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La Confraternita del Santo Prepuzio di Viterbo, L'imbroglio dei 12 prepuzi di Cristo dispersi per il mondo.

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view post Posted on 21/12/2006, 21:54
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L'imbroglio dei 12 prepuzi di Cristo dispersi per il mondo.

La Confraternita del Santo Prepuzio di Viterbo

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Non parleremo dell’ormai famosa sindone né dell’inutile sangue di San Gennaro, bensì di oggetti ancor più ridicoli e imbarazzanti.
Il primo della nostra serie è il prepuzio di Gesù Cristo, la Chiesa cattolica ne possiede ben otto, ciascuno dei quali dichiarato autentico e fatto oggetto di ampia venerazione: a Clermont, a Chalons-sur-Marne, a Charroux, ad Anversa, a Puyen Velay, a Filtescheim, a San Giovanni in Laterano (poi trasferito a Calcata) e a Coulumbs.
Nel 1427 fu persino fondata una Confraternita del Santo prepuzio, al “Santo prepuzio” conservato presso Charroux si attribuiva un effetto protettivo sul parto, per cui vi si recavano in pelligrinaggio le donne incinte, e che il “Sacro prepuzio” custodito ad Anversa «…aveva al suo servizio speciali cappellani del prepuzio (ahah); ogni settimana veniva qui celebrato un ufficio solenne in onore del sacro prepuzio che una volta all’anno veniva recato “in trionfo” attraverso le strade…» uno spettacolo a cui sinceramente non vorrei assistere.
Fino al 1970 nella chiesa di Calcata, vicino Viterbo, il presunto prepuzio del piccolo Gesù ad ogni Capodanno veniva esposto al pubblico di fedeli, purtroppo pare che questo rito non venga più celebrato ma possiamo bene immaginare il perché.

http://geneastgenea.splinder.com/archive/2006-11

Edited by pincopallino2 - 22/12/2017, 10:23
 
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dirk58
view post Posted on 21/12/2006, 23:28




CITAZIONE (GalileoGalilei @ 21/12/2006, 21:54)
http://geneastgenea.splinder.com/archive/2006-11

Non parleremo dell’ormai famosa sindone né dell’inutile sangue di San Gennaro, bensì di oggetti ancor più ridicoli e imbarazzanti.
Il primo della nostra serie è il prepuzio di Gesù Cristo, la Chiesa cattolica ne possiede ben otto, ciascuno dei quali dichiarato autentico e fatto oggetto di ampia venerazione: a Clermont, a Chalons-sur-Marne, a Charroux, ad Anversa, a Puyen Velay, a Filtescheim, a San Giovanni in Laterano (poi trasferito a Calcata) e a Coulumbs.
Nel 1427 fu persino fondata una Confraternita del Santo prepuzio, al “Santo prepuzio” conservato presso Charroux si attribuiva un effetto protettivo sul parto, per cui vi si recavano in pelligrinaggio le donne incinte, e che il “Sacro prepuzio” custodito ad Anversa «…aveva al suo servizio speciali cappellani del prepuzio (ahah); ogni settimana veniva qui celebrato un ufficio solenne in onore del sacro prepuzio che una volta all’anno veniva recato “in trionfo” attraverso le strade…» uno spettacolo a cui sinceramente non vorrei assistere.
Fino al 1970 nella chiesa di Calcata, vicino Viterbo, il presunto prepuzio del piccolo Gesù ad ogni Capodanno veniva esposto al pubblico di fedeli, purtroppo pare che questo rito non venga più celebrato ma possiamo bene immaginare il perché.

Potenza della chiesa,e della credulità popolare che ha radici di millenni di storie di diavoli inferno,punizioni divine etc etc
 
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view post Posted on 21/12/2006, 23:42
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I cappellani del prepuzio.... :D :lol:

Che fantasia questi erotomani
 
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Shai_Hulud
view post Posted on 22/12/2006, 16:10




CITAZIONE (GalileoGalilei @ 21/12/2006, 23:42)
I cappellani del prepuzio.... :D :lol:

... Che sarebbe come dire: sti preti del... cazzo!!

Scusate, ma ci stava bene!! :lol: :lol:
 
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dirk58
view post Posted on 22/12/2006, 17:10




CITAZIONE (Shai_Hulud @ 22/12/2006, 16:10)
CITAZIONE (GalileoGalilei @ 21/12/2006, 23:42)
I cappellani del prepuzio.... :D :lol:

... Che sarebbe come dire: sti preti del... cazzo!!

Scusate, ma ci stava bene!! :lol: :lol:

bene che Dio avesse il dono del'ubiquità....
ma sette perpuzii!!!
alla faccia della dea KHALì!!!!
Qui si parla del DIO Khazzii!!!!

 
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Scarpia
view post Posted on 23/12/2006, 22:44




Ecco da dove deriva il detto "che XXXXXO vuoi?"
 
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view post Posted on 24/10/2007, 15:07
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http://64.233.183.104/search?q=cache:leitB...clnk&cd=8&gl=it


Narrazione critico-storica della Reliquia preziosissima del SANTISSIMO PREPUZIO DI N. S. GESU’ CRISTO Che si venera nella Chiesa Parochiale di Calcata Diocesi di Civitacastellana, e Feudo dell’Ecc.ma Casa Sinibaldi RISTAMPATA E ACCRESCIUTA Per ordine di S. E. il Sig. MarcheseCESARE SINIBALDI GAMBALUNGA Barone e Signore di detta Terra. ROMA 1802Presso Vincenzo Poggioli. ______ CON APPROVAZIONE.
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4Nota Introduttiva (a cura del Redattore del Progetto Manuzio) Il culto dei martiri cristiani, prima, e dei campioni di fedeltà all’Istituzione Ecclesiastica, poi, è sempre stato promosso, tutelato e favorito col massimo vigore dalle autorità religiose. Talvolta il culto dei santi era finalizzato ad ottenere il consenso, l’indottrinamento e lasudditanza dei fedeli all’Istituzione Ecclesiale, altre volte un mezzo per ottenere sia vantaggi economici per il clero, sia validi sostegni per le rivendicazioni egemoniche della Chiesa (Cattolica)nei confronti dei concorrenti poteri secolari. Sviluppatosi nell’ambito della cultura romana, il culto dei santi cristiani si concretizzò ben presto nell’esaltata venerazione delle loro spoglie (reliquiae), analogamente a quanto prima avveniva per gli eroi pagani. Divenuto il cristianesimo la Religione, unica e obbligatoria, dell’Impero, il culto dei santi degenerò nel traffico delle loro reliquie. All’inizio con vere e proprie spedizioni in Terrasanta peraccaparrarsi quelle che si ritenevano fossero le più prestigiose e appetibili, successivamente con altre meno insigni o addirittura falsificate, con l’alibi di dover soddisfare all’insopprimibile e inesauribile desiderio della devozione popolare nel miracolo e nel pellegrinaggio. Non è certamente obiettivo di questa nota addentrarsi nella complessa, vastissima, e sottocerti aspetti assurda, vicenda storica delle reliquie cattoliche. È sufficiente affermare che la reliquia del Prepuzio di Gesù rappresenta indubbiamente il culmine di questo culto, poiché ci troviamo in presenza della pretesa di possedere, nientemeno, che una parte del Corpo di Gesù Cristo. Il Prepuzio di Gesù Cristo Chi pensasse che solo Calcata, minuscolo comune viterbese sulla valle del Treja, abbia il privilegio di possedere il Santissimo Prepuzio del Signore, peccherebbe di ingenuità. Come per infinite altre reliquie ci troviamo di fronte ad una proliferazione condita spesso da frodi e rivalità. Sono ben otto, infatti, i Prepuzi autenticati dalla Chiesa Cattolica ad essere oggetto di culto. Essi si trovano (o si trovavano) a Clermont, a Chalons-sur-Marne, a Charroux, ad Anversa, a Puy en Velay, a Filtescheim, a Coulumbs e a San Giovanni in Laterano (quello che poi venne recuperato a Calcata) e sono stati (e forse in parte lo sono tuttora) oggetto di ampia e profonda devozione eadorazione.(1)A Charroux si recavano in pellegrinaggio le donne incinte perchè si attribuivano, al Prepuzio conservato in quella città, effetti protettivi sul parto. Ad Anversa il Prepuzio era oggetto diparticolare adorazione, non solo per una Confraternita del Santo Prepuzio istituita sin dal 1426. maper la presenza di speciali cappellani chiamati “del Sacro Prepuzio” che settimanalmente celebravano un ufficio solenne in suo onore ed una volta all’anno lo portavano in trionfo lungo lestrade della città. A Calcata la reliquia del Prepuzio era solennemente esposta al culto dei fedeli, nella chiesa parrocchiale del S. Nome di Gesù, ogni anno a Capodanno, festa della circoncisione di Gesù. Ciò èavvenuto sino ai nostri giorni: infatti solo nel 1970, dopo tanti secoli e varie vicissitudini, la reliquia (forse anche per effetto del Concilio Vaticano II) è misteriosamente scomparsa... al culto. (1)Cfr.: John. P. Wilder, The other side of Rome. Gran Rapids, 1959. – S. Rizzelli, I segreti del sacro: viaggio nell’Italiadei miracoli e dei misteri... Newton & Compton, 1999 .
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5Il libro La casa Sinibaldi, subentrata nel Feudo agli Anguillara nel 1734, si impegnò in alcune importanti ristrutturazioni, tra le quali, nel 1793, quella della Piazza antistante la Chiesa Parrocchiale di Calcata nella quale era custodita la Reliquia del Prepuzio. Terminati i lavori, si presentò al Marchese Cesare Sinibaldi una buona opportunità per tentare di rilanciare, anche amerito ed onore del suo Casato, il culto devozionale di una così importante, ereditata reliquia. A tal fine commissionò, probabilmente ad un religioso gesuita, la redazione di un libro commemorativo che rivedesse, accrescendola, una precedente pubblicazione dal titolo: “Racconto come fosse ritrovato il Santissimo Prepuzio di Nostro Signore Gesù Cristo nella terra di Calcata feudo dell’illustrissima casa Sinibaldi. In Ronciglione: nella stamperia di Clemente Mordacchini, 1759”. Nonostante la pretesa del nuovo libro di essere una “Narrazione critico-storica”, in effetti, ci troviamo di fronte ad un’opera agiografica, che raggiunge il parossismo nell’impagabile racconto del ritrovamento della reliquia. Se si trattava del Santissimo Prepuzio di Gesù Cristo trafugato dalla Basilica del Lateranochi, tra le persone presenti al suo ritrovamento, poteva essere scelto per maneggiarlo e deporlo, poi, in un piccolo bacile d’argento? La risposta era ovvia per l’autore...: “qual'altre mani, se non quelle di una Verginella innocente (Clarice, la giovanissima figlia della contessa Maddalena) aveano potuto toccare quel fragmento adorato, reciso da un Corpo impastato di Virgineo sangue, nel purissimo Seno di Maria?” (Capo VI)....! Il libro, riesumato dalla muffa di un tempo sin troppo recente (se si pensa che ne è stata fatta un’edizione anche nel 1890!), merita di essere letto, non solo perchè sconcertante testimone di un’epoca, ma anche per il sorriso che ci può regalare in alcune sue pagine. Roberto Derossi
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6L’AUTORE A CHI LEGGE L principal oggetto, che io mi son proposto nello stendere questa narrazionecritico-Storica è stato l’eccitamento, che io desidero nel cuore de’ Fedeli Cristiani, d’una santa, e tenera divozione verso l’amorosissimo nostro Redentore Gesù Cristo in corrispondenza di questo segnalato pegno d’affetto, che tra gli altri infiniti si degnò Egli lasciarci sù questa terra col fortunato possesso del suo Sacros. PREPUZIO che esiste nella terra di Calcata feudo dell’Eccell.ma Casa Sinibaldi. Ne viene da ciò per illazione legittima che mal si apporrebbe colui, il quale credesse di rinvenire in quest’Opuscolo od una severa critica, od una erudizione ricercata, o una dimostrazione rigorosa. La prova dell’esistenza di una Reliquia non può di sua natura portarsi ad un punto ch’ecceda una morale certezza, e ciascuno debb’esser persuaso, che non tollerandolo l’indole del soggetto sarebbe temerità pretender dimostrazione, ove la dimostrazione non può aver luogo. Raccoglierò quindi sotto un solo punto di vista que’ monumenti, che mi si sono affacciati, dopo la più minuta ricerca; per vendicare l’esistenza in terra, e segnatamente in Calcata, della preziosa Reliquia del SS. PREPUZIO; certo per una parte, che questi non la provano ad evidenza per rintuzzar l’intemperante critica di certuni, certo per l’altra, che alla evidenza supplisce una ragionevolissima probabilità capace di appagare l’illuminato non meno che il più Fedele, il quale sa ciò che debbe bastare in somiglianti materie. La definizione della Chiesa forma la rigida prova pel Cattolico per vendicare il culto dovuto in genere alle SS. Reliquie, e per abbatter l’errore già condannato negl’Iconoclasti e da San Gregorio II, e dal settimo Ecum. Conc.; ma non è necessaria poi, come diceva, quando trattasi in particolare dell’esistenza di qualche sacro avanzo degli eroi che ci hanno preceduto, perchè non n’è suscettibile, e perchè non verificata totalmente una determinata Reliquia, non può dedursene ch’esistendo non sia un oggetto della nostra venerazione. Dal mio canto dunque mi studierò di sviluppare tutti gli argomenti di credibilità per l’oggetto, che mi sono proposto, onde resti salva, per quanto si può, l’autenticità del S. Prepuzio, e così crescano le occasioni di muover a divozione i Fedeli, che è il fine principale di questa qualunque sia Opera mia. Che se ai monumenti che saranno da me rapportati si unisca connesso indissolubile, e la non interrotta tradizione de’ Fedeli, e le Indulgenze a larga copia concesse dai Pontefici,ed il culto che ha sempre riscosso, troveremo che maggiore d’assai sarà il fondamento del nostro assunto, e che l’una cosa sostenendo l’altra, non può l’intelletto non persuadersi, che una Reliquia sì insigne ha tutt’i caratteri di una indubitabile veracità. I
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7CAPO I. Premesse necessarie. Ual fosse sempre mai nel cuor de' Cattolici l'affetto, e quale della fervida lor Pietà lariverenza, e la stima verso i Cadaveri de' Santi, o loro Reliquie, lo mostrano e l’impegnodella Chiesa nel l’opporsi agl’Isaurici, ed ai Copronimi, e le Urne preziose, entro cui conservansi, e la rarità delle gemme, che in gran copia le adornano. In qual alto credito sienpoi soprattutto rimasti que' Sagri Pegni, che nel tenero amor suo verso noi degnossi lasciarci il gran Santo de’ Santi nostro unico mediatore Gesù Cristo, testimoni ne' sono ilunghi, e disastrosi Pellegrinaggi, e che da climi ancor lontani persone d'ogni grado alla giornata per venerarli intraprendono, Che però si crede privilegiata quella Nazione,favorita quella Città, Terra, o Castello, cui toccò in sorte l’avere ne’ suoi Tempi qualchepiccolissima porzione di simili adorate Reliquie, e fu impegno de' Nazionali applicare le penne de' più eruditi a farne lor vanto, a pubblicarne l'antichità del possesso, e difenderloancor, se d'uopo fosse, dalla taccia d’insussistente, e da chi venisse in preterizione d'arrogarlo a se proprio. Ne abbiamo un illustre, e non sì facile a comendarsi, perchè troppoelevato esempio, dal zelo fervoroso del Sommo Pontefice Benedetto XIV., la di cui venerabilepenna per onore di Bologna sua Patria, già una volta sua Sposa, pria che il noto suo merito gli coronasse le sagre tempia co’ triregni del Vaticano, impegnossi nel Tom. 3. delle sueeruditissime Notificazioni alla pag. 144. Notific. 8. a validargli il possesso del Cranio di S.Anna Madre di Maria sempre Vergine, donato dal B. Cardinal Albergati a’ suoi Monaci Cartusiani, e custodito con gelosa pietà nell’Oratorio a detta Santa dedicato nel loro Ospizio alla Strada di Sant'Isaia. Posto ciò è ben certo, che dopo l’Augustissimo Sagramento dell'Eucaristia, nella quale vivo, e vero ci fa adorare la fede, il nostro Salvator Gesù Cristo, quale nacque di Maria Vergine, quale convisse fra noi, e quale siede nell’Empireo alla destra del divin suoPadre, non vi è fra le altre Reliquie di Lui una che più del Sagrosanto Prepuzio, col meritare speciali gli ossequj, debba egualmente impegnare la gloria di chi lo possiede a farne suovanto. E n’è ben degno un sì prezioso Tesoro; essendo porzione di quel divinissimo Corpo,che con sublime non più udito artificio nelle purissime Viscere della Vergine, formò lo Spirito Santo, e primo rimarco de' dolori, che per redimerci cominciò a soffrire ancor Bambino.Q
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8CAPO II. Discussione Teologica sull’esistenza del SS. Prepuzio.Rima che m’impegni nell’Istorica narrazione di questa Venerabilissima Reliquia, ènecessario provare, che l’esistenza di quella in questa Terra niente ripugna all’integrità della Resurrezione di Gesù Cristo; cosicché possa essere qui rimasta l’adorata Membrana, ed egliglorioso, ed intero sia volato al Cielo. Purtroppo tutti i Teologi dopo S. Giovanni Damascenoinsegnano, che quod Verbum Divinum semel assumpsit, nunquam dimisit, anzi è di fede ciò che cogli altri Padri asserisce del Redentore S. Atanasio cum omni integritate resurrexit. Ora consistendo tal integrità, e perfezione nel numero compito, e perfetto di tutte le parti delCorpo umano, se il Prepuzio esiste in Calcata, potrebbe dirsi, che a Gesù Cristo in Cielomanchi questa parte, la quale come tutte le altre concorre a formare l’integrità, e perfezionedel Corpo. Ma chi vorrà ciò asserire? Se in ogni uomo che risorge alla gloria riparate sarannotutte le parti del Corpo, come S. Matteo al cap. 10., Vestri autem capilli Capitis omnes numerati sunt, e S. Luca al capo 21., Capillus de Capite vestro non peribit; quanto più dovea ciò avverarsi nel Salvatore, la risurrezione del di cui Corpo fu l'esempio, e il modello di tutti quelli, che conseguir doveano la gloria della Risurrezione medesima? Tre strade ànno tenuto i Dottori per isciogliere questa grave difficoltà. Noi leaccenneremo di volo, ma senza che la brevità nuoca all'intento. La prima è fondata sulladottrina di S. Tommaso, seconde la quale quella Proposizione di sopra accennata, esostenuta comunemente dai Teologi, quod Verbum &c. deve spiegarsi in senso morale, e nonin senso fisico; cioè, che il Divin Verbo non à mai dimessa alcuna di quelle parti del Corpo, che all’integrità del medesimo fosse necessaria; non già, che debba intendersi delle minime particelle, senza le quali l’integrità del Corpo può aversi, e si ha senza meno, e che alla verità della Risurrezione non appartenevano. Così viene inteso S. Tommaso (in summ,quæst. 54. art. 2. ad 3.) Quindi spiegando la mente dell'Angelico suo Maestro, il celebre Carlo Billizari nella tua Opera intitolata Summ. S. Thom. hodiernis &c. così sù questo articolo lainterpreta: Hoc verificatur moraliter de tote Sanguine, qui fuit necessarius ad integritatem Corporis instatu Resurrectionis, non vero physice de tota omnino etiam minimus &c. particulis non necessariis. E venendo lo stesso Interprete a dedurne, che nei tre giorni della morte il Sangue di Cristo fuunito ipostaticamente al Divin verbo, quia resumendum erat in Corpore resurgente, conchiude, secus dicendum de Præputio, & Sanguineeffuso in Circumcisione, quia non erant assumenda in Resurrectione.Una seconda strada à tenuto il Serafico S. Bonaventura, la di cui autorità fu citatanella celebre quistione insorta tra i PP. Domenicani, e Francescani intorno al Sangue diCristo, se nei tre giorni separato dal Corpo, rimanesse o nò unito alla Divinità. La Disputa, dicui fa menzione Pio II. nel Lib. II. de’ suoi Commentarj, fu acremente sostenuta da ambe leparti avanti il Papa, e Cardinali, ed il lodato Pontefice nel citato luogo così al nostroproposito si spiega; Cum dicimus, quod assumpsit non dimisit, realem assumptionem, & dimissionem accipimus,ad substantias refertur, non adinania nomina, & accidentia, quæ per se nihil sunt,.. & per hoc objectioni respondentur, quæ sit de Præputio Domini, sive apud Lateranum, sive alibi conservate. Aitenim Bonaventura in 4. Sentent. Pelliculam illam præcisam vel non fuisse de Carne secundum speciem, sed Divina dispensationem parum aliquid secundum materiam, ut daretur nobis addevotionem more Reliquiarum &c., e il lodato S. Bonaventura conchiude nel cit. Lib. delleSentenze: Non fallimus Religionem de Præputio ubicumque sit conservata in Terra ejus Pellicula, P
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9seu Caruncula exsecta, sed aimus, illic non esse Divinitatem conjunctam, cum non sit ibi species, autpars formalis de Christi Corpore sumpta.La terza finalmente è del dottissimo Francesco Suarez de Incarnat. part. 2. disput. 47. sect. I. Ecco le sue parole: «Ad traditionem, seu Historiam referentem particulam illam Praeputii Christi servari adhuc in Ecclesia, respondetur... ex sententia Divi Augustini, et Divi Thomae, non esse ad veram Resurrectionem simpliciter necessarium, ut omnes partes materiales Corporis ex iisdemnumero partibus materiae constent, ex quibus prius constabant, sed sat esse, ut totum constet ex eadem materia tota, et ad majorem perfectionem satis etiam esse, ut principales partes seu organicaeetc. omnino eaedem sint, et eaedem materiae; quod vero minima aliqua materialis pars interdum ex alia materia suppleatur, nihil obstat tam veritati, quam perfectioni Resurrectionis praesertim si illamet materia fuit aliquando pars ejusdem Corporis. Sic igitur in praesenti dici potest Corpusresurgens habuisse Praeputium formatum ex aliqua parte materiae illius, quae aliquando fuit inCorpore Christi, Particulam verò illam, quae in Circumcisione abscissa fuerat, relictam esse in Terris ad Fidelium devotionem. Hoc modo servatur integritas Corporis Christi resurgentis, et Fides humana, et Traditio.» Qualunque di queste tre Sentenze si abbracci, a noi poco rileva, interessati, come siamo, soltanto ad asserire, che non si può negare l’esistenza del Sagrosanto Prepuzio inCalcata, in qualunque maniera poi debba teologicamente spiegarsi una tale esistenza. Insegnano le leggi del raziocinio, che l’ignorar la maniera di esistere di una cosa non porta seco l'inesistenza della cosa medesima, e che un fatto d'altronde provato nulla temel’impercettibilità del come quel fatto medesimo spiegar si debba. Conchiudiamo questoCapitolo con Consalvo Durante Vescovo di Faenza al Tom. 2. delle Annot. Alle Rivel. di S.Brigida pag. 127. Siccome, dice egli, il Divino Verbo a mostrare la verità nella nostrapassibile Carne da se assunta fè, che nel Corpo suo glorioso vi rimanessero le cicatrici delle piaghe fattevi dai chiodi, e dalla lancia, così per più irrefragabile conferma, lasciò a’ nostri occhi esposta l'adorata Membrana; e nella maniera, che Gesù Cristo per osservare la Legge volle essere circonciso, così in riprova di tale osservanza conveniva, che ne lasciasse questo evidente attestato. In oltre essendo il Prepuzio un segno distintivo di quella Nazione, che era allora a Lui diletta; dovea presso tutti rimaner manifesto, che nell’averla osservata lostesso Legislatore, la Legge era Divina; da che ne viene in chiaro, che egli apparirà circonciso,come tutti gli altri della Discendenza di Abramo, e nulla di meno il di Lui Corpo sarà intiero, bastando a salvarne l'integrità, che risorgesse qual visse, riportando in se le rappresentanze diquella Nazione, da cui discese, e l’adempimento di una Legge da se promulgata. Stabilitoun tal fondamento, che per quanto mi sembra, non può ammetter risposta almen plausibile, giacche nasce dal carattere, che ha doppio il nostro Redentore, di Capo non meno de’Gentili, che degl’Israeliti, ai quali si protesta egli nell’Evangelio ch’era venuto ad annunziarprima che agli altri la sua Religione; stabilito, dissi, un tal fondamento, che se sembrainconcludente ad una smodata critica, sembra però ragionevole a chi le prove valuta inproporzione dell’indole del soggetto, passo a parlare di quelle notizie che convengono al Racconto di cui si tratta.
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10CAPO III. Prime Notizie del Sagrosanto Prepuzio. A Vergine Santissima fu la prima Custode prescelta di questa preziosissima Reliquia recisa otto giorni dopo la nascita al Pargoletto Gesù. Il P. Suarez dice, essere stato ciòverisimile, e consentaneo alla carità della Vergine. Alfonso Salmeron (Tom. 3. in Evang. Tratt. 36. pag. 320.) sostiene anch’esso tal pia e ragionevol credenza: «Beata Virgo annulumCircumcisionis diligentissime ut rem pretiosissimam conservasse fertur, quem antequam inCoelum conscenderet, ut fama est, Beatae Mariae Magdalenae custodiendum reliquit etc.» Peruna maggior probabilità di quanto dicono gli accennati Autori, per non dire per una totale certezza è da riflettere che la Circoncisione di Cristo, non accadde già, come cel rappresentala fantastica arte della Pittura, che non si fa mai scrupolo di seguire la verità della Storia, non accadde, dissi, nel Tempio, ma sì bene nel luogo del di lui nascimento. Ciò è tanto certo, quanto è vero, che per la legge delle Puerpere data agli Ebrei, non poteva la Donna dopo il parto entrar nel Tempio se non 40. giorni dopo il parto; legge, a cui aver obeditorigidamente la Beatissima Vergine cel dice e la di lei santissima vita, e l'Evangeliomedesimo, ove sta scritto = Postquam impleti sunt dies purgationis Mariae secundum legemMoysi etc. = Ora la circoncisione fu eseguita otto giorni dopo il nascimento di Cristo =postquam consummati sunt dies octo ut circumcideretur puer = Dunque accadde nel luogodel suo nascimento; e quindi com'è possibile imaginare che la membrana recisa non siastata gelosamente custodita dalla di lui Madre conscia de’ santi misterj, ed appieno istruttadel pregio di quella carne santissima? Io per me credo che questa sia una dimostrazione incapace di replica. Sull’altro punto però, che la Vergine lasciasse a S. Maria Maddalena diquesto Tesoro la custodia, non tutti gli Autori convengono; anzi la più comune sentenza è,che giunto il momento della di lei fortunata Assunzione la raccomandasse al diletto suoCustode Giovanni con quel Sangue, che dalle cicatrici dell’estinto Cadavere asterse officiosaprima di darle sepoltura. Da lui le preziose reliquie passarono in altre pie mani sempre nascosterimanendo alla furiosa rabbia de' persecutori del Nazareno, i quali cercavano di struggere tutto ciò, che riguardar potesse la nostra Sagrosanta Religione. Volendo però Iddiomisericordiosissimo ricompensare la pietà di Carlo Magno, Lui prescelse per fortunatopossessore di questa insigne Reliquia. Ma siccome la calamità de’ tempi l’avea fatte rimanersepolte nell'oscurità, un'Angelo fu spedito apposta dal Cielo per portare a quel degno Principeun sì bel dono. Innumerabili sono gli Autori, che in questo convengono. Il B. Giacomo de Voragine Vescovo di Genova nella sua aurea Leggenda per la Festa della Circoncisione dice: «De Carne autem Circumcisionis Domini dicimus, quod eam Carolo Magno Angelusattulit». Così il citato Salmeron, così Giovanni Battista Signo nel Reliquiario al Cap. I.Præputium legimus ab Angelo delatum Carolo Magno. Questo piissimo Monarca ricevute in Gerosolima queste Santissime memorie le trasportò in Aquisgrana collocandoleonorificamente nella Chiesa di Santa Maria. L
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11CAPO IV. Come si possano conciliare diversi autori su i primi Trasporti del Sacrosanto Prepuzio.Ome suol accadere, che più città contrastino tra di loro il pregio di voler frutto del proprio suolo qualche Personaggio; che siasi distinto singolarmente o nella letteraria palestra, o nelle armi, o abbia con mente(2)creatrice prestato rimarcabile servigio allaumanità: così e con molto più di ragione suol anche succedere di qualche Santa Spoglia diquegli uomini fortunati, che son passati a godere la Corona delle loro vittorie. Ma quanto più meritamente dovea questa bella gara nascere per una Reliquia, per una piccola Spoglia di quella Carne purissima, che ha vestito il Santo de’ Santi Gesù Cristo? E così appunto èavvenuto. Più Autori, e tutti gravissimi sembra a prima vista, che combattano tra di loro. I succitati, cioè il B. Giacomo, Alfonso Salmeron, ed altri son di parere, che lo stesso CarloMagno da Aquisgrana trasportasse in Carosio il prezioso tesoro. Il lodato Signio al luogo riferito: Præputium legimus ab Angelo delatum Carolo, qui postea in ejus nomine Monasterium de Corrosio Pictaviensis Diœcesis ædificavit, & Corrosium a Carne illa circumcisa, idest præputiata nuncupavit, All'opposto il Cardinal Fieschi, il Panvinio nelle sette Chiese di Roma, PietroNatali nel Catalogo de’ Santi lib. 2. Cap. 27. verso il fine, ed altri, pretendono, che Carlo Calvo ritogliesse da Aquisgrana la venerata Pellicola, ed Egli la collocasse nella Chiesa di S. Salvatore in Caroso. Giovanni Diacono poi presso al Cardinal Cesare Rasponi pag. 264. riferisce, che nei tempi di S. Leone III. (sarebbe circa 70. anni prima del secondo trasporto, che si suppone fatto da Carlo Calvo) il Sagrosanto Prepuzio fosse da Carlo Magno riposto inuna Croce d'oro adorna di giacinti regalato al lodato Santo Pontefice per la Basilica Costantiniana dopo essere da esso coronato Imperatore dell’Occidente nel giorno di Natalel’anno 800. di nostra salute al dir di Alfonso Ciacconio nella vita di S. Leone M. Papa Tom.I. Anno 796. col. 564. Intanto Anversa prova ad evidenza il suo possesso quasi contemporaneo di questo Tesoro. Di fatti evvi una Testimoniale di Teobaldo ArcivescovoBisontino, un'altra di Giovanni Vescovo Carmecense; un Breve di Eugenio Papa nel 1446 ed altri molti argomenti riportati dopo un rigido esame, che da ogni pagina traluce, nella suainimitabile Opera da Giovanni Bollando al Tom. I. della Festa della Circoncisione,L'opinione di Sinforiano Campeggio riferita dal Loerio nel suo Lib. 4. Cap. 6. in questitermini: «Synphorianus Campeggius Libello &c. ait, Anicii in Alvernia, quod Oppidum nuncde Puteo dicitur, Præputium Dominicum, ac Araonis mitram, seu Infulam sollicite servari» tale opinione; dico, essendo mancante di altro fondamento almeno a me noto, par che meriti appena di essere prodotta. Come dunque si combinano Sentenze così contrarie? Per non negare a tanti Autori la Fede, e per far, che ci assista di Giovanni Diacono il Rapporto, come il più antico, e perciò più degno di fede; è assolutamente necessaria una Supposizione molto verisimile in tali ritrovamenti. Abbiamo detto di sopra, che il Sagrosanto Prepuzio, equelle goccie di Sangue, che asterso avea Maria Santissima dall'estinto Cadavere del suoDivin Figlio, unitamente fossero nascoste per sottrarle al furore dei persecutori. Queste da unAngelo ebbe in dono Carlo Magno, ed Egli regalò a San Leone l’adorabilissimo Prepuzio; legoccie di Sangue poi rimaste in Aquisgrana, e collocate in distinto Reliquiario furono in(2)Nel testo: « mante ». C
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12appresso di Carlo Calvo trasferite in Caroso, e queste furono quelle, che passarono in Anversa credute communemente parte del Prepuzio, essendo ancor questo rubicondo. Senza una così probabile supposizione è affatto impossibile conciliar tra di loro gli Autori,anzi neppur potrebbesi venire in cognizione del come, e da chi fosse portato il Prepuzio allaprimaria sua Sposa, cioè la Chiesa Romana, e posto già da gran tempo nel Sancta Sanctorum, cosa, in cui tutti gli Autori di sopra citati d’unanime sentimento convengono, e che noi dimostriamo nel capo seguente.
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13CAPO V. Dove fosse conservato il Sacrosanto Prepuzio donato da Carlo Magno a S. Leone III.ON abbiamo bisogno a questo proposito di concordare apparenti Contradizioni. Tutti gli Autori, che trattano di questa materia, ad una voce asseriscono, che il Sacrosanto Prepuzio fin dall'anno 800. di nostra salute fu collocato, e conservato nell’Oratorio di S.Lorenzo al Sancta Sanctorum, luogo esistente nel medesimo Sagro Palazzo Lateranense. Cene fa per tutti autentica fede la descrizione dello stesso Santuario manuscritta nel CodiceMarchianense fatta dal Collegio di Burges della Compagnia di Gesù. Così ivi si legge: «In eodem Sacro Lateranensi Palatio est quoddam S. Laurenti Oratorium, in quo tria sanctissimacomputantur Altaria: Primum in Arca Cypressina, quam Leo III. condidit, tres Capsæ sunt.In una est Crux de auro purissimo adornata gemmis, & lapidibus pretiosis, idestHyacinthis, & Smaragdis; & in media Cruce illa est Præputium Circumcisionis Domini, & desuper inuncta est Balsamo, & singulis annis eadem Unctio renovatur, quando D. Papacum Cardinalibus facit processionem in Exaltatione S. Crucis ab ipsa Sancti Laurentii Ecclesiain Ecclesiam Sancti Joannis. Et in alia Capsa argentea, & deaurata cum historiis est Crux deSmalto depicta, & infra est Crux Domini Nostri Jesu Christi. In tertia Capsa, quæ estargentea, sunt Sandalia, idest Calceamenta Domini». Lo stesso ci dice Marco Attilio Serrano nella sua Opera sulle Sette Chiese di Roma pag. 71., e il lodato Vescovo di Genova, il B. Giacomo di Voragine, Onofrio Panvinio nel suo libro delle sette Chiese di Roma, Silvestro Pietrasanta della Compagnia di Gesù nella prima Centuria delle sue metafore, il P. Liborio Sinischalchi nell’opuscolo intitolato: Il Martirio del Cuor di Maria, i Manoscritti della stessaBasilica Lateranense conservati nei Registri Capitolari, e Mr. Rocca Agostiniano, chenell'opera sua fa un'elegante dissertazione su questo argomento, e molti altri de' quali fa onorevole menzione l'immortal Gio. Bollando nel primo giorno di Gennaio fra quali meritaspecialmente d'esser nominato Sisto IV. de Sanguine Christi verit. 7., e finalmente le rivelazioni di S. Brigida al cap. 112. N
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14CAPO VI. Dal Sancta Sanctorum fu trasportato inCalcata.Unque l’inapprezzabil tesoro di cui parliamo esisteva già nel Sancta Sanctorumprezioso dono dell'Imperator Carlo Magno. Converrebbe negar fede alla Tradizione, efar'uso di una critica smoderata a guisa del celebre P. Arduino, o dirò meglio di unosfrontato Scetticismo per porre in dubbio questa verità contestata da tanti autori gravissimi. Ma quanto è certo che per sette e più secoli ha in detto venerabile luogo riscosse le adorazioni la santa pellicola, altrettanto è indubitato, che ivi più non esiste sono omai piùdi trecento anni. Come dunque, e dove fu essa trasportata? Non possiamo su tal particolarepartirci un momento dal racconto, che ce ne fa l’Eminentissimo Cardinal di Toledo nei Commentari sopra l'Evangelio di S. Luca Cap. 2. Annot. 31. pag. 180. Allorché, così egli ci narra questa istoria, le Milizie di Carlo V. Imperatore il giorno 6. di Maggio dell'anno 1527. sotto la condotta di Carlo Borbone poste le Scale alle Mura di Roma dalla parte destra del Vaticano, passarono per assediare Castel S. Angelo, in tal circostanza buona parte delle Truppe infette dell’Eresia trascorse a dar sacco alla vaga Metropoli dell’universo, e con fierezza tutta propria de’ Luterani incaniti, sfavillanti diabolico furore, oltre le stragi, leruberie, gl’insulti, co' quali attaccarono il Popolo smarrito, diedero il guasto a quanto se gli fèincontro di Sagro, fin nelle Chiese senz'ombra di rispetto a quell’Iddio, di cui avevano adulterata la fede, e pretendeano profanare la Religione. Nel bollore del sacrilego Saccheggiouna squadra infame di Predatori rotte le Porte del Sancta Sanctorum, ed infrante quelle adorate Custodie, nelle quali eran racchiuse molte insigni Reliquie quante più poterono, netolsero. Nella divisione delle sacrileghe prede toccò ad un Soldato una cassettina d'acciajo ben chiusa, con cui sedati già della Città i tumulti, e calmato l’impeto ostile, partissene da Romacoll’empia idea di far uso a suo tempo di quell’oro, ed argento, che quivi credevanascondersi. Non volle però il benignissimo Iddio, che si dilungasse molto dal centro della Religione Cattolica l’adorato Doposito, sicché l’iniquo fuggitivo dopo circa 20. miglia di cammino arrestato da alcuni Contadini, fu condotto a Calcata, dove in luogo di Carcere fu chiuso in una Grotta scavata nel Tufo. Intimorito il miserabile tra quelle angustie, che nelcadergli sopra se gli trovasse indosso il sacrilego Furto, quivi lo nascose sotto al letame. Sarebbe di nuovo rimasto ignoto il Sacrosanto Prepuzio, se quell’altissima Providenza, che segretamente guidato l'avea anche per opera d'un indegno ad onori cospicui, non avesse ricondotto verso Roma l'involatore scelerato, Quivi infermatosi, e nell’Ospedale di S. Spirito in Sassia venuto agli estremi del vivere, palesò al Sacerdote il furto da se nascosto in un Castello, di cui non sovvenivagli il nome, attestandogli sibbene, che era soggetto ai Signori Anguillara. Portata tale notizia al Sommo Pontefice Clemente VII., ordinò a Gio. BattistaAnguillara una diligente ricerca ne’ suoi Feudi di Stabia, Calcata, e Mazzano. All’onor del comando corrispose il Conte con accurata premura, ma tutto in vano, perchè nulla trovossi. Finalmente nel mese di Ottobre dell’anno 1557. toccò al degno Curato di Calcata la felice sorte di rinvenirlo nella sopradetta Grotta congiunta alla Chiesa sull’ingresso del Paese a man sinistra. Portò il Sacerdote a Maddalena Strozzi Moglie di Flaminio Anguillara dimorante allora in Stabia un miglio lungi da Calcata, il piccolo Scrigno, qual'era lungo mezzo palmo, D
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15alto quattro dita con coperchio arcuato al di sopra. Aprillo pertanto la nobilissima Femminaalla presenza del Sacerdote, di Clarice sua Figliuola fanciulla di sette in otto anni maritata poscia con Sciarra Colonna, e di Lucrezia Orsini Vedova del defunto Giovan Battista Anguillara, e dentro ritrovovvi involtini di tela, ciascuno de’ quali annesso avea in cartoline ben polite il nome, raso però dalla lunghezza del tempo, che appena potealeggersi. Erano in essi varie Reliquie de’ Santi, e tra le più riguardevoli trovossi una particella di Carne del S. Martire Valentino, della grossezza di una noce, e parea allor'appunto dal vivo Corpo recisa; Parte della Mascella con un dente di S. Marta Sorella di S. Maria Maddalena. Vennesi a sciogliere un Fagottino bianco, a cui era sopra scritto il venerando nome di Gesù. Ma nel provarsi Maddalena a quell’opera, la prima, e la seconda volta le siirrigidirono le mani. Stupefatta all’evento la Nobil Dama, pregò fra se stessa Iddio, perchè leriuscisse scioglierlo, e tentò di nuovo quell’opera, ma le dita di ambe le mani se leinsodirono a guisa di duro metallo, onde rimase inabile a toccare quel Sagro Gruppo. Lo spettacolo ricolmò di stupore gli Astanti, e più di tutti Maddalena, che lo provava in se. Presaga allora di ciò che era, Lucrezia Orsini, crederei disse, che vi si contenga il Prepuzio di Gesù Cristo, del quale il Pontefice Clemente VII. già sono tanti anni, impose aGiovanbattista mio Marito la ricerca. Ma che! Finì appena l'accortissima Matrona il suo dire,che dal Gruppetto sorse una fraganza non più intesa, superiore ad ogni umano senso, cheoltre alla Camera di quel divoto Congresso, si diffuse per tutto il Palazzo. Prive perciò diconsiglio, e dal timore sorprese quelle Signore smarrite non sapeano cosa risolvere. Quando ilSacerdote presente consigliolle d'applicare a quell'opera le mani della buona VerginellaClarice, e nell'aver aderito al consiglio le nobili Matrone, l’effetto vinse l’aspettazione.Sciolse felicemente Clarice il Gruppo, lo sviluppò, e separatone il Santissimo Prepuzio, lo depose in un Bacile d'argento. (E qual'altre mani, se non quelle di una Verginella innocenteaveano potuto toccare quel fragmento adorato, reciso da un Corpo impastato di Virgineosangue, nel purissimo Seno di Maria?) Era il Santo Prepuzio denso, e crespo in figura d'un Cece rosso, la fragranza, che trasfuse, durò due giorni nelle mani di Clarice, e della Madre. Si diè poscia da questa sesto alle altre Reliquie, tutte collocandole in nuove borsettini di seta, che ne trasmettevano odore, né vi era difficoltà nello svolgerle per evidenza maggiore, e prodigio. Postele in fine con divota riverenza nello stesso piccolo Scrigno consegnollo Maddalena al Sacerdote, perchè la riportasse in Calcata, ove erano state ritrovate nella Chiesa de' SS. Cornelio, e Cipriano. Volendo poi l'amorosissimo Iddio rimettere nel pristino a Lei ben dovuto decoro la Reliquia adorata, non lasciò di servirsi di quelli inaffiamentiopportuni, de’ quali al parere di S. Gregorio Magno ebbe bisogno anche la Fede nel primosuo nascimento. Si videro dunque strepitosi Miracoli operar da Dio in quell’occasione. Maper attenerci alla prefissa brevità ne descriveremo due più strepitosi, uno all'altroconsecutivo, i quali raccontano Autori gravissimi, e particolarmente il Cardinal Francesco di Toledo nel luogo succitato, Giovanni Diacono presso al Cardinal Cesare Rasponi, SilvestroPietrosanta della Compagnia di Gesù nella prima Centuria delle sue metafore, Giovanni Bollando Tom. I. Fest. Circumcis., e finalmente esistono nell’Archivio di S. Giovanni in Laterano tali Memorie, come asserisce Monsignor Rocca nella lodata Dissertazione de Præput., come può vedersi dai Registri Capitolari di quella Patriarcale.
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16CAPO VII. Prodigi operati da Dio a Gloria del Santo Prepuzio. Ell’anno 1559. il primo di Gennajo processionalmente portaronsi a venerare le ritrovate Reliquie alcune Donne della Compagnia di Sant’Orsola da Mazzano luogo unmiglio distante da Calcata con molti uomini, e fanciulli di seguito portando Candele e Torcie in mano accese. Giunta a Calcata la pia Comitiva si prostrarono tutti genuflessi su' quel piano, che riguarda la porta della Chiesa, e con la stessa positura entrati ne’ sagriliminari, passarono supplichevole istanza all’Arciprete, uomo di vita incolpabile, acciò sidegnasse mostrargli il Santo Prepuzio. Condiscendendo alla divota richiesta il pio Sacerdote, toltolo dal Sagrario, ove conservavasi chiuso, lo pose sull’Altare. O meraviglia! Eccoall'improvviso una nuvola a ricoprire la Reliquia, il Sacerdote, l’Altare, passata a dilatarsi per tutto il Tempio, con tal densità, che per lo spazio di quattro ore in circa niuno scorgevail vicino; scorrendo nel tempo stesso quà e là precipitose stelle, e lampi di fuoco. Qual fosse lo smarrimento, quali i gemiti, e le voci affannose degli astanti sopraffatti da quella biancheggiante improvvisa nuvola, abbagliati da quell’incessante lampeggiar di luce, non è sì facile ad esprimersi; è ben certo che in ogni bocca risuonava la stessa voce interrotta da affannosi singhiozzi, che implorava pietà. In tale sorpresa vi fù chi si diè animo a salire sulCampanile chiamando le genti da' Paesi vicini con straordinario suono delle Campane. In effetto di che non potendo più contenere le angustie della Chiesa la moltitudine accorsa, gliesclusi montarono sul Tetto; e colla rimozione de' Coppi si fecero l’adito per rimirare il prodigioso Avvenimento. Sentì da lungi, ove erasi portato alla Caccia il Conte FlaminioPadrone di Calcata quello straordinario suonare, e con sollecita premura spedì un suo Servoad indagarne il motivo. Tornò velocissimo il Messo riportando al suo Signore, aver veduto nella Chiesa, e nuvole, e Stelle, e fiamme, e gran moltitudine, onde si mosse a gran fretta il Conte, ma non giunse in tempo, perchè al suo arrivo il tutto disparve, gli attestò bensìtutto il Sacerdote, e gli soggiunse dippiù (piangendone di tenerezza) d'essere stato in tutto quello spazio di tempo totalmente astratto da sensi. La rarità del narrato Miracolo nell’esporsi la Sagra Reliquia diè occasione ad un altro di non minore riguardo. Portatasi la Contessa Maddalena Strozzi in Roma di lì a non molto ragguagliò il Pontefice Paolo IV. di tutto l’accaduto; onde spedì questa prestamente Pipinello, ed Attilio Cenci Canonici di S. Giovanni in Laterano, perchè se ne certificassero. Venuti pertanto a Calcata i Canonici chiamarono avanti se le tre sopraccennate Illustrissime Signore e fattosi portare lo Scrignolo le richiesero, se esso, e le Reliquie, che v’eran dentro, eran li stessi, che due anni avanti dicevano essergli state arrecate in Stabbia dal Sacerdote, che le ritrovò. Affermarono le Signore di sì, e ne fù segnato Atto publico, come del rimanente notando i presenti. Dopo ciò Pipinello Cenci il primo de' Canonici tenendo con due dita dell’una, e l’altra mano il Sagrosanto Prepuzio, provossi a premerlo per scorgere se fosse arrendevole, o nò. E mentre troppo incauto con troppo vigore il compresse, lo divisein due parti, rimasta l’una della grossezza d’un picciolissimo Cece, l’altra d’un granellino di seme di Canapa: Oh prodigio! Oh stupore! Sembrò sdegnarsi a quel fatto il Cielo,oscurandosi d’improviso l’Aria, sparita, a giorno altrove chiarissimo, da quel sito ogni luce, aggiuntovi l’orrore di tuoni, e folgori, ed accresciuto lo spavento, da cui parevan i Circostanti ridotti all’agonia. Cessato con il motivo il terrore, furon fatte riporre al loro N
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17luogo le Reliquie, e li Canonici ritornati in Roma assicurarono il Pontefice della veritàsussistente nell’accaduto comprovata ancora da sì stupendi Prodigj. Riconosciuto il tutto con tanta autenticità, i Canonici Lateranensi di mala voglia si videro privi del preziosoTesoro, quindi è che uniti capitolarmente diedero commissione a Giacomo Prancario e ad Accarisio Squarcioni Concanonici di adoperare ogni diligenza, affinchè la SagratissimaReliquia da Calcata fosse riportata alla Chiesa Lateranese. Ed il detto Accarisio avendoneparlato con il Sommo Pontefice, ne intavolò trattato sulla detta ristituzione. Quantoasserisco, leggesi nei citati Registri Capitolari di San Gio: in Laterano Reg. 34 fol. 157., die8. Februar. 1603., «Commiserunt RR. DD. Jacobo Francario, & Accarisio Squarcioni, utomnimodam adhibeant diligentiam, ut Sacratissima Reliquia Preputii Salvatoris Domini Nostri Jesu Christi a Calcata restituatur, & reducatur Ecclesiæ Lateranensi, e fol. 160., 8. Martii 1603. leggesi: Fuit relatum a Domino Accarisio, quod Ss.mus Dominus Noster tractat reducere, & reponere, Præputium Domini Nostri Jesu Christi, & propterea commiserunt Eidem, ut omnimodamin hoc diligentiam adhibeat, ut sortiatur effectus». Buon per Calcata, che tali Determinazioni sospese rimanessero, e che perciò essa abbia continuato, continui, e sia per continuare nel fortunato possesso del Ven. Fragmento dell'Umanità di Cristo.
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18CAPO VIII. Luogo, in cui conservasi il Santo Prepuzio.Alcata già Feudo della nobilissima Casa Anguillara mancata nel Conte Carlo Figliode! Conte Lorenzo, e di Arfidia Sinibaldi, passata poi sotto il dominio dell'Eccellentissima Casa Sinibaldi, alla quale oggi appartiene: nel dominio spirituale dipende dal Vescovo diCivita Castellana. La sua situazione è distante da Roma a misura di strada (al dir di Plinio lib. 3. cap. 15.) per la via Flaminia miglia 27. in quella parte di Toscana, che per diretto è traRignano e Monteroso. Tra Civita-Castellana, e Calcata si suppone, che situato fosse l'anticoFescennio, benché molti contro il parere di Dionigio Alicarnasseo vogliono, che quivi fosseVeja posta da lui non più che dodici miglia distante da Roma. È posta Calcata sopra una bellissima Rupe di giro quasi circolare ben largamente estesa nel fondo a figura di scarpa.Nella di lei falda, che riguarda la montagna di Soriano vi scorre quell’istesso canale, che girasotto Civita, detto volgarmente da quei paesani Tuvia. Ha per ogni parte il riparo di alteRupi, che in vaga natural simmetria la circondano, e danno il comodo ad ameno passeggio.A sinistra dell'ingresso, dove si va per una cupa strada scavata nel tufo, evvi la Chiesa de’Ss. Cornelio, e Cipriano, in miglior forma dall'odierno Barone ridotta. In essa vi sono treAltari contigui, e nel maggiore adornato a lavoro di pietre, e capricciosi stucchi fra le duecolonne in vece di quadro, vi è una Custodia rabbescata di marmi preziosi nel prospetto,scavata nel muro al di dentro, chiusa con porticina di bronzo dorato, riguardata da tre chiavi, una delle quali si ritiene dall'Arciprete, e le altre dal Deputato del Sig. Marchese, che hanno il juspatronato della Chiesa. Dentro detta Custodia conservasi amovibilericoperta sempre di ricco velo sostenuta da due Angeli in piede dell’altezza di un mezzo palmo sopra una base alta due dita, e piana di massiccio argento dorato, un orletto di oro afigura di vaso ovale con piede proporzionato che si apre a guisa di scatoletta, servendogli dicoperchio imperiale corona arricchita di preziose gemme. Nella concavità interna dell'Urna foderata di bianco taffettà sotto un pulito cristallo si scorge a meraviglia asperso di sanguigne stille, e rosseggiante il Sagrosanto Prepuzio divino in due particelle, quali le abbiamo di sopra descritte, e nel giorno della Circoncisione si celebra ogni anno festa solenne. A promuovere la divozione di questo santissimo Tesoro furono impegnati i Sommi Pontefici fin dai primi tempi, che ne ebbe Calcata il fortunato possesso. In fatti nel 1584. Sisto V, ad istanza di Emilia Orsini cognata di Maddalena Strozzi Anguillara accordò Indulgenza Plenaria per il giorno della Circoncisione per dieci anni nella Chiesa, in cui esiste la Sagrosanta Reliquia. Con suo Breve spedito il dì 24. Novembre 1640. la concesse per sette anni Urbano VIII., per altrettanti prorogolla con suo Breve spedito il dì 13.Settembre 1647. Innocenzo X.; Alessandro VII. accordò parimente Indulgenza Plenaria persette anni, come appare dal suo Breve sotto il dì 24. Decembre 1661. Finalmente la san. mem. di Benedetto XIII. la estese in perpetuo, come apparisce dalla Iscrizione, che si legge incisa nel marmo alla porta di essa Chiesa. Si ecciti dunque ogni Fedele ad un tenero affetto perun così segnalato benefizio; e se ci muove a divozione qualunque piccola spoglia de' Santi,come non dovrem noi disfarci in lagrime di tenerezza, e di gioja, e correre all'adorazione diquesta preziosa membrana? Essa è una particella di quel purissimo corpo, che vestì il Figlio C
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19di Dio per la nostra Redenzione, essa è quella Venerabile Reliquia lasciata di se stesso alla sua Sposa la Chiesa come leggesi, lib. 2, Reg. 4 v. 7.: Si non sit viro mea nomen, et Reliquia super terram.
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20Autori, che trattano del Sagrosanto Prepuzio,o riguardo alla sua Storia, o riguardo alla sua esistenza in genere. S. Thom. q. 2. ad 3. Carolus Billizani in op. Summa D. Thomæ hodiernis accadem. morib. accomodata. Pius II. lib. 2. Commcntar. S. Bonaventura in 4. Senten. Franciscus Suarez de Incarnat. p. 2. disput. 47. sec. I. Consalvus Durante Episcopus Januensis t. 2. annot. ad revelat. S. Birgit. pag. 127. Alfonsus Salmeron tom. 3. in Evang. tract. 3. pag. 320. B. Jacobus de Vorag. Episcopus Januen. in legend. aurea de Circumcis. Jo. Baptista Signius in suo Reliquiario cap. I. Cardinale Fieschi Arch. de Ruentis. Onuphrius Pamfinius de 7. Urbis Eccles. Petrus de Natalibus in cathalogo Sanct. Lib. 2. cap. 27. Joannes Diaconus apud Cardinalem Caesarem Rusponi.Alfonsus Ciacconius in vita S. Leonis III. Tom. I. ann. 796. col. 564. Theobaldus Archiepiscopus Bisontinus Joannes Episcopus Cameracensis. Eugenius IV. in suo Brevi anni 1446. Joannes Bollandus in I. diem Ianuarii. Symphorianus Campegius de quo. Loerius lib. 4. cap. 6.Codex MS. Marchianensis et Burgensis Soc. I Marcus Attilius Serranus de 7. Urbis Eccl. Silvester Petrasancta in Centuria prima. Sixtus IV de Sanguine Christi. R.P.D. Rocca Sacrorum Praef. Cardinalis Franciscus Toledo in Evang. Lucae c. 2. Ex Regestis Capitularibus Basilicae Lateranensis. Sixtus V. in suo brevi anni 1584. Urbanus VIII. in suo brevi 1604. Innocentius III. de lllust. Missae lib. 4. Innocentius X. in suo brevi 1647. Alexander VII. 1661. Benedictus XIII. Menochius de Vita Christi. Jacobus Philippus e Bergamo in supplem. ad Cron. an. 801. Joannes Sylveira tom. 1. pag. 223. n. 3. Gonet. disputat. 9. n. 149. let. B. P. Liborius Sinischalchi in opusc. inscrip. Martirio del cuor di Maria.
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21I M P R I M A T U R ,Si videbitur Reverendissimo Patri Sacri Palatii Apostolici Magistro. Benedictus Fenaja Congregationis Missionis Archiep.Philippen. Vicesgerens.I M P R I M A T U R ,Fr. Thomas Vincentius Pani Ordinis Predicatorum Sac. Pal Apost. Magist.
 
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Santo Prepuzio
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Circoncisione di GesùIl Santo Prepuzio è una reliquia costituita da quelli che sarebbero i resti del prepuzio di Gesù recisogli durante il rito della circoncisione e a cui sono stati attribuiti diversi eventi miracolosi. In diversi momenti della storia, a volte anche contemporaneamente, varie chiese in Europa hanno dichiarato di possederlo.

Indice [nascondi]
1 Possesso del Santo Prepuzio
2 Pratiche moderne
3 Allusioni e riferimenti storici al Santo Prepuzio
4 Note
5 Bibliografia
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni



Possesso del Santo Prepuzio [modifica]
A seconda della fonte, durante il Medioevo in varie città europee c'erano otto, dodici, quattordici o addirittura diciotto diversi Santi Prepuzi.[1]

Originariamente si riteneva che la reliquia fosse stata consegnata a Leone III il 25 dicembre 800 da Carlo Magno in occasione della sua incoronazione. L'imperatore l'avrebbe a sua volta ricevuta da un angelo mentre pregava presso il santo Sepolcro. Secondo un'altra versione invece il prepuzio sarebbe un dono di Irene di Bisanzio, ricevuto da Carlo Magno in occasione delle nozze. Leone III collocò la reliquia nel Sancta sanctorum della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, assieme alle altre.[2]


Veduta di CalcataIn aggiunta a Roma, hanno rivendicato il possesso del Santo Prepuzio anche le città di Santiago di Compostela, Coulombs nella diocesi di Chartres (Francia), Chartres stessa, le chiese di Besançon, Metz, Hildesheim, Charroux, Conques, Langres, Anversa, Fécamp, Puy-en-Velay, Calcata, Auvergne.[1]

Secondo le leggende del villaggio di Calcata (comune in provincia di Viterbo), nel 1527 un soldato dell'esercito lanzichenecco che stava saccheggiando Roma riuscì a depredare il Sancta sanctorum. Quando venne catturato nel villaggio, nascose il reliquiario contenente il Santo Prepuzio nella sua cella, dove venne scoperto nel 1557. Da allora la Chiesa iniziò a venerarlo, concedendo ai pellegrini un'indulgenza di dieci anni.[2]

L'abbazia di Charroux sosteneva che il Santo Prepuzio fosse stato donato ai monaci da Carlo Magno. Nei primi anni del XII secolo venne portato in processione fino a Roma, perché Innocenzo III ne verificasse l'autenticità, ma il papà rifiutò l'opportunità. Ad un certo momento comunque la reliquia andò perduta, per ricomparire solo nel 1856, quando un operaio che lavorava nell'abbazia dichiarò di aver trovato il reliquiario nascosto nello spessore di un muro. La riscoperta portò ad uno scontro teologico con il Prepuzio ufficiale di Calcata, che era venerato ufficialmente dalla Chiesa da centinaia di anni. Nel 1900 la Chiesa risolse il dilemma vietando a chiunque di scrivere o parlare del Santo Prepuzio, pena la scomunica (Decreto no. 37 del 3 febbraio 1900). Nel 1954, dopo lungo dibattito, la punizione venne portata al vitandi (persona da evitare), il grado più grave della scomunica; successivamente il Concilio Vaticano Secondo rimosse dal calendario liturgico la festività della Circoncisione di Cristo.[3]

Uno dei più famosi prepuzi era quello conservato dal 1100 in poi ad Anversa, prepuzio che era stato venduto al re Baldovino I di Gerusalemme in quel di Palestina nel corso di una crociata. Prepuzio famoso e miracoloso poiché il vescovo di Cambray, durante una messa, ne vide uscire tre gocce di sangue che macchiarono i lini dell'altare. In onore di questo santissimo e sanguinante pezzetto di pelle, nonché della macchiata tovaglia, venne subito costruita una speciale cappella e vennero periodicamente tenute festose processioni; il miracoloso prepuzio fu oggetto di culto e meta di pellegrinaggi. Nel 1426 venne fondata ad Anversa la Fratellanza "van der heiliger Besnidenissen ons liefs Heeren Jhesu Cristi in onser liever Vrouwen Kercke t'Antwerpen" a cui appartenevano ventiquattro confratelli, tutti alti prelati e prominenti laici.

Nel 2007 un turista notò nel cimitero del Monte degli Ulivi una lapide a forma di croce, su cui era scritto "Al Dio Gesù Cristo" in lingua greca. Alcuni pensano che quello potrebbe essere il posto in cui è sepolto il Santo Prepuzio.[4]


Pratiche moderne [modifica]
La maggior parte dei Santi Prepuzi è andata persa o distrutta durante la riforma protestante e la rivoluzione francese.[3]

Calcata è degno di menzione perché il reliquiario contenente il Santo Prepuzio venne portato in processione anche recentemente (nel 1983) durante la Festa della Circoncisione, precedentemente celebrata dalla Chiesa cattolica in tutto il mondo il 1 gennaio di ogni anno. La tradizione ebbe fine quando dei ladri rubarono il contenitore ricoperto di gioielli e le reliquie in esso contenute.[3] A seguito del furto non è chiaro se qualcuno dei presunti Santi Prepuzi esista ancora. In un documentario del 1997 della televisione britannica Channel 4, il giornalista Miles Kington andò in Italia alla ricerca del Santo Prepuzio, ma non ne trovò traccia.


Allusioni e riferimenti storici al Santo Prepuzio [modifica]
Quando Caterina di Valois nel 1421 era in attesa di un figlio, suo marito Enrico V d'Inghilterra ordinò a Coulombs di consegnare il Prepuzio. Questo fece così bene il suo "lavoro", che il re era riluttante a restituirlo dopo la nascita del figlio, il futuro Enrico VI d'Inghilterra.[3]

Voltaire, nel Trattato sulla tolleranza (1763), si riferì ironicamente alla venerazione del Prepuzio come una delle tante superstizioni "molto più ragionevoli da adorare [...] piuttosto che detestare e perseguitare il proprio fratello".[5]

In Baudolino, un libro di Umberto Eco, il protagonista inventa di aver visto il Santo Prepuzio ed il Santo Ombelico a Roma, presso la corte di Federico Barbarossa.


Note [modifica]
1.^ a b (EN) Who stole Jesus' foreskin?, da slate.com
2.^ a b (EN) Who stole Jesus' foreskin?, da slate.com
3.^ a b c d (EN) Fore Shame, David Farley, Slate.com, 19 dicembre 2006.
4.^ (EN) Ugana, Mitch (25 Tevet 5767). Judaistic Review Yeshuhana Journal (Issue 14:22).
5.^ (FR) Voltaire. Traité sur la tolérance. A l'occasion de la mort de Jean Calas. « Et n'est-il pas èvident qu'il serait encore plus raisonnable d'adorer le saint nombril, le saint prépuce, le lait et la robe de la vierge Marie, que de détester et de persécuter son frère? »



Bibliografia [modifica]
(DE) Alphons Victor Müller, Die hochheilige Vorhaut Christi im Kult und in der Theologie der Papstkirche, Berlino, 1907.
(EN) Marc Shell, The Holy Foreskin; or, Money, Relics, and Judeo-Christianity. Jews and Other Differences: The New Jewish Cultural Studies, Jonathan Boyarin and Daniel Boyarin, Minneapolis, 1997.
Robert P. Palazzo, The veneration of the sacred foreskin(s) of baby Jesus : a documented analysis. Multicultural Europe and cultural exchange in the Middle Ages and Renaissance, James P. Helfers, 2005.

Voci correlate [modifica]
Reliquie
Circoncisione
Sindone
Vera Croce

Collegamenti esterni [modifica]
La storia del Santo Prepuzio a Calcata, da comunecalcata.it
(EN) Relics, voce della Catholic Encyclopedia
(EN) Le reliquie della Chiesa cattolica romana, articolo dell'European Institute of Protestant Studies
 
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http://www.ontuscia.it/notiziaEng.asp?id=28422

04/01/2009
CONTINUA IL MISTERO SULLA SCOMPARSA DELLA SACRA RELIQUIA DI CALCATA

Nella foto: Calcata

Scrive Paolo D'Arpini (Circolo Vegetariano di Calcata)

(OnTuscia) – CALCATA – (md) Proprio in questi giorni di gennaio si è compiuto il rito tradizionale della consegna dei Santi Patroni alla famiglia che conserverà le loro immagini sino al prossimo anno. Stavolta l'onore è toccato alla famiglia del sindaco Luciano Sestili. Questo "passaggio" dei Santi da una famiglia all'altra di Calcata è una delle più sentite tradizioni del paese, sino all'inizio degli anni '80 la consegna delle immagini si faceva ogni 2 gennaio unitamente ad una grande processione nella quale avveniva l'ostensione della reliquia più importante, il Prepuzio di Gesù bambino.

Di questa sacra pellicina abbiamo già parlato in altre occasioni e quando io giunsi a Calcata era ancora pubblicamente visibile. Qui di seguito riporto un articolo che descrive l'importanza del reperto e parla della sua misteriosa scomparsa. Il paese di Calcata, noto per la sua caratteristica bellezza e per le sue attività, è un centro dalle grandi qualità artistiche e fantasiose, molto meno è conosciuto come centro devozionale, eppure, stando alla tradizione, nella chiesa parrocchiale dei Santi Cornelio e Cipriano sarebbe stata conservata una reliquia assolutamente particolare, il prepuzio di Nostro Signore Gesù Cristo. Una vicenda affascinante, a metà tra storia e leggenda, ci spiega come sia possibile che un reperto tanto importante fosse conservato in un centro così piccolo.

Originariamente, la Sacra Reliquia era conservata nel Sancta Sanctorum, a Roma presso San Giovanni dove era stata portata da Carlo Magno che, a sua volta, l'aveva ricevuta in dono da un angelo, anche se nessuno sa perché. La storia vuole che durante il sacco di Roma del 1521, un lanzichenecco la rubasse, portando via la cassettina di legno a sua volta protetta da un'altra in metallo in cui era contenuta. Rifugiatosi a Calcata il soldato morì, pare di malattia, lasciando la cassettina sepolta non si sa dove. Finalmente, dopo trent'anni di ricerche, il parroco riportò alla luce la cassetta e la consegnò a Maddalena Strozzi, la moglie di Flaminio Anguillara, signore del paese. Costei non riuscì ad aprirla. causa un irrigidimento delle braccia, e l'operazione fu compiuta dalla figlia Clarice, ancora vergine, lasciando nei presenti anche qualche sospetto sulla virtù della nobildonna. Poi la reliquia fu riportata a Calcata, con una processione solenne. Durante la cerimonia per quattro ore la chiesa si riempì di nebbia e di fiaccole volanti.

Naturalmente il papa Paolo IV, avvisato del fatto, inviò sul posto due canonici lateranensi in qualità di ispettori e quando uno di essi toccò la sacra reliquia, grossa come un cece, spezzandola. tuoni e fulmini riempirono il cielo. Questi fatti sono troppo recenti per poter pensare che fossero tutti inventati. Vero è ovviamente il sacco di Roma, veri sono i furti di reliquie che i lanzichenecchi fecero per rivenderle in Germania a ricchi superstiziosi (un simile commercio è peccato gravissimo per la chiesa e un credente se ne guarderebbe bene), anche vero è il fatto che l'esercito di Carlo Quinto fu decimato dalla peste. I tuoni e i fulmini e le fiammelle volanti sono magari inventati o più probabilmente, semplici coincidenze atmosferiche.

Anche la storia del ritrovamento e della nobile Maddalena Strozzi, probabilmente, sono parzialmente vere. Quasi certamente il parroco fece finta o credette di riscoprire la sacra reliquia, ma certamente ne profittò per averne donativi o elemosine, non importa se personali o per la sua chiesa, dalla nobile signora che doveva essere anche non poco bigotta, tenendo anche presente che un piccolo flusso di pellegrini non doveva certo essere sgradito in un centro così piccolo. A conferma di queste ipotesi il fatto che non si hanno tracce di ricerche fatte dopo il sacco di Roma, per recuperare una cosa tanto importante e tanto sacra. In tempi più recenti la Chiesa stessa ha riconosciuto la "falsità" della reliquia che, se unita a tutti gli altri prepuzi di Nostro Signore conservati nel mondo, avrebbe dovuto provenire da qualcosa ai proporzioni veramente... divine! Altre leggende parlano di un ritrovamento avvenuto ad opera di agenti papali, sempre su indicazione di un lanzichenecco morente, e cambiano i tuoni e i fulmini e la nebbia con nubi dense e profumate, indicando di avere origine in classi sociali più elevate; tutti d'accordo, comunque, sulla verginità della fanciulla che la portò durante la processione.

L'antica chiesa del Borgo è interessante da visitare, soprattutto oggigiorno che un nuovo viceparroco, Don Henry, provvede a tenerla aperta ogni domenica celebrandovi varie cerimonie e messe. All'interno, particolare attenzione va prestata agli stucchi settecenteschi che illustrano storie della nascita e della vita di Gesù. Quella degli stucchi era una tecnica assai usata nei secoli XVI e XVII con risultati artistici spesso degni di nota; gli stucchi erano più economici del marmo e molto più leggeri fatto, che permetteva complesse lavorazioni senza sovraccaricare le strutture. Quella degli stucchi è stata considerata un'arte minore per troppo tempo, anche per opera del fu cavalier Benedetto Croce, e solo in questo dopoguerra è stata rivalutata, anche se ormai è spesso difficile poter ritrovare autori e dati. Purtroppo la santa reliquia (compreso l'ostensorio in metallo pregiato) ivi conservata é scomparsa nel 1982, e con essa un pezzetto della storia di Calcata; qualcuno dice che sia stata sottratta apposta per evitare, data la sua presunta falsità, culti indebiti, altri che sia stata rubata....

Il mistero si infittisce e la trama si ingarbuglia ma -come per tutte le cose di religione- la verità verra fuori solo fra chissà quanti anni!
 
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http://mazzanoromano.blogolandia.it/2010/1...santo-prepuzio/

Mazzano Romano. Ancora un documento sul santo prepuzio

Giuseppe De Santis martedì, 2 novembre 2010

*
o Abitare a Mazzano Romano
*
* 1 commento


Tanto per completare le nostre curiosità sulla reliquia del santo prepuzio, custodita a Calcata prima che sparisse misteriosamente (quanto?), riporto il brano del libro “Le chiavi di San Pietro” di Roger Peyrefitte che ho recuperato tra i vecchi libri della mia biblioteca. La visita dei due prelati di cui si parla in questo viaggio a Calcata non era esattamente ispirata a devozione, ma piuttosto da una strana curiosità nonché dalla smania di ricerca di rare reliquie che potessero essere fonte di fruttuosi pellegrinaggi, e quindi di affari.

“”… Un culto nascente non può dar luogo da un giorno all’altro a fruttuosi pellegrinaggi. Ci vorrebbero miracoli più clamorosi di quelli che mi hanno permesso di riuscire. Verranno, non dubitatene. In attesa, ho cercato una reliquia abbandonata, un pellegrinaggio in decadenza a cui ricondurre le folle. Non è cosa facile, credetemi, perché tutte le fonti della pietà sono accuratamente sfruttate. Ma poiché ne vengono create delle nuove, vuol dire che ad alimentarle ci sono acque inesauribili.

Un vecchio libro mi rivelò l’esistenza del santo prepuzio. Ebbi un’illuminazione. Come aveva detto l’arcivescovo di Seleucia d’Isauria, avevo quello che faceva al caso mio: una reliquia di Gesù Cristo a chilometri da Roma, reliquia sconosciuta a tutte le guide. In un paese come l’Italia, dove si ha il culto dei Bambini Gesù miracolosi e dove il turismo è all’agguato delle curiosità religiose, era una miniera d’oro. Continuando a sognare, per quanto sveglio, mi vedevo già cappellano del santo prepuzio. Sarebbe stata una bella conclusione della mia carriera.

«Il giorno dopo partii per Calcata e per prima cosa seppi che la mia chiesa e la mia carica di cappellano erano in pericolo. Il curato mi avvisò che era proibito parlare del santo prepuzio ‘sotto pena di scomunica del Santo Padre, di dannazione eterna ed altre bagattelle’, come diceva Casanova, e che per vederlo ci voleva l’autorizzazione dell’ordinario della diocesi. Né la mia veste di gesuita, né i miei capelli bianchi ottennero eccezione a questa regola. Lo stesso giorno mi recai a Civita Castellana dove l’ordinario, uomo fine ed intelligente, nel consegnarmi l’autorizzazione non poté che confermarmi tutti questi misteri. La visita alla reliquia mi premeva meno del desiderio di emanciparla. Non avevo tempo di tornare a Calcata, che del resto è scomoda da raggiungere, e tornai a Roma. Speravo di superare tutti gli ostacoli grazie al cardinal Canali, con il quale sono in rapporti per il mio domicilio, per fortuna non in Vaticano, ma egli mi ha indirizzato al Santo Uffizio. Il solo risultato è stato l’aggravarsi dei provvedimenti. Non volendo più ricorrere a chi mi ha messo su di una strada sbagliata, vengo a sollecitare al prefetto dei riti, per vostra intercessione, una consolazione: quella di vedere alfine il santo prepuzio»

«E la vostra autorizzazione, padre, non vale più? »

«Per tornare a Calcata, avevo atteso l’esito della mia richiesta, e il curato, in virtù delle nuove istruzioni, ha dichiarato di ritenerla scaduta, perché anteriore. Ammettete che ci sono cose ben custodite. Si direbbe che la salvezza della Santa Romana Chiesa dipenda dal santo prepuzio, come quella di Troia dipendeva dal palladio. Non volevo disturbare I’amabile vescovo e rompermi la testa una terza volta con l’implacabile curato e rimetto quindi nelle vostre giovani mani la sorte della spedizione»

L’abate era combattuto tra la curiosità, l’emozione e lo stupore. Quell’uomo, che non aveva mai visto, gli aveva fatto una simile confessione sul retroscena d’una canonizzazione; il suo stupore era giustificato. Ma il suo caso commuoveva: indovinava le lotte e le angosce di un’esistenza che avevano maturato tale disinvoltura. Era la prima volta che incontrava un vecchio diavolo divenuto eremita.

In una bella mattinata di luglio l’abate Mas e il padre de Trennes si incontrarono alla stazione sotterranea della Roma-Viterbo per andare a Calcata. Vedendo che il giovane francese non. era meno ansioso dell’altro, di contemplare una reliquia che aveva strappato i Papi ad Avignone, il cardinale li aveva raccomandati tutti e due al vescovo di Civita Castellana, che aveva risposto con premura ricordando all’attenzione di Sua Eminenza la causa del venerabile Tenderini. I due viaggiatori si sistemarono I’uno di fronte all’altro in uno scompartimento quasi vuoto. L’abate affettava un certo riserbo; il gesuita era di umore scherzoso e pareva ringiovanito.

«Mi fate venir voglia di cantare, anche se non sono un piccolo cantore dalla croce di legno: II n’est qu’un bien que j’envie:/Je Ie cherche, il me le faut…/ «È il santo prepuzio disse l’abate».

«Naturalmente.»

«Ma il cantico ha altre rime: C’est de voir couler ma vie/ Sous les tenles du Très Haut.

«Lo cantavamo nel collegio della mia gioventù. Sono versi di un poeta cattolico chiamato Dumast, il Claudel dell’epoca, e mi hanno sempre divertito. Sono come un collegiale in vacanza. »

Batté allegramente sulle ginocchia dell’abate, che si tirò un po’ indietro, e gli chiese perché il giorno prima non si fosse fatto vedere all’ambasciata di Francia. L’abate rispose che vivendo senza contatti con la colonia francese, aveva dimenticato la festa nazionale. Aggiunse che aveva però accompagnato il cardinale al ricevimento offerto tre settimane prima per la canonizzazione di san Chanel.

«Non ci sono andato: che cosa me ne importava di un Chanel quando c’era un Giacinto? »

«Non avete perduto niente: tra gli invitati c’era soltanto gente di chiesa e i signori d’Ormesson hanno fatto far Ioro penitenza»

«Ieri avete perduto una bella scenetta: c’era un buflet, come dire, per il comune dei martiri; ma qualcuno in vena di scherzi si è accorto che ce n’era un altro per i santi di prima classe e tutti si sono indignati di tale mancanza di fraternità in un giorno come quello; hanno ristabilito I’eguaglianza non senza far degenerare la libertà in licenza. Sotto i miei occhi stupefatti la scena del pranzo di santa Lucia si svolse come è ,stata descritta in una celebre pagina del presidente des Brosses, il che prova come le ambasciate di Francia non cambino mai. L’assalto fu generale e fu fatta piazza pulita come dopo un’incursione di cavallette; il piatto dell’ambasciatore fu vuotato sotto il suo naso, la tazza dell’ambasciatrice rovesciata nella sua scollatura; la barba del cardinal Tisserant gocciolava gelato, e monsignor Pimprenelle e il suo collega del Laterano si ritrovarono a terra, uno sull’altro, tra i cocci di un vaso di Sèvres.»

Il treno uscì dalla lunga galleria che passa sotto i Monti Parioli. Forse fu la luce viva a ispirare a padre de Trennes la domanda:

« Credete alla purezza? »,

«Ci avete fornito un nuovo santo che ci aiuta a credervi»

«Che bella cosa la purezza! La carne è tanto triste!»

«La chair est triste, hélas! et j’aí lu tous les livres! »

«Non credo abbiate letto Le Paradis des garçons, molto adatto a rallegrare lo spirito, tanto sublima la carne. È un’opera latina di un gesuita del diciassettesimo secolo. Contiene meravigliose storie di una folla di giovani santi e di alcune giovani sante. Ne ho fatto il mio libro de chevet. È diviso in tre parti che ricordano i tre gradi di sant’Ignazio ‘ per la contemplazione destinata ad ottenere I’amore, l’amore divino, beninteso: l’ingresso al paradiso dei ragazzi, i frutteti, le aiuole e gli alberi potati, i segreti interiori. Sentite com’è rapido il preludio:

“Je veux attirer les vieillards,/ Je veux attirer les hommes /Je veux attirer les gargons,/Dans un iardin de roses./Accourez, accourez,/Douce couronne de Petits garçons”

È il compagno cristiano de La Musa puerile di Stratone di Sardi. Che dico? Sembra di ascoltare un’eco di Petronio: ‘Accorrete, accorrete, libertini e cinedi ‘… Questo dimostra ,soltanto che i buoni spiriti si incontrano>

«Il capitolo della purezza ha questa. graziosa introduzione: “I teneri spiriti dei giovani essendo fortemente inclini alla lussuria per la debolezza dell’umana natura, per il prestigio dei desideri che sono maggiori alla loro età, per le imboscate preparate da ogni parte al giglio del loro pudore…” Roba da far venire l’acquolina in bocca ai demoni. Il primo capitolo dell’ingresso al paradiso dei ragazzi si apre proprio sul santo prepuzio-ed è qui che ne ho àppreso la storia, prima di completarla altrove. Ma fra tutti i graziosi racconti di questo libro incantevole, amo quello dei sette baci. Lo si direbbe ricavato dalla Ciropedia. Sant’Emeric, giovanissimo fìglio del re santo Stefano di Ungheria, aveva accompagnato suo padre ad un convento. Si mise a baciare tutti i monaci, alcuni li baciava una volta, altri due o tre e altri quattro o cinque volte. Uno solo, Mauro, venne baciato sette volte di fila. Quando santo Stefano gli chiese perché non li avesse trattati tutti alla stessa stregua, il dolce fanciullo, rispose che Dio gli. Aveva rivelato il grado della loro continenza e li aveva baciati in proporzione: colui che aveva baciato sette volte era vergine. Il beato Pietro del Lussemburgo ci è portato ad esempio per aver fatto voto di verginità all’età di sei anni. Era molto precoce. Ma santa Francesca Romana, ancora in fasce, manifestava un divino pudore: strillava quando la spogliavano e si copriva con le piccole mani. Il capitolo dei portentosi allattamenti dei santi bambini non è meno ammirevole: san Sisia, per penitenza, poppava soltanto a giorni alterni, san Nicola ancora meno. San Roberto e santa Caterina di Svezia, la figlia di santa Brigida, rifiutavano il latte delle loro balie quando avevano peccato. Se pensate che tutto questo è stato scritto per i bambini del diciassettesimo secolo, concluderete che i miei confratelli, con i loro racconti sulla purezza, erano di tre secoli in anticipo sull’educazione sessuale d’oggigiorno.»

Come per cambiare discorso, il padre indicò il paesaggio,dove si succedevano querce, olivi, granturco e vigne. La ferrovia passava accanto alla via Flaminia e si vedevano ogni tanto gli antichi lastroni conservati nel mezzo dell’asfalto. Vicino a quell’ansa del Tevere e alla stazione di Prima Porta c’era l’antica ‘ stazione ‘ romana delle Rocce Rosse. Sulle colline, in mezzo alle borgate, i castelli feudali, i palazzi del Rinascimento e gli edifici nuovi testimoniavano la continuità delle civiltà.

«Salutiamo il Soratte», disse il padre, indicando la montagna che appariva alla destra.

L’abate citò un verso di Orazio. Come si avvicinavano, la montagna pareva mutar forma, a momenti massiccia come un blocco, a momenti allungata in una serie di cime, ma quello che non mutava era la sua aridità, uguale sotto tutti gli aspetti. Qualche albero appariva soltanto lungo la pendice che unisce il Soratte al villaggio di Sant’Oreste, situato su di un’altura vicina il cui nome ricordava all’abate una delle prime serate presso il cardinale. Una linea bianca, tracciata nel fianco della montagna all’altezza del villaggio, segnava. i rifugi che i tedeschi vi avevano scavato undici anni prima.

Padre de Trennes e l’abate Mas erano arrivati. Presero l’autobus che univa la stazione di Rignano a Calcata a quest’ultima situata a sette od otto chilometri di distanza. In una nuvola di polvere essi seguirono la strada incassata, attraverso una campagna ondulata. Calcata sorgeva sulla sommità di un colle all’uscita di una gola. Le sue case grigie dai tetti verdastri si ammassavano su quel cono evocatore circondato da un muro.

«Ci sono luoghi predestinati a certe reliquie », disse il padre.

«Non trovo meno strano che una reliquia così strana sia venuta a finire qui»

« Ricordate il veiso del sonetto in cui s’esprime il crociato appena giunto a Betlemme: Et s’étonnant que Dieu fut allé naître Ià.»

Scesero alla porta del villaggio, sul terrapieno che aveva preso il posto del ponte levatoio. La porta era sormontata da una Madonna e da un blasone. Il campanile merlato della chiesa che vi si appoggiava, pareva una torre di scolta dalla quale le sentinelle del santo prepuzio fossero intente a sorvegliare I’orizzonte. Padre de Trennes si chinò per osservare il borro che circondava il villaggio. Sulla riva di un ruscello alcuni giovani bagnanti stavano rivestendosi. Il vento che si era levato faceva svolazzare le loro camice ed agitava le canne attorno a loro.

«L’Amabile Giacinto non è venuto a Calcata: i ragazzi fanno il bagno», disse l’abate.

«Ma all’ombra di quale reliquia» disse padre de Trennes

Passarono sotto la volta scavata nella muraglia e seguirono una strada aperta nel tufo. Una targa informava che era la strada degli Anguillara; fin dall’ingresso veniva reso omaggio agli antichi signori, eroi del ritrovamento del santo prepuzio. La via sbucava in una piccola piazza irregolare. A destra la chiesa, molto semplice e intonacata di fresco, I’umile municipio la cui facciata si adornava dello stemma comunale e, tra i due, l’antico palazzo baronale dove si poteva leggere un motto del defunto regime: “credere, obbedire, combattere”. Anche queste parole sembravano ridipinte di fresco: forse il Santo Uffizio era passato di là per rinnovare a suo nome delle consegne d’interesse non soltanto locale, ma universale. A sinistra, alcune case decorose con scale esterne e panche ricavate nel basamento: su queste panche erano seduti uomini e giovanotti.

« Che cosa fanno? » chiese l’abate. «Non lavorano?»

«Aspettano il lavoro», disse il padre. «Questi paesi sono molto poveri. Ma la gioventù dovrebbe richiamare dei pittori, è così bella. »

Salutò due chierichetti di tredici o quattordici anni, graziosissimi nelle loro tonache nere con bottoni rossi. Gli vennero incontro a precipizio, tutti commossi dell’onore, e corsero ad avvertire il curato.

«Due visite a Calcata mi hanno ambientato», fece il padre. «Il pudore di questi fanciulli è incantevole e quasi degno del Paradiso dei ragazzi»

Il curato arrivava a lunghi passi, con in mano la chiave della chiesa. Giovane ed energico lo si indovinava inattaccabile dai tentativi di corruzione. Come per dimostrare al suo gregge che due ecclesiastici non bastavano a convincerlo, lesse attentamente il biglietto del vescovo; poi lo mise nel suo portafogli. Si scusò con padre de Trennes per averlo costretto a ritornare, ma dichiarò che gli ordini del Vaticano erano formali e che non c’era da scherzare con le scomuniche.

«Non voglio essere sospeso a divinis o ridotto allo stato laico», aggiunse.

« Siete voi che avete fatto mettere là quell’avviso per i curiosi? » chiese il padre per alleggerire l’atmosfera. Indicò il braccio di ferro dell’antica forca, ancora infisso all’angolo di un muro, pronto a sospendere altrimenti che a divinis. Il parroco sorrise senza rispondere. Seguito dai due ospiti e dai due ragazzi, si diresse verso la chiesa. Mentre infilava la chiave nella serratura, guardò il cielo dove si ammassavano grosse nubi nere.

«Cadranno dei preti », disse.

Una folata di vento si infilò sotto le cinque tonache e le sollevò come le camicie dei giovani bagnanti e permise di vedere le gambe nude dei due chierichetti. Chissà se sarebbero stati ammessi a passeggiare nei giardini del Papa? Il curato richiuse a chiave dall’interno. Nella chiesa, a prima vista, regnava la stessa semplicità che all’esterno: una sola navata, un soffitto liscio, le pareti imbiancate a calce. Tuttavia dinanzi all’altare era stato eretto un arco di trionfo ornato da ghirlande di stucco, e fiancheggiato dalle statue di san Cornelio Papa e di san Cipriano vescovo di Cartagine, personaggi inattesi per Calcata. In fondo all’abside si scorgeva un riquadro barocco di marmi multicolori, dono di un cardinale spagnolo del XVII secolo. Sull’architrave si leggeva questa iscrizione: «Qui è racchiuso il santissimo prepuzio di N.S.G.C.» Nel mezzo era steso un drappo di seta bianca. Oltre gli stucchi dell’arco trionfale c’erano quelli dell’abside, che rappresentavano con eleganza alcune scene evangeliche. La Circoncisione era la principale: san Giuseppe e la Vergine guardavano sullo sfondo due angeli che reggevano fiaccole; il Bambino Gesù era tenuto dal gran sacerdote e una donna gli tagliava il prepuzio che un giovane sorridente riceveva in una mano.

Il curato era andato a mettersi la cotta.

« Il santo prepuzio si mostra così », disse.

Salì sulla scala che uno dei due chierici aveva appoggiato contro il tabernacolo. I1 temporale che minacciava parve pronto a scoppiare. I lampi brillarono, il tuono rombò, come nelle memorie citate sulla scorta del Santo Uffizio.

«Il santo prepuzio», disse l’abate« è indubbiamente legato a fenomeni atmosferici»

-«’Quanto rumore per una frittata al lardo! ‘ avrebbe detto Desbarreaux»,- fece padre de Trennes.

Il curato, scostando la tenda di seta bianca, aveva scoperto una porticina di bronzo, ma pareva esitante ad aprirla. Ascoltava la pioggia torrenziale che batteva sulle vetrate.

« Ci sono cose misteriose », disse.

« Hai paura del tuono? » chiese il padre ad uno dei chierichetti accarezzandogli una guancia. « Non bisogna aver paura del tuono. Soprattutto non bisogna suonare le campane: attirano il fulmine.»

L’abate toccò il portafogli in cui teneva l’agnus Dei che proteggeva dal fuoco del cielo. L’oscurità era aumentata è un chierico accese la luce elettrica che subito si spense. Accese due ceri ed erano uno strano spettacolo quei cinque con la tonaca riuniti davanti all’altare nel fragore del temporale. I due chierichetti tenevano ciascuno un cero con una mano e la scala con l’altra, il curato in cotta stava aprendo la porta del tabernacolo, mentre l’abate lo osservava e padre de Trennes osservava i due chierichetti che incarnavano i due angeli di stucco della Circoncisione. Ma gli altri due personaggi della scena vivente avrebbero sfigurato nella scena del Vangelo: uno dei due, benché suddiacono,era l’amante di una ragazza, l’altro puzzava di eresia, anche se aveva fatto un santo. Il Parroco, che aveva preso con rispetto il reliquiario e vi aveva soffiato sopra per toglierne la polvere, scendeva lentamente. L’abate e il padre contemplavano quell’oggetto in cui si rispecchiava la luce dei ceri e di cui non si erano aspettati né l’eleganza né il valore: su di una base di rame due angeli d’argento dorato sostenevano con le loro ali un piccolo globo d’oro intarsiato di smeraldi e con in cima una croce di diamanti. Il curato invitò i suoi ospiti ad avvicinarsi, mentre i due ragazzi si allontanavano. Mostrò loro la data, 1725, incisa sotto il globo, abbassò il coperchio e si segnò: due membrane grigiastre, sfumate di rosa e accartocciate a pallottola, giacevano sotto un disco di cristallo.

«Riflettiamo su quello che vediamo!» esclamò con fuoco padre de Trennes. «Non è forse la visione più straordinaria del mondo? Non è inaudito sottrarla all’umanità?»

«Signori », disse gravemente il curato «Godete il vostro privilegio»

«Una particella del corpo di Cristo»

Nella loro commozione, i due francesi non pensavano più alla tempesta che infuriava. Colpi violenti scuotevano la porta, ma non erano quelli del vento. Il curato mandò un chierico ad informarsi: sotto I’imperversare della pioggia si era riunita una folla che protestava perché la reliquia veniva mostrata: il cielo non voleva.

«Scusatemi» disse il curato «ma le apparenze danno ragione a loro»

Fece loro contemplare ancora per un attimo quella che senza dubbio era la cosa più straordinaria del mondo, poi la portò via. Mentre i colpi si ripetevano, il chierico andò alla porta a gridare che la reliquia era tornata al suo posto. L’abate pensava a quei paesani che non avevano avuto paura di bagnarsi per imporre di rimettere sotto chiave il santo prepuzio, con tanta imperiosità, come se fossero stati membri del Santo Uffizio. I vecchi cardinali, il padre Garrigou-Lagrange e i suoi due reverendissimi compagni, il promotore di giustizia, rappresentavano in quel caso il vero popolo cattolico poiché, senza saperlo, avevano per alleati le anime semplici di Calcata.

«Il temporale rovinerà il raccolto», disse il curato «Cercheremo di placarlo con i mezzi che Dio ci concede.»

Indossata la stola violetta, il curato si inginocchiò ai piedi dell’altare tra i due preti e iniziò le litanie. La sua voce rude intonava le invocazioni: la voce cantante del padre, la voce giovanile dell’abate, la voce argentina dei ragazzi si mescolavano per rispondere. Fuori, l’uragano imperversava come se fosse stata la fine del mondo, ma era un uragano che stava per finire.

Se mai Victor Mas si era sentito nel cuore della sua religione, era proprio in quel momento e quella stessa religione non l’aveva forse mai sentita tanto nel profondo del suo cuore. La solitudine di quella piccola chiesa di campagna, la singolarità della reliquia che custodiva, lo scatenarsi della natura, si univano per dargli l’impressione di una divinità che sa mostrarsi con tutti i mezzi: i più terribili, i più commoventi e i più assurdi. Un giorno si era divertito nell’apprendere che c’era un’orazione contro i terremoti, ma oggi capiva come ci fosse gente che poteva recitare davvero quella preghiera quando la terra si metteva a tremare. «Abbiamo nella notte soltanto una piccola luce che ci fa da guida», ha detto un filosofo, «e la religione la spegne» ma è la religione quella piccola luce nelle tenebre.

La terra a Calcata non tremava e i due ceri brillavano sempre sull’altare. Ma i vetri tremavano un po’ meno sotto quel diluvio estivo, che diminuiva a poco a poco. Il cielo si rischiarò. Un raggio di luce entrò nella chiesa dei santi Cornelio e Cipriano e accarezzò il parroco, i due chierichetti e i due pellegrini del santo prepuzio.

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view post Posted on 16/7/2013, 08:18
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http://bizzarrobazar.com/2010/03/11/il-santo-prepuzio/

Il Santo Prepuzio

La circoncisione di Gesù avvenne, secondo i Vangeli (Luca, 2,21) 8 giorni dopo la sua nascita. Per secoli la Chiesa Cattolica Romana ha festeggiato questa ricorrenza (il primo giorno di Gennaio), e la Chiesa Ortodossa continua a farlo tutt’oggi.

In sé la cosa non avrebbe nulla di strano, se non fosse che il prepuzio tagliato del Salvatore ha, nel corso del tempo, scatenato acerrime lotte e controversie.

Il Medioevo, si sa, fu l’ “epoca d’oro” delle reliquie: oltre ai corpi (incorrotti e non) dei santi, o ai frammenti di legno della Santa Croce, comparivano di volta in volta le reliquie più varie e fantasiose. Il campionario comprendeva il latte della Vergine, le tre vertebre della coda dell’asino cavalcato da Cristo al suo ingresso a Gerusalemme, il pelo della barba di San Giovanni Battista, la cinta di Maria caduta a terra durante la sua ascensione al cielo e addirittura un piolo della scala vista (in sogno!) da Giacobbe.

Il Santo Prepuzio era una delle reliquie più gettonate: a seconda della fonte, in varie città europee c’erano otto, dodici, quattordici o addirittura diciotto diversi Santi Prepuzi. Contemporaneamente.

Secondo la versione “ufficiale” dell’epoca, Carlo Magno, mentre pregava presso il Santo Sepolcro, avrebbe ricevuto in dono il Prepuzio da un angelo. In seguito, l’avrebbe regalato a Leone III il 25 dicembre 800 in occasione della sua incoronazione. Secondo un’altra versione invece il prepuzio sarebbe un dono di Irene di Bisanzio, ricevuto da Carlo Magno in occasione delle nozze. Leone III collocò la reliquia nel Sancta sanctorum della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, assieme alle altre.

Ma Roma era soltanto un nome tra gli altri, sull’affollata mappa delle basiliche che rivendicavano il possesso del Santo Prepuzio: ce n’era uno a Santiago di Compostela, uno a Coulombs nella diocesi di Chartres (Francia), uno a Chartres stessa; e anche le chiese di Besançon, Metz, Hildesheim, Charroux, Conques, Langres, Anversa, Fécamp, Puy-en-Velay, e Auvergne ritenenevano ciascuna di essere in possesso dell’unico vero Santo Prepuzio.

Uno dei più famosi prepuzi era quello conservato dal 1100 in poi ad Anversa, prepuzio che era stato venduto al re Baldovino I di Gerusalemme in quel di Palestina nel corso di una crociata. Durante una messa, il vescovo di Cambray ne vide uscire tre gocce di sangue che macchiarono i lini dell’altare. In onore di questo santissimo e sanguinante pezzetto di pelle, nonché della macchiata tovaglia, venne subito costruita una speciale cappella e vennero periodicamente tenute festose processioni; il miracoloso prepuzio divenne oggetto di culto e meta di pellegrinaggi.

Nel 1557 venne rinvenuto un Santo Prepuzio nella cittadina di Calcata (Viterbo). Il Prepuzio di Calcata è degno di nota perché è il più longevo di cui si abbia notizia: il reliquiario venne portato in processione anche recentemente (nel 1983) durante la Festa della Circoncisione. La tradizione ebbe fine quando dei ladri rubarono il contenitore ricoperto di gioielli e le reliquie in esso contenute.

Il Prepuzio di Calcata fu anche al centro di un acceso dibattito teologico. Infatti i monaci di una abbazia rivale, quella di Charroux, sostenevano che il Santo Prepuzio conservato nella loro chiesa fosse stato donato direttamente, dall’immancabile Carlo Magno. Nei primi anni del XII secolo il Prepuzio venne portato in processione fino a Roma, perché Innocenzo III ne verificasse l’autenticità, ma il Papa rifiutò di farlo. La reliquia in seguito andò perduta, per ricomparire solo nel 1856, quando un operaio che lavorava nell’abbazia dichiarò di aver trovato il reliquiario nascosto nello spessore di un muro. La riscoperta portò ad uno scontro teologico con il Prepuzio ufficiale di Calcata, che era venerato ufficialmente dalla Chiesa da centinaia di anni. Nel 1900 la Chiesa risolse il dilemma vietando a chiunque di scrivere o parlare del Santo Prepuzio, pena la scomunica (Decreto no. 37 del 3 febbraio 1900). Nel 1954, dopo lungo dibattito, la punizione venne portata al vitandi (persona da evitare), il grado più grave della scomunica; successivamente il Concilio Vaticano Secondo rimosse dal calendario liturgico la festività della Circoncisione di Cristo.

Il Santo Prepuzio di Calcata rimase per lungo tempo l’ultimo sopravvissuto ai vari saccheggi. A seguito del furto in epoca moderna del reliquiario di Calcata, non si sa se qualcuno dei Prepuzi sia tuttora esistente. Il mistero riguardante una delle più bizzarre reliquie della storia cristiana resiste ancora.
 
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view post Posted on 31/12/2018, 17:08

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https://www.ilpost.it/leonardotondelli/201...si-puo-parlare/

LUNEDÌ 31 DICEMBRE 2018
Quel Sacro Prepuzio, di cui non si può parlare
1 gennaio – Circoncisione di Gesù, festa soppressa

È il caso di iniziare con un disclaimer: in questo pezzo si parlerà di una reliquia nota come il Sacro Prepuzio di Gesù. Prima o poi era inevitabile. Ne parleremo nel modo meno offensivo possibile; ma comunque ne parleremo, e questo a quanto pare sarebbe più che sufficiente per incorrere in una scomunica, prevista dalla Chiesa cattolica ai sensi del “Decreto n. 37 del 3 febbraio 1900”.



Scrivo “a quanto pare” perché non sono riuscito a verificare la cosa. La trovo scritta in decine di pagine web, su Buzzfeed e persino nelle note a pie’ di pagina di alcuni libri, ma tutti riportano la stessa formula stereotipata. Ho la sensazione che si citino tutti tra loro, e che nessuno sia davvero andato a cercare dove sia questo famoso decreto n. 37, e se ci sia davvero. Ma insomma il senso è che a un certo punto di prepuzio non si è potuto più parlare – certo, l’oggetto in sé esisteva ancora, custodito da trecento anni presso la parrocchia di Calcata (VT). Finché un bel giorno non è scomparso anch’esso (ma era già il 1983!) a causa di un clamoroso furto di cui probabilmente non avete sentito parlare. Proprio così, immaginatevi: scompare l’unico brandello del Corpo di Cristo non resuscitato e asceso al cielo, e i giornali non ne parlano. Anche perché nel frattempo Pio XII aveva ribadito, anzi rafforzato la scomunica per chiunque toccasse l’argomento; e il Concilio Vaticano II aveva eliminato la festa dal calendario. Insomma il prepuzio di Gesù è diventato un tabù, qualcosa di cui non è possibile parlare: e lo è diventato recentissimamente, proprio nel momento storico all’apparenza meno adatto al rispetto dei tabù.


“Presto sentì con la più soave dolcezza sulla sua lingua un pezzetto di pelle simile alla pelle in un uovo, che essa ingoiò; e dopo che l’ebbe ingoiato sentì di nuovo sulla sua lingua la stessa pellicina con la stessa dolcezza che ne aveva provato, e di nuovo la ingoiò. E questo accadde migliaia di volte. E quando l’ebbe provata così tanto, fu tentata di toccarla con le sue dita, E quando desiderò di farlo, quella pellicina le scese da sola nella gola. E le fu detto che il prepuzio sarebbe stato resuscitato col Signore nel Giorno della Resurrezione” (Agnes Blannbekin, nel tredicesimo secolo, parlava di sé stessa alla terza persona ed era considerata un po’ “strana”, anche per la media delle mistiche medievali).

Mentre nei secoli cosiddetti bui il prepuzio di Gesù non costituiva nessun imbarazzo. Se ne discuteva (esiste o no? E se esiste, è ancora sulla terra?), ci si azzuffava, ci si giocava perfino. Una mistica austriaca sognò di averlo assaggiato (un chirurgo dell’Ottocento, si guadagnò il soprannome di “croque-prépuce”, mangia-prepuzio, per avere effettivamente sottoposto una presunta reliquia alla prova gustativa). Caterina da Siena si limitava a immaginarselo legato al dito come fede nuziale. Anche chi negava che il prepuzio potesse essere rimasto sulla Terra, non sapeva bene dove collocarlo, al punto che quando furono scoperti gli anelli di Saturno un erudito del Seicento avrebbe creduto di avere trovato la soluzione al problema: il prepuzio era asceso al cielo solo fino a un certo punto, magari si era incastrato nel cielo del pianeta che Aristotele collocava appena sotto la sfera delle Stelle Fisse, ed era rimasto orbitante lì. Una teoria un po’ troppo buffa per non essere inventata – e in effetti wikipedia ammette che questo famoso trattato sul prepuzio orbitante non si riesce a rintracciare.

Ma naturalmente l’idea che fosse rimasto sulla terra era più interessante per i ricercatori e i collezionisti di reliquie. Non era soltanto un business: ritrovare il brandellino di pelle, esporlo, ammirarlo, significava ribadire che Cristo oltre a un Dio era stato un uomo: il prepuzio poteva essere brandito contro gli eretici che negavano la natura umana di Gesù o la relegavano in un secondo piano: monofisiti, monoteliti e in generale i difensori di una religiosità più astratta, meno corporale. Questi ultimi erano in realtà già sconfitti da secoli, quando a Roma apparve il primo prepuzio di Gesù di cui abbiamo notizia, dono di Carlo Magno a quel papa Leone III che ebbe la pazza idea di incoronarlo imperatore. (A Carlo Magno l’avrebbe regalato l’imperatrice bizantina Irene, o un angelo). Con le crociate, e la relativa reliquie-mania, i prepuzi divini si moltiplicano: memorabile quello di Anversa, dono del re Baldovino di Gerusalemme, che fu visto da un vescovo stillare almeno tre gocce di Sangue. A un certo punto in giro per l’Europa ce n’è almeno una dozzina, ormai degradati al rango di amuleti. In quanto residui di un pene, diventano prima o poi un rimedio ai problemi virili; un re inglese (Enrico V) riesce ad adoperarne uno come cura per l’infertilità della moglie (Caterina di Valois), e a procurarsi finalmente un erede (Enrico VI). Sul finire del medioevo ormai tutta l’Europa ha stabilito che l’anno solare si conta secondo lo stile detto “della circoncisione”, ovvero dal primo gennaio: se si accetta infatti come data della nascita di Gesù quella tradizionale del 25 dicembre, il primo gennaio è il giorno in cui secondo la legge mosaica (e secondo il Vangelo di Luca) il neonato sarebbe stato circonciso. Insomma intorno al prepuzio ruota l’anno intero.


Rubens. Da bambino voltavo pagina subito, mi faceva un po’ senso.

La reazione all’inflazione di prepuzi e altre reliquie è la riforma protestante, che fa piazza pulita dei gadget sacri nell’Europa centrale e settentrionale, ma anche del più prestigioso prepuzio romano, scomparso durante il Sacco di Roma inflitto dai lanzichenecchi (1527). Trent’anni dopo lo stesso prepuzio ricompare a Calcata, provincia di Viterbo, nascosto nella parete di una cella dove era stato rinchiuso un lanzichenecco. La reliquia, in teoria la più ambita, non torna però a Roma: a Calcata si conquista un santuario tutto suo, e un discreto successo di pubblico (il pellegrinaggio valeva un indulgenza di dieci anni), ma i papi della Controriforma stanno già cominciando a prendere le distanze. Ducecentocinquant’anni dopo un’altra ondata iconoclasta, la rivoluzione francese, fa sparire più o meno tutti i prepuzi residui.

Ma proprio quando di Calcata sembra non avere più rivali, nel 1856 un colpo di scena mette in imbarazzo il Vaticano: nell’abbazia di Charroux, nel Poitou, mentre abbatte una parete un muratore ritrova un altro prepuzio. In effetti secondo la tradizione locale sono i monaci di Charroux, e non Leone III, i destinatari del dono di Carlo Magno. Non è certo la prima volta che una reliquia si rivela un doppione; ma ormai siamo nell’Ottocento, e due prepuzi di Gesù creano più problemi di quanti ne creasse una dozzina nel Duecento. L’Europa non è più una selva fiorita di castelli e chiese, separati e autonomi tra loro: ormai è un reticolo di ferrovie, uno spazio misurabile. Un oggetto, ancorché miracoloso, non può esistere in due luoghi contemporaneamente: la cosa non è più plausibile, non è più immaginabile, nemmeno da un’anima semplice o pia. Nel frattempo il Vaticano ha reclamato l’infallibilità papale, e quindi tra Charroux e Calcata un Papa non può più rifiutarsi di scegliere: e sceglie di tacere, anzi di zittire chiunque.

Dal 1900 in poi del prepuzio non si parla più. Solo a Calcata la venerazione rimane tollerata, fino al misterioso furto del 1983. Misterioso anche per la sua semplicità: alla vigilia delle celebrazioni del primo gennaio, il parroco Dario Magnoni avvisa i fedeli di Calcata che la reliquia non si trova più: qualche ladro sacrilego è penetrato nella sua casa, l’ha trovata nella scatola di scarpe in cui la nascondeva, e l’ha portata via. Non è nemmeno chiaro se don Magnoni abbia sporto denuncia. L’oggetto in sé appare poco commerciabile: l’ipotesi è che al ladro interessassero soprattutto le pietre preziose del reliquiario che lo conteneva. Ma se davvero Magnoni temeva i ladri, al punto di portarsi il prepuzio in casa, perché non ha pensato a custodire reliquiario e reliquia almeno in due scatole diverse? Qualche compaesano nota che il giorno prima il parroco si era recato a Roma. Qualche anno prima, un vecchio vescovo aveva annunciato: quando me ne andrò io, se ne andrà anche il prepuzio. E poi basta, anche il giornalista americano che ci scrisse un libro non è che trovò molto altro da dire. L’ultimo prepuzio è scomparso, proprio quando ormai si cominciava a parlare di analisi del DNA e di clonazione. 1500 anni fa la priorità della Chiesa era difendere l’idea che Dio si fosse fatto corpo: le reliquie erano prove, evidenze tangibili, perfino assaggiabili, della permanenza del Sacro nella carne. Oggi la battaglia è sul fronte opposto: salvare il Sacro da una carne sempre più misurabile, osservabile, persino replicabile. Alcune reliquie hanno ancora un senso; altre sono appena tollerate; altre ormai sono imbarazzanti, e infatti spariscono. È il caso della Veronica, una macchia triangolare che nel medioevo poteva apparire davvero come una immagine miracolosa Gesù, ma che oggi non riusciremmo affatto ad associare a un volto; probabilmente è anche il caso del Santo Prepuzio, di cui non si dovrebbe parlare: e chiedo scusa per averlo fatto.
 
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view post Posted on 14/1/2019, 10:28
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Non serve un biologo per sostenere che un centrimetro quadrato di pellecchia umana non durerebbe più di un mese in un ambiente come la Gerusalemme di 2000 anni fa. Sono decine e decine i possessori del prepuzio di Gesù Cristo. Come si spiega? Inoltre, non avendo il DNA di Gesù è impossibile dimostrare che la pellecchia sia la sua. Quindi è presunzione? Circonvenzione di incapaci? Qualcuno mi dica cos'è. La Chiesa ebbe fortuna a inventarsi 2 millenni fa, perchè se ci provasse oggi, la gente li spureterebbe in faccia
 
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view post Posted on 26/2/2019, 10:23

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La cosa tragica è che ci sono dei religioni e popoli che attribuiscono un valore etico ad una pratica tanto barbara.
 
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view post Posted on 26/2/2019, 19:24
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L'uomo ha spesso scelto la via impervia piuttosto che la via facile nella vita. La circoncisioneì, così come l'infibulazione è una cattiveria umana che non ha alcuna spiegazione logica che meriti la lode.
 
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