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Le conversioni forzate dei Lapponi

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view post Posted on 18/1/2010, 18:47
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" LA WOUNDED KNEE DEI LAPPONI " DI LUIGI G. DE ANNA
Di redazione (del 17/01/2010 @ 17:00:00, in Succede Nel Mondo, linkato 72 volte)

Il turismo invernale in Lapponia vede realizzarsi da alcuni anni un vero e proprio boom. I dolci pendii dei tunturi (le montagne dell'estremo nord) sono solcati dalle piste da sci. I villaggi turistici accolgono visitatori da ogni parte d'Europa. A Rovaniemi la residenza di Babbo Natale è diventata un must del tour boreale e c'è anche chi si azzarda a passare la notte in uno degli hotel di ghiaccio. Il fascino della natura delle alte latitudini è innegabile, anche in inverno; il kaamos, col suo magico colore blu, fascia il paesaggio quando il sole non riesce ad alzarsi sull'orizzonte. In cielo l'aurora boreale affascina con i suoi continui movimenti come fosse una immensa tenda che avvolge il mondo.

Qua e là si vedono i variopinti abiti dei lapponi che fanno da guida a colonne di slitte trainate da renne. In realtà, però, quello che sembra un idillico paradiso, ha una storia drammatica, fatta di crudeltà, di violenza e di ingiustizie. La Lapponia era in origine la terra dei sami o lapponi, una popolazione oggi sparsa tra Finlandia, Norvegia, Russia e Svezia e che per questo motivo di dispersione geografica non potrà mai avere un proprio stato. In origine abitavano più a sud, addirittura nella Finlandia e nella Svezia centrale, ma la colonizzazione bianca li ha spinti a partire del XVI secolo sempre più a nord. In origine vivevano essenzialmente di caccia e pesca; in seguito impareranno ad addomesticare la renna. Nel XVII secolo ricomincia la pressione della colonizzazione. scandinavi, finlandesi e russi si spingono nelle terre vergini dell'estremo nord. In Svezia e Norvegia vengono sfruttate miniere di ferro e di rame, i porti di Narvik, Hammerfest e Alta diventeranno centri importanti del commercio nord-atlantico. I coloni portano con sé anche la religione luterana o ortodossa.

Iniziano le conversioni forzate, che culminano, sempre nel Seicento, con i roghi dei tamburi magici fatti dai missionari, accompagnati talvolta anche da quelli degli sciamani che non si piegano ad abbandonare la religione degli avi. Nel Settecento il processo di colonizzazione si è concluso e quando il viaggiatore mantovano Giuseppe Acerbi nel 1799 attraverserà la Lapponia per arrivare a Capo Nord, noterà la decadenza dei sami. La colonizzazione lappone ricorda sotto molti aspetti quella che investe il Nord America. Gli indigeni sono visti come selvaggi che vanno civilizzati anche con la forza. Le loro terre migliori, vengono presi dai coloni, agricoltori o essi stessi divenuti allevatori di renne. Per renderli docili basta affogarli nell'alcol. Per averlo cedono le renne, si indebitano e se non possono pagare i debiti contratti con i mercanti scandinavi o russi sono privati del gregge, il che significa per loro la morte per inedia.

I bianchi portano anche nuove malattie, contro le quali i medicine-men sami nulla possono. Una svolta decisiva si ha verso la metà del XIX secolo, grazie alla predicazione del missionario svedese Lars Levi Laestadius (1800-1861), il quale introduce in Lapponia una forma di luteranesimo che proibisce l'uso dell'alcol. È, per molti sami, la salvezza. Liberandosi dalla schiavitù dell'alcol si liberano da quella dei mercanti. Laestadius aveva assunto una posizione molto critica nell'ambito della chiesa luterana svedese (allora la Norvegia faceva parte del regno di Svezia) con il libello Crapula mundi del 1843.

I sami, popolo mite, non riescono a difendersi attivamente, come invece faranno i pellerossa. Questo processo di colonizzazione, di abbrutimento voluto per mezzo dell'alcol, e poi di "risveglio" di una coscienza lappone grazie a Laestadius e infine di aperta sedizione contro le autorità svedesi e norvegesi è stato ben rappresentato nel film del 2008 La rivolta di Kautokeino del regista Nils Gaup (lui stesso un discendente di uno dei capi della rivolta), che narra della drammatica ribellione avvenuta nel villaggio di Kautokeino, al confine tra Norvegia e Finlandia, di un gruppo di sami nel 1852, stanchi delle angherie di Ruth, il mercante locale e del parroco luterano suo alleato. L'uccisione del mercante e di un poliziotto da parte dei sami causerà l'intervento della forza pubblica. Furono arrestati uomini e donne, molti dei quali moriranno dopo pochi anni di prigionia. I due principali responsabili della rivolta, Aslak Haetta e Mons Somby, verranno decapitati. I loro crani sono stati conservati in un museo di Oslo per molti anni, finché nel 1996 il governo norvegese decise di restituirli ai discendenti dei due giustiziati.

Questa vera e propria Wounded Knee boreale ci ricorda come anche in Europa, in epoca recente, furono messi in pratica metodi violenti di colonizzazione. Quando affrontiamo il tema della presenza, accoglimento o respingimento di nuclei di extracomunitari, dovremmo sempre ricordarci dell'enorme debito che noi europei abbiamo contratto nei confronti di africani e asiatici, e ovviamente del debito che gli statunitensi hanno nei confronti dei pellerossa. Dopo la seconda guerra mondiale si è parlato molto di genocidi, ma sembra che quello più atroce, perpetrato per pura e semplice avidità di colonizzazione economica, sia stato dimenticato. Quello che i belgi hanno fatto in Congo, o i francesi e inglesi sempre in Africa, pesa sulla nostra coscienza europea.

E mi si permetta anche di ricordare la colonizzazione italiana in Libia e il debito che anche noi italiani abbiamo contratto con quelle popolazioni arabe o, più tardi, africane. Accogliere i loro discendenti, nei limiti concessi dalla nostra società, non è quindi soltanto un gesto umanitario, ma è anche una dovuta riparazione nei confronti di popoli su cui abbiamo infierito. Se la memoria storica ha un valore, la si applichi dunque anche a costoro, la cui sofferenza è durata per generazioni. E dura ancora. ( fonte: ilsecoloditalia.it)
 
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