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Garibaldi anticlericale, Il mito inossidabile del più grande eroe che l'Italia abbia avuto

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GalileoGalilei
view post Posted on 2/7/2007, 22:11 by: GalileoGalilei
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Viva Garibaldi: A 200 anni dalla sua nascita, l’Italia festeggia il padre della patria
Scritto da Francesco Persili
Monday 02 July 2007
Eroe dei Due Mondi e avventuriero solitario. Mito romantico e protagonista di prima fila del nostro Risorgimento. Padre della patria e icona nazionalpopolare. Nato il 4 luglio di 200 anni fa Giuseppe Garibaldi ha fatto (con altri) l’Unità d’Italia e riesce ancora ad unire un Paese diviso su tutto. Libri, mostre, convegni, giri ciclistici e crociere turistiche (dall’Uruguay a Caprera), iniziative istituzionali (musei gratis e un francobollo celebrativo), sfilate in costume, commemorazioni in Senato (con le massime cariche dello Stato) e nelle Università, una festa popolare nelle piazze di Roma (e di altre città), tra eventi e kermesse non c’è che da scegliere per celebrare la figura e le grandi gesta del marinaio nizzardo, simbolo e maschera della nostra Storia moderna.
Viva Garibaldi. Generale del popolo (Sandro Pertini), riferimento di prima grandezza nella cultura politica del Paese, ”padre indiscusso dell’Italia - come ha rilevato il sottosegretario Andrea Marcucci, presidente del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Bicentenario della nascita– e patrimonio di tutti gli italiani”.
Figlio di un capitano di cabotaggio, Giuseppe Garibaldi è stata una vita tempestosa, sempre in fuga tra mari e oceani, Alpi, campagne e paludi. Un fuoco di protesta che diventa impegno di lotta. Furia, ebbrezza. Energia da mettere al servizio di un ideale. Repubblicano, democratico, cosmopolita. Nella vulgata risorgimentale se Mazzini è stato il campione dell’apostolato laico, e Cavour il fine tessitore di una rete di alleanze e compromessi, Garibaldi ha incarnato le ragioni del movimento e dell’azione. E’ stata la spada combattente in difesa della libertà dei popoli oppressi in Sudamerica (con i repubblicani in Brasile e in Uruguay), in Europa, in Italia. Uomo di campo audace e intraprendente, tenace e carismatico, trascinò i suoi uomini con la gagliardia e con l’esempio e smentì l’antico detto che gli italiani non si battono. Tanto amato dai suoi seguaci quanto temuto dagli avversari, assecondò la strategia indipendentista attizzando i furori insurrezionali e conferendo nuova dignità alla tradizione del volontarismo. Le guerre d’Indipendenza, le battaglie contro gli austriaci e i francesi, la difesa della Repubblica Romana, la vittoria di Bezzecca e le imprese alla guida dei ”Cacciatori delle Alpi”, la spedizione dei Mille, l’Aspromonte, l’incontro di Teano, tutti i capitoli fondamentali del nostro Risorgimento sono autenticati dal coraggio e dalla capacità militare del Nizzardo. Garibaldi è stato l’orgoglio e la passione, la tensione morale e la fiducia nel futuro della giovane Italia. L’entusiasmo vibrante e l’irruenza sentimentale di quei ragazzi in camicia rossa. La scelta e la casualità, la suggestione e la temerarietà di quelle donne e quegli uomini che si sono battuti a sprezzo della vita a Milazzo e a Calatafimi. L’eroismo di chi è andato a morire ”senza curarsi che qualcuno lo scrivesse” (Winston Churcill). La consapevolezza grande e tremenda di una sfida assoluta dentro quella frase senza vie di uscita: ”Qui si fa l’Italia o si muore”. L’ epica mediterranea e soleggiata dei Mille. L’epopea colorata di una armata brancaleone divenuta truppa di assalto, forza di liberazione, e, in seguito, spregiudicata operazione mediatica di co-marketing politico grazie alle opere che artisti, poeti, letterati, reporter di guerra attivi sul campo dedicarono all’impresa.
Indro Montanelli descrive Garibaldi come ”semplice, modesto, senza cupidigia di potere”. L’iconografia tradizionale ce lo consegna irrelato nell’austerità contadina di quel ritratto barba lunga e poncho che ben si attaglia al maledettismo nomade dell’Eroe romantico. Circonfuso da un aura di leggenda e di titanismo, Garibaldi è stato figlio del suo tempo. Affascinante, ribelle, irregolare, di animo gentile e di profonda umanità, ha amato, è stato riamato. Ha conquistato il cuore di molte donne ed è stato il desiderio proibito di altrettante dame. Ha mostrato disinteresse personale per il potere e una forte radice di idealismo. La lotta alle ingiustizie, le battaglie contro le forze del dispotismo e del passato sono diventate le stelle polari della sua azione politica, le parole d’ordine di un socialismo universalistico. Ateo, anticlericale, inventore della ”guerra di corsa”, Garibaldi non è sfuggito al tentativo di certa pubblicistica di farne una specie di guerrigliero visionario, un sognatore rivoluzionario, una specie di Che Guevara in sedicesimo. Vero è che lo storico Eric J. Hobsbawn lo definisce ”un autentico liberatore di popolo”. Ma Garibaldi è anche il generale della formula “Italia e Vittorio Emanuele” (che tra l’altro gli valse la rottura con Mazzini), è quello che davanti ad un ordine del re, rispose: ”Obbedisco”. Al netto di una visione politica che sconta secondo molti critici la mancanza di una strategia di prospettiva, l’Eroe dei Due Mondi rimane un uomo di azione e decisione disposto a sacrificare interessi personali, particolarismi opachi e rendite di posizione per non perdere di vista bene comune e concordia. Costruttore dell’unità d’Italia, Garibaldi da deputato del regno lavorò per riaffermare ed estendere i diritti popolari compressi nei limiti autoritari posti dallo Stato unitario. Cittadino del mondo, divenne il portabandiera del valore universale della democrazia. Partecipò alla difesa della Francia Repubblicana nel 1871 e si impegnò nella difesa dei diritti civili e sociali dei più deboli. Guardò con simpatia alla ”Comune” di Parigi, perchè vide in nuce in quella battaglia di popolo l’esaltazione degli ideali di giustizia e libertà che permeavano la sua idea di socialismo. Conosceva il lavoro e la sofferenza e prima di ritirarsi a Caprera decise di dare il suo appoggio alla prima Internazionale.

Bandiera contro l’oppressione, leggenda internazionale, eroe del nostro Risorgimento, Giuseppe Garibaldi è un manifesto globale, oggetto di culto e fenomeno da merchandising, anche se il suo nome non è sfuggito al libro nero della maldicenza. Lo studioso Antonio Pagano nel suo ultimo libro (Due Sicilie, 1830/1880) lo definisce ”mercante di schiavi”. Del resto anche tra le famiglie reali non godeva di grandi simpatie. La regina Vittoria lo considerava ”un poco di buono”, Vittorio Emanuele II addirittura esprimeva tutto il suo stupore nel trovarsi di fronte ”un personaggio niente affatto docile, né onesto come viene descritto, e con un talento militare ”modesto”. Salvo qualche ammaccatura, il mito di Garibaldi rimane intatto. Ha resistito al logorio dei tempi moderni, all’unanimismo di facciata, agli spregiudicati tentativi di appropriazione ideologica. Da Mussolini agli antifascisti (che lo elessero padre dell’Italia democratica repubblicana), dalla resistenza partigiana ai repubblichini di Salò, dal Fronte Popolare che alle elezioni del 1948 scelse come logo la testa di Garibaldi (a cui i cattolici risposero con un contro-manifesto in cui Garibaldi veniva raffigurato con le sembianze di Stalin), fino alle dichiarazioni di ”orgoglio garibaldino” di Spadolini, Craxi e Pertini, tutti hanno tirato l’Eroe dei Due Mondi per il poncho. Protagonista attivo dell’unità d’Italia e specchio delle divisioni dell’Italia unita, venerato maestro della religione repubblicana e santino laico, Giuseppe Garibaldi è un modello di tensione morale e coraggio civile che continua ad essere fonte di ispirazione e insegnamento per la democrazia. E’ un patrimonio di valori, una radice forte di libertà corsara e amore patriottardo. Senso dello Stato e spirito di lotta. La testimonianza ideale e la voglia di battersi contro ogni ingiustizia. Garibaldi è una scritta, una canzone, una bandiera. Garibaldi è un monumento, una strada, una piazza, una via. Garibaldi è un papà, quel modo un po’ sgangherato ma responsabile di fare le cose. Con il cuore, in allegria, senza paura. Garibaldi è l’Italia.

 
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