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Preti pedofili e malversazioni nella diocesi di Savona, Ratzinger e Vescovi sotto accusa. Spretati don Nello Giraudo e don Giorgio Barbacini.

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GalileoGalilei
view post Posted on 14/1/2013, 11:46 by: GalileoGalilei
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Scritto da Paolo Macina da Tempi di fraternità
LE ATTIVITÀ SOTTERRANEE
DELLA DIOCESI DI SAVONA- NOLI

“Cerchiamo di evitare con cura ogni motivo di critica nell’amministrazione di questa forte somma che ci è affidata” 2 Corinzi 8, 20

Il viaggio intrapreso da questa rubrica tra le diocesi, gli economati e gli istituti di sostentamento del clero (IDSC) in Italia, ci porta nella riviera ligure, e precisamente nella diocesi di Savona-Noli.
Con una lunga tradizione alle spalle (l’atto di costituzione risale al X secolo), la diocesi ha mandato a Roma ben due Papi: Innocenzo VIII e Giulio II, partendo da un territorio dove le confraternite hanno un peso specifico notevole.

Con 71 parrocchie da Cogoleto a Finale Ligure e 135 mila residenti, pubblica un giornale che ha appena compiuto i 120 anni di vita (Il Letimbro) ed il suo sito (1) testimonia lo stampo conservatore dei vescovi che si sono susseguiti e la chiara volontà di non diffondere dati relativi ai conti economici della Curia.

La diocesi vive l’incongruenza di una popolazione di fedeli molto devota (il 98,6% dei residenti risulta battezzato) ma, a conferma dei classici stereotipi, restia alla beneficenza ed ai lasciti testamentari; nell’ultimo ventennio ha quindi recuperato molta della sua capacità bizantina, ricordo del dominio saraceno, a scapito di quella più specificamente spirituale: non è tanto il contratto stipulato con l’ASL di Savona per il conforto ai pazienti dell’ospedale San Paolo ad indignare (35mila euro l’anno, 10mila in meno della convenzione precedente), quanto la frenetica attività immobiliare che si è sviluppata durante il regno del vescovo Lanfranconi e del suo braccio destro, don Carlo Rebagliati, direttore dell’ufficio dei beni culturali ecclesiastici tra il 1995 ed il 2010, direttore del museo diocesano, responsabile dei beni artistici della chiesa e del suo patrimonio culturale, per poi proseguire sotto il controllo di mons. Domenico Calcagno.

La personalità di don Carlo è complessa: gay dichiarato e primo prete sieropositivo d’Italia, ora sospeso e con un processo in corso, ha partecipato a diverse trasmissioni televisive e le sue gesta si possono facilmente reperire in rete (2).
Esordisce scoprendo una sottrazione milionaria dalle casse della Caritas locale, che porta alla condanna del diacono nonché direttore Caritas Attilio Cotta e di suo figlio Sandro. Poi rivela una vera e propria passione per i box sotterranei, in una regione dove lo spazio per le auto è preziosissimo: in accordo con il presidente dell’IDSC savonese, don Pietro Tartarotti, brillante prete-manager laureato in economia che un libro recente battezza “don cento milioni” (3) per la sua capacità di sedere in consigli di amministrazione che muovono appalti da centinaia di milioni di euro, inizia dando il permesso nel 2000 per costruire 4 piani di garage sotto la collina verde della Villetta di proprietà della Curia; vengono abbattuti 150 alberi secolari del Seminario vescovile per ricavare più di 100 autorimesse, scatenando le legittime proteste di abitanti ed ecologisti. A nulla serve, per placare gli animi, la vendita delle quote della società costruttrice, nel 2008, a lavori quasi ultimati nonostante i numerosi ricorsi giudiziari.
La passione per i buchi nel sottosuolo prosegue con la presentazione in comune di un progetto che prevede la realizzazione, nel cortile antistante la chiesa di Nostra Signora della Neve di via Saredo, di una palazzina con nove appartamenti e due piani di box interrati sull’area che anticamente era il campetto da calcio delle Fornaci.

Il progetto, poi impantanatosi nei meandri della burocrazia comunale, è stato ripresentato recentemente dall’attuale parroco don Capaldi, che risulta anche essere amministratore unico della società Immobiliare Saredo Srl detentrice dell’appalto.

L'area di Via Saredo a Savona dove è prevista una palazzina e dei box
Ex Asilo Balbi di Albisola ora rimpiazzato da un enorme palazzone
A nulla sembrano valere le memorie dei più anziani, i quali ricordano che il terreno fu donato alla chiesa da privati proprio perché venisse destinato allo svago.

Siccome l’appetito vien mangiando, l’operazione viene replicata, stavolta a Varazze, dove nel 2007 vengono concessi alla IDSC s.r.l. (sic!) i permessi per realizzare una sala polifunzionale, ovviamente con 22 garage annessi, sul cosiddetto “orto del parroco” a ridosso della settecentesca chiesa dell’Assunta. L’operazione comporta l’abbattimento di tutte le piante di alto fusto presenti e, durante i lavori, un escavatore trancia di netto un tirante della chiesa, rischiando di farla rovinare a terra. Di fronte alle proteste dei comitati cittadini per la speculazione edilizia, illuminano le parole del rappresentante IDSC: «Facciamo un po’ di imprenditoria alla luce del sole per autofinanziarci», spiega.

«Una volta vendevamo semplicemente i terreni ai privati che facevano la loro speculazione; oggi l’operazione la facciamo noi, in prima persona, ricavandone il giusto».

Ma non è finita: la passione per il sottosuolo trova sfogo ancora nel 2009 quando, nonostante la raccolta di 540 firme, il comitato di protesta cittadino non riesce a bloccare la demolizione dell’ex-asilo Balbi di Albisola, donato nel secolo scorso dal marchese omonimo alla Curia a favore di attività con i giovani. L’edificio ed il giardino di pertinenza vengono eliminati per far posto a 14 appartamenti e agli ormai immancabili 60 box. Una vera mania.

Ormai i tempi sono maturi per il salto di qualità. L’occasione si presenta sempre nel 2009, quando l’IDSC si mette al comando di una delle operazioni immobiliari più importanti dell’intera Liguria: la riconversione delle ex-colonie bergamasche di Celle Ligure, un tesoro da 13mila metri quadri di edifici e 3,5 ettari di parco. La proprietà è di un ente religioso di Bergamo, la Fondazione Azzanelli, e la Curia savonese offre i suoi buoni uffici per facilitarne l’acquisto da parte della società Punta dell’Olmo. Ma chi fa parte della società? Oltre ad alcuni imprenditori privati, anche l’IDSC, che esprime il presidente (don Pietro Tartarotti, of course) come socio maggioritario. Con un investimento di 50 milioni di euro totalmente coperti da un mutuo Carige, si propone di convertire l’istituto che storicamente si occupava di assistenza ai minori in una struttura residenziale ed alberghiera di lusso; una prima proposta da parte di un imprenditore che vorrebbe aprire un albergo ad ore nel complesso

- un parco divertimenti per adulti, è la formula eufemistica utilizzata - viene prima illustrata in una assemblea pubblica, poi scartata dopo la pubblicazione di ironici articoli giornalistici (4).
Don Rebagliati


Stavolta la protesta cittadina blocca i lavori chiedendo di destinare i locali per scopi sociali. Il dibattito politico è ancora in corso quando la procura, in uno dei tanti interrogatori cui è sottoposto don Rebagliati, scopre che la cooperativa edilizia Coedis, appaltatrice di quasi tutti i lavori effettuati dalla diocesi nelle proprietà liguri (tra cui quelli relativi alla cattedrale in occasione della visita pastorale di Papa Benedetto XVI nel 2008), è stata fondata nientemeno che... da don Rebagliati stesso, che ne è stato anche consigliere di amministrazione.
In pratica è la diocesi stessa che si è messa in proprio, deliberando ristrutturazioni che poi vengono materialmente eseguite dal committente stesso. Altro materiale per i magistrati, che stanno ancora spulciando i bilanci della Curia degli ultimi anni.

L’elenco delle operazioni al limite del lecito potrebbe continuare con la lottizzazione richiesta (e fortunatamente non ancora ottenuta) all’interno del parco del Santuario di Savona; il tentativo di vendita al Comune di Savona del terreno dell’ex-Csi a prezzi completamente fuori mercato (e che una provvidenziale denuncia dei Grillini ha bloccato); la spoliazione di quadri e preziosi arredi sacri della Cappella Palazzolo di Villa Faraggiana ad Albisola Marina (ora si trovano al Seminario Arcivescovile) al momento dell’abbandono della struttura da parte delle Suore Poverelle di Bergamo; i contributi regionali agli oratori oggetto dell’ennesima indagine della magistratura perché utilizzati per ristrutturazioni edilizie nelle parrocchie; c’è spazio perfino per una vendita di “vino del vescovo”, all’interno della libreria delle Edizioni Paoline, senza le necessarie concessioni (5). La gestione del vescovo pistolero, monsignor Calcagno - è amante del tirassegno e della caccia (6) - e dei suoi collaboratori, è sicuramente stata apprezzata Oltretevere, come dimostra la sua nomina a segretario generale dell’APSA, perché utile a riequilibrare le finanze devastate dalle precedenti gestioni, ma a quale prezzo di immagine?

L’esempio della diocesi savonese, con le sue cooperative edilizie e le sue società a responsabilità limitata, il calpestamento dei vincoli testamentari e la rabbia dei comitati cittadini, gli scempi edilizi e le innumerevoli indagini della magistratura, è preclaro. È evidente che le dimensioni raggiunte dai patrimoni immobiliari degli istituti diocesani, connesse al continuo bisogno di denaro per il sostentamento di un clero sempre più anziano, obbligano gli stessi a dotarsi di strumenti di gestione e controllo che evitino il concentramento in mani inesperte o, peggio ancora, senza scrupoli, delle ricchezze accumulate in decenni di lasciti da parte dei fedeli. Fedeli che sicuramente confidavano, e probabilmente confidano ancora da lassù, di vedere destinati ai soggetti deboli ed ai bisognosi i beni donati.

1 www.diocesisavona.it

2 www.liquida.it/carlo-rebagliati

3 Ferruccio Sansa et al, La colata, Chiarelettere 2010

4 Repubblica, 17 giugno 2011, cronaca di Genova

5 Il Secolo XIX, 12 maggio 2010

6 Repubblica, 11 aprile 2012, cronaca di Genova

Paolo Macina Gennaio 2013
 
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