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La vergogna dei cappellani militari: 20 mln di € tra stipendi, pensioni e privilegi, Mega stipendi e baby pensioni per i quasi 200 benedittori di guerre

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view post Posted on 11/6/2007, 11:00
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SENZA STELLETTE E SENZA ONERI PER LO STATO.
PROPOSTA DI LEGGE PER SMILITARIZZARE I CAPPELLANI MILITARI

33923. ROMA-ADISTA. Cappellani militari senza stellette e senza oneri per lo Stato. È l’obiettivo del disegno di legge presentato dal senatore dei Verdi Gianpaolo Silvestri che presto verrà discusso dalle Commissioni Affari Costituzionali e Difesa di Palazzo Madama, prima di approdare in Aula.Il ddl si ispira alle proposte di Pax Christi, che da oltre dieci anni si batte per sciogliere gli Ordinariati militari, smilitarizzare i cappellani degli eserciti e affidare la cura pastorale dei soldati ai sacerdoti delle parrocchie nei cui territori sorgono le caserme (v. Adista nn. 81/95, 67/97, 81/00, 49/06 e 81/06). Ma fa anche un po’ di conti nelle pieghe dei bilanci dei ministeri della Difesa e dell’Economia e scopre che nel 2005 – ultimo dato disponibile – i 190 cappellani in servizio (oggi invece sono 193) sono costati allo Stato italiano 10milioni e 817mila euro, cioè poco meno di 58mila euro a testa all’anno.“È una proposta – spiega ad Adista il senatore Silvestri – che intende dare attuazione ad una storica battaglia del movimento pacifista cattolico iniziata da figure come don Milani e padre Balducci. Non vogliamo più nessuno che benedice armi, perché quelle armi uccidono. Ciò non significa che non ci debba essere l’assistenza religiosa nelle forze armate. Ci sostengono altre due argomentazioni: in Italia, secondo la Costituzione e il Concordato, non c’è più una ‘religione di Stato’ e quindi la figura del cappellano militare è anacronistica e, per certi versi, anticostituzionale, anche perché si riserva una corsia preferenziale alla Chiesa cattolica rispetto alle altre confessioni; inoltre si tratta di una enorme spesa per le casse dello Stato, che non sembrano godere di ottima salute”.Il ddl, che si compone di due articoli, non toglie alla Chiesa cattolica la possibilità di fare assistenza spirituale ai soldati, ma prevede la smilitarizzazione dei cappellani: attualmente, infatti, tutti i sacerdoti che prestano il loro servizio pastorale nelle caserme o nelle missioni all’estero sono inquadrati nella gerarchia militare come ufficiali (il vescovo ordinario militare ha il grado più alto: generale di corpo d’armata) e, pertanto, lautamente retribuiti dalle Forze armate. Se la legge venisse approvata, della cura pastorale dei militari si occuperebbero semplici sacerdoti, “senza stellette” e “senza oneri per lo Stato”. I soldi risparmiati, si legge all’art. 2, verrebbero utilizzati per “iniziative in favore della pace” e per sostenere associazioni “che operano nel campo della pace e della lotta alla povertà nel mondo”. La proposta, tuttavia, non ha valore retroattivo, almeno dal punto di vista economico: i cappellani attualmente in servizio rinuncerebbero ai gradi ma non allo stipendio – che continuerebbe ad essere erogato fino alla conclusione del mandato –, così come gli ex cappellani (primo fra tutti l’attuale presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Angelo Bagnasco, ex ordinario militare e generale di corpo d’armata in congedo) non perderebbero il diritto alla pensione.

Anche per questo motivo, Silvestri parla di “un ddl non punitivo” e auspica che la Cei appoggi la proposta. Una speranza che tuttavia, a leggere i recenti interventi degli ordinari militari, pare destinata ad essere delusa, soprattutto per la continua insistenza sulla “militarità”, ossia sull’importanza della piena integrazione dei cappellani nelle Forze armate: “Lo so che la cosiddetta militarità può fare problema e sembrare fuori posto per un prete – spiegava mons. Bagnasco nel maggio 2006, quando era ancora ordinario militare –. Ma c'è una ragione. Il senso di appartenenza alle Forze armate è altissimo. È un mondo con regole precise. Il sacerdote, per essere pienamente accolto, ne deve far parte fino in fondo, convinto che il rispetto delle persone e dell'ambiente passa anche attraverso la loro totale condivisione” (v. Adista n. 49/06). E anche Benedetto XVI – che già nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2006 aveva tessuto le lodi dei cappellani militari (v. Adista n. 1/06) – parlando in Vaticano durante il convegno internazionale degli Ordinariati militari (nell’ottobre 2006, v. Adista n. 81/06), aveva ribadito la necessità per la Chiesa di formare le coscienze “dall'interno del mondo militare”. (luca kocci)

Edited by pincopallino1 - 2/12/2022, 11:07
 
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view post Posted on 19/7/2007, 13:28
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CAPPELLANI MILITARI; DALLA TORRE (LUMSA), «DDL INACCETTABILE»


19/07/2007 - 09:24 - “Le risposte che dà questo disegno di legge sono inaccettabili, anche in caso di una revisione delle norme della legge 512 del 1961”. Lo dice al Sir il giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa, circa il disegno di legge presentato da senatori del “Gruppo Insieme con l’Unione Verdi-Comunisti italiani”, intitolato “Disciplina dell’assistenza spirituale alle Forze armate e abolizione della figura dei cappellani militari”, all’ordine del giorno oggi alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Difesa del Senato. “Il ddl – continua Dalla Torre – è inaccettabile almeno per due ordini di ragioni. La prima concerne il fatto che non si tiene conto che la libertà religiosa non è soltanto un diritto negativo, ma anche positivo”. In altre parole, “si tratta da parte dello Stato di rimuovere gli ostacoli che impediscono in concreto al cittadino, titolare di questo diritto, di esercitare il diritto stesso”.

In questo senso, “la previsione ‘senza oneri per lo Stato’ (art. 1 comma 2 del ddl, n.d.r.) – evidenzia Dalla Torre - mi sembra assurda perché questo renderebbe difficile soprattutto, ma non solo, a tutti quei reparti italiani che sono impegnati all’estero, in Paesi, tra l’altro, non di tradizione cristiana, di potere avere assicurato il diritto di libertà religiosa”. Secondo punto saliente, ad avviso di Dalla Torre, è che “la proposta della smilitarizzazione dei cappellani militari è una vecchia questione”: “Ritengo – afferma - che essa non sia opportuna in considerazione del fatto che, a differenza della Polizia, l’apparato militare è un apparato gerarchicamente strutturato, con delle regole molto precise. Perciò, mi sembra assai difficile che possa essere compatibile con l’apparato militare, a maggior ragione laddove si trovi in situazioni di operatività, penso anche qui all’impegno all’estero del nostro esercito, del personale non militare che gira all’interno delle strutture”. L’appartenenza alle Forze armate dei cappellani militari nasce, dunque, “dalla logica stessa dell’istituzione militare che non ammette al proprio interno personale che non sia tale”. Anzi, “non si è mai visto un civile che si mette a girare per i campi militari. La mia valutazione, pertanto – dichiara il giurista -, è assolutamente negativa perché è un ddl assolutamente non ragionevole”.

La legge del 1961, in realtà, “è molto complessa, potrebbe essere aggiornata, ma non nella direzione presa dal disegno di legge, che presenta punti inaccettabili e inconsistenti. Queste sono vecchie idee della sinistra”. Nella relazione che accompagna il ddl si parla del fatto che anche l’associazione Pax Christi già da tempo aveva sollevato la questione dei cappellani militari. “Ma questo – osserva Dalla Torre - non è un problema della Chiesa, che si interessa certamente di assicurare questo servizio, ma è un problema interno allo Stato: con quali mezzi lo Stato risolve il problema di assicurare l’esercizio in concreto della libertà religiosa di chi è legato ad una disciplina molto rigida come quella militare per cui non si può allontanare a piacimento e non può andare a messa nella parrocchia, nella chiesa che preferisce, soprattutto se è in zona di operazioni all’estero?”. Diverso, per il rettore della Lumsa, “è il caso della Polizia, che è attestata nelle grandi città, per cui anche il sacerdote della parrocchia accanto può andare nella caserma a celebrare, ma quando i militari vanno per operazioni che fanno?”. “Se si approvasse un ddl con questi contenuti – conclude Dalla Torre - sarebbe certamente violazione del diritto di libertà religiosa perché metterebbe in difficoltà o nell’impossibilità determinate categorie di cittadini di esercitare un proprio diritto costituzionalmente garantito”.

Sir
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http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=184831


Molestava il sergente: cappellano indagato


di Redazione - domenica 10 giugno 2007, 07:00 Stampa Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota1 2 3 4 5 Risultato
Sergente maggiore prosciolto dall’accusa di calunnia e diffamazione, e cappellano militare indagato per molestie sessuali. È quanto è emerso ieri mattina dinanzi al Gup del tribunale di Tivoli dove si è tenuto il processo con rito abbreviato a carico di Federico M., 25anni di Cassino, sergente maggiore dell’esercito. Il militare sul finire del 2006 si rivolse al suo colonnello denunciando continue molestie sessuali del cappellano militare, un 45 enne di Roma.

Il prete, secondo quanto riferito dal sergente, lo infastidiva con continui approcci sessuali promettendogli in cambio un avvicinamento a Cassino o a Sora. Presa la denuncia il colonnello ne discusse con il cappellano il quale, oltre a negare tutto, denunciò il sergente per diffamazione e calunnia, riferendo che quanto affermato dal sottufficiale era una vendetta per il mancato avvicinamento alla sua città di nascita.

Ieri mattina dinanzi al Gup di Tivoli, il sergente maggiore ha sostenuto il processo con rito abbreviato. Fondamentale è stata la testimonianza di un commilitone del sergente che, una sera di agosto dello scorso anno, ha riferito che, nascosto nel bagno dell’alloggio del sergente, ha assistito alle pressanti avance del cappellano il quale prometteva il trasferimento ambito in cambio dell’atto sessuale. Il Gup quindi, oltre a prosciogliere il sergente maggiore, ha rimesso gli atti in mano alla procura perché indaghi il cappellano per molestie sessuali.
 
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Kulkulcan
view post Posted on 20/7/2007, 09:42




58mila euro a testa all'anno, quasi circa 5000€ al mese! No vi rendete conto?!? Visto che non si vuole togliere il grado leviamoli la paga!!

Scommettiamo che sarà la Chiesa a lamentarsi?!
 
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view post Posted on 31/7/2007, 23:49
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http://www.db.avvenire.it/avvenire/edizion...olo_774145.html

Sorprendente Ddl sui cappellani militari

Irrinunciabile presenza tra gli uomini in divisa


Marco Tarquinio

Dovrebbe prendere avvio oggi a Palazzo Madama, in sede di Commissione, l'iter parlamentare di una proposta di legge che, per contenuti e obiettivi, induce a serissima perplessità. E' stata fatta propria dall'intero gruppo rossoverde (quello composto dai senatori dei Comunisti italiani e del Sole che ride) e mira, in estrema sintesi, al netto di citazioni accattivanti e di voli pindarici, a metter fuori dalle caserme i cappellani militari cattolici. Il verbo è "smilitarizzare" e alle orecchie di qualcuno potrà suonare anche bene, addirittura benissimo. Ma non sempre quel che suona bene è anche buono in sé. E questo è, precisamente, ciò che caratterizza il caso di cui ci stiamo occupando.
Forse non tutti sanno che tra le varie "intese" che continuano a dare efficace attuazione al principio concordatario di collaborazione tra Stato e Chiesa ce n'è una ancora da definire e relativa, appunto, all'assistenza spirituale prestata dai cappellani cattolici alle nostre Forze armate. Tutti però possono rendersi conto di quanto strampalata sia l'idea che il primo passo per "ripensare" una casa ben strutturata, tutt'altro che cadente e felicemente abitata, sia quello di raderla semplicemente al suolo. Questo, prima di tutto, viene da pensare al cospetto dell'iniziativa parlamentare assunta dal gruppo rossoverde. I cui rappresentanti utilizzano, a più riprese, la parola e il sentimento della pace per motivare il tentato colpo di maglio contro la figura stessa dei cappellani militari, ma dimenticano di ricordare che un esercito di pace - costituzionalmente difensivo - come quello italiano è una struttura di persone che nessuno (e tantomeno un legislatore) dovrebbe consentirsi di etichettare come radicalmente altra rispetto al messaggio cristiano e alla presenza pastorale attiva di sacerdoti della Chiesa cattolica.
Del resto, e questo è un secondo e cruciale punto, l'esperienza accumulata in tutta la tormentata seconda metà del Novecento e in questo teso avvio del nuovo secolo p roclama la straordinaria importanza del ruolo svolto dai cappellani militari tra gli uomini e le donne in divisa impegnati nelle tante missioni di stabilizzazione e di pace che sono state svolte e tutt'ora vengono sviluppate, con umanità e onore, nelle situazioni più delicate e difficili. Può sembrare retorico, ma è la realtà: dai Balcani all'Africa, dal Medio Oriente all'Afghanistan, chi dice "missione italiana" pensa e parla di soldati al servizio dei popoli e della loro speranza, obbedienti alle leggi della Repubblica e alle indicazioni delle Nazioni Unite, espressione di una cultura fondata sul rispetto della persona umana - esso sì - "senza se e senza ma". E questi militari, questi uomini e donne in divisa, sono i primi a testimoniare dell'imprescindibile e preziosa opera svolta tra loro e con loro dai cappellani.
Già, "con loro". E questo è un terzo e decisivo punto, terribilmente sottovalutato nel testo messo a punto dai senatori rossoverdi e, in genere, da quanti polemizzano astrattamente con la presenza di "sacerdoti con le stellette". Chi conosce almeno un po' il mondo militare e le sue regole, sa che per risultare efficaci al suo interno bisogna esserci. E, da anni e anni, i cappellani militari vivono con efficacia la loro missione pastorale e umana tra i soldati - dimostrando, con Sant'Agostino, che l'autorità e il "grado" coincidono con impegnativi doveri di servizio - proprio perché non sono e non appaiono come un "corpo estraneo". Non sono, insomma, una Chiesa lontana e fuori dalla caserma e dai teatri d'impegno, ma come don Gnocchi coi "suoi" alpini una Chiesa che è, e si fa, anche tra quelle mura e in quelle situazioni. E' una realtà che non merita di essere attaccata, che non può e non deve essere dispersa. A partire dalla quale Stato e Chiesa - ne siamo certi - sapranno ancora e sempre collaborare e intendersi.
 
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Kulkulcan
view post Posted on 1/8/2007, 09:41




Per non dimenticare...
CITAZIONE
Don Milani, servo di Dio e di nessun altro


Oggi sono più di diecimila in Italia le associazioni, le scuole, le istituzioni che hanno preso il suo nome, ma finché era in vita don Milani fu emarginato e guardato con sospetto come un individuo eccentrico e pericoloso.
Aveva una sola passione: il riscatto degli “ultimi” mediante la cultura, la riappropriazione della parola. Anticipò il Concilio. In realtà egli prevenne senza clamori quel terremoto che doveva sconvolgere la Chiesa con il Concilio Ecumenico Vaticano II e la società italiana con la contestazione del Sessantotto. Ma lui era intelligente, serio e preparato, non velleitario.
Proveniente da una famiglia borghese e aristocratica, in età matura abbracciò il sacerdozio. In tre direzioni principali possiamo rilevare la sua azione: nella prassi ordinaria della Chiesa (Esperienze pastorali); nel rifiuto della guerra (L'obbedienza non è più una virtù); nella riforma della scuola italiana (Lettera a una professoressa).
Notò che i giovani preti perdono il loro tempo a giocherellare con i ragazzi nei patronati, ragazzi che poi perdono regolarmente non appena raggiungono l'età della ragione.
«Mi sta a cuore», il motto di don Lorenzo. Scrivendo una lettera aperta in favore dell'obiezione di coscienza nel 1965 si tirò addosso le ire dei cappellani militari, osservando come essi indirettamente danno supporto alla guerra anziché ripudiarla come suggerisce la Costituzione Italiana. Venne incriminato per apologia di reato.
Rimproverò alla scuola italiana il suo dilettantismo e la sua pratica inutilità, con lo svantaggiare di fatto i figli degli operai e dei contadini. Alcuni slogan: "La scuola sarà sempre meglio della merda"; "la scuola italiana è un ospedale che cura i sani e respinge i malati". Costituzionalmente antifascista, don Dilani al “me ne frego” aveva opposto “I care”: mi sta a cuore. Era il suo motto.
Con questo don Lorenzo toccava tre nervi scoperti della società italiana e non è da meravigliarsi se si attirò l'odio di tutti i cosiddetti benpensanti e in particolare della gerarchia ecclesiastica.
Dico della gerarchia (il card. Ermenegildo Florit, vescovo di Firenze), non della Chiesa, perché il popolo di Dio è spesso più avanti dei suoi pastori. Ma Giovanni XXIII e lo stesso Paolo VI lo vedevano con affetto e da loro non ebbe mai alcun richiamo.
Barbiana: una chiesuola, due stanze e un cucinino. Era il 1958. Dopo un breve periodo in cura d'anime come cappellano a San Donato di Cadenzano pubblicò il libro "Esperienze pastorali", subito messo al bando dal Sant'Uffizio come eretico o inopportuno, quantunque recasse il nulla osta di un vescovo (il card. Elia Dalla Costa) come prescritto dal diritto canonico. La condanna fu il confino a Barbiana, un paese inesistente, quattro case di contadini tra i boschi del Mugello.
Quando ci andai con la mia Cinquecento faticai a trovarlo. Nessuna indicazione stradale, neanche un metro di asfalto.
Dopo alcuni tortuosi tornanti ecco una tavoletta su un albero a indicare Barbiana. Una modesta chiesuola ad unica navata ed, accosto la misera canonica, due stanze e un cucinino. Quella a pianterreno adibita ad aula scolastica: un lungo tavolo, uno scaffale di libri, delle sedie impagliate.

Non gli importava di essere amato. Qui don Lorenzo passava tutte le ore del giorno, tutti i giorni della settimana, con una dozzina di ragazzuoli. Era la sua scuola alternativa: i testi erano la Costituzione, il quotidiano, il dizionario.
Don Milani non amava ricevere visite e raramente concedeva udienze, sapendo distinguere fino a sembrare scorbutico chi onestamente cercava una risposta, da chi voleva solo esibirsi accanto a lui per una foto. Conosciuto da pochi, detestato da molti, non gli importava gran che d'essere amato.
Obbediente in tutto fino allo scrupolo, conservò fino alla fine la veste talare che molti preti in vena di contestazione in quegli anni andavano abbandonando.
Don Lorenzo non fu mai pacifista da piazza, ma denunciò l'ideologia della guerra analizzando sui testi scolastici l'inutilità di tutte le guerre e attirandosi l'odio dei cappellani militari che lo trascinarono in tribunale, dove fu assolto con formula piena quando ormai, giunto al termine della sua vita nel giugno 1967, aveva vinto la sua battaglia.
Chi era don Lorenzo Milani? Era un prete. Ma ancor prima era un cristiano che aveva preso sul serio il Vangelo. Come Gesù aveva fatto sua la scelta preferenziale dei poveri. Definiva se stesso: servo di Dio e di nessun altro.

«Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma...». Lontanissimo da ogni forma di autocompiacimento e smania di protagonismo, don Milani non firmava col suo nome la rara corrispondenza, come pure il suo libro più rivoluzionario "Lettera a una professoressa". Firmava Scuola di Barbiana, identificandosi con quel gruppo di ragazzi ai quali aveva dedicato tutta la sua vita e che gli farà dire al termine: «Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma spero che egli non faccia caso a queste sottigliezze e metta tutto nel suo conto».

 
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view post Posted on 27/8/2007, 21:23
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PRETI-SOLDATO, “PRESENZA IRRINUNCIABILE”. “AVVENIRE” BOCCIA LA PROPOSTA LA LEGGE CHE SMILITARIZZA I CAPPELLANI MILITARI





34002. ROMA-ADISTA. Giù le mani dai preti-soldato: i cappellani militari devono continuare ad entrare nelle caserme e ad accompagnare le truppe nelle “missioni di pace” con le stellette appuntate sulla talare e sul clergyman, da soldati quindi, e non da semplici sacerdoti. È la posizione del quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, che in un editoriale di Marco Tarquinio (“Irrinunciabile presenza tra gli uomini in divisa”) il 19/7 intima l’altolà ad un recente disegno di legge presentato dal senatore dei Verdi Gianpaolo Silvestri che propone non l’abolizione dei cappellani militari ma la loro smilitarizzazione: cioè lo sganciamento dalla struttura gerarchica delle forze armate (i cappellani assumono i gradi di ufficiale, l’ordinario militare è generale di corpo d’armata) e l’affidamento della cura pastorale dei soldati ai sacerdoti delle parrocchie (v. Adista n. 43/07). Come del resto propone anche Pax Christi da oltre dieci anni. “Avvenire”: giù le mani dai cappellani militariQuella del senatore Silvestri – e poi fatta propria dall’intero gruppo Verdi-Comunisti italiani di Palazzo Madama – è “una proposta di legge che, per contenuti e obiettivi, induce a serissima perplessità” dal momento che punta “a metter fuori dalle caserme i cappellani militari cattolici”, scrive Tarquinio, travisando completamente – non si capisce se in buona o in cattiva fede – il testo della legge che non prevede affatto l’espulsione dei sacerdoti dalle caserme. Prosegue l’editorialista di Avvenire: “l’esperienza accumulata in tutta la tormentata seconda metà del Novecento e in questo teso avvio del nuovo secolo proclama la straordinaria importanza del ruolo svolto dai cappellani militari tra gli uomini e le donne in divisa impegnati nelle tante missioni di stabilizzazione e di pace che sono state svolte e tutt’ora vengono sviluppate, con umanità e onore, nelle situazioni più delicate e difficili. Può sembrare retorico, ma è la realtà: dai Balcani all’Africa, dal Medio Oriente all’Afghanistan, chi dice ‘missione italiana’ pensa e parla di soldati al servizio dei popoli e della loro speranza, obbedienti alle leggi della Repubblica e alle indicazioni delle Nazioni Unite, espressione di una cultura fondata sul rispetto della persona umana - esso sì - ‘senza se e senza ma’. E questi militari, questi uomini e donne in divisa, sono i primi a testimoniare dell’imprescindibile e preziosa opera svolta tra loro e con loro dai cappellani”. Torna poi il concetto di “militarità”, tanto caro all’attuale presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Angelo Bagnasco, ordinario militare nel periodo 2003-2006: la necessità, cioè, che il cappellano sia incardinato nella struttura e nella gerarchia militare. “Chi conosce almeno un po’ il mondo militare e le sue regole – scrive ancora Tarquinio –, sa che per risultare efficaci al suo interno bisogna esserci. E, da anni e anni, i cappellani militari vivono con efficacia la loro missione pastorale e umana tra i soldati - dimostrando, con Sant’Agostino, che l’autorità e il ‘grado’ coincidono con impegnativi doveri di servizio - proprio perché non sono e non appaiono come un ‘corpo estraneo’”. C’è da aggiungere un particolare che Tarquinio omette: il “grado”, oltre ad “impegnativi doveri di servizio”, consente ai cappellani di percepire uno stipendio mensile da ufficiali delle forze armate – che nel 2005 (ultimo dato disponibile) è costato allo Stato italiano 10 milioni e 817mila euro per 190 cappellani in servizio – e, una volta raggiunta l’età, anche di godere di una ricca pensione che, per gli ordinari in congedo, è una pensione da generale. I parroci: la Chiesa rinunci ai preti-soldatoAlle posizioni espresse da Tarquinio provano a replicare due parroci, don Salvatore Leopizzi (parroco a Gallipoli) e don Renato Sacco (parroco a Cesara, in provincia di Verbania), in una lettera indirizzata al direttore di Avvenire, Dino Boffo, che però il quotidiano della Cei non pubblica. “Siamo parroci, impegnati tra la gente da molti anni, in luoghi diversi dell’Italia al Nord e al Sud – scrivono –. Avvertiamo una crescente sensibilità e attesa dei credenti per una Chiesa capace di scelte più audaci e credibili. Da diversi anni, nella stessa Chiesa italiana vanno emergendo riflessioni teologiche e proposte pastorali che mirano a rivedere lo status dei cappellani militari. Già parlare di preti con le stellette o di Chiesa militare induce a considerare gli stessi cappellani come organicamente inseriti nel sistema gerarchico delle forze armate, con relativi gradi, carriera e stipendi. Non è da mettere in questione, secondo noi, la necessità della presenza religiosa e l’assistenza spirituale nelle caserme, ma l’opportunità di smilitarizzarne le forme e le norme che oggi la regolano, come ad.esempio già accade per la Polizia di Stato. Sarebbe un segnale positivo non solo nella direzione di una matura laicità dello Stato, ma anche della necessaria libertà della Chiesa”.Proseguono i due parroci: “Nel rispetto delle proprie e delle altrui competenze e responsabilità, la Chiesa è chiamata certamente a portare e a testimoniare il Vangelo anche tra i soldati, ma facendosi eco di quella Parola profetica e non negoziabile: ‘rimetti la tua spada nel fodero, perché chi di spada ferisce di spada perisce’. Parola che può suscitare derisione, rifiuto e può portare al martirio, ma diventa seme di speranza per quanti cercano giustizia senza violenza e pace senza tornaconto. È tempo allora non più di cappellani militari, ma di cappellani tra i militari. Cappellani con il coraggio di ripetere, all’occorrenza, come mons. Romero: ‘Soldati, vi prego, vi supplico, vi scongiuro, vi ordino, non uccidete più...’ (...). Cappellani liberi da mimetiche e stellette, da stipendi e privilegi, a servizio di un Dio che difende sempre la vita, e non di un potere, sia pure legittimo, che può dare anche la morte. Non sarebbe questa una scelta da compiere, in modo unilaterale e preventivo, per dovere di coscienza cristiana e di fedeltà al Vangelo, senza attendere una legge dello Stato, vissuta o subita come una forzata privazione di un irrinunciabile diritto?”. (luca kocci)

 
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pippo777
view post Posted on 28/8/2007, 06:06




così come gli ex cappellani (primo fra tutti l’attuale presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Angelo Bagnasco, ex ordinario militare e generale di corpo d’armata in congedo) non perderebbero il diritto alla pensione.
000000000000
hoibò!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
 
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view post Posted on 29/4/2012, 09:00
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http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ba...enerale/2179679

Bagnasco, pensione da generale
di Riccardo Bianchi

I cappellani militari costano allo stato oltre 15 milioni di euro l'anno. E tra loro abbondano i vescovi babypensionati con emolumenti d'oro. Tra cui anche l'attuale presidente della Conferenza episcopale italiana
(27 aprile 2012)
All'interno della cittadella militare della Cecchignola c'è un seminario. Vi nascono i futuri cappellani militari, preti che per l'esercito italiano sono anche ufficiali. Il seminario è cattolico, ma a pagare la formazione degli attuali otto seminaristi ci pensa lo stato italiano. Perché la «Scuola allievi cappellani militari» fa parte dell'ordinariato militare, una speciale diocesi che però è anche una struttura delle forze armate e i cui soli uffici centrali romani pesano per 2 milioni di euro sul bilancio del ministero della Difesa. Sembrano tanti, ma pensioni e stipendi di tutti i sacerdoti e, soprattutto dei vescovi che comandano, toccano la cifra di ben 15 milioni di euro all'anno. E abbondano i casi di babypensionamenti.

Tra questi babypensionati spunta il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco, che dal 2003 al 2006 è stato anche arcivescovo ordinario militare, cioè reggente della diocesi, per legge equiparato ad un generale di corpo d'armata. Un ruolo del genere si aggira sui 190mila euro lordi di stipendio all'anno, quello che riceve l'ordinario attuale, monsignor Vincenzo Pelvi. Come pensione, si parla di oltre 4mila euro lordi al mese, ma Bagnasco prende di meno perché non è arrivato ai venti anni di servizio. Detto questo, raggiungendo nel 2006 i sessantatre anni d'età ha avuto diritto al vitalizio sostanzioso con soli tre anni di contributi, e come lui tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni).

Il problema delle pensioni dei cappellani è un vero dilemma: interrogato da Maurizio Turco dei Radicali, il ministro della difesa Di Paola ha risposta che l'Inpdap non sa dire a quanto ammontino, ma ha stimato che la media degli assegni per i 160 religiosi, di cui 16 alti graduati, si aggiri sui 43 mila euro lordi annui. Sommandoli agli 8,6 milioni di euro che costano i 184 cappellani in attività, vescovi compresi, si arriva a 15 milioni. Un bel costo per «l'assistenza spirituale delle forze armate».


«Il governo parla di tagliare 30-40 mila posti tra militari e civili al ministero della Difesa, ma i cappellani dovevano scendere a 116 e invece superano ancora i 180». spiega Luca Comellini del partito per la tutela dei diritti dei militari, che con Turco ha sollevato il caso delle spese. C'è un sacerdote alla Croce Rossa e ce ne sono al fronte: «Per altro quando dicono messa la domenica ricevono l'indennità di lavoro festivo e se vanno in guerra quella di missione».

L'unico che nella storia ha sciolto i cappellani è stato Mussolini il giorno dopo la marcia su Roma dell'ottobre 1922. Temeva fossero infiltrati del Vaticano, ma negli anni '30 iniziò a riaprire le truppe alla presenza dei preti. Poi nessuno ci ha rimesso mano. Anzi, nel 1997 il governo di centrosinistra di Romano Prodi ha alzato i gradi e con loro lo stipendio dei religiosi: il vicario generale, secondo della gerarchia dell'ordinariato, passò da generale di brigata a generale di divisione, gli ispettori da tenenti colonnello a generali di brigata. Furono creati altri ruoli di rango elevato, così che se prima i sacerdoti erano tenenti, capitani o maggiori, adesso possono essere anche colonnelli e tenenti colonnello.

Un discorso a parte, anzi un articolo a parte, meriterebbe tutta la discussione interna alla Chiesa sul valore dei cappellani. Nel '65 un gruppo di loro scrisse di ritenere «un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta «obiezione di coscienza», che, «estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà». Ci pensò Don Lorenzo Milano a rispondere che «E' troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa». Da anni, dai tempi di monsignor Tonino Bello, Pax Christi chiede di smilitarizzarli e di passare la cura delle anime dei soldati alle parrocchie in cui ha sede la caserma. Insomma, all'interno delle curie è un tema che fa discutere. Ma un altro si presenterà allo stato laico: stanno arrivando soldati di fede diversa, ma l'ordinariato è un ufficio puramente cattolico. Come farà a garantire l' «assistenza spirituale delle forze armate» che non credono in Cristo o almeno non nel papa? Sarà un altro bel dilemma.
 
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I preti baby pensionati a carico nostro
30/04/2012 - Sacerdoti e soldati. I cappellani militari in Italia. Fra pensioni in anticipo, stipendi da ufficiali e seminari specializzati. Tutto a carico dello Stato.
di Dario Ferri


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“Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni”, scriveva Don Lorenzo Milani, nel 1965: “Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso; io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri”. La sua lettera, e la sua invettiva, era rivolta al consiglio dei Cappellani Militari in congedo della Toscana, che aveva scritto in quei lontani anni ’60 parole di fuoco contro l’obiezione di coscienza. Molta acqua è passata sotto i ponti, ma i cappellani militari non sono certo cambiati, e anzi, sono aumentati. Una figura ibrida per definizione, ufficiale e sacerdote, prete e militare. Dietro una definizione generica, storie di uomini di Dio spesso al fronte.

PRETE E SOLDATO - Eppure, una storia non certo mancante di controversie. Perché, per dirne una, un sacerdote che riesca ad essere inquadrato nei ranghi militari diventa automaticamente assegnato al grado di tenente. Senza concorso pubblico, per esempio, ma con il grado, le mostrine, le divise, gli onori economici di un tenente di piena carriera. Senza averne gli oneri perché, come vedremo, è raro trovare un cappellano militare che imbracci un arma da guerra e dia ordini; e in ogni caso, il suo compito non è esattamente quello. Anche se di eccezioni alla regola ce ne sono. Ma ci sono anche i nomi eccellenti, come quello di Angelo Bagnasco, presidente della Cei, con un passato di assistente militare: che però non ha problemi, per così dire, a portarsi gioiosamente sul groppone, vista la pensione di extralusso che questo status comporta. Ne parlava la settimana scorsa l’Espresso. “Pensioni e stipendi di tutti i sacerdoti e, soprattutto dei vescovi che comandano, toccano la cifra di ben 15 milioni di euro all’anno. E abbondano i casi di babypensionamenti”, scriveva il settimanale del gruppo editoriale che mette in edicola La Repubblica.

BABY PENSIONE - “Tra questi babypensionati spunta il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco, che dal 2003 al 2006 è stato anche arcivescovo ordinario militare, cioè reggente della diocesi, per legge equiparato ad un generale di corpo d’armata. Un ruolo del genere si aggira sui 190mila euro lordi di stipendio all’anno, quello che riceve l’ordinario attuale, monsignor Vincenzo Pelvi. Come pensione, si parla di oltre 4mila euro lordi al mese, ma Bagnasco prende di meno perché non è arrivato ai venti anni di servizio. Detto questo, raggiungendo nel 2006 i sessantatre anni d’età ha avuto diritto al vitalizio sostanzioso con soli tre anni di contributi, e come lui tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni)”. Non male, per un sacerdote – militare.

VITA DA CAPPELLANO - Ma cosa fa un cappellano militare? Quale è, esattamente, il suo compito? Le parole del codice dell’Ordinamento Militare sono scarne, e poche: l’impiego di un cappellano militare consiste “nell’esercizio del ministero sacerdotale in qualita’ di cappellano militare”. Bella forza. Dobbiamo rivolgerci ai forum dei militari per avere un racconto in prima persona, per capire dalle voci dei soldati quale è il ruolo di un cappellano militare: “I cappellani militari hanno un ruolo fondamentale nelle FF.AA”, si legge: “Essi collaborano con i comandi nella gestione del personale fornendo un adeguato supporto morale al personale, sopratutto quando in [ci si trova in ]situazioni critiche. Essi sono sempre stati in prima linea in missione (un gruppo navale in missione per lungo tempo ha sempre un cappellano militare al seguito) che ascolta il personale e riporta al comando le situazioni critiche (ho avuto casi di sottufficiali in “sofferenza” che hanno risolto la loro situazione grazie all’interessamento dei cappellani)”. C’è la storia coraggiosa di Don Sergio, del cappellano della San Marco, i marò insomma, che “seguiva sempre le truppe a bordo delle navi da sbarco e sbarcava con loro o con l’AAV7 o con l’elicottero avendo, anche lui, conseguito il brevetto ANF”. Prete e soldato.

SIAMO UOMINI O CAPORALI? - Quel che è certo, da codice, è il grado: il grado che gli appartenenti a questa complessa struttura, questa diocesi incardinata nell’esercito ma interamente a carico della Pubblica Amministrazione – Ministero o sue articolazioni provinciali – ottengono senza dover passare tutta la trafila dei propri confratelli laici. I colorati schemi di Wikipedia, completi di mostrine corrispondenti, ci mostrano l’incardinamento a ruolo dei cappellani militari per Esercito, Marina Militare, Aviazione, Carabinieri e Guardia di Finanza.

Dunque il vescovo della Diocesi Militare, attualmente monsignor Vincenzo Pelvi, è equiparato per titolo, stipendio e pensione ad un generale di corpo d’Armata – che ora si chiama tenente generale; giù giù fino al semplice cappellano che come dicevamo vale comunque quanto il primo degli ufficiali. Differente il caso delle suore che, essendo donne, non possono che essere marescialli, mica possono essere equiparate ai loro colleghi maschi. Logico, oppure no.

SOLDI DI TUTTI - Come potrebbe mancare di logicità l’esistenza stessa di un corpo di “sostegno spirituale” del soldato italiano non cattolico: probabilmente un effettivo di salda fede sarà spesso rincuorato dalla possibilità di partecipare all’eucarestia domenicale anche sotto le armi, né è da sottovalutare, senza retorica, la forza del supporto morale di un sacerdote in zone di guerra; ma i suoi commilitoni non credenti potrebbero chiedersi perché i soldi delle loro ritenute fiscali debbano finanziare gli stipendi e le pensioni di questo nutrito gruppo di sacerdoti in divisa (“Il servizio dell’assistenza spirituale alle Forze armate dello Stato, istituito per integrare, secondo i principi della religione cattolica, la formazione spirituale delle Forze Armate stesse, è disimpegnato da sacerdoti cattolici in qualità di cappellani militari”, dice la legge istitutiva dell’Ordinariato). Ma a quanto ammonta l’esborso per lo Stato a causa di questi effettivi?


I preti baby pensionati a carico nostro
I preti baby pensionati a carico nostro
30/04/2012 - Sacerdoti e soldati. I cappellani militari in Italia. Fra pensioni in anticipo, stipendi da ufficiali e seminari specializzati. Tutto a carico dello Stato.
di Dario Ferri
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DATI MANCANTI - Questo è il bello, in parte non si sa e si hanno solo stime: perché se è vero che il trattamento economico e pensionistico del personale religioso militare è assolutamente equiparato a quello civile, ottenere una quantificazione numerica è estremamente difficile. In una risposta ad un’interrogazione parlamentare in tema, richiesta da Maurizio Turco, radicale e cofondatore del Partito per la Difesa dei Militari, pubblicata anch’essa dall’Espresso, il neoministro alla difesa Giancarlo de Paola ha ammesso che l’intera gestione del conto è devoluta all’Ordinariato, ovvero alla diocesi, e che dunque l’Inpdap, sostanzialmente, paga in bianco. “Per quanto concerne il costo previdenziale complessivo”, dice il ministro, “non potendo acquisire dati attendibili da parte del predetto ente erogatore, a mero titolo collaborativo, il citato organo tecnico amministrativo ha eseguito una stima approssimativa, tenuto conto che la misura del trattamento pensionistico è strettamente correlata al trattamento economico percepito all’atto della cessazione. (…) Tuttavia, in relazione alla stima effettuata, l’importo annuo lordo del trattamento pensionistico ordinario e/o privilegiato del personale in parola dovrebbe ammontare a circa 43.000 euro lordi procapite”. Il che moltiplicato per i “4 ordinari militari” (fra cui Bagnasco) “n. 4 vicari generali, n. 8 ispettori e circa n. 140 cappellani militari” cessati dal servizio negli ultimi vent’anni, e sommato agli stipendi, va a totalizzare secondo Turco “più di 15 milioni di euro all’anno” che, commenta l’esponente radicale, potrebbero ben essere addossati alla chiesa cattolica che li potrebbe pagare con l’otto per mille.

IL SEMINARIO - Della natura ibrida di questi commilitoni si sono accorti anche gli stessi militari che ne discutono animatamente nei loro forum. Forse non tutti sanno che alla Cecchignola, quartiere militare romano, c’è addirittura il seminario dell’Ordinariato, che attualmente accoglie 10 seminaristi provenienti da tutt’Italia che studieranno discipline teologiche – non militari, a meno che nella “Pontificia Università Teologica della Santa Croce ” o alla “Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura Seraphicum” ci siano corsi di armamenti – effettueranno servizio domenicale presso i militari e le loro famiglie e poi saranno avviati alla carriera militare. Esistono dunque due tipi di cappellano, “quelli che sono parte integrante dell’ordinariato, essendo incardinati in esso; e quelli che prestano servizio nell’ordinariato, restando però legati alle proprie diocesi di provenienza o agli istituti religiosi di cui fanno parte”. Secondo i commenti leggibili nei forum dei militari, la prevalenza dei cappellani “ sono entrati nell esercito dopo che erano gia’ preti,in pratica dopo aver fatto il seminario”, il che renderebbe i dieci della Cecchignola, in pratica, una forza sceltissima pronta ad occupare un posto di tutto rispetto per qualifiche e trattamento economico.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ba...enerale/2179679

Bagnasco, pensione da generale
di Riccardo Bianchi

I cappellani militari costano allo stato oltre 15 milioni di euro l'anno. E tra loro abbondano i vescovi babypensionati con emolumenti d'oro. Tra cui anche l'attuale presidente della Conferenza episcopale italiana
(27 aprile 2012)
All'interno della cittadella militare della Cecchignola c'è un seminario. Vi nascono i futuri cappellani militari, preti che per l'esercito italiano sono anche ufficiali. Il seminario è cattolico, ma a pagare la formazione degli attuali otto seminaristi ci pensa lo stato italiano. Perché la «Scuola allievi cappellani militari» fa parte dell'ordinariato militare, una speciale diocesi che però è anche una struttura delle forze armate e i cui soli uffici centrali romani pesano per 2 milioni di euro sul bilancio del ministero della Difesa. Sembrano tanti, ma pensioni e stipendi di tutti i sacerdoti e, soprattutto dei vescovi che comandano, toccano la cifra di ben 15 milioni di euro all'anno. E abbondano i casi di babypensionamenti.

Tra questi babypensionati spunta il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco, che dal 2003 al 2006 è stato anche arcivescovo ordinario militare, cioè reggente della diocesi, per legge equiparato ad un generale di corpo d'armata. Un ruolo del genere si aggira sui 190mila euro lordi di stipendio all'anno, quello che riceve l'ordinario attuale, monsignor Vincenzo Pelvi. Come pensione, si parla di oltre 4mila euro lordi al mese, ma Bagnasco prende di meno perché non è arrivato ai venti anni di servizio. Detto questo, raggiungendo nel 2006 i sessantatre anni d'età ha avuto diritto al vitalizio sostanzioso con soli tre anni di contributi, e come lui tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni).

Il problema delle pensioni dei cappellani è un vero dilemma: interrogato da Maurizio Turco dei Radicali, il ministro della difesa Di Paola ha risposta che l'Inpdap non sa dire a quanto ammontino, ma ha stimato che la media degli assegni per i 160 religiosi, di cui 16 alti graduati, si aggiri sui 43 mila euro lordi annui. Sommandoli agli 8,6 milioni di euro che costano i 184 cappellani in attività, vescovi compresi, si arriva a 15 milioni. Un bel costo per «l'assistenza spirituale delle forze armate».

«Il governo parla di tagliare 30-40 mila posti tra militari e civili al ministero della Difesa, ma i cappellani dovevano scendere a 116 e invece superano ancora i 180». spiega Luca Comellini del partito per la tutela dei diritti dei militari, che con Turco ha sollevato il caso delle spese. C'è un sacerdote alla Croce Rossa e ce ne sono al fronte: «Per altro quando dicono messa la domenica ricevono l'indennità di lavoro festivo e se vanno in guerra quella di missione».

L'unico che nella storia ha sciolto i cappellani è stato Mussolini il giorno dopo la marcia su Roma dell'ottobre 1922. Temeva fossero infiltrati del Vaticano, ma negli anni '30 iniziò a riaprire le truppe alla presenza dei preti. Poi nessuno ci ha rimesso mano. Anzi, nel 1997 il governo di centrosinistra di Romano Prodi ha alzato i gradi e con loro lo stipendio dei religiosi: il vicario generale, secondo della gerarchia dell'ordinariato, passò da generale di brigata a generale di divisione, gli ispettori da tenenti colonnello a generali di brigata. Furono creati altri ruoli di rango elevato, così che se prima i sacerdoti erano tenenti, capitani o maggiori, adesso possono essere anche colonnelli e tenenti colonnello.

Un discorso a parte, anzi un articolo a parte, meriterebbe tutta la discussione interna alla Chiesa sul valore dei cappellani. Nel '65 un gruppo di loro scrisse di ritenere «un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta «obiezione di coscienza», che, «estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà». Ci pensò Don Lorenzo Milano a rispondere che «E' troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa». Da anni, dai tempi di monsignor Tonino Bello, Pax Christi chiede di smilitarizzarli e di passare la cura delle anime dei soldati alle parrocchie in cui ha sede la caserma. Insomma, all'interno delle curie è un tema che fa discutere. Ma un altro si presenterà allo stato laico: stanno arrivando soldati di fede diversa, ma l'ordinariato è un ufficio puramente cattolico. Come farà a garantire l' «assistenza spirituale delle forze armate» che non credono in Cristo o almeno non nel papa? Sarà un altro bel dilemma.
 
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Lo scandalo dell'assistenza religiosa ai militari

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http://www.lanotiziagiornale.it/cappellani...ome-i-generali/

Cappellani a peso d’oro, costano come i generali
Pubblicato da Redazione il 10 luglio 2013



di Andrea Koveos

Anche quest’anno lo Stato non sarà laico e lo stipendio dei cappellani militari è salvo. Tanto paga il ministero della Difesa. Quanto costa allo Stato la cura spirituale dei militari impegnati in missione? Quasi 17 milioni di euro. Questa cifra comprende gli stipendi, le pensioni e il mantenimento degli uffici. Solo questi pesano 2 milioni di euro l’anno. I cappellani in attività sono 134 e i loro stipendi, equiparati a quelli dei generali, ammontano a 6 milioni e 300 mila euro. Per quanto riguarda le spese pensionistiche, non essendo chiaro nemmeno al ministro l’ammontare complessivo delle erogazioni, è possibile unicamente fare una stima approssimativa.
In ogni caso l’importo annuo lordo del trattamento pensionistico ordinario dei cappellani dovrebbe ammontare a circa 43 mila euro lordi. Considerando che i cappellani che sono andati in pensione negli ultimi 20 anni sono 156 l’importo complessivo è di 6 milioni e 700mila euro. C’è di più. I cappellani ricevono stipendi dallo Stato ma possono maturare la pensione in anticipo rispetto agli altri lavoratori dipendenti e rispetto al militare pari grado e non mancano nemmeno casi di baby-pensionati.

cappellanoIl prelato, infatti, che porta a casa la stessa busta paga di un generale di brigata in congedo, ha diritto a una pensione fino a 4 mila euro al mese. Questo nonostante abbia prestato servizio per soli 3 anni. Compiuti i 63 anni, età per la quale un Generale di brigata è collocato in congedo, ha maturato il vitalizio. Un problema quello dei preti con l’elmetto finito un anno fa in discussione alla Camera dei deputati.

La proposta di alcuni parlamentari radicali era semplice “Al personale del servizio assistenza spirituale non compete il trattamento economico a carico dello Stato, ovvero del Ministero della difesa. In più il coordinamento con l’Ordinariato militare, il trattamento economico e previdenziale del personale del servizio assistenza spirituale è assicurato dalla diocesi dell’ambito territoriale del comando militare”.
Ma l’allora presidente Gianfranco Fini, dimostrando l’estrema devozione della partitocrazia alla sacralità della “casta ecclesiastica-militare, non fece una grinza: “Del resto, già in precedenti occasioni, sia in sede referente sia in Assemblea, sono stati dichiarati inammissibili emendamenti di identico contenuto, in quanto la materia trattata è oggetto di intesa tra lo Stato italiano e la Conferenza episcopale italiana.
Una risposta inaccettabili per i firmatari di una proposta che mirava al taglio degli sprechi e dei privilegi.
Sostenere contrariamente alla legge e al diritto che la disciplina del trattamento economico dei cappellani militari sia tra le questioni tutelate dal Concordato, e quindi indirettamente elevata a norma di rango costituzionale, dimostrerebbe una scarsa conoscenza della materia. Se la Difesa rinunciasse a pagare i ricchi stipendi dei cappellani non inciderebbe in alcun modo sul Concordato perché non modificherebbe alcuna “intesa”, che di fatto è inesistente.
La recente riformulazione dell’articolo 17 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 che (Servizio di assistenza spirituale) conferma che “l’intesa” a cui fanno riferimento le diverse Istituzioni parlamentari non esiste.

www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/8287/

Quei cappellani militari
che guadagnano come i generali
Luca Kocci
17.08.2012
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Indossano la veste talare con i gradi appuntati sul colletto, accompagnano i militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nelle «missioni di pace» È l'esercito dei preti-soldato contestati già da don Milani

Una veste talare con due stellette dorate appuntate sul colletto: è la divisa dell'ordinario militare, l'arcivescovo che guida con i gradi, e lo stipendio, di generale di corpo d'armata il piccolo esercito dei cappellani militari, i preti-soldato impegnati nel servizio pastorale fra i militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nei contingenti impegnati nelle cosiddette "missioni di pace". Una vera e propria Chiesa militare, con i gradi accanto al crocefisso, che dispensa assistenza spirituale e sacramenti a coloro che hanno scelto le armi e la mimetica e predica un Vangelo in grigio-verde, come il colore della copertina di quello che mons. Angelo Bagnasco, prima di staccarsi le stellette di vescovo castrense per assumere i gradi di presidente della Conferenza episcopale italiana, regalò a tutti i soldati in missione all'estero: «Un tocco che lo contraddistingue, un simbolo di appartenenza, come si fa negli scout», spiegò allora. E «appartenenza» è la parola che ripetono da sempre i vescovi-generali, per stoppare in partenza tutte le richieste di smilitarizzazione dei cappellani che provengono dal mondo cattolico di base e pacifista. «La cosiddetta "militarità" può fare problema e sembrare fuori posto per un prete - spiegava ancora Bagnasco - ma c'è una ragione: il senso di appartenenza alle forze armate è altissimo, è un mondo con regole precise» e «il sacerdote, per essere pienamente accolto, ne deve far parte fino in fondo», cioè con i gradi. «La vocazione alla santità del militare rischia di non essere compresa, particolarmente da coloro che esaltano la pace a oltranza», dice ancora più chiaramente l'attuale ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, che propone anche di proclamare Giovanni XXIII, il papa della Pacem in Terris, patrono dell'esercito.
I cappellani militari cattolici vennero introdotti nell'esercito italiano alla vigilia della I guerra mondiale. Fu il generale Cadorna a chiedere la presenza al fronte di preti - fra cui si distinse il francescano Agostino Gemelli, il quale fu anche consulente dello Stato maggiore - che sostenessero spiritualmente i soldati nel conflitto e che collaborassero a mantenere salda l'obbedienza agli ufficiali e la disciplina della truppa. Finita la guerra, i cappellani vennero congedati con il grado di tenente e fecero ritorno nelle parrocchie e nei conventi. Per poco però, perché nel 1926 Mussolini fece approvare la legge che istituì l'Ordinariato militare d'Italia, ulteriormente rafforzato tre ani dopo con la stipula dei Patti Lateranensi fra Chiesa cattolica e Stato fascista: l'atto di nascita di una vera Chiesa militare al servizio del regime, tanto che i cappellani vennero inseriti nelle forze armate, nell'Opera nazionale balilla e nella Milizia volontaria di sicurezza nazionale, accompagnarono e sostennero le truppe fasciste nella guerra civile spagnola, nella campagna d'Africa - dove i reparti mussolinani usarono i gas contro le popolazioni - e nella II guerra mondiale. Crollato il fascismo e conclusa la guerra, l'Ordinariato militare rimase saldo al suo posto. Anzi, nel 1986, papa Wojtyla emanò la Costituzione apostolica Spirituali militum curae ed elevò al rango di diocesi tutti gli ordinariati e i vicariati castrensi del mondo. Diocesi anomale, i cui parroci sono i cappellani militari e i cui fedeli sono i militari e le loro famiglie, gli allievi delle scuole militari e i degenti degli ospedali militari.
In Italia l'Ordinariato militare è equiparato ad un'arcidiocesi, la sede è in un bel palazzo storico a due passi dal Colosseo, il seminario per gli aspiranti preti-soldato si trova nella "città militare" della Cecchignola a Roma, Bonus Miles Christi è il mensile dell'Ordinariato, che è presente anche su Facebook. L'ordinario militare viene designato dal papa e nominato dal presidente della Repubblica (in accordo con il presidente del Consiglio e dei ministri della Difesa e dell'Interno), ha le stellette e il salario di un generale di corpo d'armata: oltre 9 mila euro al mese (lordi). Tutti gli altri cappellani, attualmente 182, sono inquadrati con i diversi gradi della gerarchia militare: il vicario generale è generale di brigata (6 mila euro di stipendio); l'ispettore, il vicario episcopale, il cancelliere e l'economo sono tenenti colonnello (5 mila euro); il primo cappellano capo è un maggiore (fra i 3 e i 4 mila euro); il cappellano capo è capitano (3 mila), il cappellano semplice ha il grado di tenente (2 mila e 500). La spesa da parte dello Stato è di oltre 10 milioni di euro l'anno. Ma è una cifra che non comprende le pensioni pagate ai preti soldato: circa 160, per un importo medio annuo lordo di 43 mila euro ad assegno (ma quelle degli alti ufficiali, in tutto 16, sono molto più elevate: l'ordinario militare percepisce circa 4mila euro netti al mese) e una spesa complessiva di quasi 7 milioni di euro, come ha riferito il ministro della Difesa, ammiraglio Di Paola, rispondendo ad una interrogazione parlamentare dei Radicali.
Ci avevano provato anni fa in Parlamento i Verdi a presentare un disegno di legge per la «smilitarizzazione» dei cappellani militari, riprendendo una delle storiche battaglie di Pax Christi: non l'eliminazione dei cappellani militari ma lo sganciamento dalla struttura delle forze armate, affidando la cura pastorale dei soldati a preti senza stellette che già operano nelle parrocchie nei cui territori sorgono le caserme, e facendo risparmiare un bel po' di quattrini allo Stato. Ma il fuoco di sbarramento delle gerarchie ecclesiastiche fece affossare il progetto. Ed è andata anche bene: negli anni '60 padre Balducci e don Milani vennero processati (Balducci fu condannato a 8 mesi, Milani morì prima della sentenza) per aver difeso l'obiezione di coscienza e criticato i cappellani militari.
 
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view post Posted on 19/11/2013, 16:03
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Stasera su Le Iene inchiesta sul costo dei 177 cappellani militari italiani
 
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view post Posted on 19/11/2013, 16:28
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Lo scandalo dell'assistenza religiosa ai militari
 
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view post Posted on 19/11/2013, 23:25
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http://www.leggo.it/NEWS/ITALIA/iene_cappe...ie/365277.shtml

LE IENE E I CAPPELLANI MILITARI: PARTONO DAI
GRADI ALTI E COSTANO 17 MILIONI D'EURO L'ANNO
COMMENTA |
Uno dei cappellani militari
Martedì 19 Novembre 2013

ROMA - Pagati profumatamente per portare la parola del Signore: ne parla l'inviato de Le Iene Luigi Pelazza che porta a conoscenza gli italiani di una vecchia legge secondo cui i cappellani che prestano servizio nelle caserme vengono considerati militari, quindi dipendenti del ministero della difesa, con un costo allo Stato di 17 milioni di euro l'anno. Poiché la legge prevede che queste figure ecclesiastiche partano direttamente dai gradi alti, addirittura fino a quello di generale, il costo continua inoltre a incidere pesantemente anche sulle casse della previdenza sociale, con la consistente pensione che percepiranno in seguito.
 
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64mmore
view post Posted on 30/12/2013, 18:59




Lunedì 23 dicembre è andata in scena a Montecitorio l’ennesima straordinaria performance dell’ineffabile «cittadino» Paolo Bernini (Movimento 5 Stelle), che «da ateo e sbattezzato» si è lanciato contro la spesa pubblica per i cappellani militari: «Visto che è Natale e si dice che 2.013 anni fa è nato un bambino in una grotta circondato da animali e pastorelli, come raffigurato dai due presepi all’interno del Parlamento, non sarebbe giusto che il governo si impegnasse a cancellare questa piccola anomalia investendo i soldi dello Stato laico in modo diverso?». Poi la conclusione a effetto (si fa per dire): «Il simbolo che sta sopra Montecitorio, la croce di Cristo, rappresenta la morte di una persona. Questa morte chi l’ha causata? I militari dell’Impero romano! Secondo voi, se a quel tempo ci fossero stati i cappellani militari, da che parte sarebbero stati?».

Il video
 
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view post Posted on 8/4/2014, 08:17
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http://www.lastampa.it/2014/04/07/italia/c...U4J/pagina.html

Cronache
07/04/2014
Addio stipendi e pensioni
La Difesa toglie le stellette
ai cappellani militari
“Costano troppo”. La Santa Sede disponibile all’accordo

Il compito dei cappellani militari è fornire «assistenza spirituale»

francesco grignetti
roma
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+ Santo Marcianò è il nuovo ordinario militare
+ Il Papa ha nominato mons. Marcianò ordinario militare d'Italia


Il ghiaccio è stato rotto. I primi colloqui, molto cordiali. All’insegna della disponibilità. E non era scontato. No, non era affatto scontato che il nuovo ordinario militare, l’arcivescovo monsignor Santo Marcianò, accettasse il principio che i cappellani militari rinuncino ai gradi. Inquadrati nelle forze armate ci sono infatti 173 tra generali, colonnelli, e capitani con la tonaca. Si muovono senza armi. Il loro compito, garantito dal Concordato, è fornire «assistenza spirituale» ai militari. E però costano cari: una ventina di milioni di euro all’anno. Colpa, o merito, del grado.



Il cardinale Angelo Bagnasco, per dire, vescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, essendo stato ordinario militare dal 2003 al 2006, ovvero comandante dei cappellani, fu automaticamente nominato generale di corpo d’armata (oggi tenente generale), prendeva lo stipendio conseguente al grado ed è andato in pensione con il trattamento commisurato. Il cardinale ha dichiarato che non trattiene un euro per sè da quella pensione. Va tutto in beneficenza. Ma il suo caso serve a capire il meccanismo.

È una legge a regolare la struttura dell’ordinariato militare, che è allo stesso tempo una diocesi della Chiesa e un ufficio dello Stato. Il comandante, l’ordinario, assume il grado militare di tenente generale. È assistito da un Vicario, che ha il grado di maggiore generale, e da due Ispettori, con funzioni di vigilanza, i quali ottengono il grado di brigadiere generale. E così via per li rami: nei reparti ci sono i primi cappellani capi con il grado di maggiore, i cappellani capi con il grado di capitano e i cappellani addetti con il grado di tenente. Ovviamente gli stipendi e poi le pensioni vanno di pari passo con gli avanzamenti.



Ebbene, grazie anche al nuovo corso francescano della Chiesa, si sente aria nuova anche all’ordinariato militare. L’arcivescovo Santo Marcianò, giunto al vertice dell’ordinariato nell’ottobre 2013, ha fatto capire, nei colloqui con il ministero della Difesa, che i cappellani potrebbero anche rinunciare ai gradi. Purché sia garantita l’essenza della loro missione pastorale, che è quella di assistere «spiritualmente» gli uomini e le donne che servono lo Stato in armi.



Non che sia una rinuncia facile. Non foss’altro perché «i gradi sono il grimaldello della gerarchia militare», come ha spiegato qualche tempo fa don Angelo Frigerio, ispettore dell’ordinariato. «Un passe-partout».

Don Angelo, grado di brigadiere generale, equivalente a generale di brigata, aveva accettato un invito nella tana del lupo. Parlava cioè ai microfoni di Radio radicale, intervistato da Luca Comellini, un ex maresciallo dell’Aeronautica che ha dato vita a un Partito per la Tutela dei Diritti dei Militari e Forze di Polizia. Comellini, che è di area radicale, è stato il primo a scoprire che dal 1984, siglato il nuovo Concordato tra Stato e Chiesa, manca una Intesa sullo status dei cappellani militari. «Ed è uno scandalo», dice. «Oltretutto negato negli anni scorsi, quando i deputati radicali avevano proposto di passare la spesa per i cappellani militari dal bilancio della Difesa a quello della Chiesa».



Sono trent’anni, insomma, che si va avanti per inerzia. E che si fa finta di niente. Finalmente, con monsignor Marcianò e il ministro Roberta Pinotti sembra giunto il tempo di sedersi attorno a un tavolo e modificare la vecchia Intesa sui cappellani militari (figlia dei Patti Lateranensi del 1929). I tempi magnificamente raccontati da Ernesto Rossi nel suo “Il manganello e l’aspersorio”.

Nella prossima revisione dello status del cappellano militare ci sarà anche modo di ripensare all’assetto gerarchico. Monsignor Marcianò ha dato la sua disponibilità a rinunciare al grado; ne ha accennato anche in un’intervista alle «Iene». E alla Difesa, sotto spending review, l’idea di una limatina alle spese per i cappellani piace anzichenò.
 
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