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Garibaldi anticlericale, Il mito inossidabile del più grande eroe che l'Italia abbia avuto

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view post Posted on 7/2/2007, 20:40
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Il mito inossidabile del più grande eroe che l'Italia abbia avuto

Giuseppe_Garibaldi_1
Garibaldi


http://qn.quotidiano.net/chan/musica:5460853:/2007/02/07:

IL BICENTENARIO
Garibaldi, un patriota
'cittadino del mondo'
L'Eroe dei due mondi aveva l’orgoglio di appartenere a una patria, ma anche la convinzione che la patria era da intendersi anche come quell’insieme di valori che abbattono i confini tra i popoli


"E’ tornato Garibaldi", cantavano, non molti anni fa, gli Statuto, mitica band ‘mod’. E, nelle parole di quel brano che riscosse un discreto successo, si svelava un volto diverso dell'Eroe dei Due Mondi. Altro che tricolore, altro che esaltazione acritica della Patria, altro che oleografia irritante della ‘nazione’. Quel Garibaldi era il Garibaldi "vero", il Garibaldi che aveva adottato l’umanità intera come sua vera patria. Prima dei mods c’era stata Fiorella Mannoia. In una struggente ballata ("Camicie rosse" nell’album del 1994 "Gente comune") l'artista aveva cantato l’uomo che aveva guidato una "flotta di studenti e di sognatori" mentre a Torino – capitale sabauda – si diceva che era "un bandito".

Due esempi che dimostrano come, ancora oggi, Garibaldi sia un ‘mito’. Quest’anno ricorre il bicentenario della nascita del Nostro. Mamma Rosa diede alla luce quel bambino biondo-rossiccio il 4 luglio del 1807 a Nizza, "alle ore sei antimeridiane". Per lui, Rosa sognava un futuro da avvocato. O magari – ironia della storia per uno dei più fieri anticlericali che il mondo ricordi – da sacerdote.

Che cosa accadde poi lo sappiamo tutti. Meglio: presumiamo di saperlo. Andate un po’ indietro negli anni. Quelle tediose lezioni scolastiche, quei quadretti edificanti che raffiguravano, tutti insieme appassionatamente, Cavour, Mazzini, Vittorio Emanuele II e, appunto, Garibaldi. Quel tricolore sempre appiccicato alla camicia rossa.

Ecco, adesso scordatevi il passato e il presunto ‘nazionalismo’ dell’Eroe dei due Mondi. La realtà è ben diversa. Qualcuno storcerà il naso, pazienza. Qualche esempio provvederà al raddrizzamento dell’organo olfattivo. Tanto per cominciare Garibaldi condivideva – come scrivono due ottimi divulgatori come Antonella Grignola e Paolo Ceccoli – l’orgoglio di appartenere a una patria, ma anche la convinzione di essere ‘cittadino del mondo’.

La patria era da intendersi come il paese dove si nasce, ma anche come quell’insieme di valori che abbattono i confini tra i popoli (l’antirazzismo era la sua bussola politica principale). Insomma, Giuseppe si sentì sempre e ovunque ‘a casa sua’. Fu il primo, suo malgrado, a capire la globalizzazione, la necessità di difendere tutti i ‘sud del mondo’. Basti pensare a quanto accadde nel 1861.

Lui era uno degli eroi più popolari: giusto l’anno prima c’era stata la spedizione dei Mille che aveva fatto crollare l’antiquato e reazionario Regno delle Due Sicilie (poi arrivarono i Savoia che non erano molto meglio: e infatti lo emarginarono e lui tornò a Caprera senza un soldo in tasca).

In Nordamerica infuriava la guerra di secessione e Abramo Lincoln chiese a Garibaldi di combattere per i nordisti. Il nizzardo era assai tentato, ma – chiese al leader statunitense - "a che punto siamo con la liberazione degli schiavi?". Lincoln non seppe che cosa dirgli e lui si guardò bene dal varcare l’oceano Atlantico.

Altra leggenda: Garibaldi non faceva politica. In realtà per tre volte sedette in Parlamento. E per tre volte si dimise, schifato dai giochetti di quei deputati che definiva sprezzantemente "camerieri". Antipolitica populista? No. Il fatto è che le sue proposte di legge venivano sistematicamente boicottate. Ne propose moltissime. Contro la pena di morte. Contro il lavoro minorile (per lui i bambini erano sacri). Per la completa emancipazione della donna. Contro l’esercito dei professionisti per una "milizia di popolo". Per l’espropriazione di tutti i beni della Chiesa: il pdl era significativamente intitolato "Il prete alla vanga".

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Ma fermiamoci, per ora, qui. E guardiamo il nostro eroe e il suo poncho: non era un vezzo ‘sudamericano’ (visse e combatté e amò laggiù dal 1835 al 1848). Era la dimostrazione estetica di quanto detestasse le uniformi. Militari e partitiche. E dunque, a duecento anni dalla nascita, rendiamogli omaggio. Smettiamola di dire bugie. Di nasi lunghi, in Italia, ne abbiamo fin troppi.



di Francesco Ghidetti

Edited by pincopallino2 - 9/7/2017, 09:00
 
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view post Posted on 10/2/2007, 14:09




VIVA GIUSEPPE GARIBALDI!!!!!!!!


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view post Posted on 16/2/2007, 20:16
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L'altro giorno ho visto Stefania Craxi che parlava delle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Garibaldi.

Tutto un discorso su Garibaldi protosocialista e niente sul Garibaldi anticlericale.

La figura di Garibaldi andrebbe riletta a tuttotondo
 
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view post Posted on 17/2/2007, 12:12




Obbedisco.
 
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view post Posted on 20/2/2007, 13:55
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Il bicentenario di Garibaldi dovrà essere per noi laici una occasione per far scoprire il Garibaldi anticlericale.

Da un discorso di Ernesto Rossi:

Il 28 aprile 1861 ad esempio, egli scriveva alla Società operaia napoletana, che sarebbe stato un sacrilegio continuare nella religione dei preti di Roma.

"Essi sono i più fieri e terribili nemici dell'Italia. Dunque fuori dalla nostra terra quella setta contagiosa e perversa".

E, in un indirizzo alla società italiana degli operai, scritto nell'ottobre dello stesso anno, additava al disprezzo dei lavoratori la "razza satanica" dei preti, che, mentre l'Italia faceva ogni sforzo per costituirsi a nazione, erano disposti a venderla anche al sultano, "e venderebbero Cristo se non l'avessero già venduto da tanto tempo".

"Fuggite la Chiesa, la vendetta che puzza d'infetti rettili e non la permettete ai vostri congiunti".

Nella prefazione alle sue memorie, Garibaldi, il 3 luglio 1872, scriveva di aver sempre attaccato il "pretismo", perché aveva sempre trovato in esso "il puntello di ogni dispotismo, di ogni vizio, di ogni corruzione".

"Il prete è la personificazione della menzogna. Il mentitore è ladro. Il ladro è assassino, e potrei trovare al prete una serie di altri infami corollari".

Era questo il linguaggio abituale di Garibaldi, quando parlava dei preti. E tutta la sinistra, se pur non adoperava il suo linguaggio, condivideva i suoi sentimenti.
 
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view post Posted on 17/6/2007, 11:54
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Da una prolusione di Ernesto Rossi sull'anticlericalismo:

L'eroe che, per il nostro popolo, ha incarnato meglio quell'ideale fu Giuseppe Garibaldi, ed il Garibaldi vero, non denicotinizzato dai testi scolastici, odiava il papa e i preti molto più di quanto odiasse Francesco Giuseppe e gli austriaci.

Il 28 aprile 1861 ad esempio, egli scriveva alla Società operaia napoletana, che sarebbe stato un sacrilegio continuare nella religione dei preti di Roma.

"Essi sono i più fieri e terribili nemici dell'Italia. Dunque fuori dalla nostra terra quella setta contagiosa e perversa".

E, in un indirizzo alla società italiana degli operai, scritto nell'ottobre dello stesso anno, additava al disprezzo dei lavoratori la "razza satanica" dei preti, che, mentre l'Italia faceva ogni sforzo per costituirsi a nazione, erano disposti a venderla anche al sultano, "e venderebbero Cristo se non l'avessero già venduto da tanto tempo".

"Fuggite la Chiesa, la vendetta che puzza d'infetti rettili e non la permettete ai vostri congiunti".

Nella prefazione alle sue memorie, Garibaldi, il 3 luglio 1872, scriveva di aver sempre attaccato il "pretismo", perché aveva sempre trovato in esso "il puntello di ogni dispotismo, di ogni vizio, di ogni corruzione".

"Il prete è la personificazione della menzogna. Il mentitore è ladro. Il ladro è assassino, e potrei trovare al prete una serie di altri infami corollari".

Era questo il linguaggio abituale di Garibaldi, quando parlava dei preti. E tutta la sinistra, se pur non adoperava il suo linguaggio, condivideva i suoi sentimenti.

Edited by GalileoGalilei - 26/2/2015, 14:36
 
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view post Posted on 19/6/2007, 22:29




Dal testamento dell'Eroe dei Due Mondi

«Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s’inoltra e, mettendo in opera ogni turpe stratagemma propaga, con l’impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze, ai doveri di cattolico; in conseguenza io dichiaro che, trovandomi in piena ragione, oggi non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso, disprezzevole e scellerato di un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi a un discendente di Torquemada»


Nel testamento il nizzardo chiese la cremazione del proprio corpo. Purtroppo non fu possibile rispettarne la volontà.

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foto autografa del 1870
 
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view post Posted on 2/7/2007, 22:11
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http://www.iniziativa.info/index.php?optio...=2356&Itemid=28

Viva Garibaldi: A 200 anni dalla sua nascita, l’Italia festeggia il padre della patria
Scritto da Francesco Persili
Monday 02 July 2007
Eroe dei Due Mondi e avventuriero solitario. Mito romantico e protagonista di prima fila del nostro Risorgimento. Padre della patria e icona nazionalpopolare. Nato il 4 luglio di 200 anni fa Giuseppe Garibaldi ha fatto (con altri) l’Unità d’Italia e riesce ancora ad unire un Paese diviso su tutto. Libri, mostre, convegni, giri ciclistici e crociere turistiche (dall’Uruguay a Caprera), iniziative istituzionali (musei gratis e un francobollo celebrativo), sfilate in costume, commemorazioni in Senato (con le massime cariche dello Stato) e nelle Università, una festa popolare nelle piazze di Roma (e di altre città), tra eventi e kermesse non c’è che da scegliere per celebrare la figura e le grandi gesta del marinaio nizzardo, simbolo e maschera della nostra Storia moderna.
Viva Garibaldi. Generale del popolo (Sandro Pertini), riferimento di prima grandezza nella cultura politica del Paese, ”padre indiscusso dell’Italia - come ha rilevato il sottosegretario Andrea Marcucci, presidente del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Bicentenario della nascita– e patrimonio di tutti gli italiani”.
Figlio di un capitano di cabotaggio, Giuseppe Garibaldi è stata una vita tempestosa, sempre in fuga tra mari e oceani, Alpi, campagne e paludi. Un fuoco di protesta che diventa impegno di lotta. Furia, ebbrezza. Energia da mettere al servizio di un ideale. Repubblicano, democratico, cosmopolita. Nella vulgata risorgimentale se Mazzini è stato il campione dell’apostolato laico, e Cavour il fine tessitore di una rete di alleanze e compromessi, Garibaldi ha incarnato le ragioni del movimento e dell’azione. E’ stata la spada combattente in difesa della libertà dei popoli oppressi in Sudamerica (con i repubblicani in Brasile e in Uruguay), in Europa, in Italia. Uomo di campo audace e intraprendente, tenace e carismatico, trascinò i suoi uomini con la gagliardia e con l’esempio e smentì l’antico detto che gli italiani non si battono. Tanto amato dai suoi seguaci quanto temuto dagli avversari, assecondò la strategia indipendentista attizzando i furori insurrezionali e conferendo nuova dignità alla tradizione del volontarismo. Le guerre d’Indipendenza, le battaglie contro gli austriaci e i francesi, la difesa della Repubblica Romana, la vittoria di Bezzecca e le imprese alla guida dei ”Cacciatori delle Alpi”, la spedizione dei Mille, l’Aspromonte, l’incontro di Teano, tutti i capitoli fondamentali del nostro Risorgimento sono autenticati dal coraggio e dalla capacità militare del Nizzardo. Garibaldi è stato l’orgoglio e la passione, la tensione morale e la fiducia nel futuro della giovane Italia. L’entusiasmo vibrante e l’irruenza sentimentale di quei ragazzi in camicia rossa. La scelta e la casualità, la suggestione e la temerarietà di quelle donne e quegli uomini che si sono battuti a sprezzo della vita a Milazzo e a Calatafimi. L’eroismo di chi è andato a morire ”senza curarsi che qualcuno lo scrivesse” (Winston Churcill). La consapevolezza grande e tremenda di una sfida assoluta dentro quella frase senza vie di uscita: ”Qui si fa l’Italia o si muore”. L’ epica mediterranea e soleggiata dei Mille. L’epopea colorata di una armata brancaleone divenuta truppa di assalto, forza di liberazione, e, in seguito, spregiudicata operazione mediatica di co-marketing politico grazie alle opere che artisti, poeti, letterati, reporter di guerra attivi sul campo dedicarono all’impresa.
Indro Montanelli descrive Garibaldi come ”semplice, modesto, senza cupidigia di potere”. L’iconografia tradizionale ce lo consegna irrelato nell’austerità contadina di quel ritratto barba lunga e poncho che ben si attaglia al maledettismo nomade dell’Eroe romantico. Circonfuso da un aura di leggenda e di titanismo, Garibaldi è stato figlio del suo tempo. Affascinante, ribelle, irregolare, di animo gentile e di profonda umanità, ha amato, è stato riamato. Ha conquistato il cuore di molte donne ed è stato il desiderio proibito di altrettante dame. Ha mostrato disinteresse personale per il potere e una forte radice di idealismo. La lotta alle ingiustizie, le battaglie contro le forze del dispotismo e del passato sono diventate le stelle polari della sua azione politica, le parole d’ordine di un socialismo universalistico. Ateo, anticlericale, inventore della ”guerra di corsa”, Garibaldi non è sfuggito al tentativo di certa pubblicistica di farne una specie di guerrigliero visionario, un sognatore rivoluzionario, una specie di Che Guevara in sedicesimo. Vero è che lo storico Eric J. Hobsbawn lo definisce ”un autentico liberatore di popolo”. Ma Garibaldi è anche il generale della formula “Italia e Vittorio Emanuele” (che tra l’altro gli valse la rottura con Mazzini), è quello che davanti ad un ordine del re, rispose: ”Obbedisco”. Al netto di una visione politica che sconta secondo molti critici la mancanza di una strategia di prospettiva, l’Eroe dei Due Mondi rimane un uomo di azione e decisione disposto a sacrificare interessi personali, particolarismi opachi e rendite di posizione per non perdere di vista bene comune e concordia. Costruttore dell’unità d’Italia, Garibaldi da deputato del regno lavorò per riaffermare ed estendere i diritti popolari compressi nei limiti autoritari posti dallo Stato unitario. Cittadino del mondo, divenne il portabandiera del valore universale della democrazia. Partecipò alla difesa della Francia Repubblicana nel 1871 e si impegnò nella difesa dei diritti civili e sociali dei più deboli. Guardò con simpatia alla ”Comune” di Parigi, perchè vide in nuce in quella battaglia di popolo l’esaltazione degli ideali di giustizia e libertà che permeavano la sua idea di socialismo. Conosceva il lavoro e la sofferenza e prima di ritirarsi a Caprera decise di dare il suo appoggio alla prima Internazionale.

Bandiera contro l’oppressione, leggenda internazionale, eroe del nostro Risorgimento, Giuseppe Garibaldi è un manifesto globale, oggetto di culto e fenomeno da merchandising, anche se il suo nome non è sfuggito al libro nero della maldicenza. Lo studioso Antonio Pagano nel suo ultimo libro (Due Sicilie, 1830/1880) lo definisce ”mercante di schiavi”. Del resto anche tra le famiglie reali non godeva di grandi simpatie. La regina Vittoria lo considerava ”un poco di buono”, Vittorio Emanuele II addirittura esprimeva tutto il suo stupore nel trovarsi di fronte ”un personaggio niente affatto docile, né onesto come viene descritto, e con un talento militare ”modesto”. Salvo qualche ammaccatura, il mito di Garibaldi rimane intatto. Ha resistito al logorio dei tempi moderni, all’unanimismo di facciata, agli spregiudicati tentativi di appropriazione ideologica. Da Mussolini agli antifascisti (che lo elessero padre dell’Italia democratica repubblicana), dalla resistenza partigiana ai repubblichini di Salò, dal Fronte Popolare che alle elezioni del 1948 scelse come logo la testa di Garibaldi (a cui i cattolici risposero con un contro-manifesto in cui Garibaldi veniva raffigurato con le sembianze di Stalin), fino alle dichiarazioni di ”orgoglio garibaldino” di Spadolini, Craxi e Pertini, tutti hanno tirato l’Eroe dei Due Mondi per il poncho. Protagonista attivo dell’unità d’Italia e specchio delle divisioni dell’Italia unita, venerato maestro della religione repubblicana e santino laico, Giuseppe Garibaldi è un modello di tensione morale e coraggio civile che continua ad essere fonte di ispirazione e insegnamento per la democrazia. E’ un patrimonio di valori, una radice forte di libertà corsara e amore patriottardo. Senso dello Stato e spirito di lotta. La testimonianza ideale e la voglia di battersi contro ogni ingiustizia. Garibaldi è una scritta, una canzone, una bandiera. Garibaldi è un monumento, una strada, una piazza, una via. Garibaldi è un papà, quel modo un po’ sgangherato ma responsabile di fare le cose. Con il cuore, in allegria, senza paura. Garibaldi è l’Italia.

 
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view post Posted on 4/7/2007, 14:20
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"Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada."

Giuseppe Garibaldi
 
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view post Posted on 17/7/2007, 19:30
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http://notizie.alice.it/notizie/politica/2...ml?pmk=nothppol

GARIBALDI/ E' IL POLITICO CHE ITALIANI VORREBBERO A GUIDA PAESE
Sondaggio Assirm: ancora utile suo carisma, praticità e onestà
postato 5 ore fa da APCOM
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Milano, 17 lug. (Apcom) - Mentre la classe politica dibatte sulle future leadership politiche del centrodestra e del centrosinistra, oscillando tra Veltroni e Fini, Prodi e Berlusconi, gli italiani sembrano avere ben altri ideali: per loro il politico del futuro ha già un nome, Giuseppe Garibaldi. E non si tratta di una omonimia, bensì proprio dell'eroe dei due mondi che per il 46,4% degli italiani è il personaggio storico che più ha contribuito alla storia di Italia. In quale partito potrebbe militare non si sa, visto che per alcuni sarebbe repubblicano (36%), per altri socialista (21%), ma 6 italiani su 10 vorrebbero vederlo alla guida di un partito per riportare nella politica attuale carisma, concretezza e grandi ideali, senza tralasciare valori come onestà e trasparenza.

Questi i risultati del progetto di ricerca su Garibaldi creato da Assirm, l'associazione degli istituti di ricerche di mercato e ricerca sociale, in collaborazione con l'Istituto internazionale di studi Giuseppe Garibaldi. Due le ricerche quantitative alla base del progetto: la prima condotta attraverso 1.002 interviste ad un campione rappresentativo di italiani over 15, la seconda ad un campione rappresentativo di 2.180 italiani dai 14 anni in su.


Dalla ricerca è emerso che per quasi un italiano su due Garibaldi è il personaggio che ha maggiormente contribuito alla storia d'Italia, esempio di grande simpatia ma soprattutto simbolo di valori intramontabili, come patria, libertà e alti ideali. Per sei intervistati su dieci ha agito sempre nell'interesse del popolo e se uno su tre ne è addirittura orgoglioso, un italiano su cinque nutre per lui un forte senso di gratitudine. La sua figura e le sue caratteristiche sono ritenute ancora attualissime, e anzi utili per l'Italia, se messe a disposizione della politica: solo il 19% degli intervistati ritiene che Garibaldi non c'entri nulla con l'Italia di adesso, mentre sei su dieci concordano sul fatto che un personaggio come Garibaldi potrebbe essere non solo attuale, ma anche utile nella situazione politica del nostro paese anche come leader politico. (segue
 
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view post Posted on 20/7/2007, 16:40
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www.opinione.it/pages.php?dir=naz&a...rt=4934&aa=2007


Oggi è Ven, 20 Lug 2007


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Edizione 155 del 20-07-2007

Lettera aperta


A proposito di Garibaldi liberale
di Riccardo Scarpa


Caro Direttore,
ora che sono tornato da una breve parentesi valdostana, posso guardarmi in pace i vecchi numeri de l’Opinione (sono recenti ma, si sa, i quotidiani scadono prima delle bottiglie di latte), e mi intrattengo sulla prosa di Gilberto Oneto (l’Opinione 7 Luglio 2007), che lui certamente pensa mi riguardi. Non è vero, perché mi trattengo la catalogazione trai deamicisiani, ma restituisco, anzi gli rigiro la patente di cretino, che è tutta sua. Mi fregio, come di una decorazione, della inserzione tra gli emuli di Edmondo De Amicis perché intervengo sui giornali solo occasionalmente, ma ammiro i giornalisti, ed il suddetto fu grande giornalista e scrittore. È errato ricordarlo solo per “Cuore”, fu anche un cronista di viaggi, ad esempio. Leggete “Costantinopoli”, riproposto di recente dal Touring Club, e quindi non difficile da trovare, laddove descrive la diversità di caratteri ritraendo un greco ed un turco. Bisognerà attendere la psicologia dei popoli di Salvador de Madariaga per trovare indagini tanto pregnanti.

Certo, non ci si può aspettare questo da un soggetto che si definisca liberale e democratico, ma non si sente alla moda se non aggiunge “liberista”. Sono queste aggiunte che distinguono la moneta liberale falsa da quella vera. È un’insulsaggine dei tempi che un sedicente liberale senta bisogno di usare questo termine non solo riduzionista, ma potenzialmente illiberale. Infatti il mercato, ridotto a sé stesso, può generare, e lo fa il più delle volte, posizioni dominanti che tutto promuovono, tranne la libertà dell’individuo in società. Ebbene, un simile soggetto accusa d’illiberale Giuseppe Garibaldi perché dichiara d’aver partecipato all’Internazionale socialista sin dal periodo latino-americano, ma non dice che in quella stessa lettera i marxisti sono definiti “archimandriti del socialismo”, preti virginali dei loro dogmi, che definendo la proprietà privata un furto, deprivavano il socialismo delle sue potenzialità liberali, quale revoca in dubbio delle posizioni di dominio sociale che comprimono la libertà dell’individuo in società. Come i liberisti, gli archimandriti del libero mercato i quali pensano che le società umane tanto più tendano ad uno stato anarcoide di anomia tanto più siano libere.

Forse le società, nel loro assetto totalitario, lo sarebbero, ma gli individui, i soggetti empirici stritolati dalle logiche quantitative, “commerciali”, come le chiamava John Stuart Mill? Questa è una caricatura risibile, puerile e oltremodo sciocca del liberalismo, ben lontana dalla scienza sociale anche di un Friedrik Von Hayek, o di un Von Mises, oltre che d’un Rawls. Ma tant’è, che la dose di liberalismo presente in Garibaldi viene valutata, secondo la moda, in base all’adesione ai criteri formali e procedurali di un dato stereotipo, come se il liberalismo fosse una logica procedurale. Lasciamo questa insulsaggine all’anima di un Norberto Bobbio. Il liberalismo non è una procedura, ma un criterio sostanziale storicamente determinato. Dal punto di vista procedurale le logiche costituzionali degli Stati Uniti d’America settentrionale e quelle degli Stati Uniti del Messico sono pressoché identiche, ma è lo spirito riformato, il maggiore dinamismo sociale, la criticità dell’informazione che facevano della nordamericana una società più liberale della omologa indio-latina.

Dico facevano, perché oggi proprio un mutamento etico-politico e non procedurale priva un nord-america ridotto ad una sorta di Stato di polizia internazionale antiterrorista di qualunque attrattiva per un liberale. E così si torna a Garibaldi, alla moda di certo ideologismo, filocafone e neoborbonico, di contrabbandare per libertarie le insorgenze reazionarie, di vedere in quei bravi figli della Santa Fede e del Cardinale Ruffo i nonni dei teo-con, e questo forse è vero, ma anche in nonni e nipoti un qualcosa di liberale, e ciò sarebbe un’eresia se non fosse soltanto stupidità. Io dico, e lo sostengo, che non vi è stata opera più liberale della Dittatura di Giuseppe Garibaldi per avviare l’integrazione unitaria del mezzogiorno, e che ha fatto meglio all’Italia risorgimentale il decisionismo riformatore del garibaldino Francesco Crispi che l’inettitudine timida e tremebonda degli eredi di Cavour, come un Bettino Ricasoli che ha costruito, contro le idee del Conte sabaudo, un’Italia accentrata, per timore atavico del localismo genetico nella sua toscana. Anche allora troppi sedicenti liberali sono stati un disastro, ma l’esistenza di mentalità come quella di Gilberto Oneto dimostrano che l’opera volonterosa dei Garibaldi e dei Crispi è stata, disgraziatamente, incompiuta. Per questo ho sempre sostenuto, sulla scorta di un Mario Alberini, storico presidente del Movimento Federalista Europeo, che a torto Piero Gobetti parla di Risorgimento tradito: meglio sarebbe parlare di Risorgimento incompiuto.

Edited by pincopallino2 - 20/5/2019, 18:00
 
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view post Posted on 2/5/2008, 12:54
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Ieri vergognosa puntata di Porta a Porta su Garibaldi. Di tutto si è parlato tranne che del Garibaldi anticlericale.
 
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fermakon
view post Posted on 26/6/2009, 18:57




da quel che mi risulta Garibaldi non si mise mai in tasca un soldo, perciò non vedo come gli si possa dare del predone
Avrebbe venduto l'anima al diavolo per un'Italia unita e repubblicana.
Dovette rinunciare all'idea della repubblica per ragioni d'opportunità politica.
Ha conquistato (che l'abbia fatto con le pallottole o con titoli di credito m'importa poco) uno stato, quello delle due Sicilie, nell'orbita di una potenza straniera e, quel ch'è peggio, asservito sino in fondo al Papa maledetto.
Papa che, per inciso, avrebbe volentieri scannato di persona.
Si possono contestare singoli avvenimenti, i "sudisti" posson finalmente dire che la loro arretratezza è dovuta al Nord e fare tutto il revisionismo che si vuole.
Tutti questi sforzi, meritori quando fatti per amor di verità, non tolgono un grammo al peso specifico del personaggio.
L'Italia esiste perchè Garibaldi ha provveduto a farla. Con buona pace dei detrattori :)
 
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vaticANO
view post Posted on 26/6/2009, 21:17




Garibaldi ha dato vita, ma poi è morto povero, isolato dal mondo e dimenticato da tutti, nessuno merita di fregiarsi del titolo di eroe se non lui.

E' come quelli che mi dicono...io non andrò a votare finchè ci stanno questi esponenti a guidare tali partiti.
Ma il voto permette il ricambio, purtroppo in Italia il riciclo, ma non è colpa nostra.

Garibaldi fece una nazione, il suo intento era quello di creare unità, se poi gli italiani sono un popolo di santi, di ladri, di evasori fiscali, di mafiosi..quello non è certamente colpa sua.
Sono dell'idea che se Cavour vedesse come siamo messi...tirerebbe giù un bel porcone, insieme a Mazzini, Garibaldi e D'Azeglio.
 
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fermakon
view post Posted on 26/6/2009, 23:06




CITAZIONE (sd&m @ 26/6/2009, 20:16)
io odierò x sempre garibaldi x aver dato la vita a questa repubblica delle banane

e allora pedala e vai a vivere in qualche repubblica delle cozze in umido <_<

PS: Garibaldi non ha NIENTE da spartire con l'attuale assetto repubblicano Italiano, in quanto deceduto in tempi non sospetti..
 
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42 replies since 7/2/2007, 20:40   1458 views
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