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I preti sposati della Chiesa cattolica italo - albanese nel sud Italia

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pincopallino2
view post Posted on 20/8/2017, 17:32 by: pincopallino2

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http://www.marcotosatti.com/2017/08/17/pia...-stilum-curiae/
PIANA DEGLI ALBANESI. FEDELI IN SOFFERENZA CHIEDONO AIUTO AL PAPA. UNA LETTERA APERTA SU STILUM CURIAE.



MARCO TOSATTI

Una parte significativa dei fedeli di rito greco della Sicilia è in sofferenza. Tanto in sofferenza da scrivere una lettera aperta al Pontefice; queste persone hanno scelto Stilum Curiae per renderla pubblica, nella speranza che il Pontefice li aiuti a trovare una soluzione. La pubblichiamo subito, e la facciamo seguire da qualche elemento di spiegazione.

Beatissimo Padre, dopo un biennio di continui ricorsi presso la Congregazione delle Chiese Orientali e dopo l’umiliazione del silenzio di essa, e dopo aver interpellato altri dicasteri della Santa Sede, senza avere mai ricevuto alcuna risposta, ricorriamo a Vostra Santità quale ultima istanza e quale Vescovo di Roma, che presiede nella carità a tutte le Chiese.

Noi crediamo che la Chiesa Orientale in Piana degli Albanesi alla luce della Orientalium Ecclesiarum del Vaticano II, del magistero ordinario dei Sommi Pontefici ( Beato Paolo VI, San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI) meriti RISPETTO e sia trattata quale membro vitale dell’Una Santa Cattolica ed Apostolica Chiesa.

La testimonianza di fedeltà lunga ben cinque secoli nata dal martirio in terra d’Albania è un segno dell’amore all’unità della Chiesa nella sua diversità. L’odierno Eparca, da Vostra Santità scelto, rappresenta una ferita ecclesiologica ed ecumenica.

Vostra Santità giustamente abbraccia e ricerca l’unità con i patriarchi ortodossi; il nostro Eparca purtroppo dà segni di disprezzare, ed umilia in Vostro Nome ,la Tradizione della Chiesa Orientale.

La cattolicità quindi, è messa in pericolo dai cattolici stessi. Un ritorno alla prassi orientale ortodossa, Santità, ci sembra essere l’unico mezzo per avere il giusto rispetto ed il diritto all’esistenza.

È per questo, santità, perché non vediamo nessun’altra soluzione, dopo due anni in cui abbiamo cercato con tutti i mezzi un dialogo che ci è stato negato, che chiediamo un Vostro intervento. Ci affidiamo a Voi, Santità, sicuri che saprete trovare la forma e il modo per ottenere che la nostra comunità possa tornare a un modus vivendi compatibile con la Tradizione orientale, che si è perpetuata fino ad oggi, e che purtroppo le azioni del vescovo Gallaro, coscienti ed incoscienti, stanno mettendo in pericolo gravissimo.

Santità, ci aiuti a restare cattolici!

I fedeli italo albanesi di Piana degli Albanesi, Palazzo Adriano, Mezzojuso, Contessa Entellina, eredi di padre Giorgio Guzzetta, i fedeli della concattedrale della Martorana di Palermo.



Per dare un punto di riferimento a persone che vivono sparse in un’area territoriale frammentata, è stato creato un gruppo-presidio culturale-religioso su Facebook,

un “Presidio” per la difesa delle tradizioni culturali e religiose degli Albanesi di Sicilia, gli arbëreshë. La loro storia comincia nel XV secolo, dopo le imprese di Giorgio Castriota, Scanderbeg, quando gli ottomani invadono il loro Paese. Intere comunità cristiane lo abbandonano e si trasferiscono in Calabria e in Sicilia.

Da allora e fino ad oggi la chiesa albanese in comunione con Roma celebra in rito bizantino, e la lingua liturgica è il greco. Ci sono due Eparchie; una a Lungro, in Calabria, e l’altra in Sicilia con centro a Piana degli Albanesi. Due anni fa, dopo vari anni di difficoltà, venne nominato un nuovo vescovo: Giorgio Gallaro, nato in Sicilia, ma emigrato negli Stati Uniti, dove è diventato sacerdote. Di rito latino, poi melchita. E infine viene mandato dagli Stati Uniti in una realtà che per lui è completamente nuova. E qui nascono le prime perplessità. “Non era mai capitato né nella storia della diocesi, né in quella di Lungro, che ci fosse un vescovo non appartenente all’etnia albanese”, ci dicono. “Di solito il vescovo deve essere albanofono, e di rito bizantino. Perché viene nominato vescovo americano, che dal rito latino passa al rito melchita, a quello ruteno e infine si converte al rito bizantino?”. È certamente qualche cosa a cui dovrebbe rispondere la Congregazione per le Chiese orientali, che è diretta, nei suoi tre massimi esponenti, dal cardinale argentino Sandri, da un gesuita e da un domenicano.

A quanto pare il vescovo, che inizialmente aveva destato qualche speranza di riuscire a ricomporre una situazione spesso conflittuale nel clero, non è riuscito a conquistare il cuore di una buona parte dei fedeli. La questione della liturgia, e della lingua creano disagio e scontento: “Ma è normale che il vescovo di Piana degli Albanesi non conosca il greco? È la nostra lingua liturgica. Come fa a celebrare? In italiano.” ci dicono e un altro aggiunge: “Poi c’è anche una parte in arbëreshë, anche questo viene ignorato”. Non solo. Le donne della comunità, quando ha preso possesso della diocesi, si sono messe al lavoro per adattare al suo fisico gli abiti liturgici preziosi del primo vescovo di Piana. “Per noi hanno un significato sia dal punto di vista culturale, che storico; è un lavoro che proviene dalle suore, che hanno fatto un lavoro bellissimo, con ricami d’oro. È una tradizione; c’è un’importanza liturgica. Non li ha mai messi. Si veste all’americana in un modo che fa rabbrividire”. Anche alcune scelte e spostamenti di parroci, molto amati dai fedeli, hanno causato altro scontento e frizioni. Così come il rifiuto del vescovo di accogliere una delegazione di fedeli, o la decisione di accorciare alcune liturgie che gli sembravano troppo lunghe. O il trasferimento in zone decentrate di alcuni sacerdoti che, come ci dicono, “hanno il carisma della voce”: importante per la liturgia, che ha molte parti cantate e salmodiate.

E poi ci sono stati episodi di frizione e protesta che hanno esasperato una situazione che dall’attesa iniziale è passata verso il disagio aperto e la contestazione. Una manifestazione di protesta di centinaia di persone davanti all’episcopio non ha smosso la situazione, così come non sono servite a nulla le lettere scritte da tutti i paesi dell’eparchia a Roma e in Vaticano scritte – in maniera spontanea, non concordata, ci dicono, e firmate – per chiedere un intervento che riporti l’armonia in questa comunità così particolare, e, stranamente, ancora così religiosa. Ci sono vocazioni locali, e per cinque paesi i sacerdoti sono una trentina (c’è anche clero uxorato).

“Abbiamo fatto una grossa manifestazione, molto civile, tranquilla, davanti alla Curia, chiedendo di venirci incontro, di ricevere una delegazione per parlare con lui; è andato a Palermo”. Egualmente, i fedeli della chiesa Martorana di Palermo non avevano accettato il trasferimento del loro parroco, che amavano: “Questi fedeli volevano incontrarsi con lui, e temporeggiava. Tutte donne davanti all’episcopio chiedevano ci apra! Ha chiamato i carabinieri”.

Insomma, ai fedeli disillusi non è rimasta che la strada di un appello al Pontefice, nella speranza che non resti inascoltato.

http://www.lafedequotidiana.it/fedeli-dell...iano-lo-scisma/

I fedeli delle eparchie albanesi in Italia minacciano lo scisma
Michele M. Ippolito 20 agosto 2017 Italia, Ultime notizie Nessun commento
Attraverso una lettera pubblica, resa nota dal vaticanista Marco Tosatti, i fedeli italo albanesi di Piana degli Albanesi, Palazzo Adriano, Mezzojuso, Contessa Entellina, eredi di padre Giorgio Guzzetta, i fedeli della concattedrale della Martorana di Palermo, tutti in comunione con Roma (celebrano in rito bizantino, e la loro lingua liturgica è il greco) chiedono aiuto al Papa per “restare cattolici”.

In particolare i fedeli di una delle due Eparchie presenti nel sud Italia (l’altra è a Lungro, in Calabria), discendenti dalla “testimonianza di fedeltà lunga ben cinque secoli nata dal martirio in terra d’Albania”, reclamano “rispetto” per la loro Eparchia e, dopo “un biennio di continui ricorsi presso la Congregazione delle Chiese Orientali e dopo l’umiliazione del silenzio di essa, e dopo aver interpellato altri dicasteri della Santa Sede, senza avere mai ricevuto alcuna risposta” chiedono a Papa Francesco chiedono di essere trattati quali membri vitali “dell’Una Santa Cattolica ed Apostolica Chiesa”.

I fedeli si lamentano del nuovo Eparca, scelto dal Papa, che per loro “rappresenta una ferita ecclesiologica ed ecumenica”. In particolare i fedeli spiegano al Papa che il loro Eparca “dà segni di disprezzare, ed umilia in Vostro Nome, la Tradizione della Chiesa Orientale”. Per questo si affidano a Francesco per “tornare a un modus vivendi compatibile con la Tradizione orientale, che si è perpetuata fino ad oggi, e che purtroppo le azioni del vescovo Gallaro, coscienti ed incoscienti, stanno mettendo in pericolo gravissimo”. I fedeli fanno riferimento al neo Eparca Giorgio Gallaro, nativo della Sicilia, ma diventato sacerdote (di rito latino e poi melchita) negli Stati Uniti, dove era emigrato.

“Non era mai capitato né nella storia della diocesi, né in quella di Lungro, che ci fosse un vescovo non appartenente all’etnia albanese”, hanno dichiarato i fedeli italo-albanesi. “Di solito il vescovo deve essere albanofono, e di rito bizantino. Perché viene nominato vescovo un americano, che dal rito latino passa al rito melchita, a quello ruteno e infine si converte al rito bizantino?”. “Ma è normale che il vescovo di Piana degli Albanesi non conosca il greco? È la nostra lingua liturgica. Come fa a celebrare? In italiano!”, aggiungono i fedeli: “Poi c’è anche una parte in arbëreshë, anche questo viene ignorato”.

Infine i fedeli riferiscono di non vedere all’orizzonte altra soluzione che un intervento diretto del Papa e lamentandosi del fatto che la cattolicità “è messa in pericolo dai cattolici stessi” rilevano sconfortati che forse “un ritorno alla prassi orientale ortodossa, Santità sembra essere l’unico mezzo per avere il giusto rispetto ed il diritto all’esistenza”.

Matteo Orlando

www.facebook.com/groups/178041995949266/

https://www.agi.it/blog-italia/il-papa-pop...ost/2017-08-18/

di SALVATORE IZZO18 agosto 2017, 12:18

Le tensioni a Piana degli Albanesi

Da uno scenario delicato e complesso come quello dell’Ucraina, all’infuocata landa siciliana di Piana degli Albanesi, dove vive una delle comunità più antiche di rito orientale, quella degli Arbereshe.

Anche qui i cattolici di rito bizantino di origine albanese (eredi degli esuli che arrivarono in Italia tra il XV e il XVIII secolo, in seguito alla morte dell'eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Scanderbeg e alla progressiva conquista dell'Albania e, in generale, di tutti i territori dell'Impero Bizantino da parte dei turchi-ottomani) si sentono incompresi e vittime di ingiustizie. Come sempre, anche in questo caso in effetti la ragione non sta da una parte soltanto.

“Beatissimo Padre - scrive a Papa Francesco un gruppo di fedeli che ha trovato ospitalità sul sito Stilium Curiae del vaticanista Marco Tosatti - dopo un biennio di continui ricorsi presso la Congregazione delle Chiese Orientali e dopo l’umiliazione del silenzio di essa, e dopo aver interpellato altri dicasteri della Santa Sede, senza avere mai ricevuto alcuna risposta, ricorriamo a Vostra Santità quale ultima istanza e quale Vescovo di Roma, che presiede nella carità a tutte le Chiese.

Noi crediamo che la Chiesa Orientale in Piana degli Albanesi alla luce della Orientalium Ecclesiarum del Vaticano II, del magistero ordinario dei Sommi Pontefici (Beato Paolo VI, San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI) meriti rispetto e sia trattata quale membro vitale dell’Una Santa Cattolica ed Apostolica Chiesa.

La testimonianza di fedeltà lunga ben cinque secoli nata dal martirio in terra d’Albania è un segno dell’amore all’unità della Chiesa nella sua diversità. L’odierno Eparca, da Vostra Santità scelto, rappresenta una ferita ecclesiologica ed ecumenica. Vostra Santità giustamente abbraccia e ricerca l’unità con i patriarchi ortodossi; il nostro Eparca purtroppo dà segni di disprezzare, ed umilia in Vostro Nome, la Tradizione della Chiesa Orientale. La cattolicità quindi, è messa in pericolo dai cattolici stessi. Un ritorno alla prassi orientale ortodossa, Santità, ci sembra essere l’unico mezzo per avere il giusto rispetto ed il diritto all’esistenza. È per questo, santità, perché non vediamo nessun’altra soluzione, dopo due anni in cui abbiamo cercato con tutti i mezzi un dialogo che ci è stato negato, che chiediamo un Vostro intervento. Ci affidiamo a Voi, Santità, sicuri che saprete trovare la forma e il modo per ottenere che la nostra comunità possa tornare a un modus vivendi compatibile con la Tradizione orientale, che si è perpetuata fino ad oggi, e che purtroppo le azioni del vescovo Gallaro, coscienti ed incoscienti, stanno mettendo in pericolo gravissimo. Santità, ci aiuti a restare cattolici!”.

Firmato: “i fedeli italo albanesi di Piana degli Albanesi, Palazzo Adriano, Mezzojuso, Contessa Entellina, eredi di padre Giorgio Guzzetta, i fedeli della concattedrale della Martorana di Palermo”.

Qualche mese fa un centinaio di fedeli, che temono la “latinizzazione” dell’Eparchia di rito bizantino, aveva addirittura manifestato sotto la sede episcopale. L’indice era puntato contro le novità portate dal vescovo Giorgio Demetrio Gallaro, arrivato dagli Stati Uniti (come buona parte dell’attuale gerarchia orientale): i pontificali in italiano, la modifica di alcune parti del rito e l’assenza di confronto. I malumori avevano avuto inizio ad agosto dell’anno scorso, dopo la decisione del vescovo di traferire alcuni preti all’interno dell’Eparchia di Piana degli Albanesi che comprende anche Contessa Entellina, Mezzojuso, Palazzo Adriano e Santa Cristina Gela. E ingloba la cattedrale palermitana di San Nicolò dei Greci alla Martorana.

“La causa di tutte queste proteste - replica da parte sua monsignor Gallaro - è in quei sacerdoti, che per non muoversi dai loro luoghi, hanno strumentalizzato dei fedeli in buona fede per esasperarli in nome di un pretesa identità orientale. Peccato – fa notare l’eparca – che siano gli stessi preti che da anni hanno introdotto pratiche devozionali di un latinismo che neppure i latini accettano”.

Il riferimento è all’introduzione del festeggiamenti per Padre Pio e vari pellegrinaggi. L’eparca venuto dagli Stati Uniti, ma originario di Pozzallo, spiega cosa ha reso necessari i trasferimenti: “Non è pensabile che i parroci rimangano tutta la vita nella stessa parrocchia. Al mio arrivo ho radunato tutto il clero chiedendo un po’ di tempo per conoscere e poi decidere su alcuni spostamenti necessari”. All’origine del nuovo piano della diocesi, spiega il vescovo, ci sono soprattutto esigenze di “trasparenza e chiarezza nella gestione economica”. “La nostra è un’Eparchia ricca dove si è sperperato denaro a causa di una gestione confusa e alla quale abbiamo voluto mettere fine”. A chi lo accusa poi di “latinizzare Piana” monsignor Gallaro risponde che “l’identità dell’Eparchia è composita (ne fanno parte anche fedeli di rito latino, ndr) ed il vescovo ha la piena autorità di usare indifferentemente i due riti, così come recita la bolla di San Giovanni XXIII. Sono per il rispetto della tradizione, ma bisogna adattarsi al presente. In tal senso ho trovato in alcuni ambienti una sorta di chiusura etnica ed, in tema di catechismo, una certa carenza documentale di materiale in lingua italiana, nonostante le indicazioni date dal Sinodo del 2010”. Di qui la scelta di tradurre il catechismo delle chiese orientali. “E’ utile ricordare - conclude Gallaro - che l’uso dell’italiano nella letture dell’epistole del Vangelo era stato introdotto a Piana prima del mio arrivo e non c’è in atto nessuna riforma liturgica. La traduzione di alcune preghiere dall’albanese risponde all’esigenza di farsi comprendere dalle migliaia di persone che partecipano ai nostri riti della Settimana Santa”.

Gli 800 mila cattolici orientali che in Italia non vogliono farsi latinizzare

Argomenti quelli del presule italo-americano che non fanno una grinza, ma certo non tranquillizzano gli animi dei cattolici orientali che in Sicilia si vedono in qualche modo spinti alla completa latinizzazione e denunciano anche “l'abbandono spirituale nel quale si trovano i nuovi immigrati ortodossi residenti anche in nostri paesi arbereshe privi di clero ortodosso". Il riferimento è in particolare alla comunità greco-cattolica rumena presente in Italia (oltre mezzo milione di immigrati) che qualche anno fa si era vista respingere dalla Cei la richiesta di farsi seguire in Italia da clero uxorato messo a disposizione dall'episcopato rumeno perché non esisterebbe "la 'giusta e ragionevole causa' che giustifichi la concessione della dispensa" dalla legge ecclesiastica per la quale i preti sposati delle Chiese orientali non possono esercitare al di fuori del territorio storico della loro Chiesa. "La convenienza di tutelare il celibato ecclesiastico e di prevenire il possibile sconcerto nei fedeli per l'accrescersi di presenza sacerdotali uxorate prevale infatti - aveva spiegato in una lettera ai vescovi rumeni l'allora presidente della Cei, Angelo Bagnasco - sulla pur legittima esigenza di garantire ai fedeli cattolici di rito orientale l'esercizio del culto da parte di ministri che parlino la loro lingua e provengano dai loro stessi Paesi".

Recentemente un paio di sacerdoti italiani di rito orientale, stanchi dei contrasti, sono passati a chiese ortodosse, seguiti da gruppi di fedeli, mentre vive una profonda crisi vocazionale e disciplinare l'Abbazia Greca di San Nilo, cioè il monastero di Grottaferrata, la terza realtà orientale canonicamente eretta in Italia (con Piana degli albanesi e l'eparchia di Lungro in Calabria). Più in generale la situazione delle comunità di tradizione orientale è molto preoccupante anche perché ci sono oggi nel nostro Paese circa 800 mila cattolici di rito greco: albanesi, mediorientali, indiani, rumeni e ucraini, i cui bisogni spirituali si sommano a quelli delle poche migliaia di eredi delle popolazioni albanesi nelle quali la lunga attesa per vedere riconosciuti i propri diritti di appartenenti al rito bizantino ha lasciato cicatrici che ancora – come si vede – sono sanguinanti. E che occorre far guarire perché la Chiesa per essere davvero cattolica ha bisogno anche di loro, degli orientali.
 
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