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Albenga. La diocesi dei preti pedofili, gay, amanti donne sposate e catechiste minorenni, Papa Francesco chiama a rapporto il vescovo Borghetti. Tutti gli scandali della diocesi più chiacchierata d'Italia

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GalileoGalilei
view post Posted on 25/3/2010, 11:51 by: GalileoGalilei
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Tutti gli scandali della diocesi più chiacchierata d'Italia

1) Don Julio Amadeo Abalsamo, prete ex indossatore e fequentatore di locali notturni ordinato nel 2010.
2) Don Filippo Bardini, ordinato nel 2010 dopo una storia con una catechista minorenne, giudicato "non preparato né degno" e con un'altra donna.
3) Don Massimo Borsani spretatosi per ignoti motivi.
4) Don Antonio Borzacchiello, parroco a Giustenice e Salea, che aveva per amante e perpetua una maestra.
5) Don Giorgio Brancaleoni, vicario, accusato da un anonimo di frequentazioni amorose con uomini
6) Don Giorgio Calvi di Vallego, che aveva una storia con una donna sposata con 4 bimbi.
7) Don Antonello Dani ubriaco e in mutande con un immigrato
8) Don Silvano De Matteis accusato di aver importunato la moglie del comandante del porto.
9) Don Cesare Donati, parroco di Bastia, dimessosi dopo l'accusa di avere una relazione con donna sposata e con 2 bimbi.
10) Don Juan Pablo Esquivel, parroco di Pairolo, che convive con amico fanatico del culturismo
11) Don Giovanni Ferrando, parroco a Garlenda accusato di comportamento incompatibile con l'abito sacerdotale (auto sportive, case al mare, scarsa assiduità in chiesa).
12) Don Luigi Fusta, indagato per aver cercato di impedire una denuncia per pedofilia.
13) Don Simone Ghersi, cappellano della Costa Crociere, fatto scendere dalla nave per aver importunato le passeggere.
14) Don Renato Giaccardi, della diocesi di Mondovì, condannato a 4 mesi per atti sessuali con minorenne e prostituzione minorile, con 40 ragazzini, parroco a Loano.
15) Don Tiziano Gubetta, trovato nudo in un sito per sesso di gruppo.
16) Don Carmelo Licciardello condannato ad 1 anno e 10 mesi per ammanchi nella Caritas
17) Don Luciano Massaferro condannato nel 2012 a 7 anni e 8 mesi in Cassazione per pedofilia.
18) Don Alfonso Maria Parente, fuggito con la cassa della parrocchia di Pairolo.
19) Don Carlo Pellagatta, prete transessuale (anni '80) di Rollo d'Andora.
20) Don Giacomo Pisano, da Pietra Ligure, cappellano ospedaliere rimosso dopo la scoperta che viveva tra rifiuti, escrementi e materiale pornografico
21) Don Renato Rosso condannato a 3 anni e 8 mesi per ammanchi nella Caritas.
22) Don Gabriel Viorel Tirla, prete omosessuale rumeno di Poggi d'Imperia, ha causato la rivolta dei parrocchiani per le sue frequentazioni su internet, denunciato per truffa, per aver preso i soldi delle offerte per le pompe funebri.
23) Don Francesco Zappella da Covo (BG), parroco di Borghetto S. Spirito e missionario in Uruguay, condannato nel 1991 a Pinerolo a 1 anno e 2 mesi per atti di libidine violenta su 2 minori di 14 anni. Ordinato ad Albenga nel 1997. Prescritto per abusi in Uruguay.
24) Annunci erotici nella (falsa) pagina del vescovo di Albenga: "Preti rubano milioni per mantenere i loro amanti"
25) Botte in seminario, arrivano i carabinieri. Finisce a sediate tra don Ettore Barbieri e don Giordano De Luigi. don Barbieri accusa don De Luigi di aver rubato fondi in cassa


vescovo-borghetti-320098


www.uominiliberi.eu/febbraio09/mail.htm

mail della settimana/Critiche ultras ad un articolo di Trucioli sul vescovo Oliveri

<l’invasione di preti gay

sta sconvolgendo la diocesi>
Sono una trentina, coalizzati. Drammatiche conseguenze sul clero e sui fedeli


Il Vescovo Mario Oliveri

<un vescovo amato dalla maggioranza dei sacerdoti diocesani e dai fedeli delle parrocchie….>.

E’ quanto ha scritto, tra le altre cose, Luciano Corrado sul numero 188 di Trucioli Savonesi del 15 febbraio 2009 (vedi…).

Vorrei sapere, caro ex mio compagno del seminario vescovile di Albenga degli anni ’50-‘60, con quale amore di verità puoi sciorinare simili certezze. Dove vivi o dove hai vissuto in questi anni, dopo l’ingresso del vescovo Mario Oliveri alla guida della Diocesi, il 25 novembre del 1990. Diciannove anni fa.

Sei stato in clausura tra le montagne di Mendatica, di Monesi. Ai tempi del seminario eri il “Peagnin” di Peagna. Negli anni successivi mi capitava di leggere i tuoi sferzanti articoli sul Secolo XIX, le tue denunce, quasi sempre scomode. Le battaglie teardiane. Ti ho perso…Al “blog” mi hanno risposto che sei in pensione, fai l’agricoltore di lamponi e mirtilli. A leggere le parole riservate al vescovo Oliveri, direi in tutta franchezza che la vecchiaia non ti ha giova. Ti ha peggiorato. Sono indignato per il cumulo di bugie che hai scritto. Rifiuto di credere che tu non sappia, che non sia informato. Mi chiedo perché taci. Anzi, fuggi dalla realtà. Per paura? Chi è il mandante? I beneficiari di tanta disinformazione? Voglio spiegarmi.
Moltissimi sacerdoti della Diocesi di Albenga-Imperia sanno che, con l’arrivo di Oliveri, questa diocesi è diventata “terra di preti gay”, tra la sofferenza e l’angoscia di tanti. E negli ultimi anni si sono aggiunti “preti talebani”, integralisti. Si distinguono anche esteriormente perché indossano indumenti non usuali per le nostre abitudini; è tornato il “tricorno” di vecchia memoria, ma l’abito non fa il monaco. Estraneo alla personale vita sessuale. Il problema è che questi nuovi apostoli di Cristo sono nemici del Concilio, lo considerino a quante pare un “peccato”. Dunque anticonciliari, anti Giovanni XXIII°. Indimenticabile papa buono, umile, amatissimo dalla nostra generazione, dai poveri, dai diseredati. Ospitiamo in Diocesi lefevriani soft, ma con moderna autodisciplina, l’hobby di frequentare le saune a Nizza (Costa Azzurra), le palestre nell’estremo imperiese. C’è chi veste capi d’abbigliamento firmati. Cosa significa? Si racconta di un parroco (straniero) dell’entroterra che ha pensato bene di tatuarsi. Formano un gruppo che sta minando le ultime resistenze di grandi, ottimi, preparatissimi sacerdoti veri. Qualcuno ha gettato la spugna, pensionandosi, altri allontanati dagli incarichi che ricoprivano. Non hanno retto al modello imposto, praticato dai nuovi arrivati, dal modo di proporsi nelle Parrocchie, recitare “riti” e strategie di “bassa lega”.

Dino Boffo

Lanfranco Vaccari


La pedofilia, appena menzionata nell’articolo di Luciano Corrado, è soltanto uno dei mali. I giornali, le cronache, ne hanno parlato per qualche giorno. Poi nulla sulla sorte finale di sconcertanti inchieste giudiziarie. Tutto dimenticato.

Nei nostri “luoghi sacri” pare succeda dell’altro. In alcune vallate si segnala la “sparizione” (spero non sia vendita autorizzata) di oggetti sacri. Ho letto di recente che si è pensato bene di mettere in vendita l’antica chiesa di Gorra. Ho letto delle dispute feroci, con cronache di presunti intrighi politici, in vicende di aree edificabili in quel di Albenga, aree “Suore del Suffragio”.

Preti gay e “talebani” (in quanto al modo di esercitare l’apostolato) sistemati in molte chiese della diocesi, con incarichi, ruoli importanti, Curia Vescovile compresa.

Lo voglio premettere, non ho nulla contro l’omosessualità. Non condivido e non apprezzo quanti vogliono ghettizzarla, indicarla a pubblico ludibrio. Sia essa maschile o femminile. E le suore non sono indenni.

Ma la presenza di 30 forse 40 sacerdoti omosessuali in un contesto come il nostro (140 preti) non può essere più taciuta, ignorata, nascosta per “pudore”.

Ho letto, con stupore, la durissima polemica tra il direttore de Il Secolo XIX, Lanfranco Vaccari e Dino Boffo suo omologo all’Avvenire, quotidiano del “clero italiano”, a proposito dell’intervista, senza nome, ad un prete gay. Alle sue umane ammissioni.

Si tratta di “pastori di anime” provenienti nella stragrande maggioranza da altre diocesi d’Italia, quelle di rito ambrosiano in particolare.

Non so se sia “spazzatura” pastorale come sostiene qualcuno, oppure una preziosa “risorsa”. Posso però immaginare il disagio tra i seminaristi, i sacerdoti cresciuti alla vecchia scuola del Seminario Vescovile di Albenga. Quello descritto, ad esempio, da don Antonio Borzacchiello nel libro “Albenga e il suo seminario”, dove ai primi segnali di omosessualità si veniva “cacciati”, senza pietà e senza tentennamenti. Il rigore era massimo. Lo ricordo benissimo.

Tu scrivi, caro Luciano, che Mario Oliveri è un presule che si è conquistato una larga maggioranza di fedeli e amato dal suo clero. Io sostengo il contrario. Mi permetto di giudicarlo per la sua missione, i suoi compiti, i suoi doveri pastorali. Sono del parere che abbia contribuito a distruggere una delle diocesi più cattoliche di tutta Italia.

E’ inutile ricordare che già prima dei cardinali Bertone e Bagnasco il “problema Oliveri” si era posto nell’alta gerarchia romana, ma non si seppe o non vollero trovare una soluzione. Sono del parere che la Diocesi sia stata lasciata allo sbando con l’intento di concentrare tutto il male in un unico territorio, in modo che l’operatore ecologico sguazzi tra “talebani” e sfilate di moda. Integralismo. Serra Club. Ultima arrivata una coppia di eremiti, nuova congregazione (?) in tandem, in talare grigia. Un eremita non deve vivere in solitudine?
Io vivo in provincia di Imperia, so cosa accade ad Albenga e dintorni. Come dimenticare che il vescovo Oliveri si era fatto “affascinare” dalla politica di un personaggio chiacchierato, il “re rosso Angioletto Viveri”.

Stemma di Mario Oliveri

Hanno votato per lui anche le suore. Grida ancora “giustizia” l’operazione immobiliare Faà di Bruno, un tempo sede del vecchio seminario, nel quartiere Nord Ovest di Albenga. C’era suor Teodora che faceva propaganda per Viveri. Ha comprato l’area una società di Genova, i progetti li ha curati un professionista di nome Muratorio, casualmente sodale del “re” Viveri. Il papà, ai tempi del nostro seminario, confezionava le nostre talari.

Sarà perché sono cresciuto ai tempi dei vescovi Raffaele De Giuli, Gilberto Baroni, Alessandro Piazza, ma mai si era assistito a tanto degrado nella diocesi. La formazione sacerdotale, l’educazione degli alunni aveva come unico scopo formare veri pastori di anime, sull’esempio di Nostro Signore Gesù Cristo Maestro, Sacerdote e Pastore (Optatam totius; III, 4).

Tre predecessori che non avrebbero mai permesso l’ingresso di strani esorcisti: da quello che si presentava in Santa Maria in Fontibus ad Albenga – che fine (in)gloriosa ha fatto? - ; all’insuperabile vescovo Milingo nei pressi di Cervo che la tivù berlusconiana ci ha riproposto in versione aggiornata non molte sere fa, grazie a Chiambretti e l’alassino Antonio Ricci ci ha “regalato” su Striscia la notizia, in veste caricaturale. Con la moglie che lo schiaffeggiava davanti alle telecamere, fuori onda, per colpa di immancabili conigliette mezze nude. Infine, l’ultimo esorcista italo-svizzero in quel di Laigueglia.

Ho conoscenti che hanno smarrito la fede, a causa di questo triste spettacolo-contesto. Altri amareggiati e sconvolti da operazioni immobiliari, ad Albenga, o nel villaggio Santa Maria Belfiore di Peagna, o ancora a Porto Maurizio. Storie di immobili, terreni edificabili, di box e parcheggi. Non mi riferisco, sia chiaro, a pratiche di tangenti, illeciti penali, bensì a scelte non confacenti con lo spirito del bene comune. Della solidarietà cristiana.

Ho parecchi amici che fanno molto affidamento sull’attuale Vicario generale, speriamo che almeno per lui lo Spirito Santo, in Vaticano, funzioni e presto leggere della sua ascesa a Vescovo. Quella sfumata ad un altro eccezionale sacerdote, monsignor Nicolò Palmarini, del quale, ricordo benissimo, caro Luciano, eri il beniamino. Lo aiutavi a raccogliere le “bacche fresche”, nel cortile del seminario, per i suoi inseparabili canarini. Gioiva quando toccava a te, in cattedrale, sostituire, come cerimoniere, Arduini e Ruffino.

Non possiamo, non puoi dimenticare, scrivendo “verità assurde”, palesi bugie, ignorando chi ci ha educato in seminario. Maestri di vita, di fede, di sacerdozio vero: il rettore Contestabile, il vice rettore Caviglia, il padre spirituale Damonte, insegnanti e veri pastori di anime, come Ferrari e Gandolfo (da santificare), l’estroso Volpe, Chiappe, Gerini. Ricordo i nostri incontri di calcio con i colleghi Camilliani che arrivavano dal seminario del Castello Borelli, a Borghetto. Ricordo i tuoi sgambetti, in piena azione, al cicciotello Ribò.

Non è più tempo di scherzi-buontemponi che riservavi al tuttofare “Pinin”. Non si può scherzare, soprattutto quando si ha il dovere di informare. Altrimenti, meglio tacere. Su problemi seri, di fede, di coerenza, di speranza, di fiducia ci vuole massimo rigore, lealtà. La messa al bando dell’ipocrisia, dei sepolcri imbiancati.

Nonostante questa mia arrabbiatura ed il male interiore che provo nel vedere le combriccole, ti abbraccio. Non “peccare” più (di menzogne) nei tuoi articoli. Alzati e cammina…

Luigi (indirizzo mail)




www.gaynews.it/view.php?ID=84373

«TROPPI PRETI GAY» E AD ALBENGA SCOPPIA LA TEMPESTA
Da "don Lu" al parroco che diventò donna
giovedì 25 marzo 2010 , di Il Secolo XIX

zoom A A A Scrivi a Gaynews Invia ad un amico Stampa

[...] Pur avendo smesso di celebrare - sensibilità personale, il diritto canonico non glielo vietava - si è fatto seppellire con la stola dei paramenti sacri sugli abiti femminili. Hai voglia a dire: è successo tanto tempo fa. La fama controversa della diocesi di Albenga ritrova in questa vicenda i suoi elementi costitutivi, la bizzarria, lo scandalo e persino una popolare, profonda umanità. «Vestiu da donna u l'ea bruttu», sospira la memoria storica del paese che si chiama Aida Vaghi e ha 88 anni, «ma come prete niente da dire. Esemplare». Ecco: l'unica condanna è il giudizio estetico, il resto sono rispetto e comprensione: «Si vedeva che soffriva».

E certamente soffrono oggi i preti che alimentano la leggenda della diocesi più peccatrice d'Italia, come la definisce più d'uno, attirando su di sé i riflettori della magistratura e dei giornali, e il mormorare dell'opinione pubblica: tra l'altro nei giorni in cui il Vaticano vacilla sotto il turbinio dei sospetti, e delle accuse, di pedofilia e connivenze. Si va dal caso più grave di don Lorenzo Massaferro, il parroco di Alassio in carcere da tre mesi con l'accusa infamante di aver molestato una ragazzina, alle voci sintetizzate dal blog Trucioli Savonesi: «L'invasione di preti gay sta sconvolgendo la diocesi», denuncia la lettera di un anonimo sacerdote. Il blog si è beccato una querela per diffamazione, ma è vero che su 180 preti più di cento risultano forestieri, provenienti soprattutto dal Norditalia, e la gerarchia ecclesiastica romana accomuna Albenga all'Aquila nella speciale classifica delle diocesi più caritatevoli: capaci cioè di riaccogliere persino i figliol prodighi altrui, e anzi sacrificando per loro il vitello grasso secondo la più limpida tradizione evangelica. Un esempio? Qualche anno fa Dionigi Tettamanzi, all'epoca arcivescovo della Superba, buttò fuori dal seminario di Genova quattro allievi ritenuti non idonei. Due furono accolti all'Aquila. Altri due ad Albenga. Dove finirono i due esuli aquilani una volta ordinati preti? Ad Albenga, naturalmente. Tanto che il futuro pastore di Milano se la legò al dito e alle celebrazioni in onore di San Benedetto Revelli, vescovo ingauno del nono secolo, trovò una scusa per non cenare assieme al di lui successore Mario Oliveri e all'incolpevole vescovo di Ventimiglia Giacomo Barabino, che ci rimase malissimo anche perché, sussurrano i maligni, accertata la diserzione del commensale più importante furono riportate in cantina due bottiglie di pregiato vino Rossese.

Tra gli affreschi del cinquecentesco palazzo Costa del Carretto, all'ombra della Torre Merlata, il vescovo Mario Oliveri sopporta le maldicenze con stoicismo diplomatico. Genovese di Campoligure, già frequentatore delle nunziature apostoliche di Londra e Parigi e nelle grazie - pare - dei cardinali Attilio Nicora e Giovanni Battista Re, quest'ultimo potente anche se pensionando responsabile della congregazione dei vescovi, Oliveri rifiuta di commentare persino la voce per lui più lusinghiera, e cioè che da sempre accoglie nella sua diocesi le pecorelle smarrite proprio perchéè un buon pastore, generoso e incline al perdono.

In effetti ha perdonato molto, fin da quando è approdato ad Albenga una ventina di anni fa. E avrebbe sicuramente perdonato don Carlo Pellagatta, il parroco transessuale di Rollo d'Andora, se fosse arrivato prima. La vicenda risale alla seconda metà degli anni Ottanta e il nome, il cognome e il paesino ligure rimasero segretissimi (tranne che per i pochi abitanti) ma «il caso del prete donna» fece ammattire le gerarchie vaticane. «Vero - discettò il cardinale venezuelano José Castillo Lara, presidente della commissione pontificia per l'interpretazione del diritto canonico - che il sacramento dell'ordinazione sacerdotale, ricevuto una volta, rimane in perpetuo. Ma riguarda sempre e comunque un uomo. E se un uomo diventa un altro essere, una donna oppure un cavallo, o un albero... No. Neanche se diventasse un angelo. Gli angeli non possono essere sacerdoti». E invece don Carlo «era un angelo» per Aida Vaghi, che nel suo tinello popolato di pelouche e tappezzato di fotografie dei nipotini, con il gatto Giovanni che se la ronfa su un cuscino, ricorda come quell'uomo fosse «pulito dentro e fuori, persino la canonica era uno specchio. Io gli andavo a fare le punture e aveva un pudore così toccante...». Don Carlo era un angelo per Antonella Orezza, «mai visto un sacerdote più serio», per Stefano Giorgini, «era un servo di Dio giusto e buono», per i superstiti di Rollo di Andora che si raccolgono attorno alla chiesa barocca della Santissima Trinità, sempre chiusa tranne la domenica perché il nuovo parroco deve dividersi in tre.

Anche l'allora vescovo di Albenga Alessandro Piazza era di consolidate virtù morali e intellettuali, capì e non fece una piega; e fedele alla sua millenaria saggezza la Chiesa discusse a lungo ma non prese mai provvedimenti, e don Carlo non diede mai scandalo celebrando messa, e morì felice nella comunità di don Ciotti sentendosi insieme prete e donna, e soprattutto in pace con se stesso.

Però. Poi arrivarono don Giorgio Calvi, parroco a Vellego ma abitante di Laigueglia, accusato di aver vissuto una tormentata storia d'amore con una mamma di quattro ragazzi: in canonica gli trovarono materiale pornografico. Don Giovanni Ferrando, parroco a Garlenda accusato di comportamento incompatibile con l'abito sacerdotale (auto sportive, case al mare, scarsa assiduità in chiesa) che ribaltò le dicerie imputando ai fedeli la scarsa devozione e l'inclinazione a mentire: «Gente avara e gretta. Persino la cucina è pessima, sanno preparare solo roba surgelata». Don Antonio Borzacchiello, parroco a Giustenice e Salea, che si portò a vivere in canonica la maestra elementare che amava più che cristianamente, promuovendola al rango di perpetua... Quando lui morì, lei non se ne voleva più andare e scoppiò il finimondo. Uno dei tanti, che magari non c'entrano nulla con la diocesi di Albenga - il caso dell'ultimo prete sospettato di pedofilia è un tormento della curia di Savona - ma contribuiscono al consolidarsi della sua fama.

«Faccia caso ai numeri», riflette amaro un massiccio pretone di lungo corso: «Più della metà dei parroci sono di fuori, e questo vuol dire che la diocesi sta perdendo la sua identità. Non solo: sui 54 allievi che frequentavano il seminario nel 1960 siamo rimasti in 12. Vorrà dire qualcosa»?

Paolo Crecchi

Edited by pincopallino1 - 24/12/2023, 04:51
 
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