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Ratline. Nazisti in sacrestia, La fuga dei nazisti organizzata da Vaticano, Croce Rossa e diocesi di Genova

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view post Posted on 7/12/2006, 12:30
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La fuga dei nazisti organizzata da Vaticano, Croce Rossa e diocesi di Genova

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Il cadavere imbalsamato dell'arcivescovo del genocidio Aloizie Stepinac

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Il passaporto falso della Croce Rossa ritrovato a Buenos Aires con il quale di Eichmann si imbarcò a Genova




Nazisti in sacrestia
Le complicità della chiesa genovese nella fuga dei criminali di guerra
Un'inchiesta del 'Secolo XIX'

da ADISTA, Agenzia d'informazione sul mondo cattolico e le realtà religiose
N°65 del 20 settembre 2003

Aiuto, sostegno logistico, documenti falsi. La Curia genovese, terminale periferico di un sostegno ecclesiastico che partiva direttamente da Roma, spianò ai criminali di guerra nazisti, ustascia e fascisti la strada verso la libertà. Chi avrebbe dovuto contribuire alla loro cattura, favorì invece la loro impunità: la denuncia viene dal quotidiano genovese "Il secolo XIX", che in una lunga inchiesta, partita il 31 luglio e durata più di un mese, ricostruisce l'intricata vicenda di quella che è stata definita la "ratline", la "via dei topi" organizzata in Europa nel dopoguerra per consentire la fuga, prevalentemente in Argentina ed in altri Paesi latinoamericani, di criminali di guerra ricercati.

L'antefatto
L'inchiesta del "Secolo XIX" prende avvio dalle notizie contenute nei documenti degli archivi della Direzione nazionale delle migrazioni, in Argentina, resi pubblici lo scorso luglio per decisione del presidente Néstor Kirchner. Con questa decisione, Kirchner aveva dato seguito ad un impegno preciso preso con il Centro Simon Wiesenthal, specializzato nella ricerca dei criminali di guerra, che voleva chiarezza in merito alle precise denunce delle collusioni tra governo argentino e reduci del Reich contenute in un libro, intitolato "La auténtica Odessa", pubblicato dal giornalista Uki Goñi nel dicembre 2002. Lo scrittore aveva passato un anno negli archivi dell'Hotel de Inmigrantes, un vecchio albergo che custodisce i fascicoli del Centro di Immigrazione di Buenos Aires, cercando le tracce del passaggio di alcuni immigrati "eccellenti" in Argentina nel dopoguerra. Rovistando tra centinaia di migliaia di cartoline di sbarco aveva trovato anche quelle relative a molti gerarchi nazisti, fascisti e ustascia, rintracciando i numeri dei relativi dossier custoditi nell'archivio riservato dell'hotel. Il quotidiano argentino "Página 12" nei mesi scorsi ha seguito con interesse le rivelazioni del libro di Goñi, rilanciandole e facendole divenire un caso nazionale: per tutte queste ragioni, a luglio, i dossier sono stati messi a disposizione degli studiosi, anche se, per ora, secondo quanto scrive "Panorama" del 29 agosto, sono saltati fuori solo due dei 49 fascicoli richiesti dal centro Wiesenthal, contenenti informazioni su appena 17 dei 68 criminali di guerra segnalati.

Le complicità della Chiesa nella "ratline"
In una intervista rilasciata a "Página 12" e ripresa il 29 luglio dal "Corriere della Sera", Goñi racconta i motivi che spinsero l'allora presidente argentino Juan Domingo Perón a stringere un legame coi nazisti: "Perón faceva un favore ai nazisti che portava in Argentina. Faceva un piacere a se stesso, nell'idea che questa gente avrebbe potuto essergli utile come agenti anticomunisti. Faceva un favore agli Alleati eliminando i collaborazionisti che non avrebbero potuto portare davanti alla giustizia. Infine rendeva un servizio alla Chiesa. Uno dei documenti che ho trovato mostrano che il cardinale argentino Caggiano andò in Vaticano nel '46 offrendo a nome del governo di Buenos Aires il proprio Paese come rifugio ai criminali di guerra francesi nascosti a Roma".
Insomma, Peron collaborò a creare una sorta di rete internazionale che doveva favorire l'ingresso di criminali di guerra nel proprio Paese. Con il sostegno anche di una parte delle gerarchie ecclesiastiche. A Buenos Aires agivano i cardinali Antonio Caggiano e Santiago Copello. Dalla seconda metà del 1947 ai primi anni Cinquanta il terminale europeo della "rotta dei topi" fu a Genova in via Albaro, al numero 38 presso Villa Bombrini, ora sede del Conservatorio e all'epoca sede della Daie, Dirección Argentina de Immigración Europea. L'ufficio era retto da un ex capitano delle Ss, Carlos Fuldner, amico di Peron.
"Era l'ufficio della Daie in Genova - spiega Uki Goñi - che si occupava di far pervenire a Buenos Aires l'elenco dei criminali nazisti da mettere in salvo. A Buenos Aires la pratica veniva evasa dalla Sociedad Argentina de Recepción de Europeos fondata nel maggio del '47 da Pierre Daye, un criminale di guerra belga in stretti rapporti con Peron e con l'arcivescovado argentino. Tanto stretti che le prime riunioni della Sociedad si tennero alla Casa Rosada e che la prima sede della Sare si trovava in via Canning 1358, un vecchio palazzone di proprietà della curia di Buenos Aires".
Fuldner redigeva a via Albaro gli elenchi dei nazisti da far fuggire, li spediva in Argentina e da lì, in poche settimane, giungevano i visti di ingresso, completi delle foto dei criminali ma intestate a nomi fittizi. Da Genova, la pratica passava a Roma, dove la Sede della Croce Rossa rilasciava i passaporti relativi ai nomi falsi, rispedendoli a Genova. Fatto ciò, bastava trovare posto per i fuggitivi sulla prima nave che salpasse per l'Argentina. È ormai certo che, in quegli anni, passarono per Genova, e di lì fuggirono in Sudamerica, criminali del calibro di Klaus Barbie ("il boia di Lione"), Adolf Eichmann (il pianificatore dello sterminio degli ebrei, rapito dal Mossad nel '61 e impiccato in Israele l'anno dopo), Josef Mengele (il "dottor morte"), Erich Priebke, il dittatore croato Ante Pavelic.

Il ruolo della Curia genovese
Goñi sostiene il diretto coinvolgimento del card. Giuseppe Siri (eletto vescovo ausiliare di Genova l'11 marzo 1944, e arcivescovo della stessa città il 14 maggio 1946) nel sostegno alla rete di fuga per i criminali di guerra, tramite le due associazioni, entrambe da lui fondate, che la Curia genovese possedeva per l'assistenza dei profughi (una tesi contenuta già nelle risultanze della Ceana (Comisión para el Esclarecimiento de las Actividades del Nazismo en la Argentina, costituita da Menem nel '97) e raccontata nel libro "La via dei demoni", del giornalista di "Repubblica" Giovanni Maria Pace). Una di queste associazioni si chiamava Auxilium ed era nata nel '31, come ente di assistenza e beneficenza. La seconda, chiamata "Comitato Nazionale Emigrazione in Argentina", nacque invece nel '46. Racconta Goñi nel suo libro che il nome di Siri comparirebbe negli archivi del Nara (National Archives and Records Administration) del Maryland, Stati Uniti. In una nota del Central Intelligence Group (Cig, creata da Truman nel '46 e sostituita alla fine del '47 dalla Cia), datata 21 gennaio 1947 e recuperata da Goñi nel corso delle ricerche per il suo libro, si afferma che Siri dirigeva "una organizzazione internazionale il cui scopo era favorire l'emigrazione di europei anticomunisti in Sudamerica (...). Questa classificazione di anticomunista deve estendersi a tutte le persone politicamente impegnati contro i comunisti, ovvero fascisti, ustascia, e altri gruppi simili".
Operativamente sarebbero stati tre sacerdoti ad impegnarsi in prima persona per preparare la fuga dei criminali. Uno era un prete croato, Karl Petranovic: dai primi mesi del 1946 ai primi mesi del '52 avrebbe gestito direttamente i rapporti tra Vaticano, Croce Rossa, Auxilium e Comitato nazionale emigrazione in Argentina. In Croazia era stato parroco di Ogulin e cappellano di un reggimento ustascia. Fuggito nel '45, passò prima a Trieste e poi a Milano, presso il cardinale Shuster, che lo avrebbe inviato a Genova, raccomandandolo a Siri con questo biglietto, il cui contenuto è stato rivelato il 2 agosto dal "Secolo XIX": "Eccellenza reverendissima, don Carlo ha conoscenza, in lingua e in cultura, della situazione dei rifugiati e dei profughi di guerra dell'Est e della Germania. Per questo è persona che può sostenere l'opera di carità dell'Auxilium". A Genova Petranovic, racconta "Il Secolo XIX" (4/8), "dipendeva direttamente dalla Curia genovese" e si occupava di fare "la spola tra Auxilium e Comitato nazionale per l'emigrazione in Argentina. Ha il diritto di usare la Mercedes nera, con targa diplomatica della Città del Vaticano, di Siri; viaggia spesso, di notte, tra Genova e Roma, e ritorna, sempre di notte, portando una 'valigia diplomatica'. Contiene i passaporti per una nuova vita dei nazisti in fuga" (2/8). Petranovic, che si allontanò da Genova nella primavera del '52, oggi ha 83 anni e vive in Canada, in una zona al confine con gli Stati Uniti, ospite di una comunità di suore.
A Genova operava un altro sacerdote. Era don Edoardo Dömöter, francescano di origine ungherese, divenuto, alla fine degli anni '50, parroco della chiesa di Sant'Antonio di Pegli. Secondo quanto riportato dal "Secolo", Goñi ha rintracciato negli archivi del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra una richiesta, la numero 100940, sottoscritta e inoltrata da padre Dömöter alla sede genovese della Croce Rossa di passaporto per tale Riccardo Klement, in realtà Adolf Eichmann.
A fare da spola tra Genova e Roma, tra un ufficio aperto in Albaro dalla delegazione argentina e gli uffici romani della Croce Rossa per procurare documenti falsi, c'era, infine, don Krunoslav Stjepan Draganovic, che per Giovanni Maria Pace era un "ex colonnello ustascia" ("Repubblica", 24/2/2000), e che fu fondatore della Confraternita Croata del Collegio di San Girolamo degli Illirici
È lui che ha firmato il passaporto rilasciato dalla sede genovese della Croce Rossa il 16 marzo del 1951 intestato a Klaus Altmann, meccanico di origine tedesca in procinto di imbarcarsi sul piroscafo "Corrientes" alla volta di Buenos Aires, sotto la cui falsa identità si nascondeva Klaus Barbie. Il documento originale, racconta il 27 agosto "Il Secolo XIX", fu trovato da Uki Goñi nella sede ginevrina del comitato internazionale della Croce Rossa.
Sull'attività di Draganovic a favore dei criminali di guerra il 28/8 "Il Secolo XIX" ha pubblicato il testo di un rapporto del Foreign Office inglese nel quale si dice che il prete, definito "la mente che sta dietro l'organizzazione ustascia in Italia", interveniva "ripetutamente e vigorosamente al quartier generale della Croce Rossa Internazionale di Roma" nel tentativo "di influenzare la graduatoria di profughi croati che si stanno prendendo in considerazione per l'assistenza". "L'influenza della Confraternita di San Girolamo sui campi profughi - dice il rapporto (che cita anche Petranovic come "persona che con ogni probabilità coincide con il collaborazionista croato ricercato P. 993") - sta aumentando sempre più e pare che al dottor Draganovic siano stati accordati strumenti e mezzi di natura ufficiosa che gli consentono di recarsi di persona ai campi per consultare i vari leader ustascia".
La rete di ecclesiastici impegnati nel facilitare la fuga di nazisti e fascisti secondo le ricostruzioni fatte dal Goñi e riferite dal "Secolo XIX" facevano capo, a Roma, a mons. Alois Hudal, rettore fino al '52 del Collegio tedesco di S. Maria dell'Anima, e vescovo con manifeste simpatie naziste che da Roma inviava le richieste di visti. Racconta "Il Secolo XIX": "Nella relazione conclusiva presentata dal Ceana nel 1999 si fa riferimento in particolare a una lettera del 31 agosto 1948 in cui il vescovo Hudal spiega a Peron che i visti richiesti non sono per profughi ma 'per combattenti anticomunisti il sacrificio dei quali durante la guerra ha salvato l'Europa dalla dominazione sovietica'".
Su tutto quanto denunciato dal quotidiano genovese, ad agosto sia il vicepresidente della Camera Alfredo Biondi che il senatore diessino Aleandro Longhi hanno chiesto la creazione di una commissione parlamentare di inchiesta.

Edited by pincopallino2 - 23/8/2023, 10:47
 
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view post Posted on 7/12/2006, 14:25




I preti sanno che questo argomento è scomodo, ma essi contano sul trascorrere del tempo, che molto concede all'oblio e vede gli animi pacificati tra coloro i cui maggiori furono o vittime o carnefici.

Come per l'Inquisizione, un giorno il Vaticano stesso, tramite un convegno di ottoni universitari compiacenti, si proporrà di ridimensionarlo e ridurlo a pochissimi casi.

A parte questo, già la chiesa conta sull'oblio di altri aspetti altrettanto gravi.
Non furono quasi tutti i vescovi francesi compiacenti con l'occupante e con il governo fantoccio di Vichy?
Quanti sacerdoti italiani al proprio ufficio abbinarono quello di combattente della RSI e collaboratore (anche indiretto ma aderendo ad alcune posizioni) dei nazisti?
E non vi furono divisioni e reparti delle crudeli SS che disponevano di compiacenti ed entusiasti cappellani militari?

Se si vuole mantenere vivo l'orrore per le opere del Siri, dello Stepinac e del Tiso, ricordare la compiacenza del Pacelli, allora bisogna mostrare anche i più piccoli dettagli.
Anche di piccoli rami contribuiscono alla misura del rogo.
E quel rogo ch devastò l'Europa fu di misure enormi grazie a molti piccoli rami.

 
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dirk58
view post Posted on 7/12/2006, 22:55




Argomento spinoso,come tutti gli argomenti che tendono amettere in cattiva luce l'operato del vaticano!Come sapevano dello sterminio degli Ebrei, a proposito...senza dovere arrivare a Hitler....nel medioevo....era non dico usuale ma di comodo farsi prestare soldi dagli ebrei ,spesso era la chiesa e anche i re o i potenti di allora,quando si doveva restituire il danaro e le cifre erano enormi cosa succedeva.si alzava la voce di DIO che diceva" morte a chi aveva crocifisso il figlio di Dio "e giù a sterminarne un poco quel tanto che bastava per appianare il debito......poi...in pace ancora per un pò finchè la storia non si ripeteva.....non male ehhh!!la chiesa sapeva dei campi,tutti sapevano dei Campi ma..........non cera interesse.....sarò cinico ma la storia è chiara!Hanno aiutato a fare fuggire i "capi" nazisti perchè pagavono ,e pagavano bene i salvacondotti.....ma non è storia nuova ,è un'altra perla da mettere assiema all'inquisizione,alle censure sui libri e sull'informazione,sulle stragi commesse etc etc etc ......
 
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view post Posted on 15/12/2006, 11:25
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Negli ultimi giorni si susseguono convegni e articoli di stampa, nell'occasione dell'uscita di un libro apolegetico sul cardinale di Genova Giuseppe Siri, organizzatore della Ratline per conto di papa Pio XII. E' meglio che si sappia chi era questo cardinale filonazista, protettore di decine di migliaia di criminali di guerra nazisti e ustasha

http://xoomer.alice.it/sitoaurora/Ratline/personaggi.htm

Siri
Il vescovo di Genova Siri era il terminale genovese della rete del vescovo Hudal. ``Era uno dei principali coordinatori di un'organizzazione internazionale il cui scopo era quello di provvedere all'emigrazione di europei anticomunisti in Sudamerica. Questa classificazione generale di anticomunisti comprende, ovviamente, tutte le persone compromesse politicamente agli occhi dei comunisti, vale a dire fascisti, ustascia e altri gruppi del genere. [...] Siri rappresentava il contatto di Walter Rauff nella messa a punto del sistema usato da Hudal per far fuggire clandestinamente dall'Europa i latitanti tedeschi'' (117). ``Anche se pensava soprattutto a mantenere la propria organizzazione, Siri sapeva tutto sulla rete croata'' e aiutava talvolta Petranovic ``dandogli una mano ogni volta che poteva'' (117).
 
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view post Posted on 26/12/2006, 00:23




tenetevi pronti.

Venerdì ci sarà una trasmissione dal titolo "Eugenio principe Pacelli: Pio XII"
A parte che Pacelli non era principe (il padre era un semplice nobile non titolato, e dopo la sua elezione al soglio conferì il titolo di principe ai nipoti, invece del tradizionale titolo di conte che spetta ai parenti del papa), sarà molto interessante vedere cosa diranno di questo signore.
Considerate esperienze passate, in virtù del clima restauratore clericale che tenta di imporsi nella penisola, al massimo ridurranno le sue complicità (sia quelle omissive, sia quelle palesi) a dolorosi silenzi per evitare mali maggiori.
 
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view post Posted on 13/4/2007, 09:18
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http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubr...zione=&sezione=

13/4/2007

I sospetti e le nebbie da dissipare





GIOVANNI DE LUNA

Certo che è una ferita ancora aperta. La Shoah si consumò nel silenzio di Pio XII. Invano si attese una sua parola di condanna del massacro, una sua esplicita denuncia dei crimini di Hitler. Certo la diplomazia vaticana si adoperò a tessere le sue reti umanitarie; in Italia conventi e parrocchie si aprirono per salvare ebrei e antifascisti e certo il mondo cattolico fu attraversato da torrenti di solidarietà che fecero da antidoto alle pulsioni antisemite sedimentatesi nei secoli. Ma quel silenzio ci fu.

Una interpretazione benevola suggerisce una scelta consapevole di Pio XII; il Papa riteneva infatti più efficaci i piccoli passi della diplomazia che una clamorosa protesta, con il rischio di suscitare terribili ritorsioni da parte dei nazisti e di peggiorare la situazione degli ebrei. Ma c'è da dire che anche i passi successivi della Chiesa non sono stati tali da dissipare le nebbie e i sospetti di complicità che ancora oggi circondano quel silenzio. Anzi. Nel dopoguerra il Vaticano fu il crocevia di tutta una serie di iniziative che puntavano a salvare criminali nazisti del calibro di Priebke, Mengele, Eichmann, avviando quella «operazione Odessa» che vide tra i suoi protagonisti lo stesso Montini, futuro Papa Paolo VI. E ancora, molto più recentemente, il discorso di Benedetto XVI ad Auschwitz non è stato certo il balsamo ideale per lenire quelle ferite. E’ sembrata discutibile - e non solo agli Ebrei - l’affermazione del Papa tesa a circoscrivere le colpe del nazismo a «un gruppo di criminali» che «usò e abusò» del popolo tedesco; ancora maggiori perplessità ha suscitato poi l'altra affermazione sui «nazisti che volevano distruggere il popolo ebraico per strappare la radice su cui si fonda il Cristianesimo». Il progetto di sterminio si sviluppò in realtà lungo una direzione che francamente fa oggi apparire il Cristianesimo un bersaglio trascurabile, quasi inesistente.

In realtà ci sarebbe per il Vaticano la possibilità di fugare quelle nebbie e quei sospetti. Nell'ottobre 1999 il Vaticano e l'International Jewish Committee for Interreligious Consultations vararono una Commissione mista di storici (3 cattolici e 3 ebrei) per indagare sui rapporti tra la Chiesa cattolica e la Shoah. La Commissione concluse i suoi lavori con un rapporto che constatava l'insufficienza delle fonti a disposizione, segnalando come gran parte della documentazione necessaria a una conoscenza storica compiuta giacessero ancora inaccessibili negli Archivi Vaticani. Gli 11 volumi pubblicati di Atti e documenti della Santa Sede relativi alla II Guerra Mondiale non esauriscono il materiale archivistico che si potrebbe utilizzare proficuamente; ebbene il Vaticano ha deciso di limitare la ricerca vincolandola obbligatoriamente solo a quel corpus di fonti (già interamente pubblicati), impedendo di affrontare in sede storiografica una serie di nodi. Sarebbe opportuno spalancare al più presto quegli archivi.


 
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Scarpia
view post Posted on 14/4/2007, 12:24






"Nel momento in cui i capi delle maggiori nazioni del mondo mostravano riserve e
grave sospetto di fronte alla nuova Germania, la Chiesa Cattolica, la piu' grande
potenza morale sulla terra, attraverso il Concordato espresse la sua fiducia al nuovo
governo [nazista]."
Cardinal Michael von Faulhaber.

"Noi Cattolici tedeschi siamo rimasti insuperati nella prontezza al sacrificio,
all'amore per il paese e fedelta' alla Patria [...] E nella battaglia per la liberta'
della Patria dopo la guerra, Leo Schlageter, uomo di provata fede cattolica e'
divenuto brillante esempio di amore per la Patria fino alla morte."
Vescovo Buchberger di Regensburg, 1935. (Schlageter fu dichiarato
Martire del Nazional-Socialismo).


"Puoi vedere da cio' che noi vescovi, per nostro proprio volere e senza costrizione,
abbiamo assolto al nostro dovere nazionale. So che questa dichiarazione sara' seguita
da una fruttuosa collaborazione. Con i piu rispettosi riguardi. Heil Hitler!"
Cardinal Innitzer, lettera a Gauleiter.

"All'Illustrissimo Herr Adolf Hitler, Fuerer e Cancelliere del Reich!
All'inizio del Nostro Pontificato vogliamo garantirvi che restiamo devoti al bene del
popolo Tedesco assicurato alla vostra guida [...] Negli anni passati in Germania,
abbiamo fatto tutto cio' che era in nostro potere per fondare relazioni armoniose fra
lo Stato e la Chiesa. Ora che le responsabilita' della nostra funzione pastorale
hanno accresciuto le nostre opportunita', ancora piu' ardentemente preghiamo per
raggiungere lo scopo. Possano la prosperita' e il progresso del popolo tedesco dare,
con l'aiuto di Dio, il loro frutto!".
Eugenio Pacelli, Marzo 1939.
 
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view post Posted on 25/4/2007, 10:12
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Oggi, nell'anniversario della liberazione dal nazifascismo, ricordiamo il contributo delle gerarchie ecclesiastiche e di Pio XII alla fuga di decine di migliaia di criminali di guerra nazisti, hustasha e loro alleati.

Perché la memoria non venga offuscata dalle menzogne vaticane.
 
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dirk58
view post Posted on 26/4/2007, 19:51




CITAZIONE (GalileoGalilei @ 25/4/2007, 11:12)
Oggi, nell'anniversario della liberazione dal nazifascismo, ricordiamo il contributo delle gerarchie ecclesiastiche e di Pio XII alla fuga di decine di migliaia di criminali di guerra nazisti, hustasha e loro alleati.

Perché la memoria non venga offuscata dalle menzogne vaticane.

Io non la prenderei tanto larga,e ce ne sarebbe da dire e ridire,sui partigiani sui tedeschi.etc etc.
che in emilia fecereo (i tedeschi9 rappresaglie enormi e di enormi atrocità,perchè qui c'era una parte di partigiani grande e con fieri propositi che si ribello(ossia,quando il comando alleato disse di fermare e di nonn feare più nessuna azione contro i tedeschi,ci fù ,in alcuni partigiani, il fraintendimento e loro volerono continuare quella per loro era una battaglia giusta....rivelatasi poi mortale........non per i tedeschi o i fascisti .....ma per alcuni membri interni.........)comunque tutto quello che ci ha lasciato una guerra è MORTE,DESOLAZIONE E MISERIA.........POSSONO DIRE QUELLO CHE VOGLIONO ,NON ESISTE NESSUNA GUERRA PER LA PACE!TUTTE LE GUERRE PORTANO MORTE,MISREIA DESOLAZIONE E DISPERAZIONE.......
nON Cè NESSUNA GIUSTIFICAZIONE........
POI SAI LA MEMORIA NON LA OFUSCA NESSUNO......NEANCHE LA CHIESA......I CADUTI IN GUERRA SONO morti E I MORTI ALLA FINE SONO TUTTI UGUALI.DA UNA PARTE E DLL'ALTRA.
DA UNA GUERRA NON VNCE NESSUNO,ANZI TUTTI PERDONO......
sE NON RIUSCIAMO A LEGGERE LA STORIA PER QUELLO CHE CI RIPORTA E CI DICE ALLORA CI MERITIAMO IL PEGGIO DEL PEGGI!
MASTRO dIRK.
 
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M7317
view post Posted on 26/4/2007, 20:35




Quando festeggeremo l'anniversario dalla liberazione dei figli dei democristiani mascherati da ulivi, case delle libertà e margherite in una tanto patetica quanto grottesca recita per bambini idioti?
 
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Scarpia
view post Posted on 29/4/2007, 19:13




Le guerre sono cose tristi che vedono vincitori governanti e generali a scapito di altri governanti e altri generali.
Gli sfigati escono sempre sconfitti, sia da una parte che dall'altra.
Ma per me resta sempre la differenza tra chi è stato aggredito, tra chi ha scelto di collaborare con chi aggrediva.
 
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M7317
view post Posted on 30/4/2007, 19:11




Mi sembra di vivere in un'epoca dove tutti sono liberi ma nessuno capisce un cazzo.
Almeno un tempo, con i regimi totalitari, la gente sentiva una presenza governante (nel bene e nel male).
Ora sentiamo solo degli squallidi arraffoni che pensano a riempirsi le tasche e inculare la gente.
Sì, siamo liberi, e lo sono anche loro...noi intanto però veniamo bombardati subdolamente da media e tv, ci spacchiamo l'esistenza per soddisfare bisogni indotti da uno stile di vita imposto, siamo addomesticati senza saperlo, siamo schiavi di una tecnologia inutile.
Loro invece se la ridono dall'alto delle loro dorate poltrone, facendo i grassi demagoghi burloni e serpenti, senza fare una beneamata mazza per la gente.
E' davvero libertà questa?
 
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dirk58
view post Posted on 3/5/2007, 20:15




CITAZIONE (M7317 @ 30/4/2007, 20:11)
Mi sembra di vivere in un'epoca dove tutti sono liberi ma nessuno capisce un cazzo.
Almeno un tempo, con i regimi totalitari, la gente sentiva una presenza governante (nel bene e nel male).
Ora sentiamo solo degli squallidi arraffoni che pensano a riempirsi le tasche e inculare la gente.
Sì, siamo liberi, e lo sono anche loro...noi intanto però veniamo bombardati subdolamente da media e tv, ci spacchiamo l'esistenza per soddisfare bisogni indotti da uno stile di vita imposto, siamo addomesticati senza saperlo, siamo schiavi di una tecnologia inutile.
Loro invece se la ridono dall'alto delle loro dorate poltrone, facendo i grassi demagoghi burloni e serpenti, senza fare una beneamata mazza per la gente.
E' davvero libertà questa?

Hai ragione,vedi la chiesa dall'alto dei suoi 2000anni di potere assoluto,insegna,e chi ha i soldi e il potere....applica......tutto alla fine è legato affinchè il popolo sia distratto dalle cose reali.....importanti,una volta era mantenuto neglla ingnoranza....adesso usano altri sistemi per avere le loro menti......
Mastro dirk.
 
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view post Posted on 7/5/2007, 09:31
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http://ukinet.com/lastampa.htm

LA STAMPA
Del 3/11/2003
Sezione: Cultura Pag. 16

LA FUGA DEI CRIMINALI NAZISTI VERSO L’ARGENTINA DI PERÓN:
UNA METICOLOSA E DOCUMENTATA RICOSTRUZIONE DELLO STORICO UKI GOÑI
OPERAZIONE ODESSA
Mi manda il Cupolone

Giovanni De Luna

LO chiamavano il «Mengele danese», Carl Vaernet era un medico delle SS che sosteneva di aver scoperto una «cura» per l’omosessualità; nel 1944 Himmler mise a disposizione delle sue folli ricerche la popolazione del «triangolo rosa», gli omosessuali internati a Buchenwald. I malcapitati furono castrati e gli fu impiantato un «glande sessuale artificiale», un tubo metallico che rilasciava testosterone nell’inguine. Secondo i racconti dei sopravvissuti, i medici delle SS a Buchenwald raccontavano barzellette raccapriccianti su quel tipo di esperimenti. Vaernet era un pazzo sadico; inserito nella lista dei criminali di guerra, alla fine del conflitto riuscì a scappare sano e salvo in Argentina. E come lui migliaia di aguzzini nazisti tedeschi, fascisti italiani, ustascia croati, rexisti belgi, collaborazionisti francesi ecc.; tutti se la cavarono grazie a una rete di complicità mostruosamente efficiente e all’aperta connivenza del governo di Juan Domingo Perón.

Un romanzo (Dossier Odessa) di Frederick Forsyth, raccontava di un gruppo di membri delle SS che dopo la sconfitta si erano raccolti in un’organizzazione segreta (Odessa, acronimo di Organisation der Hemallgen SS-Angehorigen) che aveva il duplice scopo di salvare i commilitoni dalle forche degli Alleati e creare un Quarto Reich che completasse l’opera di Hitler. Per quanto romanzesca fosse la trama «inventata» da Forsyth, il suo racconto si avvicinava in modo inquietante alla realtà. Odessa esisteva davvero. Solo era difficilissimo ricostruirne la storia: i fascicoli del suo archivio erano stati distrutti in gran parte nel 1955, nel marasma degli ultimi giorni del governo di Perón; quelli che rimasero furono definitivamente buttati via nel 1996. Ma le tracce della sua attività erano troppo evidenti per essere cancellate del tutto. Così ora, finalmente, grazie alla pazienza e all’abilità dello storico e giornalista argentino Uki Goñi (Operazione Odessa. La fuga dei gerarchi nazisti verso l’Argentina di Perón, Garzanti, pp. 480, e 24) e lunghe ricerche in Belgio, Svizzera, Londra, Stati Uniti, Argentina, disponiamo di una storia completa della più incredibile operazione di salvataggio di migliaia di criminali mai progettata e mai realizzata in tutto il Novecento.

Diciamolo subito. Se l’Argentina di Perón era la «terra promessa», l’asilo già generosamente predisposto ancor prima che la guerra finisse, il cuore e il cervello dell’intera operazione Odessa era a Roma (dove Perón soggiornò dal 1939 al 1941), nel cuore del Vaticano. In quel turbinoso dopoguerra italiano era veramente difficile distinguere tra vincitori e vinti. Nazisti e fascisti avevano perso la guerra; eppure mai ai vinti mancò il soccorso dei vincitori, il sostegno di quelle istituzioni che sarebbero dovute nascere all’insegna dell’antifascismo e della democrazia e che invece erano ricostruite nel segno della più rigorosa continuità con i vecchi apparati del regime fascista. Fu l’anticomunismo, furono le prime avvisaglie della «guerra fredda» a spingere i vincitori a salvare i vinti.

Il Vaticano fu il motore di questa scelta. Ma veramente monsignor Montini fu il protagonista di questo intervento che garantì l’incolumità a criminali come Erich Priebke, Josef Mengele, Adolf Eichmann ecc.? E veramente il Vaticano fu il crocevia di tutta una serie di iniziative che puntavano a rimettere in piedi il movimento ustascia di Ante Pavelic per organizzare una guerriglia anticomunista contro la Jugoslavia di Tito? Sì, veramente. Già nel 1947 i servizi segreti americani avevano stabilito che «una disamina dei registri di Ginevra inerenti tutti i passaporti concessi dalla Croce Rossa internazionale rivelerebbe fatti sorprendenti e incredibili». Oggi la disamina di quei registri è possibile e Goñi l’ha fatta. E le sue conclusioni sono nette: la Chiesa cattolica non fu solo un complice dell’«operazione Odessa» ma la sua protagonista indiscussa: oltre a monsignor Montini i suoi vertici furono i cardinali Eugène Tisserant e Antonio Caggiano (quest’ultimo, argentino, nel 1960 espresse pubblicamente - «bisogna perdonarlo» -, il suo rincrescimento per la cattura di Eichmann da parte degli israeliani), mentre la dimensione operativa fu curata da una pattuglia di alti prelati, il futuro cardinale genovese Siri, il vescovo austriaco Alois Hudal, parroco della chiesa di Santa Maria dell’Anima in via della Pace a Roma e guida spirituale della comunità tedesca in Italia, il sacerdote croato Krunoslav Draganovic, il vescovo argentino Augustín Barrère.

I documenti citati da Goñi sono molti e molto convincenti, da una lettera del 31 agosto 1946 del vescovo Hudal a Perón che chiedeva di consentire l’ingresso in Argentina a «5 mila combattenti anticomunisti» (la richiesta numericamente più imponente emersa dagli archivi) all’intervento di Montini per esprimere all’ambasciatore argentino presso la Santa Sede l’interesse di Pio XII all’emigrazione «non solo di italiani» (giugno 1946). Non si tratta di iniziative estemporanee e certamente la loro rilevanza storiografica non può esaurirsi in una lettura puramente «spionistica».

Un versante della seconda guerra mondiale trascurato dagli storici è quello che vede gli Stati latini, cattolici e neutrali, europei e sudamericani, protagonisti di vicende diplomatiche segnate però da un particolare contesto culturale e ideologico: nella cattolicissima Argentina (la Vergine Maria fu nominata generale dell’esercito nel 1943, dopo il golpe dei militari) ci si cullò nell’illusione di poter formare insieme con la Spagna e il Vaticano una sorta di «triangolo della pace», per preservare «i valori spirituali della civiltà» fino a quando la guerra in Europa continuava. Un progetto più ambizioso puntava a unire, con la leadership del Vaticano, i paesi dell’Europa cattolica, Ungheria, Romania, Slovenia, Italia, Spagna, Portogallo e Francia di Vichy per integrarli nel «nuovo ordine europeo» voluto dai nazisti; in quel periodo (1942-1943), in Sud America governi filonazisti esistevano già in Argentina, Cile, Bolivia e Paraguay: il disegno era di conquistare a un’alleanza in chiave antiamericana anche il piccolo e democratico Uruguay e il grande e cattolico Brasile. Questi disegni naufragarono tutti sotto il peso delle rovinose sconfitte militari dell’Asse ma furono l’humus ideologica da cui nacque nel dopoguerra la rete di «Odessa».

La centrale italiana operò soprattutto per il salvataggio degli ustascia di Ante Pavelic. Alla fine della guerra ce n’erano migliaia, sparsi nei vari campi a Jesi, Fermo, Eboli, Salerno, Trani, Barletta, Riccione, Rimini ecc. Una poderosa ricerca ora avviata dal giovane storico Costantino Di Sante sta facendo luce su una delle pagine più oscure di quel periodo. Si trattava di criminali macchiatisi di delitti che avevano suscitato orrore perfino nei loro alleati nazisti (che biasimarono «gli istinti animaleschi» dei croati): fucilazioni di massa, bastonature a morte, decapitazioni, per conseguire il risultato di uno Stato (la Croazia) razzialmente puro e cattolico al 100%. Alla fine della guerra circa 700 mila persone erano morte nei campi di sterminio ustascia a Jasenovac e altrove: le vittime appartenevano soprattutto alla popolazione serba ortodossa ma nell’elenco figuravano anche moltissimi ebrei e zingari. Il principale teorico del regime croato, Ivo Gubernina, era un sacerdote cattolico romano che coniugava le nozioni di «purificazione» religiosa e «igiene razziale» con un appello affinché la Croazia «fosse ripulita da elementi estranei».

Gran parte di questi criminali si salvò passando da Roma verso l’Argentina: la via di fuga portava a San Girolamo, un monastero croato sito in via Tomacelli 132. Parlando del loro capo, Ante Pavelic, un rapporto dei servizi segreti americani concludeva: «Oggi, agli occhi del Vaticano, Pavelic è un cattolico militante, un uomo che ha sbagliato, ma che ha sbagliato lottando per il cattolicesimo. È per questo motivo che il Soggetto gode ora della protezione del Vaticano». Alla fine, tra il 1947 e il 1951, secondo i dati raccolti da Di Sante, furono 13 mila gli ustascia che riuscirono a salvarsi usando il canale italoargentino.

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2007-05-30 20:44
NAZISMO: EICHMANN, TROVATO PASSAPORTO DELLA FUGA
(di Maurizio Salvi)

BUENOS AIRES - Due timbri rossi, uno più grande del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) ed uno più piccolo del consolato argentino a Genova, hanno dato validità, oltre 50 fa, al passaporto con cui Adolf Eichmann, il regista della 'soluzione finale' orchestrata dal Terzo Reich per gli ebrei, di rifugiarsi in Argentina con il falso nome di Ricardo Klement, cercando così di sfuggire ad un processo sui gravissimi crimini contro l'umanità da lui commessi.

A differenza di quanto avvenuto per altri ex gerarchi nazisti tedeschi o croati (Martin Borman, Joseph Mengele ed Ante Pavelic) che hanno mantenuto zone d'ombra sulla vita trascorsa in territorio argentino dopo la Seconda Guerra Mondiale, si sapeva praticamente tutto dei dieci anni di Eichmann a Buenos Aires fino a quando (11 maggio 1960) fu sequestrato da un commando del Mossad israeliano e portato a Tel Aviv. Si sapeva ad esempio che il nome falso era Klement, che aveva lavorato come tecnico prima per la ditta Capri di Tucuman, e che poi si era trasferito nella capitale per entrare nella neonata fabbrica delle Mercedes Benz. Ma nessuno aveva mai visto i documenti che gli permisero di lasciare l'1 giugno 1950 il porto di Genova per costruirsi una nuova vita. Ma ora, grazie all'insistenza di una studentessa impegnata in una tesi di laurea e della collaborazione della giudice federale argentina Maria Romilda Servini de Cubria, è stato rinvenuto in un vecchio fascicolo giudiziario l'originale del passaporto con cui Eichmann si imbarcò dal capoluogo ligure verso l'Argentina.

Si tratta di un cartoncino piegato in quattro, su cui c'é una foto autentica dell'ex gerarca, che appare semicalvo, con occhiali rotondi, una camicia, una giacca ed un papillon. E poi le generalità: Ricardo Klement, nato a Bolzano il 23 maggio 1913, apolide, di professione tecnico. Il documento, sostiene il quotidiano Pagina 12 autore dello scoop, prova che la fuga dall'Europa di uno dei protagonisti dello sterminio ebraico è potuta avvenire grazie alla collaborazione del Cicr e del governo argentino di Juan Domingo Peron. I timbri, chiaramente leggibili, sono stati apposti dal Cicr e dal viceconsole argentino a Genova, Pedro Solari Capurro. A Ginevra, il Comitato della Croce Rossa ha spiegato oggi per bocca di un suo portavoce, Vincent Lusser, che i criminali di guerra nazisti "abusarono di un sistema umanitario" e che all'epoca il Cicr non era in grado di svolgere inchieste sull'identità dei profughi e apolidi che chiedevano i documenti.

Per quanto riguarda invece le intenzioni del governo argentino, gli storici hanno provato che il presidente Peron fu un promotore della politica di apertura agli esuli nazisti. Una conferma di questo venne anni fa anche dall'avvocato Pedro Bianchi, difensore dell'ex capitano Erich Priebke, per il quale Peron "ordinò la consegna attraverso l'ambasciata argentina a Vienna di 5.000 passaporti a nazisti in fuga. Per lo più la traversata dell'Oceano Atlantico dall'Europa verso vari paesi latinoamericani (Argentina, ma anche Cile, Brasile e Paraguay) avvenne grazie alla cosiddetta Rat Line (Via dei topi), organizzata e diretta da alcuni esponenti della chiesa cattolica, come Pancratius Pfeiffer (citato da Priebke dopo l'estradizione in Italia) e il vescovo altoatesino filonazista Alois Hudal. Furono questi passaporti falsi che permisero a Eichmann di passare come Klement, a Priebke di chiamarsi Otto Pape e a Mengele di nascondersi dietro il nome di Helmut Gregor. In particolare il documento relativo a Eichmann si trovava nel fascicolo di una causa aperta a Buenos Aires dalla moglie dell'ex gerarca, Veronika Catalina Liebel, dopo la sua cattura nella capitale argentina nel 1960. La direttrice del Museo dell'Olocausto di Buenos Aires, Graciela Jinich, cui è stato consegnato l'originale del passaporto su cui ha studiato la ricercatrice universitaria Maria Galvan, ha detto che il documento è una "testimonianza degli inganni che permisero ad Eichmann di tentare di nascondersi per sempre per non pagare i suoi crimini contro l'umanità ".
 
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