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Don Lodeserto condannato per sequestro di persona, violenza privata, calunnia, Libero dopo 2 anni di affidamento in prova, fugge in Moldavia. Doveva scontare 5 anni e 4 mesi ma se l'è cavata con l'indulto

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GalileoGalilei
view post Posted on 28/10/2011, 19:19 by: GalileoGalilei
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REGINA PACIS
"Intascò 9 milioni di euro
condannate Don Cesare"


In appello la procura torna a chiedere quattro anni e 6 mesi per Lodeserto per i fondi pubblici destinati al Centro di accoglienza di San Foca finiti sui conti del prete

di CHIARA SPAGNOLO La Procura di Lecce tenta per l'ultima volta di ottenere la condanna di Don Cesare Lodeserto, accusandolo di aver distratto circa 9 miliardi delle vecchie lire destinati al Centro di accoglienza Regina Pacis di San Foca. A undici anni dalla realizzazione dei presunti illeciti, e a cinque dalla sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Lecce, il sostituto procuratore Imerio Tramis, che imbastì una delle numerose indagini sulla struttura per i migranti e incassò la bocciatura dai giudici di primo grado, ha lasciato per un giorno il Tribunale dei minori in cui presta servizio ormai da qualche anno per vestire i panni del sostituto procuratore generale e tentare personalmente l'affondo finale. Alla Corte d'Appello il magistrato ha chiesto di rivedere "una sentenza di primo grado sbagliata" e condannare Don Cesare a 4 anni e 6 mesi di reclusione.

Troppo grave, a detta del magistrato, il comportamento del prelato, all'epoca dei fatti direttore della grande struttura che accoglieva i disperati che sbarcavano quotidianamente sulla costa salentina. Per consentire la sopravvivenza del Regina Pacis e la cura dei migranti, infatti, la Prefettura di Lecce stipulò una convenzione con la Onlus Arcidiocesi di Lecce, soggetto senza fine di lucro creato proprio al fine di gestire il denaro destinato all'accoglienza. Di quei soldi che piovevano sul Centro, disse però Tramis, molti in realtà finirono sui conti privati di Don Cesare e dei suoi amici. Dal 1998 al 2000, fu calcolato dagli investigatori, la Onlus avrebbe ricevuto oltre
9 miliardi delle vecchie lire direttamente dallo Stato, più altre centinaia di milioni da altri soggetti, quali il Consiglio italiano dei rifugiati, la Conferenza episcopale, la Provincia di Lecce, il Comune di Melendugno. E poi, ancora, la Presidenza del Consiglio, il Comune di Lecce, la Banca d'Italia, l'Enel, la Curia di Lucca. E se tanti soldi arrivavano, disse l'accusa, altrettanti ne uscivano dal conto dell'associazione che gestiva il centro, grazie ai magheggi di Don Cesare e dei suoi aiutanti.

Non a caso nel procedimento finì anche Renato Lodeserto, incaricato della redazione della contabilità del Centro oggi deceduto. I due omonimi, secondo la Procura, imbastirono una serie di artifici contabili riportando nei rendiconti annuali della Onlus Arcidiocesi di Lecce indicazioni contabili fittizie, in realtà finalizzate ad occultare operazioni di addebito sul conto corrente personale del direttore e di altre persone a lui vicine. Il denaro, per dirla in altre parole, sarebbe comparso nel rendiconto dell'associazione e poi scomparso grazie a prelevamenti che in teoria erano finalizzati a garantire l'accoglienza e in pratica ad ingrossare i forzieri di Don Cesare. O almeno così disse la Procura di Lecce. Portando, a sostegno della propria tesi, anche una serie di verifiche bancarie, dalle quali si evincevano i versamenti di centinaia di milioni, fatti nel periodo incriminato al direttore del Regina Pacis e ad altre persone, tra le quali l'allora arcivescovo di Lecce monsignor Francesco Ruppi, di cui Don Cesare fu per lungo tempo segretario personale, e la stessa Arcidiocesi salentina. Le accuse, però, non convinsero i giudici.

Il Tribunale presieduto da Giacomo Conte, infatti, il 13 marzo 2006 decretò l'assoluzione di Don Cesare e del suo presunto complice, ritenendo che nella convenzione tra la Prefettura e la Onlus mancava una clausola che vincolasse "il denaro corrisposto dalla Prefettura ad una particolare finalità" e che nelle clausole contrattuali non emergeva alcun obbligo "di restituire il residuo di gestione". Un'interpretazione contestata dalla Procura davanti alla Corte di Cassazione e poi, di nuovo, davanti alla Corte d'appello. Al suo cospetto il difensore di Don Cesare, avvocato Federico Massa, ha invece riproposto, passo dopo passo, tutte le questioni che hanno portato all'assoluzione al termine del processo di primo grado e a due pronunce sfavorevoli all'accusa da parte del Tribunale del Riesame. Il sostituto pg Imerio Tramis, però, non molla. E ha già annunciato la volontà di replicare alle tesi difensive nella prossima udienza. Perché, a suo dire, tutti quei soldi destinati ai migranti, sui conti di Don Cesare, non ci dovevano proprio finire.

(28 ottobre 2011)


http://bari.repubblica.it/cronaca/2011/10/...pacis-24056082/
 
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