http://www.corrieredellacalabria.it/index....n-va-in-carcerePapa Giovanni, don Luberto non va in carcere
Il Tribunale di Sorveglianza ha concesso la misura alternativa dell'affidamento ai servizi sociali al sacerdote condannato per lo scandalo che travolse l'istituto di Serra d'Aiello. Dovrà scontare un residuo di pena
Venerdì, 11 Dicembre 2015 00:03 Pubblicato in Cronaca
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Don Alfredo Luberto
COSENZA Don Luberto non va in carcere. Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha concesso a don Alfredo Luberto la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale ha deciso che il sacerdote sconti il residuo della pena – alla quale era stato condannato nel luglio del 2012 dalla Corte d'Appello di Catanzaro per la vicenda giudiziaria che riguarda l'istituto "Papa Giovanni XXIII" di Serra d'Aiello – in stato di libertà svolgendo attività socilamente utili nei serivizi sociali. Don Luberto, che era amminstratore dell'istituto finito al centro dell'inchiesta, è stato sospeso a divinis dalle sue funzioni dall'allora vescovo di Cosenza monsignor Salvatore Nunnari.
I giudici hanno, infatti, riconosciuto come Luberto abbia in questi anni compreso «il disvalore» delle proprie azioni e abbia iniziato – afferma la sua difesa – un serio percorso di ravvedimento morale e spirituale, mutando considerevolmente il proprio stile di vita e dedicandosi, in particolare, ai profughi e ai poveri. I progressi compiuti da Luberto, certificati anche dalle relazioni degli operatori dell'Uepe, hanno indotto il Tribunale a concedere la misura dell'affidamento in prova al servizio sociale. Don Luberto è difeso dagli avvocati Angelo Pugliese, Nicola Carratelli ed Emilio Lirangi del foro di Cosenza.
Don Luberto è stato condannato a 5 anni di reclusione nel 2009 e divenuta definitiva nel 2013 nell'ambito di un'inchiesta portata avanti dalla Procura di Paola e terminata con l'arresto nel 2007 del presule. Stando a quanto emerso da quelle indagini – che hanno poi portato alla condanna definitiva del monsignore –, l'amministratore avrebbe intascato ingenti risorse distraendole dalle casse dell'istituto serrese per mantenere un tenore alto di vita. Mentre proprio i pazienti del "Papa Giovanni XXIII" erano costretti a vivere nell'indigenza in una sorta di lager proprio per la mancanza di soldi utili ad acquistare servizi, alimenti e farmaci necessari per gli ospiti della struttura.
Mirella Molinaro
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