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Matrimoni religiosi e civili. Le menzogne statistiche di Sandro Magister e Roberto Volpi, Gli attempati giornalisti dell'Espresso e del Foglio disinformano con tutta la loro ignoranza

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GalileoGalilei
view post Posted on 7/1/2013, 07:42 by: GalileoGalilei
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Le palle statistiche di Sandro Magister. Secondo l'attempato e ignorante giornalista clericale dell'Espresso, i matrimoni civili calerebbero più di quelli religiosi.

Ma per colmare l'ignoranza il poco solerte giornalista farebbe bene a consultare il sito dell'ISTAT, da cui è semplicissimo ricavare i dati che certificano il crollo dei matrimoni religiosi, molto più forte del calo dei matrimoni civili

http://demo.istat.it/altridati/matrimoni/2011/tav1_2.pdf

Matrimoni in Italia

Anno - Religiosi - civili
2007: 163.721 - 86.639
2008: 155.970 - 90.641
2009: 144.842 - 85.771
2010: 138.199 - 79.501
2011: 124.443 - 80.387

Come si può vedere, in 4 anni i matrimoni religiosi sono calati del 23,99%, mentre quelli civili sono calati del 7,22%.

Clamoroso il divario nell'ultimo anno. I matrimoni religiosi sono calati del 9,95%, mentre quelli civili sono addirittura aumentati dell'1,11%.

Conseguentemente i matrimoni civili crescono in percentuale di parecchio rispetto a quelli religiosi:

2007 = 34,61%
2008 = 36,73%
2009 = 37,19%
2010 = 36,89%
2011 = 39,25%

Ma soprattutto l'ignorante giornalista dell'Espresso non sa quale è la causa del relativo calo dei matrimopni civili dall'agosto 2009. Da quel mese è in vigore la legge Maroni che limita fortemente l'acquisto della cittadinanza per matrimonio. Una legge xenofoba, sostenuta dai cattolici, che limita i matrimoni degli stranieri, che in gran parte non sono cattolici e quindi non si sposano con rito religioso. Infatti islamici, ortodossi, induisti e buddisti non hanno un concordato o una intesa che permetta loro di sposarsi con rito religioso riconosciuto dallo Stato e si sposano civilmente. E questo spiega anche perché tra il 2008 e il 2010 i matrimoni civili sono scesi. Ma non nel 2011, in cui hanno segnato una ripresa, contrariamente alle palle di Magister e della sua fonte, ignorante come lui, Roberto Volpi.

Ed ecco l'articolo ignorante di Sandro Magister

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350393

Bilancio di un anno. E previsioni

Nell'Italia cattolica ci si sposa sempre meno, e c'è chi vi vede l'ennesimo segnale dell'avvento di un'età postcristiana. Un'analisi sugli attuali "segni dei tempi" e su come la Chiesa li interpreta

di Sandro Magister


ROMA, 30 dicembre 2012 – Un indicatore forte della secolarizzazione nei paesi di antica cristianità è il calo dei matrimoni sacramentali.

Anche l'Italia è segnata vistosamente da questo calo. L'edizione del 2012 dell'"Annuario statistico italiano", pubblicata nei giorni scorsi dall'ISTAT, ha documentato che per la prima volta, nell'Italia del Nord, i matrimoni civili hanno superato i matrimoni religiosi, nella proporzione di 51,7 contro 48,3 ogni cento.

Ma ciò non significa che i matrimoni in municipio registrino una "vittoria" sui matrimoni in chiesa. Sia gli uni che gli altri, infatti, sono diminuiti di numero rispetto all'anno precedente. Anzi, i matrimoni civili sono calati più ancora dei religiosi: meno il 7,3 per cento i primi, e meno il 4,6 per cento i secondi.

Per i matrimoni civili il declino è fortissimo. Dopo molti anni di crescita ininterrotta, dal 2008 non fanno che diminuire. Ha commentato su "il Foglio" del 28 dicembre il demografo Roberto Volpi:

"Se si tiene conto che tra i matrimoni civili cresce la quota dei secondi matrimoni – quelli di quanti, per essere divorziati, non possono sposarsi in chiesa – si capisce bene come tra coloro che si sposano civilmente per la prima volta il tonfo sia ancora più forte. La verità è che in Italia non ci si sposa più: né in chiesa né in municipio".

Riguardo ai matrimoni celebrati, quindi, l'Italia non rappresenta più una "eccezione" rispetto ad altri paesi di avanzata secolarizzazione. Anzi, il suo quoziente di nuzialità è ormai tra i più bassi d'Europa: con soli 3,6 matrimoni in un anno ogni mille abitanti, contro i 4,7 dell'insieme dell'Unione europea.

Nelle due regioni italiane più ricche, la Lombardia e l'Emilia Romagna, il quoziente di nuzialità è addirittura sotto il 3 per mille, la metà di quello dei paesi scandinavi: Danimarca, Svezia, Finlandia.

Non sorprende, allora, che la gerarchia della Chiesa sia in allarme per questo crollo della nuzialità, sia religiosa che civile, tanto più impressionante quando avviene nei paesi di più radicata tradizione cattolica.

È un allarme che incide sulle strategie pastorali. Che impone nuove riflessioni. Come quelle che fa qui di seguito Francesco Arzillo, un magistrato amministrativo di profonda competenza filosofica e teologica.

Arzillo mostra tra l'altro come il pontificato di Benedetto XVI – specie nelle omelie – si confronti con la crisi del matrimonio e con altri "segni dei tempi" con uno stile simile a quello dei Padri della Chiesa, capace di "tenere assieme la radicale essenzialità del fondamento della fede con le dinamiche della società contemporanea".

www.ilfoglio.it/soloqui/16350

30 dicembre 2012 - ore 16:00
L’Italia che non si sposa più dal parroco (ma nemmeno in municipio)

Nei giorni scorsi, l’Istat ha annunciato che i matrimoni civili, al nord, hanno superato quelli religiosi nella proporzione di 51,7 contro 48,3 ogni cento matrimoni. Ne sposa più il sindaco che il parroco, è stato detto. Risultato che allinea l’Italia agli altri paesi dell’Europa continentale e del nord, è stato aggiunto. E giù considerazioni sulle magnifiche sorti e progressive del matrimonio in municipio invece che in chiesa. Naturalmente la notizia è vera: l’Istat l’ha diffusa in occasione dell’uscita dell’edizione 2012 dell’“Annuario statistico italiano”. Ma è, al tempo stesso, ingannevole come poche altre, e sarebbe bastato consultare l’“Annuario” stesso, senza fermarsi alla nota diramata dal nostro Istituto di statistica, per capire in che senso.
Scopriamo così che i “trionfanti” matrimoni civili hanno perso in un anno oltre seimila unità, pari al 7,3 per cento del loro totale. Una perdita assai superiore a quella dei matrimoni religiosi, che sono scesi in percentuale del 4,6. Non basta. Dopo un lungo periodo di crescita ininterrotta, tra il 2008 e il 2010 (ultimo anno di disponibilità dei dati) i matrimoni civili sono arretrati di 11.100 unità e del 12,2 per cento. Una débâcle, altro che trionfo. Se poi si pensa che tra i matrimoni civili cresce la quota dei secondi matrimoni – quelli di quanti, per essere divorziati, non possono sposarsi in chiesa – si capisce bene come tra quanti si sposano per la prima volta il tonfo sia ancora più forte.

Che al nord i matrimoni civili abbiano superato quelli religiosi significa dunque assai poco, in questo quadro. La verità è che in Italia non ci si sposa più: né in chiesa né in comune. Abbiamo un quoziente di nuzialità (matrimoni annui per mille abitanti) pari a 3,6: il più basso, assieme alla Spagna, di tutta l’Europa. Mentre in quel nord dove i matrimoni civili hanno superato quelli religiosi il tasso scende praticamente al minimo mondiale del 3 per mille, contro il 4,2 dell’Ue (15) e il 4,7 dell’Ue (27). Né c’è da dire, come si affretteranno, immagino, a pensare in molti, che ormai il matrimonio è frequente solo nelle aree e nei paesi più poveri. I tassi più alti si registrano in Finlandia, Danimarca, Svezia e Svizzera, dove superano abbondantemente quota cinque matrimoni annui per mille abitanti. Mentre nelle nostre due regioni più ricche, la Lombardia e l’Emilia Romagna, il tasso di nuzialità scende addirittura sotto il tre per mille, pari alla metà esatta dei tassi dei paesi scandinavi. Poiché, poi, la nuzialità scende in Italia dai tempi del divorzio, spero ci venga risparmiata la lezioncina che da noi non ci si sposa perché c’è la crisi e mancano i soldi. Non ci si sposa perché la caduta del matrimonio, picconato e messo in mora dal divorzio, è stata in Italia più forte che altrove su tutti i piani, a cominciare da quello ideale e culturale. Il matrimonio ha funzionato in Italia proprio in virtù della sua indissolubilità. Passato di colpo al divorzio nella sua accezione più ampia (non conseguente a “colpe” di uno dei coniugi), il paese non è più riuscito a trovare la misura e la “voglia” della istituzionalizzazione dei legami sentimentali e sessuali tra uomo e donna e ancora brancola nel buio. Tant’è vero che, se siamo gli ultimi quanto a matrimoni, neppure brilliamo per la formazione delle coppie di fatto – tutt’altro.

Siamo un paese senza coppie e di famiglie minime, questa è la realtà. E in questa realtà proprio le famiglie non hanno fatto che esercitare una funzione frenante. Avendo pochi figli e in linea generale le disponibilità economiche necessarie a mantenerli hanno dato un contributo notevole affinché si formasse una mentalità – che perdura in ogni spazio della società e nelle istituzioni – e si affermasse una pratica che vogliono i figli fuori di casa soltanto quando le condizioni sono tutte favorevoli e i rischi praticamente nulli. Né si può sperare che nelle condizioni odierne si mettano in moto meccanismi tali da correggere questa mentalità e una tale pratica.
I matrimoni civili, nel loro complessivamente meno che mediocre risultato, stanno lì a dirci che non è soltanto il più impegnativo e vincolante (e ahimè anche più sfarzoso e costoso) matrimonio religioso a pagare lo scotto di questo stato di cose. E’ il paese intero.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Roberto Volpi

Edited by GalileoGalilei - 7/1/2013, 10:51
 
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