettitudine timida e tremebonda degli eredi di Cavour, come un Bettino Ricasoli che ha costruito, contro le idee del Conte sabaudo, un’Italia accentrata, per timore atavico del localismo genetico nella sua toscana. Anche allora troppi sedicenti liberali sono stati un disastro, ma l’esistenza di mentalità come quella di Gilberto Oneto dimostrano che l’opera volonterosa dei Garibaldi e dei Crispi è stata, disgraziatamente, incompiuta. Per questo ho sempre sostenuto, sulla scorta di un Mario Alberini, storico presidente del Movimento Federalista Europeo, che a torto Piero Gobetti parla di Risorgimento tradito: meglio sarebbe parlare di Risorgimento incompiuto.

Edited by pincopallino2 - 20/5/2019, 18:00
 
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