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Arcivescovo di Varsavia spia dei comunisti

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GalileoGalilei
view post Posted on 10/1/2007, 05:53 by: GalileoGalilei
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Interessantissima intervista al prete cattolico Padre Tadeusz Zaleski, quello a cui il card. Dziwisz proibì la rilevazione dei nomi di 28 preti collaborazionisti. Zaleski chiarisce che il card. Wojtyla nel 1973 aveva proibito contatti coi servizi e che quindi Wielgus aveva agito violando un divieto.

Ora Zaleski, divenuto una specie di eroe nazionale, attacca il card. Glemp e si appresta a pubblicare un libro in cui farà i nomi di altri preti collaborazionisti, disubbidendo agli ordini del card. Dziwisz


http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronach...rosaspina.shtml

«Wielgus era un agente importante»

L'accusa di padre Zaleski: «Nelle verifiche sull'arcivescovo la Chiesa ha esitato troppo»

VARSAVIA — Dall'anno scorso il postulato ufficiale di padre Tadeusz Isakowicz-Zaleski è esattamente questo: scoprire nomi, ruoli, attività dei sacerdoti che collaborarono con i servizi segreti polacchi sotto il regime comunista. Cinquant'anni, originario di Cracovia, padre Zaleski è, in questo momento, l'eroe della stampa e della televisione polacca: perseguitato prima dalla polizia segreta, poi — un anno e mezzo fa — ingiustamente accusato di collaborazionismo, ha ottenuto dalla Curia di Cracovia l'autorizzazione a svolgere indagini sue negli archivi. Montagne di carta: «Ho esaminato almeno 300 tonnellate di documenti in questi anni», rivela. Per scoprire cosa? «Che le carte sono attendibili. Non ho mai trovato documenti contraffatti. Imprecisi, talvolta. O mancanti. Ma non falsificati».

Il cardinale Jozef Glemp nella sua omelia, domenica a Varsavia, li ha definiti «fogli fotocopiati tre volte» e ha messo in dubbio i metodi e gli scopi con cui erano stati realizzati. «Glemp, mi dispiace dirlo, sbaglia. Gli atti conservati all'Ipn (l'Istituto della Memoria Nazionale, ndr) sicuramente provengono dagli schedari della vecchia polizia segreta. È certo anche che contengano molte lacune, ma non sono trascurabili foglietti. La verità, come spesso accade, è nel mezzo. E anche Glemp, in passato, si era espresso diversamente. Per me sono documenti molto seri, anche se non vanno letti come il vangelo». Allora come interpretarli? «Bisogna analizzarli. Io stesso, visto che ero sospettato di collaborazionismo, ho esaminato il mio fascicolo; e non mi è stato facile arrivare a chiarire la mia posizione. È sempre difficile difendersi. Per questo ho presentato una richiesta ufficiale al Metropolita di Cracovia per avere il benestare della Chiesa alle mie ricerche. Ho spiegato che era meglio che conducessimo noi le inchieste, invece di aspettare le rivelazioni giornalistiche».

Ha visto anche le carte riguardanti l'arcivescovo Wielgus? «Dai dati emersi, si capisce che il suo passato è stato molto difficile. Il suo errore più grande è stato quello di negare tutto. Per poi pentirsi delle sue vecchie azioni. Lo scandalo è nato per questo. Lui sapeva bene che tipo di collaborazione aveva fornito e ora non può dire che non se ne ricorda. Dai documenti si scopre che ha collaborato non soltanto con i servizi di sicurezza interni, ma anche con lo spionaggio all'estero della Repubblica popolare polacca. Cioè per un prolungamento del Kgb sovietico. Stranamente Wielgus è rimasto registrato tra i collaboratori per ben vent'anni. Quasi sicuramente copie dei microfilm che lo riguardano sono conservate anche a Mosca ».

Era più grave la collaborazione con i servizi interni o con lo spionaggio all'estero? «Lavorare per i servizi di sicurezza polacchi era un conto, ma ci volevano qualità di livello superiore per essere ammessi a lavorare con lo spionaggio fuori dai confini. Voglio dire che quella di Wielgus non fu una collaborazione innocente. Se è rimasto registrato tra gli informatori della polizia segreta per oltre vent'anni, vuol dire che era considerato un agente importante ». I funzionari di allora potrebbero testimoniare? «No, non parlano. O mentirebbero. Hanno paura di essere processati». Ma oltre ai vecchi archivi di polizia, esistono altre fonti che accusano Wielgus? «Sicuramente. Non basta cercare tra i documenti conservati all'Ipn. Bisognerebbe cercare anche negli archivi della Chiesa, e di altre istituzioni. Perché è certo che anche altri organi avevano condotto all'epoca accertamenti e controlli. Sono indagini lunghe che richiedono molto tempo, molta pazienza e un clima meno teso di quello che c'è in questo momento. Andava fatto prima, adesso il latte è versato e la fiducia nella Chiesa si è incrinata». Come si sarebbe comportato Giovanni Paolo II al posto di Benedetto XVI? «Secondo me, avrebbe fatto la stessa cosa. Quando era ancora cardinale, nel 1973, Wojtyla, allora Metropolita di Cracovia, proibì qualunque contatto fra i sacerdoti e l'Sb, la polizia segreta comunista. Se Wielgus ha avuto questo tipo di rapporti, sapeva di infrangere il divieto». Non è stato tardivo l'intervento di Benedetto XVI sulla nomina di Wielgus a Metropolita di Varsavia? «È stato indotto in errore. I responsabili dell'Ipn hanno rivelato che i documenti non erano stati richiesti dalla Conferenza Episcopale Polacca e dalla Nunziatura Apostolica prima del 2 gennaio. Ma le voci circolavano da mesi, perché si è esitato tanto a fare le verifiche?».
Elisabetta Rosaspina
09 gennaio 2007
 
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