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Albenga. La diocesi dei preti pedofili, gay, amanti donne sposate e catechiste minorenni, Papa Francesco chiama a rapporto il vescovo Borghetti. Tutti gli scandali della diocesi più chiacchierata d'Italia

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GalileoGalilei
view post Posted on 25/5/2013, 15:09 by: GalileoGalilei
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Tra essi don Tiziano Gubetta, beccato nudo in sito per sesso di gruppo :

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E poi don Luigi fusta, che cerco di insabbiare delle violenze pedofile: https://laici.forumcommunity.net/?t=54148163

http://www.ivg.it/2013/05/dieci-sacerdoti-...enza-riscontri/

Articolo n° 241686 del 22/05/2013 - 14:38


Dieci sacerdoti della Diocesi di Albenga-Imperia contro le “maldicenze”: “Molte reputazioni macchiate senza riscontri”

Ponente. Dieci sacerdoti della Diocesi di Albenga-Imperia contestano “disinformazione e maldicenze” che sui media e sul web colpiscono la comunità ecclesiale locale. A firmare un documento congiunto sono i vicari foranei don Danilo Galliani (Alassio), don Tiziano Gubetta (Albenga), don Taddeo Krasuski (Andora), don Davide Polini (Diano Marina), don Edmondo Bianco (Loano), monsignor Mario Ruffino (Oneglia), don Luigi Fusta (Pietra Ligure), don Sandro Decanis (Pieve di Teco), don Ambrogio Bianchi (Pontedassio) e don Antonello Dani (Porto Maurizio).

“Tutto sembra mirato a tratteggiare a tinte fosche il rapporto tra il vescovo diocesano e buona parte del suo clero, le scelte pastorali, liturgiche e vocazionali operate negli ultimi anni e le condizioni complessive della Chiesa ingauna” sottolineano, riferendosi alla pubblicazione di articoli a mezzo stampa e allo stesso stile che si ritrova su siti e forum online dove – spiegano – “lo schermo dell’anonimato consente di propalare pseudo-notizie, sospetti, voci, allusioni, con un generico ma potente effetto di denigrazione e di discredito”.

Si legge nel documento: “Dobbiamo stigmatizzare un metodo di informazione che, presentando fatti pubblici e notori (come ad esempio le ordinazioni diaconali o presbiterali) li collega immancabilmente e in modo suggestivo con retroscena, confidenze e lamentele, tutte rigorosamente non verificabili, restituendo un quadro sulfureo e comunque gravemente distorto della nostra vita diocesana. Ci chiediamo quale coscienza animi e quale servizio alla verità ritenga di prestare, chi fornisce alla stampa o diffonde in rete una così scadente qualità delle notizie e un così pernicioso insieme di maldicenze, tanto studiate quanto infondate. E guardiamo con preoccupazione a un giornalismo che, partendo anche da singoli, non ripetuti e ben circoscritti fatti dolorosi che hanno interessato la vita della nostra Diocesi, assembla poi una quantità di elementi non verificati e non verificabili, senza alcun vaglio apprezzabile anche dai lettori e talvolta senza alcuna verosimiglianza, offrendo infine poche notizie riscontrabili e molte reputazioni macchiate”.

“Per quanto riguarda poi il merito dei fatti raccontati in questa che sembra una vera e propria campagna d’opinione, qui ci preme semplicemente ribadire la realtà di sempre, e cioè che la nostra Chiesa, e in essa, in modo del tutto particolare, il clero, è unita attorno al suo vescovo in uno spirito di affetto e collaborazione, e che affrontiamo le sfide e i problemi che il nostro tempo ci pone proprio grazie alla ricchezza della nostra comunione, che vive di lealtà e responsabilità, di valorizzazione delle sensibilità e di una fiducia non estemporanea. Quanto bene (anche nascosto) è quotidianamente presente nelle nostre comunità” aggiungono i prelati.

Proseguono poi: “Mentre perdoniamo, preghiamo per coloro che hanno fatto ricorso in forma anonima ai giornali o alla rete per dar sfogo a risentimenti, invidie e opinioni malevole. Al nostro vescovo, al vicario generale e alla comunità diocesana di Albenga-Imperia, assicuriamo che continueremo a camminare convintamente sulla strada dell’annuncio, della testimonianza, della missione e della carità”.

La decisione dei dieci sacerdoti è stata mossa dalle parole di Papa Francesco, che sabato scorso ha elencato tre “peccati”: disinformazione, diffamazione e calunnia. I sacerdoti della Diocesi di ponente sottolineano, riprendendo le espressioni del pontefice: “Anzitutto la disinformazione, quando cioè diciamo ‘soltanto la metà che ci conviene e non l’altra metà; l’altra metà non la diciamo perché non è conveniente per noi’. Poi la diffamazione: allorché ‘una persona davvero ha un difetto, ne ha fatta una grossa’, bisogna raccontarla, ‘fare il giornalista, no? E la fama di questa persona è rovinata’! E la terza è la calunnia: ‘dire cose che non sono vere. Quello è proprio ammazzare il fratello!’”.

Redazione

http://www.ilsecoloxix.it/p/savona/2011/09...alo_altro.shtml

Bastia, se uno scandalo tira l’altro
22 settembre 2011
| Paolo Crecchi
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Albenga - Maria la panettiera dice che «se è vero, allora siamo caduti dalla padella nella brace». Danila la merciaia sospira, «allora preferisco un prete che va con le donne». Mariarosa la contadina spiritoseggia, «almeno le beghine saranno al sicuro». E Bartolomeo detto Meo che si definisce «semplice abitante» di Bastia, graziosissimo sobborgo di Albenga, fa il filosofo: «Dal Papa in giù, sono uomini anche loro. Cardinali. Vescovi. Parroci...».

Storia di uomini è questa, prima ancora che di parroci, uno che se ne va e l’altro che arriva. Don Cesare Donati, da quattro anni pastore d’anime a Bastia, è quello che va: stufo di essere preso di mira da alcuni parrocchiani, che gli rimproverano tutto quello che non va compresi i giorni nuvolosi, esce sbattendo il portone («L’ho riverniciato io, anche quello») e rimette il mandato nelle mani del vescovo. Troppo grossa l’ultima cattiveria, una relazione con una donna sposata e madre di due figli. Don Cesare si limiterà a officiare, annuncia, nei piccoli paesi di Cenesio, Vecersi e presso le suore della Visitazione di Loano.

Il prete che arriva è don Tiziano Gubetti, parroco delle vicinissima Leca d’Albenga e Difensore del Vincolo presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale. In pratica, difende i matrimoni quando sono all’esame della Sacra Rota. Il suo guaio è che una lettera anonima inviata allo stesso Tribunale ha rivelato un suo peccato di gioventù, l’essersi fatto fotografare nudo fino alla cintola su un sito di incontri, diciamo così, allargati. A Genova è scoppiato il finimondo. Lui si è pentito e ha promesso di non farlo più, ma l’eco della reprimenda che gli hanno inflitto i superiori è arrivata fino a Leca.

«Me l’ha detto stamattina un’amica che abita laggiù, in fondo siamo separati solo da un chilometro: bell’affare avete fatto!», scuote la testa Maria la panettiera che è arrivata qui dalla Sicilia tanti anni fa. «Ma poi, don Cesare io l’ho sempre stimato: è un signor parroco!», scuote la testa Danila la merciaia che ogni mese vende quattro bavaglini e due camicie da notte, interessantissimo termometro demografico. «Certo: lo hanno visto in troppi!», scuote la testa Mariarosa la contadina che coltiva le talee di piante aromatiche. «Con quella donna?», si informa Bartolomeo detto Meo, entrato da Maria per comprare il pane e rimasto affascinato dalla conversazione.

«Ma quale donna», allarga le braccia don Cesare. «Io faccio il prete, d’accordo, ma poi ho anche una vita normale. Siccome non sono omosessuale e non molesto i bambini, hanno trovato da ridire su un’amica. Non posso avere amici? Non posso andare a prendere un gelato o a fare una passeggiata con un’amica? E perchè»?

La vera ragione dell’incomprensione tra il pastore e il gregge affonderebbe le radici nella gestione della scuola materna. Don Cesare arriva a Bastia quattro anni fa ed eredita un asilo parrocchiale devastato. Lo rimette a posto, confidando sulla generosità dei parrocchiani, che però alla fine storcono il naso: si è speso troppo... «E pensare che ora l’asilo è una meraviglia, e abbiamo potuto affidarlo alla gestione comunale». Nella lettera che uno scoraggiato don Cesare ha scritto al vescovo c’è scritto che non sono bastati sacrifici e fatiche per farsi amare. «Persino l’illuminazione dell’altare, ho riparato...». Intendiamoci. I tre quarti del paese parlano benissimo di lui, definendolo «alla mano» e poi «intelligente, colto, umanissimo». Capace di stare con gli anziani e con i bambini («Per carità, non scrivete così: di questi tempi...»). Generoso. Simpatico. Prega di ringraziare, attraverso il giornale, «il consiglio degli affari economici della parrocchia. Le maestre. Il sacrestano Claudio che è sempre stato alla mia destra», immagine questa ricchissima di suggestioni celesti. I fedeli che non lo hanno abbandonato li ha già ringraziati dall’altare.

Pure di don Gubetta c’è chi parla benissimo: al bar di Bastia giurano che «spiritualmente è uomo di prim’ordine» e in quelli di Leca ribadiscono che «da un punto di vista dell’impegno sacerdotale nulla da dire». Sarebbero gli svaghi, eccessivi. Lui: «Tanto per cominciare, vado a Bastia temporaneamente». Poi? «Se ci fossero state delle accuse gravi contro di me, non sarei qui». Quindi? «Quindi, non sapevo niente delle malelingue. Buon lavoro». Clic.

«Ho appreso della decisione di don Cesare dopo la processione di domenica scorsa», ricorda il sindaco di Albenga Rosy Guarnieri che abita proprio in faccia alla parrocchia, una bella palazzina rosa riverniciata di fresco. «Non so nulla delle chiacchiere e poi dico sempre: alle chiacchiere, perché siano credibili, devono seguire i fatti». Nel caso, speriamo di no.

Il suo predessore, don Cesare Donati: Don%20Cesare%20mentre%20parlascont--U170498626764niD-290x260-021--158x237
 
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