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La bufala del diritto all'oblìo. Google condannato a oscurare ricerche, Ma quasi sempre l'effetto è opposto: rilanciare l'attenzione su crimini e misfatti

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view post Posted on 13/6/2008, 11:45
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http://www.ticinonews.ch/articolo.aspx?id=69830&rubrica=14

Preti sospettati pedofilia: Consiglio stampa difende cronaca
EDIT
13.06.08 12:22 | Svizzera |



Il Consiglio svizzero della stampa difende la cronaca riguardo a preti pedofili o sospetatti di esserlo. Il diritto all'oblio non vale in assoluto: i media possono informare su precedenti penali se vi è un interesse pubblico, indica una presa di posizione odierna dell'autorità di controllo del giornalismo elvetico.

A margine della propria conferenza annuale a Berna, il Consiglio ha presentato le proprie riflessioni su casi, prescritti o no, di abusi in seno alla Chiesa cattolica largamente ripresi dai media elvetici. L'autorità etica ha sostenuto che l'interesse giornalistico per queste vicende era legittimo perché le persone messe in causa erano recidive o esercitavano ancora un'attività pastorale.

A maggior ragione per la Chiesa cattolica, che si attribuisce un particolare ruolo morale, sociale ed educativo, vi è un chiaro interesse pubblico di sapere come l'istituzione gestisce i casi di sospetta pedofilia, precisa il Consiglio. L'ampia copertura mediatica aveva spinto, lo scorso 3 febbraio, un prete neocastellano al suicidio. In seguito a questo dramma il Consiglio si è particolarmente occupato del diritto all'oblio.

Denunciato per atti di pedofilia commessi negli anni Ottanta, il religioso aveva beneficiato di un non luogo a procedere a causa della prescrizione. Era stato reintegrato ed esercitava come prete in una parrocchia.

Dopo il suo suicidio, la sua famiglia aveva denunciato la "caccia alle streghe da parte dei media", che il parroco stesso aveva invocato in una lettera d'addio prima di togliersi la vita. Per il Consiglio svizzero della stampa, il diritto all'oblio in questo caso sarebbe stato giustificato se l'uomo non fosse più stato alle dipendenze della Chiesa cattolica con un compito pastorale. L'autorità di controllo rileva inoltre che le varie informazioni pubblicate non permettevano di riconoscere il parroco in questione "al di fuori del suo ambito famigliare e professionale e (che) gli elementi d'identificazione erano pertinenti alla questione dibattuta".

Il Consiglio è invece più severo nei confronti di un blog romando che, stando alla presa di posizione, ha messo alla gogna il religioso. Dato però che l'autore del diario online non è giornalista, il Consiglio si giudica incompetente per pronunciarsi, ma raccomanda ai media di non fare il gioco di siti internet che promuovono una caccia alla strega. È invece legittimo che i giornalisti informino sul blog in questione in quanto "illustrazione delle evoluzioni sociali".


ATS
 
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view post Posted on 25/6/2013, 16:16
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Il motore non obbligato a oscurare notizie altrui

google-shows-startups-how-to-master-seo-in-10-minutes-video--2704001fe3


http://lastampa.it/2013/06/25/tecnologia/g...VhP/pagina.html

Tecnologia
25/06/2013
Google non è obbligato a cancellare
i dati personali pubblicati da altri siti


La Corte di giustizia Ue: il colosso del web non è tenuto a far
valere il “diritto all’oblio”. Il motore di ricerca non ritenuto responsabile

Google non è tenuto a far valere il `diritto all’oblio´ e a cancellare i dati personali pubblicati da altri siti e che Google trova: è quanto ha concluso l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue, dando ragione a Google Spain che aveva presentato un ricorso contro l’Agenzia spagnola di protezione dati. L’autorità aveva imposto a Google di cancellare i dati di un privato pubblicati su un giornale online, perché egli non voleva più essere trovato con le ricerche web.



Secondo l’avvocato generale della Corte - le cui conclusioni sono quasi sempre recepite dalle sentenze - «i fornitori di servizi di motore di ricerca non sono responsabili, ai sensi della direttiva sulla protezione dei dati, del fatto che nelle pagine web che essi trattano compaiano dati personali». Secondo l’avvocato generale, Google «non va considerato come responsabile del trattamento dei dati personali che compaiono nelle pagine web che tratta». Infatti, fornire uno strumento per la localizzazione dell’informazione «non implica alcun controllo sui contenuti presenti nelle pagine web di terzi e non mette neppure il fornitore del motore di ricerca in condizione di distinguere tra i dati personali secondo la direttiva (che si riferisce ad una persona fisica vivente e identificabile) e gli altri dati».



Quindi, «un’autorità nazionale per la protezione dei dati non può imporre ad un fornitore di servizi di motore di ricerca su Internet di eliminare informazioni dal suo indice, tranne nei casi in cui tale fornitore non abbia rispettato i codici di esclusione o non si sia conformato ad una richiesta proveniente dal sito web concernente un aggiornamento della memoria cache».



Infine, l’avvocato ricorda che «la direttiva non istituisce un diritto all’oblio generalizzato. Questo non può pertanto essere fatto valere nei confronti di fornitori di servizi di motore di ricerca fondandosi sulla direttiva, neppure con un’interpretazione alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

(Ansa)
 
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view post Posted on 2/8/2014, 15:13
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http://punto-informatico.it/4109878/PI/New...ntro-oblio.aspx

UK, politici contro l'oblio
La Camera dei Lord britannica esprime seri dubbi sul concetto di diritto all'oblio e sulla sua applicazione attraverso l'obbligo di rimozione imposto ai motori di ricerca. Google nel mentre, chiede consiglio ai cittadini della Rete
Roma - L'House of Lords, la camera alta del parlamento britannico, ha definito irragionevole l'attuale evoluzione europea del concetto di "diritto all'oblio".

Con questo termine si intende, in generale, quella delicata applicazione del diritto alla privacy che riconosce il diritto a veder "dimenticati" alcuni episodi che secondo il diretto interessato dovrebbero rimanere sepolti nel passato, in un pericoloso equilibrio tra diritto alla cronaca e quello alla privacy. Determinante, nella sua applicazione, la decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che ha stabilito l'obbligo da parte degli operatori dei motori di ricerca di raccogliere segnalazioni da parte dei cittadini e di provvedere alla rimozione di alcuni link che li riguardano: Google ha iniziato a giugno a rimuovere alcuni risultati da quelli offerti dal suo motore di ricerca; Bing ha provveduto ad adeguarsi a metà luglio.

I Lord del Parlamento britannico, al momento 92 sono ancora poltrone ereditarie e 709 sono nominati a vita, che recentemente si sono fatti sentire in difesa di tradizioni come la caccia alla volpe, hanno capito tuttavia che tale decisione delle istituzioni europee dà origine a più di un problema. Anzi, tutta l'impostazione della questione, sarebbe non solo irragionevole, ma anche non funzionante.
I Lord sono intervenuti sulla questione con il lavoro di una commissione dedicata specificatamente allo studio di tale argomento: secondo le loro conclusioni non solo non ha senso riconoscere il diritto di vedere rimossa un'informazione su di una persona solo perché considerata scomoda, ma il fatto che in conseguenza di ciò sia imposto ai motori di ricerca un obbligo positivo di ricevere ed eventualmente rimuovere alcuni link, qualora ritengono (soggettivamente, a quanto pare) prevalere le ragioni del diritto alla privacy piuttosto che quelle del diritto all'informazione, crea più danni che altro.

Le loro conclusioni si basano su dati raccolti attraverso le interviste ad esperti del settore, del ministero della Giustizia, dell'Information Commissioner's Office e di Google.

A presiedere la commissione è la baronessa Prashar, che ha sottolineato come sia troppa la pressione sui motori di ricerca sia eticamente, un ente privato chiamato a fare da giudice influendo sul diritto all'informazione, sia dal punto di vista della struttura di cui devono dotarsi per valutare le richieste.

Non si tratta, infatti, solo una questione di opportunità e di merito, ma anche una questione di possibilità e competizione: se Google può provvedere, con i suoi mezzi, alla ricezione e all'analisi delle richieste, sottolineano i Lord, cosa ne sarà dei piccoli operatori che non hanno le stesse risorse di Mountain View?

I Tribunali britannici, peraltro, avevano già avuto modo di dire - intervenendo sulla denuncia contro Google depositata dall'ex vertice della F1 Max Mosley per l'indicizzazione di alcune foto che lo ritraggono in posizioni compromettenti - che chiedere la rimozione di un contenuto da Internet è praticamente impossibile e può scatenare l'effetto contrario.
Dubbi sull'intera faccenda, d'altra parte, sono stati sollevati sia da Google, che ha istituito un consiglio ad hoc per studiare meglio la questione e per cui adesso chiede commenti ed interventi da parte degli interessati, sia il gruppo dei Garanti europei della privacy che ancora devono capire come intendono procedere i motori di ricerca.

Claudio Tamburrino
 
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view post Posted on 2/8/2014, 15:37
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http://www.key4biz.it/News/2014/07/17/Inte...gle_226140.html

UNIONE EUROPEA
Diritto all'oblio: link rimossi da Google, ora su sito anti-censura
Mentre Bing si allinea a Google e mette online il modulo per chiedere la rimozione dei contenuti, in Rete spunta Hidden from Google, un sito che raccoglie i contenuti rimossi dal motore di ricerca.
Google
INTERNET - Diritto all'oblio, Bing come Google. il motore di ricerca di Microsoft si allinea alla nuova normativa europea in materia di diritto all'oblio, che consente ai cittadini Ue di chiedere la rimozione di contenuti dal motore di ricerca. Bing ha attivato un modulo ad hoc sul suo sito, che permette a chiunque di richiedere la rimozione delle indicizzazioni relative ai dati personali.

E mentre Google ad oggi ha registrato ben 70 mila richieste di cancellazione dal 30 giugno, data di attivazione del servizio di cancellazione dei contenuti, in Rete spunta un sito di protesta contro la censura del web, si chiama Hidden From Google, che archivia tutti i link rimossi da Google in ossequio alle nuove regole europee sul diritto all'oblio.


Il sito è stato lanciato dallo sviluppatore web Afaq Tariq, da tempo impegnato per la trasparenza in Rete e contro la censura del web. Secondo Tariq la rimozione dei link dal motore di ricerca va annoverata come censura. Per questo invita gli internauti a caricare sul sito tutti i contenuti rimossi. "Questa lista è un modo per archiviare e tenere conto delle azioni di censura perpetrate online - scrive Tariq sulla homepage del sito - dipende dal lettore decidere se le nostre libertà vengono violate dalle recenti norme emanate dall'Ue".

Dopo il prevedibile caos dei primi giorni dall'entrata in vigore delle nuove norme Ue, Google ha annunciato la nascita di un nuovo sito, messo a punto dall'azienda di Mountain View, su cui si trovano i nomi e le biografie di tutti i membri del Comitato istituito ad hoc sul tema e anche un modulo con il quale tutti gli utenti del web possono esprimere la propria opinione sul diritto all'oblio.

Paolo Anastasio 17 Luglio 2014 - notizia 226140
© 2002-2014 Key4biz
 
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view post Posted on 9/8/2014, 18:58
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http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/...f659f4b238.html

Complessivamente interessati 50 link
Diritto all'oblio, Wikipedia rivela: "Ecco le pagine scomparse da Google"
La Wikimedia Foundation critica la sentenza della Corte di Giustizia Europea e pubblica le notifiche ricevute dal motore di ricerca. Tra le pagine che in Europa non appaiono nei risultati ci sono anche quelle su Renato Vallanzasca e sulla Banda della Comasina

Google risponde all'Ue: diritto all'oblio pari al diritto ad informare
Diritto all'oblio anche su Bing
Google mette in opera il diritto all'oblio
Diritto all'oblio, boom di richieste per essere dimenticati da Google
Diritto all'oblio, parla l'esperto di reputazione online: "Un'anomalia tutta europea"
Diritto all'oblio, boom di richieste sul modulo di Google per la cancellazione dei dati personali
07 agosto 2014
Il diritto all’oblio colpisce anche Wikipedia. Gli effetti della recente sentenza della Corte di Giustizia Europea si fanno sentire anche sull’enciclopedia online, che reagisce con una dura presa di posizione. La Wikimedia Foundation ha annunciato di aver ricevuto alcune notifiche da Google che la informano della rimozione di alcune sue pagine dai risultati delle ricerche sul web effettuate in Europa. Tra queste ci sono anche le voci su Renato Vallanzasca e sulla Banda della Comasina.

Nei mesi scorsi la Corte di Giustizia Europea ha riconosciuto meritevole di tutela la richiesta di un soggetto di non vedere comparire tra i risultati delle ricerche le pagine web che ospitano contenuti che lo riguardano se questi gli arrecano pregiudizio ed è trascorso un lasso di tempo dalla pubblicazione della notizia tale da non giustificare più la permanenza nel pubblico dominio di queste informazioni. La decisione ha scatenato numerose polemiche, con Google in prima linea a sostegno della tesi che il diritto di informare vale quanto il diritto all’oblio.

La Wikimedia Foundation ha una posizione altrettanto critica nei confronti della sentenza. "Crea buchi nella libera conoscenza", afferma il direttore esecutivo Lila Tretikov. Durante una conferenza stampa a Londra, rappresentanti della fondazione hanno annunciato di aver ricevuto cinque notifiche di rimozione da parte di Google, che complessivamente riguardano 50 link verso Wikipedia.

“A sostegno della trasparenza in opposizione alla censura”, si legge sul Wikimedia Blog, è stata creata una pagina dedicata sull’enciclopedia online che elenca tutti i contenuti finiti nel mirino. Si tratta di una voce in inglese su Gerry Hutch, un uomo d’affari irlandese incarcerato negli anni ’80, di una foto del musicista Tom Carstairs che suona una chitarra, di decine di pagine in olandese che citano il giocatore di scacchi Guido den Broeder e di due pagine in italiano, quella dedicata a Renato Vallanzasca, autore di vari sequestri ed evasioni, e quella sulla Banda della Comasina, che a lui faceva capo.

La Wikimedia Foundation è molto netta nel commentare la vicenda. “I nostri progetti forniscono valore informativo, educativo e storico al mondo. I loro contenuti non dovrebbero essere nascosti agli utenti di internet che cercano informazioni vere e rilevanti".
- See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/...h.2kT2gU1B.dpuf
 
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view post Posted on 14/10/2014, 06:41
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http://www.lastampa.it/2014/10/13/tecnolog...5kL/pagina.html



AFP
+ Schmidt: è Amazon il grande rivale di Google

+ Il riscatto dei corsi online, secondo il Mit funzionano come le lezioni tr...

+ La terza età è sempre più digitale

REUTERS
+ YouTube apre a New York l’Università del video

REUTERS
+ Diritto all’oblio, Italia ultima per le richieste a Google

Diritto all’oblio, Italia ultima per le richieste a Google
Solo 11.512 richieste di rimozione, quasi un terzo della Francia. In totale dal 29 maggio scorso l’azienda di Mountain View ha ricevuto oltre 146 mila richieste di rimozione in Europa

REUTERS
+ Diritto all’oblio, dall’Italia seimila richieste di cancellazione da Google BRUNO RUFFILLI

+ Google e il diritto all’oblio: la ricerca del giusto equilibrio DAVID DRUMMOND

+ Diritto all’oblio, gli esperti di Google a Roma per decidere il futuro della privacy FLAVIO ALIVERNINI

+ Diritto all’oblio? Non è così facile Ecco le regole per sparire da Google STEFANO RIZZATO




13/10/2014
ASCA
La vittima, che a decenni di distanza, chiede ed ottiene da Google di rimuovere dalle ricerche fatte con il suo nome i link alle pagine internet che parlano del reato subito. Oppure una donna che, sempre in Italia, chiede di rimuovere i collegamenti alle pagine sull’omicidio del marito, anche in questo caso accaduto decenni or sono. O in Belgio, una persona che ha chiesto di eliminare un link a un articolo relativo a un concorso a cui ha partecipato da minorenne: “la pagina è stata rimossa dai risultati di ricerca relativi al suo nome”. Tutti casi di vita vissuta del “diritto all’oblio” su Google, stabilito da una sentenza della Corte di Giustizia europea lo scorso maggio.

Il gigante internet ha deciso di affrontare la questione con una comunicazione trasparente, e che consente agli utenti anche di farsi un’idea più precisa di cosa significhi in concreto attuare questa sentenza. E così con casi concreti i dati statistici e gli aggregati generali, dai quali emerge che apparentemente gli italiani sono i meno solerti, tra i grandi Paesi dell’Unione europea, a sollecitare Google a rimuovere link a pagine internet. Solo 11.512 richieste di rimozione, con cui la Penisola si piazza ultima tra le big dell’Europa avanzata dietro a Spagna 13.478 richieste, Gran Bretagna 18.597, Germania 25.272 casi e, prima assoluta, la Francia e i suoi 29.250 casi di richieste di rimozione. In totale dal 29 maggio scorso Google ha ricevuto oltre 146 mila richieste di rimozione di link in Europa. Ma non tutte le richieste vengono soddisfatte, precisano da Google che ci tiene anche in questo caso a dare esempi concreti che facciano capire all’opinione pubblica quali solo le situazioni in cui ritiene di non procedere.

Come per un finanziere in Svizzera che ha chiesto di rimuovere i collegamenti a pagine che parlavano del suo arresto e della sua condanna per reati finanziari: “Non abbiamo rimosso le pagine”, rivendicano da Mountain View. Stessa sorte in Gran Bretagna su “un ex sacerdote” che chiedeva la “rimozione di due link ad articoli relativi a un’indagine per accuse di abusi sessuali. Non abbiamo rimosso le pagine dai risultati di ricerca”. Infine ci sono i casi di soddisfazione parziale delle richieste. Sempre in Gran Bretagna “un medico ci ha chiesto di rimuovere più di 50 link ad articoli di giornale relativi a una procedura svolta male. Dai risultati relativi al suo nome sono state rimosse tre pagine contenenti informazioni personali sul medico ma in cui non veniva menzionata la procedura. Gli altri link - conclude Google - sull’incidente rimangono nei risultati di ricerca”.

O ancora, tornando all’Italia “abbiamo ricevuto da una persona diverse richieste di rimozione di 20 link ad articoli recenti sul suo arresto per reati finanziari - riferiscono da Google - commessi in ambito professionale. Non abbiamo rimosso le pagine dai risultati di ricerca”. Va sottolineato che questi link esistono ancora nelle ricerche fatte su Google, con i relativi nomi, perché il gigante internet ha valutato e deciso di non soddisfare le richieste di rimozione degli interessati. Il tutto fa risaltare quel problema di “molta vaghezza” della sentenza della Corte di Giustizia Ue, già lamentato dal numero uno degli Affari legali, David Drummond, lo scorso luglio. I link vanno tolti ove risultino “inadeguati, irrilevanti, non più rilevanti o eccessivi”, ma tenendo anche conto dell’interesse pubblico.

Il tutto è “ovviamente passibile di interpretazioni soggettive”, aveva osservato Drummond. Prendere una decisione in molti casi risulta difficile e complesso. Possono esserci conflitti tra il diritto alla privacy del singolo e quelli all’informazione della collettività. Peggio ancora. Se Google decide di non rimuovere un link, il richiedente può “fare ricorso” rivolgendosi al garante della privacy. Ma se all’opposto rimuove un link nessuno può fare alcunché, a causa della sentenza della Corte Ue che forse su questa ipotesi ha finito per creare il rischio di situazioni non volute. Infine c’è anche il non trascurabile aspetto logistico della vicenda: è escluso che Google possa demandare la selezione delle richieste da soddisfare ai suoi logaritmi: ci vogliono teste pensanti con i relativi costi. E così il gruppo ha deciso di reclutare una squadra di esperti.
 
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view post Posted on 23/11/2015, 07:05
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www.europinione.it/diritto-alloblio-un-anno-e-mezzo-dopo/

Diritto all’oblio, un anno e mezzo dopo

22/11/2015 di Laura Caschera
A un anno e mezzo dalla storica sentenza “Google Spain”, che riconosce all'interessato la possibilità di rivolgersi direttamente al motore di ricerca per la rimozione di notizie relative alla sua persona, il Garante della privacy e Google tirano le prime somme.

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Su circa 25mila richieste di “deindicizzazione” giunte a Google in tema di diritto all’oblio, solo 50 richiedenti hanno deciso di rivolgersi all’ Authority per chiedere di rivedere la scelta di “Big G.”. Il Garante ha ritenuto che solo in un caso su tre Google sia colpevole di aver negato il godimento del diritto all’oblio. In più del 60% dei casi, invece, il Garante giudicato la posizione del motore di ricerca corretta, giustificando il mancato riconoscimento del diritto con il motivo di “interesse pubblico”.

La Corte di Giusitizia dell’Unione Europea, con la sentenza “Google Spain”, obbliga il motore di ricerca a cancellare le indicizzazioni relative ai propri dati personali, a richiesta del cittadino europeo che fosse interessato, “a meno che non vi siano ragioni particolari, come il ruolo pubblico del soggetto”. Viene richiesta, in sostanza, la deindicizzazione, ovvero la possibilità di eliminare dai risultati di una ricerca il proprio nome, quando risulti collegato ad articoli per i quali vuole farsi valere questa fondamentale garanzia. Possono essere mostrati solo risultati che rispondono la requisito di rispondere all’interesse pubblico. Contro la decisione di Google è ammesso l’appello al Garante, oppure al giudice.

Sostanzialmente, quello che si ricava incrociando i dati resi disponibili sul sito dell’Authority con quelli di Google, resi noti attraverso il suo “transparency report”, è che, nella maggioranza dei casi, “Big. G.” e la nostra Autorità sono arrivate alla stessa conclusione. In realtà è presto per tirare le somme, ma possiamo cominciare a farci un’idea. Solo lo 0, 2% degli interessati fa generalmente ricorso alle autorità competenti. Si può dedurre allora che il motore di ricerca è considerato dai più come un buon “decision maker”. In realtà, ci si è domandati se questa sorta di “giustizia privatizzata” non possa nuocere ad un sistema che avrebbe tutto l’interesse, per i valori che difende, ad essere gestito esclusivamente da Autorità indipendenti e dal potere giudiziario. Uno dei motivi per i quali in così pochi si rivolgono al Garante per capovolgere la decisione di Mountain View, è che forse in troppi chiedono l’”oblio”, pur sapendo di non meritarlo.

Nella grande quantità di decisioni, però, c’è un dato mancante: quello dei contenuti deindicizzati da Google, che forse avrebbero avuto tutto l’interesse a rimanere a disposizione della collettività del web. Un’altra questione interessante è quella relativa ai dati pubblicati da Google, riferibili al maggio 2015. L’Italia si classifica tra i paesi nei quali le richieste di indicizzazione hanno avuto il minor grado di accoglienza, attestandosi al 29, 5%. Peggio di noi ha fatto solo la Bulgaria, con 22,20% di rimozioni a seguito delle richieste degli interessati.

Ma di diritto all’oblio non si occupano la sola Europa e la nostra Corte di Giustizia. Infatti, altri paesi, come la Russia, hanno deciso di prendere di petto la questione. Nel luglio scorso la Duma ha approvato una legge che dà la possibilità al cittadino che si ritenga leso nel suo diritto all’oblio di chiedere la rimozione dai motori di ricerca degli Url che l’interessato giudica irrilevanti o inadeguati. La legge, in realtà largamente ispirata alla sentenza “Google Spain”, ha ricevuto già numerose critiche, perché darebbe la possibilità anche a soggetti di rilevanza pubblica di chiedere l’applicazione del diritto all’oblio. Il rischio sarebbe quello di favorire il diritto alla riservatezza, senza bilanciarlo quello all’informazione.

Il richiedente deve inoltrare il suo ricorso al motore di ricerca, che ha 10 giorni per analizzare la situazione. I colossi del web hanno però un limite: non possono eliminare contenuti che potrebbero potenzialmente consistere in un illecito penale. Quest’ultima parte ha generato numerosi dubbi: sarebbe colpevole infatti di lasciare un eccessivo margine di libertà al motore di ricerca, senza predisporre adeguati criteri per una valutazione. Il provvedimento entrerà in vigore in Russia il 1 gennaio 2016, e per ora non c’è alcun riferimento a sanzioni per l’inottemperanza alla richiesta di cancellazione.

Tornano all’Italia, secondo i dati comunicati dal quotidiano inglese “The Guardian” lo scorso luglio, meno del 5% delle richieste inoltrate a Mountain View riguardano criminali o personaggi noti. Al contrario, circa il 95% delle richieste pervenute proviene da gente comune.

 
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view post Posted on 1/9/2016, 09:01
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http://www.lastampa.it/2016/08/31/italia/i...tors_picks=true

Garante della Privacy: niente diritto all’oblio se c’è interesse pubblico

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31/08/2016
Non viola la privacy il quotidiano che riattualizza un fatto di cronaca giudiziaria risalente nel tempo per dare notizia del rinvio a giudizio delle persone all’epoca indagate. In questo caso il diritto di cronaca prevale sul diritto all’oblio. Il principio è stato affermato dal Garante privacy - ne dà notizia la newsletter - nel dichiarare infondato il ricorso di un imprenditore che chiedeva la deindicizzazione di un articolo pubblicato nell’edizione on line di una testata e rinvenibile attraverso i motori di ricerca esterni al sito.

A parere del ricorrente, la reperibilità in rete dell’articolo avrebbe arrecato un danno alla sua reputazione personale e professionale riportando all’attenzione dell’opinione pubblica una vicenda giudiziaria, a suo dire non più attuale e priva di interesse pubblico, che lo aveva visto coinvolto tra il 2005 e il 2009.

Di diverso avviso, invece, il quotidiano, secondo il quale l’articolo non riattualizzava un evento superato, ma dava conto degli sviluppi di quella stessa vicenda, in particolare della richiesta di rinvio a giudizio di un certo numero di persone, tra cui il ricorrente.

Questa tesi è stata condivisa dall’Autorità che non ha ritenuto illecito l’operato del quotidiano ed ha quindi dichiarato infondato il ricorso. Secondo il Garante, infatti, il trattamento dei dati dell’imprenditore è «riferito a fatti rispetto ai quali può ritenersi ancora sussistente l’interesse pubblico alla conoscibilità della notizia in quanto, pur traendo origine ad una vicenda risalente nel tempo, i successivi sviluppi processuali, oggetto della recente pubblicazione, ne hanno rinnovato l’attualità». Qualora la vicenda si dovesse concludere in modo favorevole per il ricorrente, quest’ultimo potrà, se lo ritiene, chiedere all’editore di aggiornare o integrare i dati contenuti nell’articolo, presentando una idonea documentazione.
 
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