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Ior, gli scandali della banca del Vaticano

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Felipe-bis
view post Posted on 22/9/2010, 19:51 by: Felipe-bis




http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/22...vaticano/63233/

L’eredità avvelenata di Marcinkus
nel forziere vaticano

Sono passati quasi trent'anni dalla stagione degli scandali ma l'istituto di credito non è ancora del tutto bonificato

Il guaio dello Ior è che non è mai guarito del tutto. Benché i cardinali tedeschi e americani, che reggono il borsello delle grandi donazioni per il Papa, abbiano preteso negli anni Ottanta una svolta dopo il crac dell’Ambrosiano e lo scandalo Marcinkus, benché si siano succeduti alla presidenza due personalità come Angelo Caloja ed Ettore Gotti Tedeschi impegnati a farlo diventare una banca trasparente, è talmente labirintico l’intreccio dei suoi conti che nessuna dubita di poter trovare nei suoi armadi qualche scheletro ancora.

Certo, la fase più avventurosa e irresponsabile si è chiusa nel 1984, quando a Ginevra di fronte all’establishment bancario internazionale, creditore dell’Ambrosiano, il Vaticano dovette pagare a denti stretti 406 milioni di dollari per il suo coinvolgimento nella colossale bancarotta della banca. Erano state le amicizie pericolose di mons. Paul Casimir Marcinkus, direttore dello Ior e organizzatore dei viaggi di papa Wojtyla, a creare l’incresciosa situazione. In cambio di finanziamenti clandestini a Solidarnosc, il sindacato polacco in lotta contro il regime comunista, Marcinkus aveva rilasciato le famose lettere di patronage a Roberto Calvi, garantendo per una serie di società fantasma che avevano permesso al banchiere milanese di condurre le sue catastrofiche operazioni.

“Non siamo una repubblica delle banane”, tuonò in parlamento l’8 ottobre 1982 l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, denunciando il buco di due miliardi di dollari dell’Ambrosiano, di cui un miliardo e 159 milioni garantiti dallo Ior. Da buon cattolico democratico, fedele al Vangelo e alla Repubblica, Andreatta avrebbe voluto andare fino in fondo. L’Ambrosiano fu liquidato, ma Marcinkus si salvò. Indagato nel 1987 per concorso in bancarotta fraudolenta e colpito da mandato di cattura, il monsignore americano, amante del base-ball e del golf, la fece franca perché la Cassazione accettò la ridicola tesi che la banca vaticana fosse un “organo centrale della Chiesa cattolica” e quindi i suoi responsabili fossero protetti dall’immunità i forza dei Patti Lateranensi.

L’Italia si può ingannare, ma non i banchieri. Perciò, saggiamente, il segretario di stato vaticano Agostino Casaroli chiuse la vicenda con il “contributo volontario” dei quattrocento milioni di dollari, pur proclamando ufficialmente l’“estraneità” della Santa Sede ai maneggi di Calvi. Il risanamento dello Ior comincia da lì, sotto la direzione di una commissione cardinalizia e la chiamata alla presidenza nel 1989 dell’economista Angelo Caloja. “Noi amministriamo – spiegò a Famiglia Cristiana nel 2009, poco prima di lasciare – le risorse, che ci sono affidate dalla comunità ecclesiale valorizzandole al meglio, ma con investimenti chiari, semplici, eticamente fondati”.

Lo Ior ideale, quello delle speranze di Caloja e dei progetti dell’attuale presidente Gotti Tedeschi, è questo. Ma nel frattempo si è scoperto che anche dopo l’annunciata operazione pulizia i canali dello Ior sono serviti per operazioni maleodoranti. Basti un nome: Enimont. E soprattutto, aggirando gli sforzi di Caloja, ha continuato ad esistere uno “Ior parallelo”, fatto di conti opachi impiegati per operazioni per niente trasparenti come ha documentato Gianluigi Nuzzi nel suo affascinante “Vaticano S.p.a.”, basato su documenti “dall’interno”. Regista di operazioni dal valore di 310 miliardi di lire è stato il “prelato” dello Ior, mons. Donato De Bonis. Caloja stesso, allarmato, mandò un rapporto segreto a papa Wojtyla. Ma non sembra che sia riuscito a imporsi. Unico risultato è che dopo la morte di De Bonis, avvenuta nel 2001, il Vaticano ha rinunciato prudentemente a nominare un nuovo “prelato dell’Istituto”.

Gotti Tedeschi, arrivato esattamente un anno fa, è certamente la personalità che più vuole una banca vaticana pulita. Sua è la decisione di far aderire lo Ior alla convenzione internazionale anti-riciclaggio. Perciò si comprende il suo stato d’animo “umiliato”. Ma interessante è specialmente la reazione della Santa Sede, pubblicata sulla prima pagina dell’Osservatore Romano. Pur esprimendo perplessità per l’intervento della Guardia di Finanza, il Vaticano ci tiene a ribadire la sua “chiara volontà, più volte manifestata, di piena trasparenza per quanto riguarda le operazioni finanziarie dell’Istituto per le Opere di Religione”. Segno che la lezione del caso Marcinkus è stata metabolizzata e c’è solo una strategia possibile: fare pulizia anche nei cassetti più nascosti.

Da il Fatto Quotidiano del 22 settembre 2010

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http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/21...-si-vede/63009/

Parla l’autore di ‘Vaticano s.p.a’, Nuzzi: ‘L’inchiesta sullo Ior? Sono cambiati i vigili di Bankitalia’

“Questa inchiesta sull’ipotesi del mancato rispetto delle norme europee anti-riciclaggio è uno schiaffo in faccia alla politica di rinnovamento e all’operazione trasparenza tanto invocata da Papa Ratzinger”. La dichiarazione è di Gianluigi Nuzzi, autore di “Vaticano s.p.a”, che racconta 50 anni di scandalli all’ombra del cupolone. Il libro svela gli intrecci su conti occulti, tangenti, storie di soldi che sono passati attraverso i forzieri del Vaticano e attraverso il forziere più grande, quello dello Ior. “L’inchiesta di questi giorni che parte da una segnalazione del Credito artigiano – racconta Nuzzi – fa il paio con un’altra, aperta sempre dalla Procura di Roma, a mio avviso più grande, quella legata ai rapporti dello Ior con Unicredit”. Nuzzi fa riferimento all’inchiesta avviata un anno fa sempre dalla Procura di Roma per i rapporti bancari intrattenuti dallo Ior, la banca vaticana, con Unicredit e poi allargata ad altre nove banche italiane. “Un’indagine complessa su un sistema di operazioni compiute dallo Ior con Unicredit, dove non si evidenzia mai il nome della persona fisica o giuridica che effettivamente la dispone, gli inquirenti sospettano che in tal modo la banca del Vaticano si presti a concretizzare operazioni di riciclaggio”. Poi Nuzzi lancia un interrogativo: “Mi chiedo perché due inchieste giudiziarie così importanti in poco più di un anno che coinvolgono lo Ior? E una risposta me la sono anche data: perché oggi sono cambiati i ‘vigili urbani‘”. Per ‘vigili urbani’ lo scrittore e giornalista di Libero intende i controllori all’interno della Banca d’Italia: “Prima c’era il cattolicissimo Antonio Fazio, quello al quale il banchiere Fiorani voleva dare un bacio in fronte. Oggi c’è Mario Draghi. Uno che sta facendo le pulci a tutti gli istituti di credito. Si veda, ad esempio, la circolare della Banca d’Italia che impone di trattare lo Ior come banca estera”.

Lo Ior ha 100 dipendenti e 5 miliardi di euro di patrimonio; i conti correnti sono riservati a un ristretto numero di privati, oltre che ai dipendenti. “Oggi lo Ior con il nuovo presidente Ettore Gotti Tedeschi è tornato a investire nel mercato azionario. Quello per il quale è stato chiamato il nuovo presidente dopo il prepensionamento del banchiere Angelo Caloia, al vertice dell’Istituto per le Opere Religione fino al 2009″. E ora queste due inchieste con una ipotesi di riciclaggio. “Questa due inchieste sono uno schiaffo terribile alla glasnost, alla politica di rinnovamento tanto invocata e voluta da Benedetto XVI - continua Nuzzi – colui che di voleva restiuire alla sua banca, alla banca del papa un’immagine virtuosa”. Che figura è quella di Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior? “E’ stato presidente in Italia del Banco di Santander, la prima banca privata d’Europa. Editorialista dell’Osservatore Romano“. Cattolicissimo anche lui, va a messa tutte le mattine.

Certamente svelare le complesse operazioni finanziarie che ci sono e ci sono state in questi ultimi anni dietro la banca del Papa, porta sempre a delle ripercussioni sui vertici dell’istituto bacario. “L’uscita del mio libro forse è stata la causa del prepensionamento di Angelo Caloia”. Caloia è stato presidente dello Ior per 20 anni, chiamato dal cardinale Agostino Casaroli per mettere la parola fine allo ‘scandalo’ dell’ex Banco Ambrosiano che coinvolse Marcinkus e Roberto Calvi. Considerato un galantuomo della finanza bianca, con lui molte cose dentro lo Ior cambiarano e altre no. Il programma di trasparenza finanziaria con Caloia è proceduto a ritmi serrati, ma non ha impedito che l’ombra della banca vaticana venisse evocata in alcuni degli scandali finanziari degli ultimi vent’anni. “Caloia l’ho visto a maggio del 2009, ho consegnato a lui una copia del mio libro e sfogliate alcune pagine che lo citavano mi disse: ora devo andare a casa ora perché devo lavorare per cominciare a difendermi”. Che fine abbia fatto il riservatissimo professore, e banchiere, è sempre Nuzzi a svelarlo: “Lavora alla fabbrica del Duomo, una società che si occupa della manutenzione del Duomo di Milano”.

 
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