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Gli interessi dela chiesa cattolica nella Taranto avvelenata, il legame a filo doppio con l'ILVA

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view post Posted on 7/8/2012, 02:22
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NEWS_57334

Gli interessi della Chiesa nella Taranto avvelenata
A gestire la vertenza Ilva di Taranto si autocandida la chiesa locale, l'unico soggetto che ha sempre coltivato ottimi rapporti con l'industria e gli operai.
Giuseppe Ancona
martedì 31 luglio 2012 20:20
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Sono quasi cinquant'anni che a Taranto esiste il quarto centro siderurgico nazionale, nato verso la fine degli anni 60 a ridosso della città al posto di ulivi secolari, masserie, pascoli e macchia mediterranea occupando un'estensione pari al doppio di quella della città. Inizialmente di proprietà statale (Italsider) l'industria è passata in mano privata dal 1995 (Ilva s.p.a.) con l'industriale genovese Emilio Riva.
Oltre dodicimila sono attualmente i dipendenti, più qualche migliaio nell'indotto. Prima di arrivare al sequestro penale degli impianti e agli arresti domiciliari per i vertici dell'azienda, con accuse che vanno da disastro colposo ad avvelenamento e diversi reati ambientali, ci sono voluti anni di denunce da parte degli ambientalisti e allarmi statistici forniti da medici e operatori sanitari, tutti però inascoltati dai poteri forti della città, partiti e chiesa locale inclusi.
Ora interviene la procura che con perizie e indagini protrattesi per anni, accusa l'industria siderurgica tarantina di emettere veleni e di aver cagionato - solo negli anni di osservazione dal 1998 al 2010 - 386 decessi (30 per anno), pari all'1.4% della mortalità totale, e inoltre 237 casi di tumore maligno (18 casi per anno), 247 eventi coronarici (19 per anno), 937 ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie (74 per anno), in gran parte nella popolazione di età pediatrica.

Sempre che non si arrivi da un momento all'altro ad una soluzione alternativa, politica o giudiziaria o dettata dalla "ragione di Stato", i custodi nominati dal Tribunale dovranno quindi procedere all'arresto del ciclo di produzione a caldo attraverso complicate procedure che potrebbero durare mesi.
In questi giorni il problema occupazionale e ambientale è ovviamente al centro del dibattito tra i partiti, le istituzioni, i lavoratori a rischio di perdita del posto, l'opinione pubblica e infine, non ultima, la chiesa tarantina.
Si discute se l'Ilva dovrà essere ridimensionata o addirittura chiusa. Ci si interroga sul futuro dei dodicimila dipendenti e con quali soldi si dovrà bonificare o riqualificare l'area.
La comunità cittadina sembra a un passo dalla spaccatura e dallo scontro urbano nelle strade, tra chi vuole il lavoro e chi vuole la salute. E chi invece cerca una soluzione che salvi tutto, ma che nessuno sa quale possa essere.

In questo conflitto chi riesce abilmente a porsi in equilibrio tra le opposte ragioni è la curia tarantina. L'arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, sulla strada del ritorno per l'emergenza da un soggiorno in Brasile, entra nella disputa pronunciando parole come "cautela", "attenzione al lavoro e alla salute", "siano tutti responsabili: politici, magistrati, industriali e media". Insomma, una parola per tutti, pacata ma autorevole, come si addice a un arcivescovo.
E dopo aver prontamente incassato la citazione e benedizione della città fatta dal papa durante l'Angelus, giunta ancor prima dell'appello a "scelte responsabili" fatto del presidente della Repubblica Napolitano, l'arcivescovo annuncia da parte sua "veglie notturne e sostegno spirituale ai tarantini"; ma c'è da stare certi che ben altro sarà il suo ruolo nella partita appena aperta.
Infatti quella dell'arcivescovo si presenta come una vera e propria autocandidatura a mediatore - apparentemente super partes - resa credibile e possibile dal fatto che nel corso degli anni, nell'indifferenza o incapacità di altre istituzioni o soggetti, la chiesa locale è riuscita effettivamente a porsi come valido interlocutore sia dei lavoratori che dell'industria.
E c'è da credere che realmente ora farà di tutto per far prevalere le ragioni e gli interessi di entrambi i soggetti, che ora coincidono nella sopravvivenza a ogni costo del colosso siderurgico, l'unico modo per salvaguardare da un lato i capitali investiti e i futuri profitti e dall'altro i posti di lavoro.

Il rapporto privilegiato tra potere industriale e potere ecclesiastico tarantino risale alla nascita stessa del colosso industriale e trova la sua consacrazione solenne in un evento ancora ricordato in città: la messa celebrata da papa Paolo VI, nella notte di Natale del 1968, tra gli operai nei capannoni del nuovo stabilimento.
Da allora le reciproche attenzioni tra industria e chiesa si sono consolidate, passando dalle elargizioni del centro siderurgico a favore delle parrocchie, specie quelle radicate nei quartieri operai, fino alla disponibilità della dirigenza alle segnalazioni che arrivavano dalle parrocchie stesse ai tempi delle assunzioni di nuovi dipendenti; non si deve poi tralasciare la concomitante opera di radicamento della chiesa nel tessuto sociale dei quartieri operai, sempre attraverso le proprie parrocchie, che ha impedito, di fatto, la affermazione di altre organizzazioni sia politiche che sindacali, potenzialmente in conflitto con gli interessi dell'Industria.
Il controllo ecclesiastico sul territorio sin dagli anni 80 ha quindi di fatto condotto alla situazione attuale in cui nei quartieri a maggior densità operaia le uniche istituzioni attive sono quelle che fanno capo alla chiesa come oratori, parrocchie, centri Caritas, circoli culturali e ricreativi.
E di questa presenza amica e fidata il colosso industriale non può che essere felice. Non a caso il cappellano interno allo stabilimento Ilva è stato per anni anche parroco di una delle due chiese di Tamburi, il principale quartiere operaio.

Chi altri, quindi, potrebbe ora far valere il proprio peso in un ipotetico tavolo delle trattative con le istituzioni, il governo nazionale o la procura quale portavoce dei cittadini operai, se non la chiesa tarantina? Di certo non i sindacati o altre associazioni.
E chi, nello stesso tempo può vantare consolidati ed eccellenti rapporti con l'industria? Sempre la chiesa, di certo non la politica o i media, troppo spesso assenti e poco affidabili.

I giocatori quindi sono scesi in campo, e tra questi la chiesa tarantina, che oltre a rivestire due ruoli, vorrebbe fare anche da arbitro.

Giuseppe Ancona
 
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view post Posted on 23/8/2012, 12:08
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http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/...536140817.shtml


LA VERTENZA DEL SIDERURGICO
Ilva, ecco lo strappo del vescovo
«Mai più donazioni dall’azienda»
Filippo Santoro: «Respingo l’insinuazione che tali contributi abbiano reso alla Chiesa una parentela
con l’Ilva, tale da tradire la sua missione»

Filippo SantoroFilippo Santoro
TARANTO - «Rinuncio volentieri a qualunque forma di donazione da parte dell’Ilva alla Chiesa di Taranto, anche per opere caritative e per la lunga fila di disoccupati e di indigenti, che bussano quotidianamente alle porte della diocesi. Sarebbe però auspicabile che l’Ilva metta in atto un rapporto positivo con la città, particolarmente a sostegno delle fasce più deboli e meno protette». E’ il nuovo corso che monsignor Filippo Santoro vuole imprimere alla Chiesa tarantina invischiata, suo malgrado, in una polemica dalla quale il nuovo arcivescovo di Taranto vuole tenersi fuori anche perché non può rispondere del passato. Di ritorno dal meeting di Comunione e Liberazione di Rimini ha voluto comunque far sentire la propria voce. «La Chiesa - ammette - vive quasi esclusivamente di elargizioni volontarie utilizzate per iniziative di carità, di cultura e di difesa del patrimonio artistico. Respingo l’insinuazione che tali contributi abbiano reso alla Chiesa una parentela con l’Ilva, tale da tradire la sua missione. Io continuerò a favorire il dialogo - commenta ancora monsignore - e mi adopererò sempre per la tutela del diritto alla salute a al posto di lavoro. Mi auguro che i miei inviti all’unità e alla concertazione non siano offuscati, ma raccolti con fiducia per la realizzazione del bene comune».

Insomma, è un’inversione netta per prendere le distanze da una situazione vischiosa nella quale le rivelazioni apprese dalle intercettazioni telefoniche stavano trascinando la Chiesa tarantina. Oggetto negli anni passati di alcune elargizioni da parte dell’Ilva in occasione delle festività di Natale e Pasqua è montata negli ultimi giorni quasi la teoria che la Curia avesse perso di vista la propria missione. Monsignor Santoro non entra nel merito di eventi ai quali non ha partecipato, ma traccia un solco e si attiene ai fatti. Oggi, intanto, comincia il lungo viaggio verso il risanamento dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto. E si avviano anche le prime consultazioni sui possibili effetti sull’Ilva delle motivazioni del tribunale del Riesame. Alle 10 il procuratore Franco Sebastio aprirà il confronto con i custodi nominati dal gip. Insieme con gli altri tre pm impegnati nell’inchiesta per disastro ambientale doloso incontrerà i quattro custodi incaricati dal gip Patrizia Todisco della gestione del colosso dell’acciaio. Gli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, insieme il commercialista Mario Tagarelli, faranno il punto sulla messa a norma delle sei aree poste sotto sequestro sulla scorta dei tanti elementi di conoscenza acquisiti durante le ispezioni effettuate con i carabinieri del Noe in queste prime settimane.

Contemporaneamente il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, esaminerà la situazione con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Alle 11 è in agenda un incontro nel quale l’azienda farà conoscere il proprio punto di vista alla luce delle conseguenze delle motivazioni del Riesame e sui passi che è pronta a compiere per rispondere alle richieste dei magistrati. Le misure tecniche da adottare per mettere gli impianti a norma sono a carico di Riva anche se saranno individuate dai custodi e sottoposte alla procura. Dal canto loro i sindacati e i lavoratori sono particolarmente sensibili perché vedono aleggiare, per quanto ancora in lontananza, lo spettro della cassa integrazione. Intanto l’azienda precisa che solo se messa con le spalle al muro, a causa della fermata di qualche impianto, ricorrerà agli ammortizzatori sociali come soluzione estrema. Conferma che ieri non c’è stata alcuna riunione a Milano del consiglio di amministrazione della società e che gli impianti stanno viaggiando a regime minimo. La decisione, sul piano squisitamente tecnico, e la responsabilità se occorre fermarli per installare i sistemi che abbattano le emissioni inquinanti e per migliorarne l’efficacia sul piano dell’impatto ambientale, appartiene completamente ai custodi giudiziali. Si tratta di scelte decisive per il futuro della siderurgia locale, ma anche italiana, dal momento che tutti gli esperti interpellati hanno ammesso che spegnere per poi riaccendere è proibitivo. Il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella, esclude che in questo momento si possa ricorrere alla cassa integrazione mentre i lavoratori del comitato dei cittadini liberi e pensanti oggi staranno in assemblea alle portinerie "a" e "d" dalle 14 alle 16,30.

Cesare Bechis23 agosto 2012
 
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view post Posted on 27/8/2012, 15:31
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http://www.repubblica.it/cronaca/2012/08/2..._ilva-41246543/

Quei diecimila euro per il vescovo
La donazione fantasma dell'Ilva
Il capo delle relazioni esterne li prelevò, poi andò dal perito. La Curia: Sì, ci finanziavano. I giudici: Non torna. Il giallo della tangente sfiora l'arcidiocesi. Contraddizioni sull'uso dei fondi dal nostro inviato GIULIANO FOSCHINI
Lo leggo dopo

Quei diecimila euro per il vescovo La donazione fantasma dell'Ilva L'incontro tra Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni esterne dell'Ilva, e il perito della procura Lorenzo Liberti

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Processo all'Ilva

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Clini: "Sviluppo per difendere l'ambiente"
E governo e tribunale "sono sulla stessa linea"
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I giudici sull'Ilva: "Fermare l'inquinamento
ma gli impianti potranno funzionare"
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Processo all'Ilva
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BLOG I veri dati sull'inquinamento

TARANTO - Ci sono diecimila euro. E c'è almeno una persona che mente tra un imprenditore, un professore, un prete e un finanziere. Secondo i giudici del Riesame, certo non mente il finanziere. La storia è quella della presunta mazzetta da diecimila euro che l'Ilva avrebbe versato al perito del tribunale, ingegner Lorenzo Liberti, per aggiustare una relazione. Diecimila euro che l'Ilva dice siano invece serviti per finanziare la Chiesa.

I giudici non credono affatto però a questa versione. Sostengono che a inchiodare l'azienda ci sono le fotografie che testimoniano l'incontro in autogrill tra il capo delle relazioni istituzionali dell'Ilva, Girolamo Archinà e Liberti: immagini che immortalano il passaggio di un plico. E ci sono le intercettazioni che raccontano come Archinà quel giorno avesse fatto preparare una busta da diecimila euro, con banconote di grosso taglio.

L'Ilva si è difesa al Riesame sostenendo che quei diecimila euro fossero diretti all'arcivescovo di Taranto per finanziare la processione di Pasqua. Per dimostrarlo, ha anche prodotto il documento con il quale Archinà il 25 marzo chiedeva e il 26 (data dell'incontro con Liberti) riceveva dalle casse dell'azienda diecimila euro "da utilizzare per offerta alla Chiesa di Taranto in occasione della Santa Pasqua".

"Erano per l'arcivescovo di allora, monsignor Benigno Papa. Li abbiamo consegnati al suo assistente, don Marco". Il nucleo operativo della Finanza ha interrogato come testimone don Marco che ha confermato di aver ricevuto quei soldi dall'Ilva. Ecco, secondo la Finanza e secondo i giudici del Riesame don Marco ricorda male. O meglio, certamente la dazione non può essere avvenuta in quei giorni: il prete è infatti stato molto vago nel collocare temporalmente l'incontro.

Agli atti risulta una telefonata di Archinà con don Marco quel giorno alle 9,16 del mattino in cui prendono appuntamento per le 12,30. Dopo però essere riuscito a parlare con Liberti, l'appuntamento viene fatto saltare. "Non si ritiene plausibile, qualora la somma fosse effettivamente destinata a questi, il modo con il quale Archinà abbia insistito sulla richiesta urgente di approvvigionarsi di banconote di grosso taglio (...) L'appuntamento è stato preso poi il 26 marzo e ciò contrasta con il fatto che Archinà avesse chiesto con urgenza i soldi il 25. Appare anomala la circostanza che Archinà ancora prima di fissare l'appuntamento con l'arcivescovo e ancora prima di conoscere la sua disponibilità a un incontro si sia munito della provvista".

Non solo. Il cassiere dell'azienda, Francesco Cinieri, ha raccontato che "normalmente i versamenti erano di 5mila euro. Non è mai avvenuto che sia avvenuta un'erogazione per 10mila". Tutti punti che spingono i giudici del Riesame a scrivere che non c'è stata nessuna Santa Pasqua per l'Ilva: "I documenti depositati non offrono alcuna certezza sulla corrispondenza tra la somma contabilizzata in uscita e la sua effettiva destinazione finale".

(21 agosto 2012)
 
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view post Posted on 27/11/2012, 15:49
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ilva-taranto


Ilva,altri 5 indagati: sindaco e prete


14.34
Sono almeno cinque, oltre a quelle indicate nelle ordinanze di custodia cautelare eseguite ieri,le persone indagate nell’inchiesta sull’Ilva di Taranto.
Lo si è appreso da fonti giudiziarie.
Tra queste don Marco Gerardo,segretario dell’ex arcivescovo Taranto mons. Papa, e il sindaco di Taranto,Stefano. Il sacerdote è accusato di false dichiarazioni al pm su una presunta tangente di 10mila euro che Archinà avrebbe dato al consulente tribunale Liberti per addomesticare la perizia. Il sindaco di omissioni in atti d’ufficio.

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view post Posted on 8/3/2014, 05:33
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http://www.ilgiornale.it/news/interni/ilva...uai-999171.html

Ilva, chiede il processo per 50 persone: anche Vendola rischia i guai
Il governatore della Puglia accusato dagli inquirenti di concussione aggravata. Nei guai la famiglia Riva, politici, funzionari e il sindaco Stefàno


Sergio Rame - Gio, 06/03/2014 - 13:45
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Adesso Nichi Vendola è seriamente nei guai. Nell'inchiesta sul disastro ambientale, che sarebbe stato causato dall'Ilva, la procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio per cinquanta persone e tre società.


Tra coloro che rischiano il processo, oltre alla famiglia Riva, c’è anche il governatore della Puglia accusato dagli inquirenti di concussione aggravata.

La richiesta di rinvio a giudizio - firmata dal procuratore Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti procuratori Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano - riguarda tutti i 53 indagati ai quali il 30 ottobre scorso era stato notificato dalla Guardia di Finanza di Taranto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Oltre ad Emilio, Fabio e Nicola Riva e a Vendola, la richiesta colpisce vertici vecchi e nuovi dell’Ilva prima del commissariamento, l'assessore regionale Lorenzo Nicastro, il deputato Nicola Fratoianni, alcuni consiglieri regionali, l’ex presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, il sindaco del capoluogo ionico Ippazio Stefàno. E ancora: dirigenti e funzionari ministeriali e della Regione Puglia, un poliziotto, un carabiniere, un sacerdote, nonché uno stuolo di dirigenti ed ex dirigenti del Siderurgico tarantino. Tra questi figurano i cosiddetti "fiduciari", cioè un gruppo di persone non alle dipendenze dirette dell’Ilva che, secondo l’accusa, in fabbrica avrebbe costituito una sorta di "governo-ombra" che prendeva ordini dalla famiglia Riva.

A undici indagati la procura contesta il reato di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale e a reati contro la pubblica amministrazione, nonché l’avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Tra le imputazioni, anche quella di omicidio colposo per due "morti bianche".
 
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