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"Vangeli storicamente inattendibili". Pontifex processa il card. Ravasi, Le sante banalità del cardinale e le ridicole pretese storiografiche del blog

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view post Posted on 2/2/2011, 09:45
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“Deliri teologici” di Mons. Gianfranco Ravasi in odore di eresia - Inchiesta shock parte prima

Pontifex.Roma1° IL LIBRO DEI SALMI Al versetto 10 del Salmo 16: «Né lascerai che il tuo fedele veda la fossa», Ravasi non solo lo traduce diversamente dalla traduzione greca e latina che dice: «non abbandonerai lʼanima mia negli inferi, né lascerai che il suo santo veda la corruzione», Ravasi, poi, non parla neppure della risurrezione di Gesù. Anche della interpretazione “autentica” del Salmo 15, fatta da San Pietro e da San Paolo (Atti 2 e 13), egli dice che è solo una “rilettura” fatta dalla prima comunità. Ma questo dice quale abisso separi la “nuova esegesi” razionalista dallʼesegesi veramente cattolica! 2° “SANTO”, “SACRO” E “PROFANO” “Il racconto del cielo” (Mondadori, 1995) è un libro del modernista Mons. Gianfranco Ravasi. Nellʼintenzione dellʼAutore, questo libro sarebbe una guida per poter leggere e comprendere il Vecchio Testamento, dopo una lacuna che avrebbe impedito, in questi ultimi due millenni, di leggere e ...

... comprendere il Vecchio e il Nuovo Testamento. Considero, qui, qualche passo di questa “guide bleue”, come la chiama Ravasi, che appartiene alle tante eresie diffuse da questo prete modernista. A pag. 138, e ss. egli fa una disquisizione sui significati di “santo” e di “sacro”, tipica dei movimenti e delle ideologie integraliste, isola e rigetta il “profano”, ma confondendo il significato di “santo” con quello di “sacro”, perché la radice verbale “qadosh” (ebraica) significa, in prima istanza, “separare”, porre una frontiera tra lʼarea del tempio-palazzo reale e quella profana. Ma Ravasi doveva sapere che ai tempi di quella radice verbale “qadosh”, Israele non aveva né un tempio né un palazzo reale, perché impedito ad averli dalla stessa prescrizione divina. Perciò, lʼesegesi di Ravasi è solo un assieme di deduzioni superficiali, fondate dalla scuola ateo-razionalista. Inoltre, Ravasi doveva sapere che non può esistere una realtà mondana e unʼaltra profana, che guardano la realtà dellʼuniverso senza rivolgersi a Dio, e quindi contrapponendole alla realtà delle cose divine. Comunque, Ravasi doveva sapere che quel suo concepire il “santo” e il “sacro” è unʼeresia manichea e gnostica, che, purtroppo, circola anche nelle facoltà teologiche, sulla scia dei Martini e dei Ravasi.

3° I VANGELI: STORICAMENTE NON ATTENDIBILI Mons. Gianfranco Ravasi, su “Famiglia Cristiana” del 1° novembre 1989, scrisse un articolo: “Processo a Gesù: assurda la tesi antisemita”. Per lui, «lʼunica documentazione diretta disponibile è quella dei Vangeli. Quindi, per Ravasi, irrefutabile testimonianza, per la responsabilità dei Giudei nella crocifissione di Gesù Cristo, di San Pietro e di San Paolo (cfr. Atti degli Apostoli; per San Pietro cc. 1- 12; per S. Paolo cc. 13 ss), e unica documentazione disponibile, è solo quella dei Vangeli. Ma anche quella dei Vangeli, però, sarebbe attendibile fino a un certo punto. Difatti, Ravasi sentenzia: «Documentazione che, storicamente parlando, non è ineccepibile, essendo di parte e con finalità più teologiche che rigorosamente storiografiche». Quindi, per Ravasi quel che conta non è il fatto storico, ma solo il sentimento che suscita in noi. Lʼinattendibilità storica dei Vangeli, perciò, deriverebbe dal principio ermeneutico: «Bisogna tener ben distinti due ambiti: quello dei fatti storici e quello del loro significato teologico». Quindi, il processo di Gesù a livello storico-giuridico non poteva essere la divinità in sè del Cristo, quanto piuttosto, il suo arrogarsi, in parole ed atti, la divinità ». Perciò, per riconoscere la divinità del Cristo, occorre un “salto nella fede” che “va oltre le prove, pur significative, dei miracoli e del personaggio straordinario del Cristo”. In questi termini del modernista Ravasi, “storicamente parlando, la condanna a morte, Gesù se lʼè voluta Lui”. Infatti, Ravasi scrive: «Si trattava di un comportamento (lʼarrogarsi la divinità) passibile di giudizio secondo il Diritto Ebraico, perché configurava il reato di bestemmia punibile con la pena di morte». Difatti, Caifa, il Presidente del Sinedrio, scatta: “Ha bestemmiato!”. Per questo, Gesù, la condanna a morte se lʼè voluta Lui! Quindi: «resta illegittima e assurda la tesi antisemita per la quale gli Ebrei di ieri e di oggi sono “in solido” responsabili di quella operazione giudiziaria». Ma questa sentenza di Ravasi è manifestamente erronea, contro le Sacre Scritture del Nuovo Testamento, per il quale è una verità di Fede divina e cattolica, affermata dalla Tradizione e dal Magistero della Chiesa di sempre. Ma, per Ravasi, il “riconoscere la divinità” è solo compito della fede. È un parlare modernista dei moderni esegeti, per i quali anche la risurrezione di Cristo esula dal campo storico, perché “è spettanza di un altro livello, quello della fede”, come per Ravasi anche le “Apparizioni di Gesù Salvatore” risorto non furono reali (cfr. “Famiglia Cristiana”, 18 aprile 1998, p. 80 ss). Quello che ci meraviglia è che questo “divo” modernista propagatore di “eresie”, sia stato nominato membro della Pontificia Commissione Biblica e, oggi, sia persino Cardinale. Questo mi fa ricordare che le Apparizioni di Fatima iniziarono con un Angelo che “inginocchiatosi a terra, curvò la fronte al suolo”, ripetendo: “Mio Dio, credo, adoro, spero e Ti amo; Ti chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano”!

4° LAZZARO, MORTO MA NON RISORTO Su “Famiglia Cristiana” n. 30/1994, due lettori, scandalizzati dal gesuita Brendan Byrne, che affermava che la risurrezione di Lazzaro è una “gonfiatura” teologica della primitiva comunità cristiana, il solito Mons. Gianfranco Ravasi, il “teologo” di “Famiglia Cristiana”, risponde: «Certo, il libro del Byrne non è adatto a chi muove i primi passi nella Bibbia o a chi ha scelto la “via fondamentalista per cui vale solo la lettura del testo così come suona”». Poi, spiega due punti fondamentali della lettura critica dei Vangeli. Dice: «Innanzitutto, non ci si stancherà di ripetere che i Vangeli non sono libri di storia accademica né biografie storiografiche ». E continua: «Le parole e gli atti di Gesù sono illuminati, trasfigurati, elaborati per finalità che non sono storiografiche, ma di fede». Perciò, Ravasi dice: «Sono da evitare due estremi: 1) credere che Gesù risuscitò Lazzaro da morte, nel modo e nei particolari descritti da Giovanni; 2) che lʼintera storia è una pura invenzione dellʼevangelista». E conclude: «È qui che appare la diversa concezione: per noi, il miracolo è prevalentemente un prodigio; per lʼuomo della Bibbia è un “segno”. Ed è proprio così che Giovanni chiama i sette miracoli di Gesù da lui selezionati nel suo Vangelo. Se sono “segni”, è naturale che essi rimandano ad altro, ed è questo altro ciò che interessa allʼevangelista non tanto il fatto in sè». Così, Lazzaro, risuscitato dopo quattro giorni, quando “jam fetet”, può anche essere semplicemente un “moribondo” guarito. È lo stesso Ravasi che lo dice: «Sulla base di quanto detto, ci chiediamo qual è lʼevento e quale la sua funzione di “segno”ʼ. Lʼevento (storico) è difficile da definire, per indicare lʼirreversibilità della sua situazione. Chiara è, invece, la finalità del “segno”: celebrare Cristo come efficace sorgente di “risurrezione e vita”, alla luce appunto della sua Pasqua». Di sicuro, quindi, nella “vicenda” di Lazzaro cʼè solo il segno spirituale, inteso dallʼevangelista o dalla comunità primitiva. A Ravasi, quindi, “ciò che interessa allʼevangelista è non tanto il fatto in sè” ma, nel caso di Lazzaro, la guarigione insperata, ma naturale, di un moribondo, descritto, però, “come già morto e sepolto”. Ma, per noi, per la risurrezione di Lazzaro, morto da quattro giorni e in via di decomposizione, non si possono inventare soluzioni psicologiche, ma, o si ammette la potenza divina di Cristo, o si nega la risurrezione di Lazzaro. Sono semplicemente “castelli in aria” questo spropositare di Ravasi, che non meriterebbe alcuna attenzione. Ma purtroppo non cʼé più alcuno che, che in alto, intervenga non solo a smentire questi modernisti della “Nuova Pontificia Commissione Biblica”, né tanto meno per condannare siffatti membri, tipo Martini e Ravasi!

Don Luigi Villa (Sacerdote - dottore in teologia e dogmatica - ex agente segreto vaticano con nomina di Pio XII e su volontà di San Pio da Pietrelcina - ha subito 8 attentati alla vita documentati)


http://www.pontifex.roma.it/index.php/opin...ock-parte-prima
 
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