Laici Libertari Anticlericali Forum

Le lobby "affaristica, pedofila e omosessuale" del Patriarcato di Venezia: spretato don D'Antiga, prete milionario, Il sacerdote ed i volantini anonimi. Mano dura del Vaticano contro il prete con 20 proprietà ed un lascito milionario

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view post Posted on 31/1/2019, 13:34

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Chissà se al patriarca verrà voglia pure di indagare sui preti della sua diocesi

Giubileo-lomelia-del-Patriarca-Francesco-Moraglia-allapertura-della-Porta-Santa

https://corrieredelveneto.corriere.it/vene...8b280ce17.shtml

Venezia. Volantini accusano i preti: «Omosessuali e pedofili».
3 ore fa - VENEZIA Sul portone della chiesa di San Zulian, per «avvertire» i fedeli, ma anche sui muri, sulle saracinesche e sugli angoli delle calli, per raggiungere tutti i

www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/3...nciamo/4937770/

Venezia, volantini anonimi in piazza San Marco: preti accusati di pedofilia, chiesa di essere omertosa. Curia: “Denunciamo”
La Curia, attraverso il settimanale Gente Veneta, ha smentito il contenuto dei messaggi, annunciando che della questione è stata informata la procura e che si procederà a una "denuncia-querela per diffamazione contro ignoti al fine di contrastare nel modo più fermo tale atto denigratorio”

di Giuseppe Pietrobelli | 31 Gennaio 2019

7
Più informazioni su: Curia, Pedofilia, San Marco, Venezia
Ai tempi della Serenissima le denunce anonime venivano infilate nelle boche de leon, situate un po’ ovunque, ma in particolare a Palazzo Ducale, ed erano dirette alla magistratura veneziana. Oggi qualcuno ha pensato di farlo a suo modo, affiggendo volantini nell’area di San Marco e davanti alle chiese, per accusare alcuni sacerdoti di comportamenti personali scostumati, se non addirittura di pedofilia. E per accusare il Patriarca, Francesco Moraglia, di voler tollerare tutto questo. Scandalo a Venezia e attorno alla Curia che nell’ultimo secolo ha dato alla Chiesa tre papi, Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I. La premessa, probabilmente, è il piano della ristrutturazione delle parrocchie in centro storico, per far fronte anche alla carenza di sacerdoti. Un mese fa un gruppo di parrocchiani ha manifestato sotto le finestre di Moraglia, chiedendogli di rivedere la decisione di spostare don Massimiliano d’Antiga, parroco di San Salvador e San Zulian, a San Marco.

Ma l’attacco diretto al Patriarca si è consumato con l’affissione dei volantini diffamatori. “Basta scandalose protezioni, basta pavidi timori” è il titolo. La firma è, invece, “La verità vi rende liberi”. Nel testo è scritto: “È deplorevole la prassi di certe gerarchie ecclesiastiche di celare in modo palesemente omertoso i misfatti di preti, consentendo loro di fare danni e compiere gravi reati quali pedofilia e reiterare condotte irrispettose del ruolo e dei fedeli”. Vengono riportati anche i nomi di cinque sacerdoti che si sarebbero macchiati di comportamenti “deprecabili”, in quanto non rispettosi dell’abito talare che indossano e del vincolo della castità. Poi l’accusa al patriarca di non voler intervenire nella vicenda, anzi di volerla coprire. Monsignor Moraglia ha informato la Procura della Repubblica, consegnando ai carabinieri copia dei volantini.

La Curia, attraverso il settimanale Gente Veneta, ha diffuso una dichiarazione: “Nelle ultime ore sono comparsi a Venezia – affissi sulla porta della chiesa di San Zulian e nei dintorni – volantini anonimi il cui contenuto è altamente lesivo della reputazione dei soggetti coinvolti, con affermazioni gravemente diffamatorie e destituite di ogni fondamento nei confronti del Patriarca di Venezia e altresì gravemente offensive della reputazione di sacerdoti esplicitamente indicati con nome e cognome. Il fatto è stato prontamente segnalato alla Procura della Repubblica di Venezia. Il Patriarcato di Venezia intende procedere con denuncia–querela per diffamazione contro ignoti al fine di contrastare nel modo più fermo tale atto denigratorio”. In questa vicenda già esplosiva, si inserisce anche il professor Alessandro Tamborini, un cinquantenne docente di Scienze religiose, parrocchiano di San Salvador, autore in passato di proteste e volantinaggi.

Fu lui a rifiutarsi di togliersi le scarpe quando entrò in una moschea ricostruita alla Biennale di Venezia. E in numerosi scritti ha accusato la Curia veneziana di proteggere l’Islam e di trasformare le chiese in lucrosi affari. Lo ha fatto firmandosi “Plenipotenziario, Responsabile Nazionale di Forza Nuova per le politiche di tutela e promozione del patrimonio culturale ed artistico”. Tamborini ha scritto ai giornali per dire che lui non c’entra con i volantini anonimi. “Sono fuori Venezia da diversi giorni e non farò rientro che sabato 2 febbraio. È indubbio il palese tentativo di attribuire a chi scrive l’affissione dei volantini utilizzando linguaggi e parole riferite ad altri comunicati stampa e/o articoli pubblicati dallo scrivente”. E conclude: “Io ho la consuetudine di denunciare, scrivere, pubblicare, esponendomi in prima persona”.

Edited by pincopallino1 - 28/12/2020, 21:21
 
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view post Posted on 31/1/2019, 13:36

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Chissà se al patriarca verrà voglia pure di indagare sui preti della sua diocesi

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Venezia. Volantini accusano i preti: «Omosessuali e pedofili».
3 ore fa - VENEZIA Sul portone della chiesa di San Zulian, per «avvertire» i fedeli, ma anche sui muri, sulle saracinesche e sugli angoli delle calli, per raggiungere tutti i

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Venezia, volantini anonimi in piazza San Marco: preti accusati di pedofilia, chiesa di essere omertosa. Curia: “Denunciamo”
La Curia, attraverso il settimanale Gente Veneta, ha smentito il contenuto dei messaggi, annunciando che della questione è stata informata la procura e che si procederà a una "denuncia-querela per diffamazione contro ignoti al fine di contrastare nel modo più fermo tale atto denigratorio”

di Giuseppe Pietrobelli | 31 Gennaio 2019

Ai tempi della Serenissima le denunce anonime venivano infilate nelle boche de leon, situate un po’ ovunque, ma in particolare a Palazzo Ducale, ed erano dirette alla magistratura veneziana. Oggi qualcuno ha pensato di farlo a suo modo, affiggendo volantini nell’area di San Marco e davanti alle chiese, per accusare alcuni sacerdoti di comportamenti personali scostumati, se non addirittura di pedofilia. E per accusare il Patriarca, Francesco Moraglia, di voler tollerare tutto questo. Scandalo a Venezia e attorno alla Curia che nell’ultimo secolo ha dato alla Chiesa tre papi, Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I. La premessa, probabilmente, è il piano della ristrutturazione delle parrocchie in centro storico, per far fronte anche alla carenza di sacerdoti. Un mese fa un gruppo di parrocchiani ha manifestato sotto le finestre di Moraglia, chiedendogli di rivedere la decisione di spostare don Massimiliano d’Antiga, parroco di San Salvador e San Zulian, a San Marco.

Ma l’attacco diretto al Patriarca si è consumato con l’affissione dei volantini diffamatori. “Basta scandalose protezioni, basta pavidi timori” è il titolo. La firma è, invece, “La verità vi rende liberi”. Nel testo è scritto: “È deplorevole la prassi di certe gerarchie ecclesiastiche di celare in modo palesemente omertoso i misfatti di preti, consentendo loro di fare danni e compiere gravi reati quali pedofilia e reiterare condotte irrispettose del ruolo e dei fedeli”. Vengono riportati anche i nomi di cinque sacerdoti che si sarebbero macchiati di comportamenti “deprecabili”, in quanto non rispettosi dell’abito talare che indossano e del vincolo della castità. Poi l’accusa al patriarca di non voler intervenire nella vicenda, anzi di volerla coprire. Monsignor Moraglia ha informato la Procura della Repubblica, consegnando ai carabinieri copia dei volantini.

La Curia, attraverso il settimanale Gente Veneta, ha diffuso una dichiarazione: “Nelle ultime ore sono comparsi a Venezia – affissi sulla porta della chiesa di San Zulian e nei dintorni – volantini anonimi il cui contenuto è altamente lesivo della reputazione dei soggetti coinvolti, con affermazioni gravemente diffamatorie e destituite di ogni fondamento nei confronti del Patriarca di Venezia e altresì gravemente offensive della reputazione di sacerdoti esplicitamente indicati con nome e cognome. Il fatto è stato prontamente segnalato alla Procura della Repubblica di Venezia. Il Patriarcato di Venezia intende procedere con denuncia–querela per diffamazione contro ignoti al fine di contrastare nel modo più fermo tale atto denigratorio”. In questa vicenda già esplosiva, si inserisce anche il professor Alessandro Tamborini, un cinquantenne docente di Scienze religiose, parrocchiano di San Salvador, autore in passato di proteste e volantinaggi.

Fu lui a rifiutarsi di togliersi le scarpe quando entrò in una moschea ricostruita alla Biennale di Venezia. E in numerosi scritti ha accusato la Curia veneziana di proteggere l’Islam e di trasformare le chiese in lucrosi affari. Lo ha fatto firmandosi “Plenipotenziario, Responsabile Nazionale di Forza Nuova per le politiche di tutela e promozione del patrimonio culturale ed artistico”. Tamborini ha scritto ai giornali per dire che lui non c’entra con i volantini anonimi. “Sono fuori Venezia da diversi giorni e non farò rientro che sabato 2 febbraio. È indubbio il palese tentativo di attribuire a chi scrive l’affissione dei volantini utilizzando linguaggi e parole riferite ad altri comunicati stampa e/o articoli pubblicati dallo scrivente”. E conclude: “Io ho la consuetudine di denunciare, scrivere, pubblicare, esponendomi in prima persona”.

Edited by pincopallino1 - 2/6/2020, 09:44
 
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Manovre e intrighi: nuovi volantini e accuse alla Curia veneziana
PER APPROFONDIRE: accuse, curia, moraglia, venezia, volantini
Manovre e intrighi: nuovi volantini e accuse alla Curia veneziana
di Daniela Ghio

VENEZIA - Non si ferma l'attacco alla Curia veneziana. Mani ignote nella notte di mercoledì hanno affisso nuovi volantini ancora una volta nelle zone di San Zulian, San Salvador, San Lio, Santa Maria Formosa e San Moisè contro il patriarca Francesco Moraglia e Alessandro Tamborini, il primo accusatore dei comportamenti dell'ex parroco di San Salvador e San Zulian. Una polemica nei confronti della Chiesa locale, spesso anonima, divampata quando don Massiliano D'Antigua lo scorso dicembre ha contestato la riorganizzazione delle parrocchie dell'area marciana, rifiutando il suo trasferimento nella basilica di San Marco e ritirandosi provvisoriamente a vita privata. Nel nuovo volantino vengono descritti le presunte iniziative che monsignor Moraglia starebbe mettendo in atto per

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/0...raglia/4940544/

Venezia, la chiesa bersagliata da un “corvo”: ora spuntano volantini con accuse al patriarca Moraglia
Venezia, la chiesa bersagliata da un “corvo”: ora spuntano volantini con accuse al patriarca Moraglia
opo la prima raffica di manifestini affissi davanti alle chiese nell'area di San Marco, contenenti i nomi di cinque sacerdoti per asseriti comportamenti personali riprovevoli e presunte omissioni da parte di Moraglia, ne sono apparsi altri, questa volta, sono mirati contro i tentativi del vescovo di farsi nominare cardinale. Compare anche il nome del professore Alessandro Tamborini, il docente di Scienze Religiose, vicino alle posizioni di Forza Nuova, di cui si definisce “plenipotenziario”

di Giuseppe Pietrobelli | 1 Febbraio 2019

1
Più informazioni su: Chiesa, Venezia
Adesso c’è la conferma che la Chiesa veneziana è bersagliata da un “corvo”. Ovvero, da qualcuno che ne conosce la realtà dall’interno e che ha deciso di seminare veleni non solo contro i sacerdoti, ma anche contro il patriarca Francesco Moraglia. Dopo la prima raffica di manifestini affissi davanti alle chiese nell’area di San Marco, contenenti i nomi di cinque sacerdoti per asseriti comportamenti personali riprovevoli e presunte omissioni da parte di Moraglia, ne sono apparsi altri, questa volta, sono mirati contro i tentativi del vescovo di farsi nominare cardinale. La modalità è identica, perchè sono stati trovati in tutta l’area Marciana, da San Zulian a San Salvador, da San Lio, a Santa Maria Formosa e San Moisè. Cambia la firma, che da “La verità vi rende liberi”, diventa quella di un fantomatico “Il povero Fra. Tino”. In questo secondo caso viene citato anche il professore Alessandro Tamborini, il docente di Scienze Religiose, vicino alle posizioni di Forza Nuova, di cui si definisce “plenipotenziario”, autore in passato di attacchi (pubblici e non anonimi) alla gestione della chiesa veneziana.

Che sia una persona bene informata quella che scrive, lo dimostrano i fatti riportati. Secondo l’estensore, monsignor Moraglia cercherebbe appoggi in Vaticano per farsi nominare cardinale. Quando nel 2012 lasciò La Spezia per Venezia, infatti, rimase semplice vescovo, anche se nella tradizione il Patriarca di Venezia era sempre un cardinale. Si spiegano così le elezioni a pontefici di tre predecessori di Moraglia, Pio X (Giuseppe Sarto, papa dal 1903 al 1914), Giovanni XXIII (Angelo Roncalli, 1968-1963) e Giovanni Paolo I (Albino Luciani, 1978). Dopo sei anni, quindi, Moraglia (ha 65 anni, potrebbe entrare in Conclave fino all’80.esimo anno di età) ambisce alla porpora.

L’anonimo racconta che, tornando a Venezia dopo una riunione del Consiglio permanente della Cei, il patriarca avrebbe promosso alcuni incontri nel corso dei quali “ha voluto precisare che serve massima attenzione ed unità interna per non fallire il prossimo (auspicabile) riconoscimento della porpora”. Moraglia in quelle occasioni avrebbe parlato “con preoccupazione dei timori del cardinale Walter Kasper sugli attacchi a Papa Francesco e ha ammonito tutti e ciascuno sulla necessità di prendere le massime distanze da chiunque attacchi il Papa. Perché non vuole essere coinvolto in queste diatribe a nessun titolo e per nessun motivo. Proprio in questo momento che per lui è basilare”.

Il patriarca aveva poi chiesto a tutti i sarcerdoti e monsignori di mantenere comportamenti cristallini, per difendere l’immagine e il buon nome della diocesi. Il commento apparso sui volantini è molto duro. “Ma non si accorge dei problemi esistenti? Le chiese vengono chiuse e il gregge dei fedeli viene disperso. Dai buoni pastori? Ha tenuto con tutti a sottolineare che è lui a comandare e che tutti debbono ubbidire. Ora più che mai. Mi domando se è davvero convinto di quello che dice o riesce a celare dietro la sua sicurezza tutti i dubbi che dovrebbe avere”. La chiusa del “povero Fra.Tino” è sibillina “Io da tutto ciò, per il breve tempo che rimarrò ancora da queste parti, osservo, medito e tremo per l’edificio ecclesiale”. Una quarantina di sacerdoti hanno sottoscritto una lettera in difesa del Patriarca e dei cinque preti accusati di comportamenti sessuali non in linea con il voto di castità, da “un vile atto di diffamazione che, con la violenza di un volantino non firmato e pieno di accuse infamanti, colpisce insieme a voi noi tutti”.

https://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cr...arca-1.17710018

Venezia, secondo volantino anonimo: nuove accuse contro il Patriarca

Lo scritto firmato Fra.Tino accusa il presule di non accorgersi di cosa accade e sembra dettato da uno che conosce bene le dinamiche interne alla diocesi

Enrico Tantucci
31 GENNAIO 2019
8
VENEZIA. Attacco al Patriarcato capitolo secondo. Martedì era apparso in vari punti della città, partendo dalla chiesa di San Zulian un volantino anonimo che al titolo «Basta scandalose protezioni, basta pavidi timori», accusa va pesantemente il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia di tollerare i comportamenti sconvenienti (si parlava in particolare di pedofilia e omosessualità) di cinque sacerdoti della Diocesi veneziana, facendone nomi e cognomi. Durissima la reazione del Patriarcato, che aveva presentato in Procura una denuncia per diffamazione aggravata versi ignoti e emesso un comunicato in cui dichiarava «destituite di ogni fondamento» le accuse mosse al Patriarca e ai sacerdoti coinvolti nello scritto.

Mentre sono già scattate le indagini dei carabinieri di Venezia rivolte in particolare verso chi ha comunque una conoscenza non superficiale del Patriarcato, mercoledì è apparso un secondo volantino di fatto anonimo, in questo caso firmato «Il povero Fra.Tino».


In questo secondo scritto il bersaglio è ancora più esplicitamente il Patriarca Moraglia, anche in relazione alla tormentata vicenda della rimozione di don Massimiliano d’Antiga dalla guida delle chiese di San Zulian e San Salvador, anche in seguito alle denunce pubbliche apparse in altri volantini, questa volta attribuiti al movimento di estrema destra Forza Nuova e in particolare al dottor Alessandro Tamborini, che da tempo aveva condotto una «battaglia» nei confronti del sacerdote, attaccandolo per la gestione disinvolta amministrativa con il coinvolgimento dei familiari nell’amministrazione delle due parrocchie.
Nel nuovo volantino si parla tra l’altro di «riuscito» azzeramento di don d’Antiga, ipotizzando una corrispondenza diretta tra la rimozione del sacerdote decisa dal Patriarca e le denunce di Tamborini, da cui poi Moraglia avrebbe preso le distanze anche per il suo profilo politico e alcuni precedenti penali. E accusando ancora una volta Moraglia di non controllare lo stile di vita dei membri della Diocesi veneziana.«Ho già presentato denuncia per diffamazione» commenta Tamborini «per questo volantino come per il precedente dichiarando anche la mia estraneità a fatti e circostanze che non mi appartengono per forma e condotta. Credo che piuttosto per individuare l’autore di questi volantini diffamatori, andrebbero svolte piuttosto indagini nell’ambito dello stesso don d’Antiga, che ha reagito duramente alla sua rimozione che non è stata decisa da Moraglia, ma direttamente dalla Nunziatura Apostolica del Vaticano, dato che il giorno prima dell’emissione dei suoi provvedimenti, il patriarca Moraglia si trovava a Roma per l’inaugurazione del presepe di sabbia di Jesolo. Mi sembra chiaro che questi volantini anonimi» redatti da persone bene informate delle problematiche e delle situazioni del Patriarcato «abbiano come una valenza vendicativa, cercando di colpire oltre alla figura del Patriarca, anche quella di altri sacerdoti influenti della Diocesi veneziana. Chi può nutrire motivi di risentimento così forte verso il Patriarca e il suo ambito non può essere altri, secondo me, di chi ha motivo di nutrire verso di lui un forte risentimento personale. Si cerca, a questo scopo, anche di coinvolgermi in modo improprio». —

https://corrieredelveneto.corriere.it/vene...e91688e1b.shtml
LA VICENDA
Venezia. Moraglia, nuove accuse dal corvo: denunce e sit-in. Chiesa sotto assedio
Lettera di solidarietà dei sacerdoti. Don D’Antiga: io non c’entro, ma può peggiorare

https://www.ilgazzettino.it/pay/primopiano...so-4270390.html
Venerdì 1 Febbraio 2019, 00:00
«Io non c'entro, ma nessuno mi difese quando fui offeso»
L'INTERVISTAVENEZIA Un mese e mezzo dopo la sua eclatante uscita di scena, don Massimiliano D'Antiga, l'ex parroco di San Zulian, torna a farsi sentire. E lo fa esprimendo solidarietà «ai cinque confratelli tirati in ballo» dai volantini anonimi affissi proprio a San Zulian, ma togliendosi un sassolino dalla scarpa che ha tutto il sapore di un'altra bordata rivolta al patriarca Francesco Moraglia, con cui a dicembre, dopo il suo trasferimento in basilica di San Marco, era arrivato ai ferri corti.Don D'Antiga, qual è il suo primo commento...
 
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Sabato 6 Aprile 2019, 00:00
«Falsità»: Tamborini denuncia don D'Antiga e 20 sostenitori
IL CONFLITTOVENEZIA (d.gh) Non si arrestano le denunce e le querele tra le parti nella ormai lunga diatriba che vede protagonista don Massimiliano D'Antiga. Questa volta Alessandro Tamborini, più volte entrato in contrasto con D'Antiga, ha denunciato il sacerdote e 20 suoi sostenitori per falsa testimonianza. La denuncia è originata dalle dichiarazioni fatte dall'ex rettore di San Salvador e San Zulian ai carabinieri, supportate dalle lettere di 20 persone che denunciavano il turbamento della funzione religiosa del 4 ottobre 2017 da parte di...
 
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https://www.veneziatoday.it/attualita/don-...to-venezia.html

Don D'Antiga: il patriarcato dispone un procedimento canonico

Il patriarca apre un procedimento contro D'Antiga
«Dopo sofferta e ponderata valutazione dei fatti che in questi mesi hanno visto protagonista il sacerdote si è dovuto avviare un cammino di chiarimento ulteriore»

La redazione
05 maggio 2019 10:40

La notizia è stata diffusa dal Patriarcato di Venezia: «in merito alle vicende che hanno visto protagonista, nei mesi scorsi, don Massimiliano D'Antiga è stato disposto un percorso extragiudiziale canonico per giungere a una serena valutazione dei fatti». Il sacerdote dovrà comparire davanti a un collegio giudicante «secondo la prassi vigente e le istanze previste dal diritto, per un cammino di ulteriore discernimento, e per chiarire comportamenti ed eventuali responsabilità tutelando i diritti di tutti i soggetti interessati».

L'incontro
Il patriarca Francesco Moraglia lo ha deciso dopo aver incontrato don Massimiliano D’Antiga, presbitero del patriarcato di Venezia, alla presenza del vicario generale e del vicario per la pastorale, di terze persone, e dopo lo scambio epistolare intercorso. Per don D’Antiga era stato disposto il trasferimento da San Zulian e San Salvador a San Marco, ma egli si era opposto. Ne erano scaturite protese da parte di alcuni fedeli che avevano preso le difese del sacerdote.

Un «processo» canonico per il prete ribelle di Venezia
Don D’Antiga rifiuta il trasferimento, spalleggiato dai fedeli. Inutile, finora, la mediazione del Patriarca
Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)5 May 2019Giacomo Costa
VENEZIA Quando era stato spostato dalla parrocchia di San Zulian, alcuni i fedeli hanno sfilato in protesta sotto le finestre del Patriarcato per chiedere a monsignor Francesco Moraglia di ritornare sulla propria decisione. Ne erano seguite diverse ipotesi di risistemazione, dal ruolo di confessore a San Marco passando per un periodo di ritiro spirituale in monastero, tutte bocciate da don Massimiliano D’Antiga a cui ieri lo stesso patriarca ha notificato l’apertura di un «processo» canonico. La vicenda del sacerdote «ribelle» si trascina dalle ultime settimane del 2018, data del trasferimento imposto, ma affonda le sue radici molto prima: la famiglia del prete ha infatti in sospeso anche una serie di processi per minacce, e lo stesso don massimiliano è stato più volte accusato di approfittare dei lasciti dei suoi parrocchiani. Comunque sia per una voce che attacca il sacerdote, un’altra si ingrossa in sua difesa: D’Antiga, nelle parole dei suoi fedeli, ha saputo ridare nuova vita a San Zulian, rinnovando la chiesa e richiamando i parrocchiani; soprattutto ha fornito grande supporto a chi ha perso un figlio, formando un gruppo di sostegno che vede i suoi membri (in tutta Italia) pronti a raggiungere Venezia ad ogni messa che D’Antiga dedica loro. Adesso il patriarca Moraglia ha deciso di mettere un punto ad una situazione che continua a portare anche alla diffusione di lettere anonime contro la Chiesa di Venezia e alcuni preti accusati di comportamenti sessuali non idonei. Da una parte ci sono le forze dell’ordine ad indagare sulle vicende (le lettere tra le altre cose accusavano Moraglia di insabbiare casi di pedofilia) dall’altra il patriarca ha deciso di aprire un processo canonico per affrontare la questione del prete «ribelle» che in questi mesi ha rifiutato qualsiasi soluzione proposta. L’eco della vicenda è arrivata anche in Vaticano che ha invitato Moraglia a definire la situazione che riguarda D’Antiga. Ecco perche ieri il patriarca ha incontrato don Massimiliano per notificargli l’imminente processo, alla presenza del vicario generale e del vicario per la pastorale. L’Ufficio del patriarca specifica che la decisione di ricorrere al diritto canonico è arrivata in accordo con la Santa Sede e dopo «attenta, ampia e ponderata valutazione dei fatti degli ultimi cinque mesi». Già noti i nomi del giudice, il domenicano Bruno Esposito, e dei due «assessori» che lo affiancheranno, come previsto dal codice: saranno monsignor Davide Salvatori della Sacra Rota e monsignor Davide Cito, professore di Diritto all’università pontificia Santa Croce di Roma. «Si è dovuto provvedere ad avviare un cammino di ulteriore discernimento, disponendo un percorso extragiudiziale canonico, per giungere a una serena valutazione dei fatti, anche con il chiarimento di comportamenti ed eventuali responsabilità, tutelando i diritti di tutti i soggetti interessati», precisa il Patriarcato.
 
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Papa Francesco vuol mandar il card. Parolin a mettere mani nel sudiciume veneziano


Il patriarca di Venezia Moraglia

www.dagospia.com/rubrica-29/cronac...-suo-215434.htm

4 OTT 2019 12:10
PAROLIN DI TROPPO - MA E’ VERO CHE PAPA FRANCESCO VUOLE MANDARE IL SUO SEGRETARIO DI STATO, PIETRO PAROLIN, A FARE IL PATRIARCA DI VENEZIA? - “LA VERITÀ”: “LA CLAMOROSA INDISCREZIONE CIRCOLA SIA IN VATICANO SIA NELLA CEI. I PIÙ BENEVOLI SOSTENGONO CHE SIA STATO LO STESSO PAROLIN A IMPLORARE SUA SANTITÀ DI NON RINNOVARLO NEL GRAVOSO INCARICO. MA POTREBBE ESSERE UN MODO PER ORIENTARE IL PROSSIMO CONCLAVE..."

Massimo Franco è un giornalista bene informato. Ha cominciato la sua carriera ad Avvenire, il giornale dei vescovi. Questo spiega perché, pur utilizzandolo di norma come notista politico, il Corriere della Sera faccia commentare a lui i fatti più scottanti che riguardano la Chiesa. Ieri si è esibito con un documentato retroscena riguardante il nuovo scandalo scoppiato in Vaticano (in ballo ci sarebbero operazioni finanziarie illecite e 200 milioni di euro investiti a insaputa di papa Francesco su un edificio di lusso nel cuore di Londra).

L'articolo di Franco si concludeva così: «Quanto al segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, sembra che fosse all'oscuro di tutto, anche perché ha sempre preferito lasciare ad altri la gestione degli affari economici. Tra l'altro, sarebbe stato informato da papa Francesco soltanto a poche ore dal blitz: un dettaglio che conferma la scarsa comunicazione tra Francesco e il suo "primo ministro", e contribuisce ad alimentare le voci su un disagio crescente di Parolin».

Quello che Franco non sa (oppure sa ma non scrive) è il retroscena bomba che si nasconderebbe dietro questo «disagio crescente»: papa Bergoglio si appresterebbe a «degradare» il cardinale Parolin a semplice pastore d' anime, mandandolo come patriarca a Venezia.

La clamorosa indiscrezione circola con insistenza sia in Vaticano sia negli ambienti della Conferenza episcopale italiana. Difficile capire quali potrebbero essere i motivi all' origine della rottura del rapporto fra il Papa argentino e l' ex nunzio apostolico in Venezuela, cioè fra il numero uno e il numero due della Santa sede. I più benevoli sostengono che sia stato lo stesso Parolin a implorare Sua Santità di non rinnovarlo nel gravoso incarico affidatogli il 30 agosto 2013. Non è un mistero che il porporato stesso vada auspicando da tempo la sua destinazione alla cura delle anime, più che al disbrigo degli affari di Stato e delle incombenze della Curia romana.



parolin
PAROLIN

A favore della scelta di Venezia giocherebbero un fattore affettivo e uno sanitario.

Ada Miotti, la madre di Parolin, avrebbe espresso il desiderio di avere accanto il figlio almeno nel suo ultimo tratto di vita. La signora, ex maestra elementare, ha 92 anni e da qualche tempo ha lasciato Schiavon (Vicenza), dove ha sempre vissuto, per andare ad abitare in provincia di Verona presso una figlia coniugata. Da casa sua a Venezia sono appena 120 chilometri, contro gli oltre 500 che attualmente la separano dal figlio cardinale.



CARDINAL PAROLIN NARDELLA CARRAI AL FESTIVAL DELLE RELIGIONI
CARDINAL PAROLIN NARDELLA CARRAI AL FESTIVAL DELLE RELIGIONI

Il motivo sanitario si spiega con i postumi di un delicato intervento al pancreas che il porporato subì nella divisione di chirurgia epatobiliare dell' ospedale di Padova, diretta dal professor Umberto Cillo, proprio in coincidenza con la nomina a segretario di Stato, tanto che poté assumere l' incarico soltanto 45 giorni dopo. Le sue condizioni di salute gli precluderebbero ora di continuare a girare il mondo. Molto meglio risiedere vicino al primario che gli salvò la vita. E da Venezia a Padova sono appena 40 chilometri.



A meno che all' origine della retrocessione da segretario di Stato a patriarca non vi sia un disegno gesuitico, cioè machiavellico, di Bergoglio. È noto che nel curriculum di Parolin vi sono soltanto incarichi diplomatici.



Gli manca totalmente un' esperienza pastorale. Quella nella diocesi di Venezia lo renderebbe idoneo al papato in un futuro conclave. Di certo su di lui si appunterebbero gli sguardi dei cardinali elettori italiani nel caso in cui la loro scelta si orientasse, dopo tre pontefici stranieri, su un connazionale. E quale modo migliore per Francesco di continuare a governare anche da morto attraverso un proprio fedelissimo?

Insomma, un «promoveatur ut amoveatur» alla rovescia, che dal 1600, da quando esiste la figura del segretario di Stato, forse ha avuto un solo precedente alla fine del 1954, quando papa Pio XII nominò il pro segretario di Stato Giovanni Battista Montini arcivescovo di Milano (senza mai crearlo cardinale), anche se mantenne l' altro pro segretario di Stato, il cardinale Domenico Tardini, certo in un contesto totalmente diverso.

L' esito comunque fu analogo: Montini divenne pontefice cinque anni dopo con il nome di Paolo VI.

Ora il diplomatico Parolin sarebbe avviato a seguire le orme di Angelo Giuseppe Roncalli, che dopo le esperienze di nunziatura in Bulgaria, in Turchia e in Francia, entrò in conclave da patriarca di Venezia per uscirne papa con il nome di Giovanni XXIII. Ma sullo sfondo vi è anche una necessità ben più urgente, per papa Bergoglio. Venezia è da sempre sede cardinalizia e i fedeli dell' ex Serenissima non possono essere umiliati ancora a lungo lasciando al governo della diocesi un semplice vescovo.

Tanto più che l' attuale patriarca, Francesco Moraglia, è chiacchieratissimo per il modo in cui ha sin qui gestito la missione affidatagli. Ormai non si contano più le velenose insinuazioni spedite via mail ai giornali, ma propalate anche con avvisi affissi nottetempo in calli e campielli, che un anonimo Savonarola, il quale si firma «Fra Tino», scaglia contro «le due lobby che comandano nel patriarcato, quella affaristica e quella omosessuale».

Tanto da aver costretto il pastore della diocesi a sporgere denuncia in questura. Meglio correre ai ripari con un cambio della guardia, prima che la situazione degeneri.

L' ultima rivelazione riguarda un ordine per un set di paramenti liturgici che sarebbe giunto dal Vaticano mesi fa, a una sartoria dell' entroterra lagunare, per un' importante cerimonia «che si terrà in autunno». Quella del segretario di Stato retrocesso a patriarca?

Edited by pincopallino2 - 8/10/2019, 08:44
 
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Venezia, si stringe il cerchio sul corvo: «Sì, sono io. Ecco perché l’ho fatto»
Volantini contro il patriarca. Svolta nell’inchiesta
di Francesco Bottazzo

VENEZIAIl cerchio si stringe. «Siamo fiduciosi e ottimisti sull’operato della magistratura sull’identificazione di Fra.Tino», ha detto il Patriarcato parlando del «corvo» che nei mesi scorsi ha attaccato la Chiesa veneziana, all’indomani delle indiscrezioni (smentite dalla Curia) sul trasferimento del patriarca Francesco Moraglia e l’arrivo in Laguna del segretario di Stato Pietro Parolin.

L’indagine
Gli investigatori mantengono il riserbo sull’indagine ancora in corso, ma pare evidente che la svolta sia vicina. «Il malato va curato nel migliore dei modi, la Chiesa di Venezia è malata, ma nessuno se ne sta occupando». Per cinque volte ha attaccato oltre duecento volantini sui muri di calli e campielli con accuse sulla gestione economica e sulla vita sessuale di alcuni sacerdoti. Fra.tino (così si è sempre firmato) ha deciso di parlare e ha contattato ilCorriere del Veneto, chiedendo l’anonimato. «Voglio spiegare i motivi che ci hanno spinto a comportarci così». Usa il plurale, come se lui fosse solo uno dei tanti «corvi». «Nella situazione attuale veneziana non c’è solo un corvo, si sono ormai riprodotti, ce ne sono dieci o venti, tanto è alto lo scontento. Fossi individuato, ci sarebbe qualche altro che continuerebbe a pungolare la Curia e il patriarca».

La reazione di Curia e patriarcato
Che hanno subito reagito: «Le offese hanno fatto soffrire e ferito profondamente la nostra Chiesa e tutti coloro che veramente la amano e con generosità, si spendono per il Vangelo», è intervenuto in difesa il patriarca Francesco Moraglia accusato di tollerare i comportamenti dei suoi preti. Le denunce alle forze dell’ordine sono state immediate, tanti sono stati i manifesti appesi. La procura ha aperto un fascicolo, gli investigatori stanno indagando da mesi incrociando le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza. Perché la bufera, che lo stesso vescovo definisce «momento di grande sofferenza e prova», ha cominciato ad essere sempre più devastante. Qualcuno collega le indiscrezioni sull’arrivo di Parolin a Venezia proprio a questo, qualche altro parla invece di «promozione» del cardinale che vorrebbe tornare ad occuparsi della «cura delle anime».

L’avvio della diffusione dei volantini
Se gli si fa notare che probabilmente Papa Francesco non approverebbe il modo in cui il corvo sta combattendo la sua battaglia «per la moralità della Chiesa veneziana» risponde: «Può essere che questa volta gli scappi un sorriso». Tutto è partito nei giorni dell’allontanamento di don Massimiliano D’Antiga da parte del patriarca dalla chiesa di San Zulian, a due passi da San Marco, «ma don Massimiliano non c’entra niente, lui si è sempre detto contrario ai manifesti», dice. Nonostante lo spostamento sia stato traumatico, sia per il sacerdote sia per i fedeli (che hanno manifestato la propria contrarietà davanti al Patriarcato), poi sfociato in un processo canonico, ancora in corso. «Le chiese si svuotano, i fedeli si allontano, le prediche sono stantie e i comportamenti di alcuni preti sono contrari al Vangelo. Da tempo a due a due o in piccoli gruppi riflettiamo su questa deriva», aggiunge. Le accuse sono pesanti «ma dei singoli casi adesso non voglio parlare, il problema non è il corvo ma se le cose scritte sono vere». Precisa: «Un vescovo deve far crescere la fede coinvolgendo tutti i sacerdoti, se il presbitero non è visto come un suddito. Dovrebbe operare con amore e pazienza nei confronti di quei preti in difficoltà, ma anche prendere delle decisioni collegialmente in un territorio così diverso e complesso com’è la Diocesi di Venezia», l’attacco a Moraglia. «C’è sempre spazio per ravvedersi e modificare i comportamenti che se restano fuori controllo possono dare anche scandalo. Rivendichiamo con forza l’insegnamento del Vangelo con le parole e con l’esempio», l’invito ai preti. Nei mesi scorsi una quarantina di sacerdoti hanno sottoscritto una lettera in difesa del patriarca e degli amici nel mirino definendo i manifesti «un vile atto di diffamazione», «ma non si vuole diffamare nessuno, sono stati lanciati solo degli avvertimenti», reagisce il corvo. «La diffamazione fa male a tutti, a chi la fa e chi la subisce».

Le denunce alle forze dell’ordine
Le denunce di Moraglia alle forze dell’ordine hanno fatto il resto. «Ma io ho le prove, sono pronto a recarmi nelle sedi ecclesiali deputate a dimostrare quanto viene scritto, anche con testimoni». Perché non lo ha ancora fatto? Risponde: «Ho provato con varie persone, anche preti, ma si sono tutti dichiarati impotenti a seguire i nostri ragionamenti perché non si sentivano «coperti»». Si definisce «una persona che cerca di richiamare quello che è l’insegnamento del Papa su una Chiesa più umile e semplice». «Voglio fare da cassa di risonanza, se si vuole in modo sbagliato, ma penso che questo partecipi al rinnovamento di tutta la Chiesa veneziana».

7 ottobre 2019 (modifica il 7 ottobre 2019 | 10:23)
 
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www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/01/venezia-tra-accuse-e-veleni-continua-il-mistero-del-corvo-anti-curia-il-patriarca-identificati-gli-autori-una-mente-agisce-nellanonimato/5821279/amp/

Venezia, tra accuse e veleni continua il mistero del Corvo anti-curia. Il Patriarca: “Identificati gli autori? Una mente agisce nell’anonimato”

Dopo la diffusione dei nomi di due milanesi, sospettati di aver scritto e affisso vicino alle chiese del centro storico una serie di volantini che accusavano il clero di nefandezze e comportamenti personali depravati, monsignor Moraglia ha diffuso un comunicato in cui scrive: "Moralmente la colpa non è solo di chi ha materialmente agito, ma anche di chi sapendo non ha impedito". Poi fa il nome di un sacerdote ribelle
di Giuseppe Pietrobelli | 1 Giugno 2020


Il Corvo che volteggiava sopra il palazzo patriarcale di Venezia, da cui nel secolo scorso uscirono tre cardinali per diventare Papi, è noto. O per lo meno sono conosciuti da alcuni giorni i nomi di due milanesi, sospettati di aver scritto e affisso vicino alle chiese del centro storico una serie di volantini – firmati “Fra Tino” – che accusavano la Curia e il clero di nefandezze e comportamenti personali depravati. Si tratta di Enrico Di Giorgi, 75 anni, ex dirigente della Montedison al Petrolchimico di Marghera, e del tecnico informatico Gianluca Buoniconti di 45 anni. Sono stati ripresi mentre affiggevano i volantini nei pressi delle Chiese, sostenendo che il Patriarcato era una specie di Gomorra e per questo sono indagati per diffamazione. Ma non si conosce ancora di chi siano stati il braccio armato, chi sia il mandante di un piano che voleva infangare il Patriarca. Monsignor Francesco Moraglia, cristianamente, non accusa se non ha le prove. Eppure ha diffuso un comunicato molto eloquente in cui si domanda: “Quale mente può essere stata capace di tanto? Moralmente la colpa non è solo di chi ha materialmente agito, ma anche di chi sapendo non ha impedito, di chi ha scagliato la pietra e poi, per non essere implicato, ha nascosto la mano”. Poi parla di “un unico disegno che porta la chiara firma di chi agisce nell’anonimato e nell’ombra”.

Più che un’allusione, è una conferma. La prima parte della dichiarazione pubblica, infatti, è un j’accuse nei confronti d don Massimiliano D’Antiga, il sacerdote che nel dicembre 2018 fu allontanato dalle parrocchie di San Zulian e San Salvador e destinato alla Basilica di San Marco. Veniva messo sotto l’ala del Patriarca, ma non gradì. Infatti rifiutò, spalleggiato da qualche decina dei suoi ex parrocchiani, che andarono a manifestare sotto la Curia. Poco dopo cominciò il volantinaggio anonimo, ed ora don Massimiliano è sotto processo canonico per la sua insubordinazione.

Monsignor Moraglia evoca proprio i prete ribelle. “Enrico Di Giorgi non è diocesano del Patriarcato di Venezia ed era qui del tutto sconosciuto fino a quando don Massimiliano D’Antiga, per incontrare il Patriarca, successivamente alla giornata di domenica 9 dicembre 2018, lo volle al suo fianco come persona di fiducia, ponendo la sua presenza come condizione per accettare l’invito del Patriarca ad un incontro”. Il sacerdote, quindi, aveva scelto Di Giorgi come testimone e consigliere. “In tale veste il dott. Di Giorgi fu presente al colloquio avvenuto nel pomeriggio di sabato 15 dicembre 2018, presenti il Vicario generale e il Vicario per la pastorale. Inoltre, il Di Giorgi accompagnò don Massimiliano D’Antiga alle sessioni in cui quest’ultimo rese le proprie deposizioni nell’ambito del procedimento canonico extragiudiziale che lo riguardava, procedimento avviato in accordo con la Santa Sede”. Insomma, secondo il Patriarcato, Di Giorgi era l’ombra di don D’Antiga. E mentre lo aiutava nei contatti curiali, secondo i carabinieri, andava in giro per la città ad affiggere volantini che attaccavano la chiesa veneziana. Il collegamento è “la chiara firma di chi agisce nell’anonimato” indicata da Moraglia.

In questa storia a tinte fosche si muove un altro personaggio, che da anni punta pubblicamente il dito contro don D’Antiga, accusandolo di aver usato la parrocchia a fini personali. Si tratta di Alessandro Tamborini, parte offesa non solo per i volantini, ma anche in altri procedimenti penali per lesioni e minacce subite addirittura in chiesa, e che hanno come protagonista don Massimiliano, con il suo giro di parrocchiani e familiari. Addirittura c’è un’inchiesta per calunnia, visto che il prete aveva dichiarato che Tamborini interruppe una celebrazione liturgica, ma un video lo aveva scagionato. Assistito dagli avvocati Sara e Antonio Franchini, Tamborini, che è stato docente universitario di teologia, dichiara a ilfattoquotidiano.it: “Il corvo è D’Antiga”. E spiega: “E’ da 5 anni che perseguo don D’Antiga, sorella e madre, per evidenziarne alle autorità preposte i comportamenti di possibile reato e abuso di potere esercitato in vent’anni di sacerdozio. Mi sono sempre esposto in prima persona con dichiarazioni ed azioni che hanno portato, tramite un mio diktat alle massime autorità gerarchiche del Vaticano, in sole 48 ore ed in modo urgente e inaudito, alla sospensione di don D’Antiga dalle sue chiese ‘bancomat di famiglia’ nel dicembre 2018”. A cosa si riferisce? “Alle voci di arricchimenti indebiti, ruberie, plagi, che lo descrivono come un ‘cacciatore di eredità‘. La mia azione terminerà solo e quando vi sarà la sua dimissione allo stato laicale e l‘accertamento dell’incredibile impero immobiliare che ho scoperto essere di oltre 18 immobili tra ville, terreni, appartamenti prestigiosi, e del patrimonio di svariati milioni di euro. Non ha mai avuto il coraggio di denunciarmi per quello che dico”.

Tamborini sostiene che don D’Antiga è sempre stato potente. “Se non andavo io in Vaticano, neppure il Patriarca Moraglia lo trasferiva. Lui godeva di conoscenze influenti, di appoggi anche con giornalisti importanti. Per le diffamazioni contro di me, il Patriarca e oltre venti sacerdoti veneziani da parte di fra tino e del suo mandante ho subito denunciato come i sospetti non possano che cadere – quale ‘mente’ – su don D’Antiga”. Il movente? “Vendicarsi di confratelli rei di non difenderlo o di altri soggetti che ritiene suoi nemici”.

Edited by pincopallino1 - 2/6/2020, 09:45
 
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Scandalo del "corvo", il Papa condanna don D'Antiga: torna allo stato laicale

Venerdì 11 Dicembre 2020
VENEZIA Don Massimiliano D'Antiga

VENEZIA - «Con decisione suprema e inappellabile Papa Francesco ha ridotto allo stato laicale don Massimiliano D'Antiga, ex parroco di San Zulian e amministratore di San Salvador». Questa la conclusione di una vicenda durata anni e iniziata col rifiuto di don Massimiliano di obbedire al trasferimento che aveva suscitato «reiterate e gravi violazioni della legge canonica nei confronti della comunione ecclesiale» come riporta una nota del Patriarcato di Venezia diffusa oggi, 11 dicembre.

A don D’Antiga era stato chiesto di diventare cappellano corale della Basilica di San Marco «per il quale egli stesso, in più occasioni, in precedenza, si era detto portato; avrebbe inoltre continuato a seguire, come gli fu subito comunicato, il gruppo dei genitori “con un figlio in cielo”, nella stessa chiesa di San Zulian, a 100 metri dalla Basilica, dove abitualmente si ritrovano; in tal modo consentendo il necessario riassetto pastorale della zona, con cui tre parrocchie e due rettorie venivano affidate ad un solo parroco coadiuvato da un aiuto»

Alla disobbedienza era seguita la consegna a don Massimiliano di un precetto con cui gli si chiedeva di trascorrere un periodo di 3 mesi in una comunità sacerdotale presso una casa religiosa, non distante da Venezia, dove avrebbe goduto di un competente aiuto psicologico e spirituale, così che, ritrovata la necessaria serenità, potesse ritornare. Nel frattempo la Procura di Venezia si concentrava sul "corvo", autore dell'affissione di manifesti a sostegno di d' Antiga, che si firmava fra Tino, per i quali veniva identificato un amico e collaboratore del sacerdote.

«La Congregazione per il Clero ha ravvisato la sussistenza dei comportamenti di “istigazione alla rivalità, all’odio e alla disobbedienza”, “lesione illegittima della buona fama”, “abuso della potestà ecclesiastica”, e di inosservanza del “dovere di conservare sempre la comunione con la Chiesa”, del “dovere dei chierici di condurre una vita semplice e del distacco dai beni” e “dell’obbligo di astenersi da ciò che è sconveniente e alieno dallo stato clericale”, con la “speciale gravità” implicata dalla “necessità di prevenire o riparare gli scandali”, ed ha perciò deliberato di portare la questione al Sommo Pontefice per la decisione finale».

Che si è espresso per la riduzione allo stato laicale del sacerdote
 
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view post Posted on 12/12/2020, 16:46

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https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/1...ticano/6034814/

Venezia, la Chiesa chiude il caso di don D’Antiga: il sacerdote ribelle ridotto allo stato laicale dal Vaticano
Venezia, la Chiesa chiude il caso di don D’Antiga: il sacerdote ribelle ridotto allo stato laicale dal Vaticano
Un provvedimento di eccezionale gravità ha colpito don Massimiliano D'Antiga, che si era rifiutato di accettare il trasferimento dalla chiesa di San Zulian e dalla parrocchia di San Salvador. A suo sostegno si erano schierate alcune decine di fedeli, che avevano manifestato sotto le finestre di monsignor Francesco Moraglia. Ma il caso era diventato ancor più clamoroso quando un fantomatico “corvo” aveva tappezzato Venezia con volantini che accusavano il clero di condotte lascive

di Giuseppe Pietrobelli | 12 DICEMBRE 2020

Il sacerdote dello scandalo, dei volantini firmati da un fantomatico Fra.Tino e della ribellione contro il Patriarca di Venezia è stato ridotto allo stato laicale da papa Francesco. Un provvedimento di eccezionale gravità ha colpito don Massimiliano D’Antiga, che si era rifiutato di accettare il trasferimento dalla chiesa di San Zulian e dalla parrocchia di San Salvador. A suo sostegno si erano schierate alcune decine di fedeli, che avevano manifestato sotto le finestre di monsignor Francesco Moraglia. Ma il caso era diventato ancor più clamoroso quando un fantomatico “corvo” aveva tappezzato Venezia con volantini che accusavano il clero di condotte lascive, perfino di pedofilia, e il Patriarca di aver chiuso un occhio sulle denunce. In realtà si trattava di accuse false, per le quali dovrà rispondere in Tribunale un amico di don D’Antiga, Enrico Di Giorgi, 75 anni, milanese, ex dirigente della Montedison di Marghera. Quando i carabinieri si recarono a perquisire la sua abitazione veneziana, alla ricerca di copie dei volantini, lo trovarono in compagnia di don D’Antiga, al quale però non ci sono contestazioni in merito ai volantini.




La posizione del sacerdote è stata al centro di una complessa indagine ecclesiastica che ne ha ricostruito attività pastorali ed economiche, passando ai raggi X le proprietà immobiliari che ha acquisito negli ultimi anni, frutto in qualche caso di lasciti testamentari. L’annuncio dell’epilogo è stato dato “con vero dispiacere e grande dolore” da monsignor Moraglia, il quale spiega che il rifiuto nel 2018 ad accettare il trasferimento nella Basilica di San Marco è stato solo il punto d’inizio di un’inchiesta che ha accertato altre “reiterate e gravi violazioni della legge canonica nei confronti della comunione ecclesiale”. Le manifestazioni e le prese di posizione inviate anche alla Santa Sede dai suoi sostenitori “confusi e turbati” hanno provocato divisioni all’interno della comunità.

Il Patriarca aveva inviato il sacerdote a trascorrere tre mesi di riflessione. Poi gli aveva consegnato “due precetti cautelativi, connessi alla materia economica, per indirizzarlo a uno stile sacerdotalmente appropriato”. Si riferivano a supposti interessi legati a donazioni di immobili e disponibilità di denaro. Durante alcuni incontri con il Patriarca il prete si era fatto assistere da Di Giorgi, “la persona imputata per aver affisso manifesti diffamatori firmati Fra Tino”, ricorda ora la Curia. Era poi cominciata una prima istruttoria, con un giudice non veneziano che ha ascoltato 24 testimoni. Poi la Santa Sede aveva aperto un procedura penale extragiudiziale, “strumento previsto dall’ordinamento della Chiesa per acclarare in maniera accurata la verità, tutelando tutte le persone interessate”, con un secondo giudice istruttore, un docente universitario di diritto penale canonico. Interrogati 36 testimoni, oltre a don D’Antiga, assistito da un avvocato. Infine, il fascicolo è stato esaminato in Vaticano dalla Congregazione per il Clero. Al termine il sacerdote è stato ritenuto responsabile di “istigazione alla rivalità, all’odio e alla disobbedienza”, di “lesione illegittima della buona fama”, di “abuso della potestà ecclesiastica” e di inosservanza del “dovere di conservare sempre la comunione con la Chiesa”. Non è tutto, c’è anche il mancato rispetto del “dovere dei chierici di condurre una vita semplice e del distacco dai beni” e “dell’obbligo di astenersi da ciò che è sconveniente e alieno dallo stato clericale”, con la “speciale gravità” implicata dalla “necessità di prevenire o riparare gli scandali”. La decisione finale è stata presa dal Papa, che ha stabilito “la pena della dimissione dallo stato clericale, con decisione suprema e inappellabile”.


La notizia è stata accolta con severa soddisfazione da Alessandro Tamborini, docente di scienze religiose, veneziano e grande accusatore di don D’Antiga, nonché parte offesa in alcuni procedimenti penali che ruotano attorno a queste vicende. “Da cinque anni mi occupo delle attività anche economiche di D’Antiga. Per primo ne chiesi alla Santa Sede il trasferimento e la riduzione allo stato laicale. Ora si può dire che avevo ragione, anche se il provvedimento arriva dopo che per anni a Venezia non si era mai risposto alle mie denunce. Tutti questi scandali potevano essere evitati se Moraglia mi avesse ascoltato. Ora interverrò per denunciare l’inaudito impero immobiliare di oltre 18 case, terreni ville, appartamenti costruito dal D’antiga e dai parenti grazie anche ad offerte ed eredità, tra cui un lasciato da 1 milione 400mila euro di una signora svizzera senza altri eredi, di cui si trova traccia nei fascicoli giudiziari”.
 
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view post Posted on 22/12/2020, 19:47

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Don D'Antiga e il misterioso dossier. Il Patriarca: "vada dai magistrati"

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LA VICENDA
Venezia, le minacce di D’Antiga a Moraglia: «Scoppierà uno scandalo sui preti»
Il Patriarca: «Se si parla di un dossier con comportamenti penalmente perseguibili ci si deve recare dai competenti organi giudiziari»
di Alberto Zorzi

Francesco Moraglia, patriarca di Venezia
La prima volta era sbottato il 9 dicembre 2018, quando il patriarca Francesco Moraglia aveva illustrato ai preti della zona di San Marco il suo programma di riorganizzazione. «Quando ha capito che avrebbe dovuto lasciare la chiesa di San Zulian, (don Massimiliano D’Antiga) ha cominciato ad agitarsi, a minacciare il patriarca, dicendo che quello era un abuso, che ci sarebbero state rivoluzioni a Roma e Venezia e rivelazioni di comportamenti immorali di sacerdoti di Venezia», ha raccontato ai carabinieri lagunari monsignor Angelo Pagan, vicario generale del Patriarcato, interrogato sui volantini diffamatori di «Fra.tino», diffusi in centro storico tra il 30 gennaio e il 6 agosto 2019. Ma le minacce di don D’Antiga non erano finite lì. Lo stesso Pagan ha infatti raccontato che lo stesso giorno il sacerdote gli aveva detto che «non capivamo quello che stavamo facendo e che sarebbe successo un caos». E aveva rincarato la dose il 15 dicembre, quando Moraglia gli intimò un percorso spirituale in un’abbazia benedettina dopo aver rifiutato lo spostamento da rettore di San Zulian e San Salvador a cappellano corale della Basilica di San Marco: «Don Massimiliano ha cominciato a dare in escandescenza, accusando il patriarca di agire come un monarca assoluto e che comunque ne sarebbero venuti scandali e che lui sarebbe stato tolto da vescovo di Venezia», ha proseguito Pagan. Proprio pochi giorni fa don D’Antiga è stato ridotto allo stato laicale direttamente da Papa Francesco.


I volantini del corvo
Difficile non pensare che «don Max», come lo chiamavano i suoi fedeli, non pensasse a quell’ondata di volantini del «corvo» con accuse a vari preti (spesso con nomi storpiati, ma riconoscibili) di orge, pedofilia, ruberie e altro e al patriarca di non aver vigilato: una diffamazione, secondo il pm Massimo Michelozzi, che ha chiesto il processo non però del prete, bensì del fedele amico Enrico Di Giorgi, 76enne milanese, ex manager della Montedison, e del 55enne informatico Gianluca Buoninconti, «colpevole» di averlo accompagnato ad attaccare i fogli una sola volta, la notte del 6 agosto. «D’Antiga è il fulcro della vicenda in causa, la persona per il quale il Di Giorgi si è mosso per accompagnarlo nella sua battaglia», scrivono i carabinieri, ma non è stato provato un coinvolgimento tale – nemmeno come «ispiratore» – da potergli contestare il concorso nel reato. D’altra parte lui stesso, quando il 13 settembre 2019 i militari lo trovarono a casa di Di Giorgi durante la perquisizione ordinata dal pm, aveva ammesso di sapere tutto, ma si era dissociato. «Chiedevo a Enrico di farsi portavoce con il “comitato Fra.Tino”, pregandolo di smetterla con il sistema diffamatorio dei volantini - aveva fatto mettere a verbale - (...) In passato gli avevo già manifestato la richiesta di comunicare a Fra.Tino di non pubblicare più niente (...) Gli riferivo che questa situazione mi creava un’ansia tremenda e comprometteva la mia posizione sia a livello mediatico che a livello ecclesiale».

La conversazione registrata
E non è un caso che quando due nobildonne, parrocchiane di don D’Antiga, andarono a parlare con Moraglia il 2 maggio 2019, parlarono di «un dossier sui preti di Venezia che sarebbe stato utilizzato qualora non venisse concessa una chiesa a don D’Antiga» e dello «scontento di molte persone pronte a sollevare uno scandalo». La conversazione era stata registrata con il cellulare dal segretario particolare di Moraglia, che poi l’aveva trasmessa ai carabinieri. Il patriarca aveva però replicato: «Se si parla di un dossier con comportamenti penalmente perseguibili ci si deve recare dai competenti organi giudiziari - aveva detto - altrimenti si chiede in qualche modo di insabbiare qualcosa e io non l’ho mai fatto».

22 dicembre 2020 (modifica il 22 dicembre 2020 | 12:11)
 
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view post Posted on 28/12/2020, 21:19

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L’inchiesta di Tamborini contro la Chiesa: il dossier sulla famiglia D’Antiga
Il parrocchiano di San Zulian ha scoperto che i D’Antiga avrebbero una ventina di proprietà, per un patrimonio del valore di qualche milione di euro
di Alberto Zorzi

«Il “corvo-Fra.tino” è il D’Antiga unica e vera mente ed artefice delle accuse contro i confratelli, il patriarca e me stesso». Alessandro Tamborini, parrocchiano di San Zulian, studioso delle Religioni e vicino alle autorità vaticane, combatte contro don Massimiliano D’Antiga dal 2013. In sette anni ha presentato una cinquantina tra denunce penali e cause civili contro l’ormai ex prete, dopo la decisione di papa Francesco la scorsa settimana, ma anche contro i suoi famigliari e molti membri del suo entourage. E in questo periodo non ha risparmiato accuse nemmeno al patriarca Francesco Moraglia e al suo vice Angelo Pagan, ritenendoli colpevoli di «inerzia e assordante silenzio» di fronte alle sue segnalazioni, tanto da aver dovuto scrivere più volte direttamente al Vaticano. «Ho sollevato il caso per primo, ho ottenuto nel 2018 di farlo rimuovere dalle due chiese di San Zulian e San Salvador e ora di averlo fatto ridurre allo stato laicale», afferma Tamborini.

La villa dei D’Antiga a Treporti
Le circa venti proprietà
Che in questi anni ha raccolto un vero e proprio «dossier» su D’Antiga, nato dalla rabbia di sentirlo accusare dal pulpito, non appena arrivato a San Salvador nel 2013, il suo predecessore di ruberie. Da lì ha iniziato a indagare, fare visure, raccogliere video. E, per esempio, ha scoperto che la famiglia D’Antiga avrebbe una ventina di proprietà, per un patrimonio del valore di qualche milione di euro. «Com’è possibile viste le origini umili della famiglia, con il padre dipendente comunale, la madre bidella, la sorella vongolara di frodo e lui sacerdote?», si chiede Tamborini. Dal catasto è poi emerso che nel 2011 l’ex sacerdote ha acquistato asta una casa in zona Greci a Venezia con un’offerta di 675 mila euro. La sorella Emanuela è invece proprietaria di un affittacamere a Venezia e una villa con parco a Treporti.

Il maxi testamento
La risposta, a suo dire, starebbe nella capacità di carpire la fiducia degli anziani parrocchiani, che avrebbero affidato loro ingenti risorse. Un caso, riportato anche negli atti di indagine sui volantini del «corvo», è il maxi-testamento da un milione e 400 mila euro lasciato a D’Antiga da una parrocchiana, che aveva fatto la perpetua, per il quale gli darà una mano proprio Enrico Di Giorgi. C’è poi l’accusa di aver «rubato». «Quando il parroco di Treporti che venne dopo D’Antiga “osò” denunciare l’ammanco di ingenti somme dai conti parrocchiali, lui e la sua famiglia iniziarono a diffamarlo». E cita un video di una quindicina di minuti in cui la madre dell’ex sacerdote si scaglia con insulti contro di lui in un bar. È poi andato a ripescare una serie di bollettini parrocchiali di Burano del 2000, quando don Massimiliano era cappellano e aveva avuto un duro scontro con l’allora parroco, tanto da essere allontanato dai superiori. Ma il cuore delle accuse riguardano il lungo periodo a San Zulian e San Salvador. «Gli è stato permesso di crearsi una sorta di “setta”», dice Tamborini. Che poi pubblica una foto in cui si vede l’altare di San Salvador coperto da un drappo nero, «profanato con simboli che rimandano al satanismo». Uno dei principali seguaci di D’Antiga e suo economo, negli anni Novanta, era stato infatti cantante e fondatore di un gruppo musicale chiamato Devil Doll (la bambola del diavolo).

22 dicembre 2020 (modifica il 22 dicembre 2020 | 12:07)

Edited by pincopallino1 - 1/10/2023, 12:00
 
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Corvo di Venezia, in Aula il grande accusatore Tamborini: “So di fatti gravi che riguardano il clero, pronto a un confronto con il patriarca”

di Giuseppe Pietrobelli | 30 SETTEMBRE 2023

“Sono a conoscenza di fatti gravi che riguardano il clero veneziano. Una parte l’ho inserita in un memoriale contenente 40 circostanze e 33 capi d’accusa da me consegnati al promotore di giustizia del patriarca Francesco Moraglia. Altri fatti li ho conosciuti nell’arco degli anni e fanno parte di ulteriori denunce presentate in curia che, da quanto ne so, non hanno dato seguito a provvedimenti nei confronti dei sacerdoti. Ma ci sono anche le bugie del patriarca pronunciata in questo Tribunale. Sono pronto a sostenere un confronto, se necessario. E poi ci sono casi specifici, situazioni imbarazzanti…”. Il professor Alessandro Tamborini, laureato tra l’altro in teologia, è un fiume in piena durante l’udienza che si svolge davanti al giudice Stefano Manduzio. Lo stesso magistrato non riesce a contenere il testimone, riportandolo nel perimetro previsto dal codice di procedura penale: rispondere in modo preciso alle domande e non riferire solo suggestioni. Al momento qualcosa Tamborini ha detto. Ce n’è abbastanza per non far dormire sonni tranquilli in Curia, visto che il 13 ottobre, come lo ha ammonito il giudice Manduzio, “dovrà esporre fatti attinenti alle persone indicate nei volantini, indicando le fonti di conoscenza”.



Sul banco degli imputati, per rispondere di diffamazione a causa dei fogli appesi sui muri di Venezia nel 2019, ci sono l’ex dirigente di Montedison, il milanese Enrico Di Giorgi, 77 anni, e il tecnico informatico lombardo Gianluca Buoninconti, 55 anni (in realtà sempre assente). La campagna di accuse al clero cominciò dopo il trasferimento di don Massimiliano D’Antiga dalla parrocchia di San Salvador a San Marco, avvenuta l’8 dicembre 2018. Il sacerdote aveva trovato il sostegno di alcuni parrocchiani, si era detto vittima di calunnie e macchinazioni, aveva rifiutato di lasciare la sede. Era finito che per provvedimento papale don D’Antiga è stato ridotto allo stato laicale, soprattutto per l’atto di insubordinazione nei confronti del vescovo Moraglia. D’Antiga non è imputato, anche se Di Giorgi è un suo grande amico, e sul processo aleggia il sospetto che il prete possa aver ispirato i contenuti dei volantini.

Per paradosso, Tamborini è un nemico dichiarato di D’Antiga, in una chiesa che appare sempre più lacerata. Anzi era stato il primo sospettato di essere l’autore dei volantini del “corvo”, con la firma “Fra.Tino”. Il docente con la sua testimonianza ha però assunto il ruolo di chi – raccontando fatti gravi – può confermare la fondatezza dei volantini asseritamente diffamatori. Ma ha anche attaccato il patriarca Moraglia per eccessiva tolleranza. Uno scenario incandescente che alla prossima udienza rischia di esplodere.

“Sono disponibile a un confronto con Moraglia che ha qui riferito circostanze non esatte rispetto alla mia verità e all’autorità del Vaticano. Fui io a chiedere un provvedimento urgente a Roma, attraverso il trasferimento di D’Antiga” ha detto, ribaltando quello che il patriarca aveva detto, ovvero di aver deciso autonomamente l’avvicendamento del parroco. Nella ricostruzione c’è spazio anche per il movimento Forza Nuova (di cui Tamborini era un rappresentante) che affisse uno striscione sotto la curia con la scritta: “Moraglia giuda, l’euro il suo dio”.

Il cuore della deposizione di Tamborini riguarda però i comportamenti sessuali dei sacerdoti, parte dei quali sono indicati nel dossier consegnato al promotore di giustizia che ha aperto un’inchiesta canonica. Per il momento il docente ha parlato genericamente di “attività sessuali… appropriazioni indebite… affitti di locali parrocchiali… condotte riprovevoli di sacerdoti”. Ha già lasciato capire che c’è un caso di un parroco coinvolto “in un caso di concubinato nei fine settimana”, visto che in una canonica del centro storico puntualmente al venerdì arriva un ospite, che se ne va il lunedì. Oppure di un prete residente nelle isole sospettato di frequentazioni con ragazzi. Di un altro coinvolto in un giro di permessi di soggiorno a favore di stranieri. Addirittura di un anziano sacerdote che faceva entrare nei palazzi vescovili un amico proveniente dai Balcani. E c’è il caso, rivelato qualche udienza fa dallo stesso Moraglia, del prete poi rimosso dall’incarico che durante gli incontri con alcuni ragazzi li faceva spogliare, senza peraltro nessun atto di natura sessuale. A maggio ha così patteggiato un anno e quattro mesi per il reato di adescamento di minori.

Gli avvocati Giovanni Trombini e Giacomo Montanari, che assistono De Giorgi, hanno chiesto l’acquisizione del dossier di Tamborini (assistito dall’avvocato Sara Franchini), con l’interesse dichiarato di dimostrare che la denuncia confermerebbe i contenuti dei volantini, rendendoli fondati almeno in parte e non diffamatori. L’avvocato Pierpaolo Bottino di Genova, parte civile per il Patriarca, ha chiesto che il documento resti fuori dal processo. Per il momento il giudice lo ha accontentato.
 
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Venezia, sesso, chat gay e ospiti in canonica: in aula le accuse ai preti della Serenissima
diAlberto Zorzi
Volantini contro i sacerdoti e il patriarca, la deposizione Alessandro Tamborini (parte civile nel processo al «corvo» del Patriarcato e grande accusatore della chiesa lagunare): «Fatti segnalati dal 2014, ma Moraglia non ha fatto nulla»

Sesso, chat gay e ospiti in canonica In aula le accuse ai preti veneziani
C’è il sacerdote, ex parroco della chiesa dei Carmini, del quale lo stesso Patriarca Francesco Moraglia nel corso dell’udienza dello scorso 17 aprile rivelò che si spogliava nudo con alcuni ragazzi e che per questo ha patteggiato un anno e 4 mesi per adescamento. Quello di cui «è cosa nota da anni che avesse frequentazioni in locali omosex». Su un altro «una signora che aveva un negozio vicino a San Marco mi raccontò che era stato visto togliersi il “collarino” da sacerdote e poi si incontrava con altri uomini e frequentava l’app gay Grindr». C’è poi il parroco che «da anni ospita nella sua canonica quasi tutti i weekend un uomo, non si sa a quale titolo, e ai parrocchiani aveva detto che era un poliziotto della Digos, circostanza non vera», oltre al fatto che non nasconde di avere l’accesso gratuito alla piscina e alla palestra di un noto hotel a 5 stelle di Venezia. E infine il sacerdote, poi anche promosso a ruoli diocesani, che da seminarista avrebbe avuto rapporti sessuali con altri due compagni.

Il fedele tra i testimoni
Ieri di fronte al giudice Stefano Manduzio è andato in scena, con nomi e cognomi (che omettiamo trattandosi di accuse in buona parte da verificare, ndr), il j’accuse di Alessandro Tamborini, il fedele che è parte civile nel processo al «corvo» del Patriarcato di Venezia, ma nello stesso tempo «grande accusatore» della Chiesa guidata da Moraglia. Sul banco degli imputati ci sono l’ex dirigente aziendale Enrico Di Giorgi e il consulente informatico Gianluca Buoninconti, accusati di aver scritto e diffuso cinque volantini sui muri del centro storico tra gennaio e agosto 2019, in cui c’erano pesanti accuse sia sessuali che di altro tipo contro vari preti, oltre a quella contro il patriarca per non essere intervenuto. Proprio rispondendo alle domande del difensore dei due, l’avvocato Giovanni Trombini, Tamborini ha letto tre dei volantini (il primo, il terzo e il quarto) e ha detto quello che sapeva riguardo alle accuse lì scritte. «Credo sia importante sapere se i fatti narrati nei volantini sono veri», aveva anticipato Trombini la scorsa udienza.

Gli attacchi al patriarca
«Il corvo aveva ragione», dice ora il fedele, che non si è tirato indietro, anche se la maggior parte delle vicende da lui narrate non le aveva sapute direttamente, ma da altri, citando in particolare don Roberto Donadoni e altre fonti. «Chiederemo formalmente che vengano sentiti come testimoni sul punto», ha detto la difesa. Donadoni peraltro è proprio il prete che sostituì come parroco delle chiese più centrali di Venezia (da San Salvador a San Zulian a San Moisè) don Massimiliano D’Antiga, la cui rimozione del dicembre 2018 fu una delle «scintille» che fece scattare il «corvo». Di Giorgi era un grande amico di D’Antiga (che nel dicembre 2020 venne ridotto allo stato laicale dal Papa): quest’ultimo non è mai stato indagato, ma fu definito il «fulcro» della vicenda. In un’udienza molto tesa, con ripetuti scontri tra avvocati, Tamborini si è scatenato più volte contro Moraglia, confermando l’accusa di inerzia contenuta nei volantini. «Io fin dal 2014 avevo segnalato e chiesto un intervento nei confronti di vari sacerdoti sia per questioni sessuali che di denaro – ha spiegato – Queste condotte che ho detto prima erano note ai fedeli e quindi di sicuro anche alle gerarchie: ma da anni c’è un malgoverno della Diocesi». Il motivo della mancata segnalazione di questi fatti da parte dei vertici della Chiesa veneziana, per l’accusatore, potrebbe essere gravissimo: «Io mi sono convinto che ci sia un timore che, a fronte di una denuncia, possano emergere dei ricatti».

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14 ottobre 2023
 
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Il processo sui Corvi del Patriarcato, il grande accusatore: «Nella Chiesa una lobby degli affari»
Testimonianza fiume di Alessandro Tamborini in tribunale a Venezia: «I volantini dicono in gran parte la verità»

ROBERTA DE ROSSI
18 Novembre 2023
Una fase dell’udienza sui presunti Corvi del Patriarcato

Non ci si annoia al processo ai due presunti “Corvi del Patriarcato” Enrico Di Giorgi e Gianluca Buoninconti, accusati dalla Procura di essere gli autori dei manifesti in rima contro la gestione della Chiesa veneziana, che tempestarono la città nel 2019, dopo l’allontanamento di don Massimiliano D’Antiga dalle chiese di San Salvador e San Zulian, che aveva gestito per anni.

Il grande “accusatore” Alessandro Tamborini continua ad essere un fiume in piena: per la quarta udienza è seduto al banco dei testimoni. Lui al processo è parte civile (viene citato in uno dei volantini), ma non sono i due indagati al centro delle sue dichiarazioni. Né D’Antiga di cui sempre si parla come l’ispiratore dei manifesti (che pure non è indagato) del cui ritorno alla vita laica su intervento del Vaticano, Tamborini si assume il merito.

Rispondendo alle domande dell’avvocato difensore Trombini, leggendo volantino dopo volantino, Tamborini dice che sì, molto (non tutto) di quel che è scritto corrisponderebbe a realtà. Per quanto di sua conoscenza e «segnalato dal 2014 al Patriarca senza ricevere per anni alcuna risposta». Ne ha per l’ex prete e per la Curia.

Le presunte lobby
Cosa sa di “lobby affaristiche e omosessuali” che avrebbero governato la chiesa veneziana, gli chiede il legale? Obiettivo della difesa è convincere il Tribunale che diffamazione non ci sia stata, ma che i volantini raccontino la verità: una partita ancora tutta aperta, naturalmente, con la pm Daniela Moroni e le difese pronte a dire la loro. Spetterà al giudice Manduzio decidere. Intanto Alessandro Tamborini investe il Tribunale con la sua testimonianza fiume.

«Che ci siano due correnti affaristica e omosessuale è emerso nelle vicende qui susseguite», dice Tamborini, «sulla corrente affaristica, io ha fatto decine di segnalazioni ad autorità gerarchiche superiori. Dalle pubblicità sui cantieri di restauro la chiesa riceve 15-20-30 mila euro al mese: senza un bilancio pubblico come si fa a sapere come vengono spesi? Quando a San Salvador nel 2018 arrivò Don Donadoni, c’era un restauro che durava da tanti anni. Successivamente si scoprì che erano accordi tra don D'Antiga e le imprese, dovette intervenire la diocesi e gli enti per sbrogliare la matassa: i proventi, in quel caso, andavano non certo alla Curia».

Uso “privato” di Chiese
Tra le accuse mosse nei volantini anche quelle di un uso “privato” di beni religiosi: sa niente, chiede ancora l’avvocato della difesa?

«Ci sono decine di casi», risponde Taborini, alla sua quarta udienza da Teste, «venne concessa ad un albergo come sala colazioni la canonica della chiesa di Santa Fosca: non a persone indigenti, ci furono manifestazioni di cittadini di protesta. Un padre armeno che da anni la Curia cerca di prendere possesso di Palazzo Zenobio per esposizioni, eventi, matrimoni. Ma sono solo alcuni casi», prosegue Tamborini, che aveva segnalato a suo tempo proprio alla Curia delle molte eredità raccolte da don D’Antiga.

Lobby omosessuale
Premesso che non è un certo un reato, «l’omosessualità è un peccato che la Chiesa condanna», dice Tamborini incalzato dalle domande del legale della difesa, «qualora un candidato a sacerdozio mostrasse questi atteggiamenti dovrebbe essere escluso da questo cammino». «Che a Venezia ci sia una sorta di “protettorato omosessuale”», sostiene il teste, facendo una serie di nomi, «è un sistema che ho segnalato più volte dal 2014 al 2018 al patriarca».

C’è stato - ricorda - il caso dell’ex parroco dei Carmini che ha patteggiato un’accusa di adescamento di minori, per pranzi “nudi” con ragazzi (niente rapporti sessuali) che lo stesso patriarca Moraglia ha raccontato testimoniando da parte civile in cula: «È intervenuta la giustizia, ma l’avevo segnalato per anni», insiste Tamborini, «perché non è intervenuta prima la Curia?».

Poi torna sugli affari di D’Antiga: «Un prete che viene lasciato per vent'anni a operare in sfregio a tutti i canoni, a pochi metri dal patriarcato, da tre patriarchi, evidentemente conosce fatti e circostanze...e questi volantini lo dimostrano. Pensiamo che signor Di Giorgi possa conoscere tutti questi fatti? È stata la vendetta di D'Antiga contro i confratelli: alcuni dei contenuti dei volantini sono veri».

L’indagine dell’ex magistrato
Tamborini - nel difendere don Natalino Bonazza (anche lui tra le parti civili a processo), preso di mira da “Fra.Tino.” per un presunto organo settecentesco scomparso - ricorda di «quando arrivò in chiesa l’allora procuratore aggiunto Adelchi d’Ippolito con i carabinieri per cercare l’organo: naturalmente non trovò nulla di anomalo. L’organo era nel campanile: tutto al suo posto. Ma D’Antiga aveva attorno a sé una cerchia potente».

Sono decine gli episodi citati dal teste. Siano veri o interessanti per il processo lo deciderà il Tribunale. Prossima udienza della “saga” il 15 dicembre.

Edited by pincopallino2 - 19/11/2023, 08:17
 
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