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Don Giuseppe Diana e le sue donne. Quella che testimoniò di essere stata sua amante, "I preti non vanno con le donne". Parola di vescovo

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view post Posted on 2/8/2009, 08:39
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Quella donna che rivelò di essere stata sua amante


Giuseppe_Diana


Spesso la retorica si spreca quando si parla di omicidi di camorra. Spesso la retorica serve a far dimenticare la realtà.

Una polemica scatenata in questi giorni da un'intervista dell'avv. Gaetano Pecorella ha portato alla ribalta i soliti professionisti dell'antimafia, come li chiamava Leonardo Sciascia.

Dagli atti del processo per l'omicidio di don Diana emerge una personalità poliedrica, che era dedita all'impegno sociale nell'Agesci, nella vita sociale, ma anche attratto dalla bellezza femminile.

Una testimone ascoltata in aula disse chiaramente di essere stata l'amante di don Diana.

www.julienews.it/notizia/politica/d...litica_0_1.html

01/08/2009, ore 22:05 - Le dichiarazioni di Pecorella scuotono politica e società
"Don Peppe Diana? mai stabilito perchè fu ucciso"
di: Nico Falco

Ad oltre dieci anni di distanza, si torna a parlare, e con dichiarazioni destinate a sollevare un polverone, di don Peppino Diana (nella foto), il sacerdote ammazzato a Casal di Principe perché aveva osato mettersi contro la potentissima camorra casalese. Nessun elogio, nessuna difesa, nessun monito. Un’altra accusa, come quelle che arrivarono dopo l’omicidio, quando la stampa locale, riportando le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, titolò a proposito di un sacerdote donnaiolo e colluso. Questa volta la diatriba nasce dalle alte sfere della politica. Dall’onorevole Gaetano Pecorella che, intervistato da ‘Articolo 21’, a chi gli ha chiesto perché avesse difeso Nunzio De Falco (il boss processato proprio per l’omicidio del sacerdote e individuato come mandante), avrebbe fornito una risposta da far rimanere a bocca aperta, riportata poi nell’articolo ‘Perché Pecorella infanga don Peppe Diana’ su Repubblica, a firma di Roberto Saviano. “Io dico, - si legge, - che tra i moventi indicati, agli atti del processo, ce ne sono tra i più diversi. Nel processo qualcuno ha parlato di una vendetta per gelosia, altri hanno riferito che sarebbe stato ucciso perché si volevano deviare le indagini che erano in corso su un altro gruppo criminale. E altri hanno riferito anche il fatto che conservasse le armi del clan. Nessuno ha mai detto perché è avvenuto questo omicidio, visto che non c'erano precedenti per ricostruire i fatti. Se uno conosce le carte del processo, conosce che ci sono indicate da diverse fonti, diversi moventi". Vero, tutto verissimo. Nel processo, infatti, si disse di tutto su don Peppino Diana, e si cercò in tutti i modi di intorbidire le acque. Di far passare quell’omicidio come un atto dovuto, nelle terre e secondo le logiche di camorra, ma più simile ad una epurazione interna che all’assassinio di un innocente. Ci pensò però, scrive ancora Saviano, una sentenza della Cassazione del 2004 a chiarire le cose, affermando che il sacerdote era stato ucciso per il suo impegno contro la camorra, testimoniato anche da quella lettera, “per amore del mio popolo non tacerò”, che fu la firma finale sulla propria condanna a morte.

Immediate le reazioni sconcertate da parte del mondo politico e delle associazioni che di Peppe Diana hanno fatto un simbolo. Dal Pd la richiesta è netta: Pecorella deve dimettersi dopo quanto ha dichiarato. Un ‘invito’ che il deputato del Partito della libertà (e presidente della commissione d’inchiesta sui rifiuti dell’Ecomafia) non intende però prendere in considerazione, liquidando la richiesta come la conseguenza di “un colpo di sole”. Secondo Pecorella, infatti, non è stato provato che l’omicidio del sacerdote sia riconducibile al suo impegno contro la criminalità “Io, - dichiara in una intervista al Velino, - non ho affermato nulla che fosse un mio pensiero anche perché, palesemente, non mi è consentito averlo. Ci sono atti processuali leggibili; evidentemente Saviano non li ha letti perché dimostra di non conoscere i dettagli dell’omicidio”. “Si tratta di una storia che risale a più di dieci anni fa, - continua Pecorella, - non ricordo bene i dettagli, non ho neppure mai avuto un rapporto con il mio assistito che, in quegli anni, viveva stabilmente in Spagna. Fui contattato dai suoi familiari e accettai il caso in nome del diritto di tutti, tra l’altro costituzionalmente tutelato, ad avere un giusto processo. Da quel che ricordo, il processo si svolse basandosi sulla credibilità del collaboratore di giustizia che, se non erro, si chiamava Quadrano. Prendemmo in considerazione molte possibilità, tra le quali anche un regolamento di conti tra opposte fazioni dello stesso clan, una delle quali era rimasta senza armi. Per vendicarsi avrebbero potuto benissimo uccidere il prete e far ricadere la colpa sui rivali. Una faida, insomma. E comunque Saviano confonde due processi paralleli. Io seguii soltanto il primo e all’epoca non ero neppure parlamentare. Quando non fui più il legale del caso, De Falco si trovò senza difensore; io non potevo più occuparmene e così gli mandai un mio collaboratore, sempre per garantirgli il diritto ad essere difeso equamente. In quell’occasione ricevetti l’espressione di stima del giudice della Corte d’appello per la disponibilità e la dedizione che dimostrai alla causa”. “Chi vuole fare politica servendosi persino di una persona uccisa dalla camorra, - continua ancora Pecorella, - continui a farlo. Io sono aderente a ciò che i magistrati hanno accertato. A chi mi chiede di dimettermi dalla presidenza della commissione rifiuti rispondo che non sono parole che ho inventato, sono notizie che stanno nei processi. E rispondo che la prima missione della commissione si è svolta per cinque giorni in Campania, per verificare la presa della criminalità organizzata sul ciclo dei rifiuti. Quindi, oltre che poco informati sui processi lo sono anche sui lavori parlamentari. A fare i processi alla camorra ci deve pensare la magistratura, smettendo di rinviare costantemente i processi, e non uno scrittore che al momento di una sentenza d’ergastolo ghignò di soddisfazione. L’ergastolo significa una morte civile e chiunque ne rida non dimostra umanità. Ripeto, non c’è nessun motivo perché io dia le dimissioni, è una cosa grottesca, una richiesta che è segno di poca intelligenza. Hanno preso un colpo di sole”.

Se Pecorella contesta Saviano, dubitando della conoscenza dei fatti dello scrittore, il popolare autore del best seller ‘Gomorra’ ha il pieno appoggio del leader del Partito Democratico. Dario Franceschini, sottolineando di condividere integralmente il contenuto dell’articolo pubblicato su Repubblica, aggiunge che “se le frasi attribuite all’onorevole Pecorella sono vere, non può più fare il presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti”. Chiede invece dei chiarimenti la capogruppo Pd Angela Finocchiaro, per la quale sarebbe opportuno “che l’onorevole Pecorella precisasse, se vere, le sue dichiarazioni riportate in quel pezzo. Credo che questi chiarimenti sarebbero utili a fugare ogni dubbio, ombra o incertezza sul ruolo istituzionale di presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti che Pecorella ricopre”.
Luigi De Magistris, eurodeputato dell’Italia dei Valori, erige Saviano a voce di “tutti i campani onesti”. “E’ un esempio per i giovani ed è un simbolo della lotta per la legalità, - afferma, - così come Pecorella è una voce esemplare della volontà di non contrastare le mafie che caratterizza questa maggioranza. E’ anche il simbolo, l’avvocato Pecorella, di quella politica che vuole distruggere ed infangare le persone che hanno veramente combattuto il crimine organizzato, come Don Diana, esempio di quella parte del mondo cattolico impegnata in prima linea nella lotta alle ingiustizie e alle sopraffazioni”.
Solidarietà per Pecorella è invece arrivata da Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, che evidenzia “l’ennesimo tentativo di linciaggio nei confronti di una persona di alta statura politica e specchiata moralità” da parte di “alcuni esponenti della sinistra”. “E’ un tentativo di linciaggio che si qualifica da sé”, conclude Cicchitto.

LEGAMBIENTE, attraverso il presidente Michele Buonomo, prende le difese della memoria di don Peppe Diana. “Non troviamo giustificazioni né parole per commentare le indegne dichiarazioni rilasciate dall’on. Pecorella su don Peppe Diana, - afferma Buonomo, - solo un colpo di sole in questa estate torrida potrebbero giustificare l’avvocato Pecorella”. ''Ci inquieta e ci lascia attoniti, - prosegue Buonomo, - la posizione dell'avvocato Pecorella, ancora di più se pensiamo al suo ruolo di presidenza della commissione bicamerale sui rifiuti. Da decenni proprio i Casalesi gestiscono i traffici illeciti dei rifiuti nel nostro Paese. Che commissione d'inchiesta può essere quella retta da un presidente che nega l'evidenza e getta fango su un prete che in nome del suo popolo ha combattuto e pagato in prima persona la lotta ai Casalesi?'' ''A noi tutto questo fa paura - conclude il presidente di Legambiente - ma all' avvocato Pecorella ricordiamo che per ogni persona che offende Don Diana ce ne sono migliaia e migliaia pronte a salire sui tetti come lui voleva per la verità, giustizia e legalità nel nostro Paese”.

IL COMITATO DON PEPPE DIANA rivolge infine un appello alla cittadinanza, invitandola alla mobilitazione per far sentire la propria voce contro qualsiasi tentativo di delegittimazione della memoria del sacerdote ucciso dalla camorra. “Invitiamo, - si legge in un comunicato a firma del ‘comitato don Peppe Diana’, ‘Libera Associazioni Nomi e Numeri contro le Mafie’ e ‘Agesci Regione Campania’, - le comunità locali, i sindaci, le istituzioni, gli insegnanti, i sacerdoti, i semplici cittadini, a far sentire la propria voce nei confronti di chi vuole riportare indietro i nostri paesi e riconsegnarli all’oblio della dittatura della camorra. Ci risiamo. Tentano nuovamente di buttare fango su don Peppino Diana. Stavolta il tentativo viene dall'onorevole Gaetano Pecorella, presidente della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti e avvocato difensore di Nunzio De Falco, colui che viene processato come il mandante dell'omicidio di don Giuseppe Diana e riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo nel processo di primo grado”.
''L'onorevole Pecorella - prosegue la nota - a quindici anni di distanza dalla morte di don Diana, rilancia la campagna diffamatoria sulla morte del sacerdote mettendo in discussione la sentenza della Cassazione del marzo 2004 che ha confermato l'uccisone per mano della camorra, avvenuta il 19 marzo del 1994 nella sua chiesa a Casal di Principe, perchè era diventato un simbolo della lotta contro i clan. Non conosciamo i motivi per i quali l'onorevole Pecorella rilancia questa campagna. Ma non ci meravigliamo più di tanto, perchè questi sono tempi in cui i mafiosi vengono definiti eroi e coloro che si battono contro i poteri criminali e hanno dato la vita, vengono continuamente messi in discussione. Don Giuseppe Diana invitava i giovani e il suo popolo a ribellarsi alla dittatura armata della camorra. E lo aveva fatto sin dal 1991 con quel profetico documento ''per amore del mio popolo'' nel quale sottolineava che ''la camorra è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana''. E denunciava le collusioni con la politica. ''Don Diana - si legge - è morto per testimoniare il Vangelo e per affermare i valori in cui credeva. Questo conta per migliaia di giovani che il 19 e il 21 marzo scorso sono arrivati a Casal di Principe e a Napoli per riaffermare, con la loro presenza, la scelta di lottare contro i poteri criminali, proprio come don Diana. E questo conta per le decine di giovani che in queste settimane stanno dando vita ai campi di lavoro sulle terre di Don Diana a Castel Volturno, per far nascere la cooperativa che produrrà mozzarella di bufala e prodotti biologici sui beni tolti ai mafiosi e ridati alla comunità''. ''Ora - si conclude la nota - Don Diana appartiene al suo popolo e ogni nuovo tentativo di delegittimarne la sua figura e' anche un tentativo fatto contro chi si batte per l'affermazione della legalità in territori dove la camorra ha radici profonde''.

http://lnx.casertasette.com/modules.php?na...ticle&sid=17572

CASO DON DIANA: ON. PECORELLA COME LA DDA, MA SI BECCA LE SAVIANATE


CASERTA, 1° AGOSTO 2009 - L'Italia è davvero un paese strano. Un deputato come Gaetano Pecorella, insigne avvocato e docente universitario, presidente della commissione Giustizia, durante una pausa di una trasmissione tv a Telelombardia si limita a dire quello che la Direzione distrettuale antimafia ha scritto nell'ordinanza di custodia cautelare per l'omicidio di don Peppino Diana ed ecco che si scatena il putiferio. Il solito Saviano, sui soliti giornali fanno fatica a capire che la Procura antimafia che esaltano in ogni rigo di articolo ogni giorno è la stessa che ipotizzò quel movente di cui ha parlato Pecorella, peraltro scritto e riscritto su tanti quotidiani all'epoca dei fatti. Solo che nè Saviano, nè i pecoroni hanno letto giornali dell'epoca e soprattutto l'ordinanza. Pecorella, nell'intervallo della trasmissione avrebbe affermato: “ma poi lo sapete chi era questo Peppino Diana? Era uno che custodiva le armi della mafia” (Ndr: movente ipotizzato dalla Dda nell'ordinanza cautelare a carico dei camorristi poi condannati). "Non infangare le vittime della camorra” gli sarebbe stato risposto - come si legge sul blog di Nando Dalla Chiesa. Risposta: “Hai letto gli atti giudiziari?”. Pecorella era peraltro stato uno degli avvocati in quel processo. Tanto rumore per nulla. Intanto, lo stesso Pecorella ha querelato due persone del pubblico per violazione della privacy sottolineando a questi ultimi di leggersi gli atti prima di parlare a vanvera. Naturalmente in queste ore si susseguono le solite reazioni politiche piene di...nulla. Tanto per parlare in questo primo agosto con file chilometriche sulle autostrade.

Edited by GalileoGalilei - 26/2/2017, 07:58
 
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view post Posted on 6/8/2009, 23:25
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Le ridicole affermazioni del vescovo Nogaro (che non era il vescovo di don Diana, ma quello di Caserta): "I preti non vanno con le donne". E ci dovremmo fidare delle parole d un vescovo?

http://www.pupia.tv/casaldiprincipe/notizie/000612.html

Nogaro: “Pecorella mi chiese persino delle donne di don Diana”
di Redazione del 6/08/2009 in Società - Letto 63 volte - Voto: 5 / 5


CASAL DI PRINCIPE. «Per me don Giuseppe Diana è già un santo. E io mi batterò perché si inizi il processo per la sua beatificazione».



Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, don Diana lo ha conosciuto in vita. Ed è tra quelli che non hanno mai avuto dubbi sul perché sia stato ucciso. Ne parla con calma nella sua nuova abitazione di Caserta, a pochi passi dal Duomo, che per 18 anni è stata la sua sede vescovile. Vorrebbe fare il "vescovo pensionato", ma per don Diana fa qualche eccezione.

Andavano insieme nelle scuole a parlare con gli studenti della necessità di lottare contro la camorra. Andò ai suoi funerali ed è sempre stato tra coloro che lo hanno difeso nelle occasioni in cui è stato calunniato.

Perché dovrebbero fare santo don Diana?

«Perché è morto da martire. Il martire un tempo era sempre considerato santo. Anche se era un povero uomo. Per principio era così. Noi dovremmo ripartire da questo. Don Diana era un sacerdote che ha sempre testimoniato la sua coerenza nella fede e nell´uomo e ha pagato con la vita l´amore per il suo popolo. I santi sono proprio questi».

Sarà difficile, visto che ancora fino all´altro giorno c´è stato chi ha messo nuovamente in discussione i motivi della sua morte.

«Quando ho letto le parole dell´onorevole Gaetano Pecorella, ho rivissuto i momenti difficili degli anni passati. Ho visto tante volte i familiari soffrire per le calunnie che venivano lanciate nei confronti di don Diana. E ho rivissuto alcuni momenti del processo per la morte del sacerdote di Casal di Principe, quando fui citato come teste e interrogato proprio dall´avvocato Pecorella».

E come andò?

«Si rivolgeva a me con mille insinuazioni. Rimasi mortificato.

Mi pareva impossibile che nei tribunali si giungesse a formulare insinuazioni così cattive nei confronti delle persone. Diceva di tutto su don Diana. Mi chiese espressamente se conoscevo le donne di don Diana.

"I preti non vanno con le donne", gli risposi. Poi mi chiese delle armi. E allora scattai in piedi accusando di viltà gli organi di Stato che mettevano in giro voci del genere. Mi sentii umiliato. Scattai in piedi per ben due volte. Mi trattava come se fossi il complice di un criminale».

Tornando alla beatificazione di don Diana. Non dovrebbe essere la chiesa della sua diocesi a proporre l´inizio del processo?

«Sì, ma per don Puglisi la discussione è cominciata nel mondo laico, che ha contribuito tantissimo a far aprire il processo di beatificazione».

Ha più fiducia nei laici che nella Chiesa?

«In Campania la Chiesa è cresciuta all´ombra della Democrazia cristiana. Se voleva lottare contro la camorra poteva farlo, ma ha saputo solo vivere all´ombra del potere della Dc. La Chiesa in Campania è forte, è attrezzata. E se avesse fatto della sua presenza anche un baluardo per la legalità e la giustizia; se avesse fatto "i catechismi per la legalità", come fa per la fede, non saremmo a questo».

Il catechismo per la legalità?

«Sì, esattamente. La morale, l´onestà, la giustizia, la legalità sono come la fede. E bisogna presentare la difesa dell´uomo come si presenta la preghiera. Tu devi adorare Dio, ma se adori Dio, devi venerare anche l´uomo. E l´uomo lo veneri nelle stesse forme. Bisogna intervenire ogni qualvolta c´è l´abuso di umanità. Quando fai del male all´uomo vuol dire che offendi i comandamenti».

I genitori di don Diana hanno fatto sapere che gradirebbero una sua visita.

«Li andrò a trovare appena mi sarà possibile. Intanto domenica prossima celebrerò la messa ufficialmente per loro. Per Iolanda e Gennaro. Pregherò il Signore affinché dia loro la forza per resistere alle umiliazioni e alle offese infinite che hanno dovuto subìre in questi anni».

da Repubblica, 06.08.09

 
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Il vescovo di Aversa Spinillo (che all'epoca dei fatti viveva a 200 km di distanza da don Diana) se la prende col pentito, parlando di diffamazione, senza spiegarci quale sarebbe l'oggetto della diffamazione

http://www.quicaserta.it/attualita/caserta...chiavone-040212


Monsignor Spinillo risponde a Schiavone
Caserta, 6 febbraio 2013 10:46
di Redazione
La notizia delle dichiarazioni rese in questi ultimi giorni presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere da Schiavone Carmine in merito ad una presunta forma di coinvolgimento del Sacerdote Don Peppino Diana in attività che avrebbero dovuto procacciare consensi elettorali in cambio di gratuite prestazioni d’opera o di donazioni di materiali per la realizzazione di opere di edilizia in edifici di culto, suscita profonda indignazione nella comunità ecclesiale della Diocesi di Aversa. Da quanti, prima della sua morte, hanno avuto reale contatto con il Sacerdote ucciso dalla Camorra, da quanti ne hanno sempre onorato la memoria riconoscendone l’impegno, cristiano e civile, a contrastare l’organizzazione malavitosa e ad offrire ai giovani un sostegno nel guardare con libertà alla vita, mai si era udita un’accusa tanto infamante. Le affermazioni fatte risuonare nell’Aula del Tribunale colpiscono anche per essere prodotte tanto improvvisamente e senza che mai vi sia stato alcun segno di sospetto su un operato che risulta, invece, essere tanto lontano dal pensare e dall’agire di Don Peppino Diana. Gettare l’ombra del sospetto sull’azione di un uomo che non potrà replicare a difendere la propria onestà è un agire vile che offende l’uomo, il sacerdote, la chiesa e la comunità civile.
La Chiesa di Aversa esprime il proprio dolore nel vedere che, mediante affermazioni che hanno solo il sapore di una diffamazione, si vuole rinnovare il tentativo di infangare la memoria di Don Peppino Diana. In questa azione appare, piuttosto, il tentare di incrinare la forza dei tanti che grazie al suo esempio sentono di potersi impegnare per costruire un mondo più giusto e rispettoso della vita di ogni uomo.
Non si capisce quale possa essere il vero obiettivo di tali infondate affermazioni, certamente, però, sappiamo che non vengono da ambienti in cui la fedeltà alla verità è vissuta come un valore. Sappiamo bene come un certo modo di agire sia proprio di ambienti che hanno sempre falsificato le cose pur di raggiungere scopi illeciti a vantaggio di prepotenti.
La comunità cristiana della Diocesi di Aversa onora il ricordo di un suo figlio sacerdote e rinnova il suo impegno a vivere sempre nella fedeltà al Dio della verità e della giustizia.
 
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http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/...251900302.shtml

IL 19 MARZO 1994
Oggi moriva don Peppe Diana:
c'è uno spiraglio per la beatificazione
Alle iniziative in memoria del parroco di Casal di Principe
ammazzato dalla camorra c'è l'arcivescovo Bortolone

CASERTA — Si apre uno spiraglio per l'inizio della beatificazione di don Peppe Diana. E si apre nel giorno del diciannovesimo anniversasio della sua uccisione. Infatti alla riflessione sul sacrificio del sacerdote di Casal di Principe (questo pomeriggio, dopo la messa di suffragio nella parrocchia di San Nicola di Bari), oltre al vescovo di Aversa monsignor Angelo Spinillo e al magistrato Donato Ceglie, parteciperà anche l'arcivescono di Catanzaro-Squillace, e principalmente postulatore della causa di beatificazione di don Giuseppe Puglisi, che si sta avviando a conclusione.
Anniversario della morte di don Peppe Diana



LA "MACCHINA DEL FANGO" - Su un avvio del processo di beatificazione del sacerdote diventato simbolo della lotta allla camorra nell'agro aversano e non solo, ha pesato la «macchina del fango» che si è messa in moto subito dopo l'omicidio con calunnie e falsi testimoni. Tra le altre manovre quella di una sedicente giornalista che arrivò a dichiarare al processo di essere stata l'amante del sacerdote: solo che quella «giornalista» non esisteva da nessuna parte, non aveva mai scritto un articolo per la testata per la quale diceva di lavorare né per altre testate. Tutto falso. Fallita questa manovra cominciò quella di presunti favori fatti ai clan. Tutti tentativi che non hanno sortito effetto. Venne messa in moto anche una campagna di stampa che è stata stigmatizzata e contraddetta. Infangare il nome di don Diana è stato un boomerang per la camorra, ma ha avuto l'effetto di bloccare qualsiasi iniziativa per la sua beativicazione.

IL VESCOVO SPINILLO - Iniziativa che si mette in moto adesso. Lo dice tra e righe lo stesso vescovo Spinillo quando afferma che «la Diocesi di Aversa, in occasione di questa celebrazione in memoria di Don Peppino Diana, vorrà soprattutto riprendere e rimeditare il valore della testimonianza che, oltre ogni atteggiamento o visione di eroismo solitario, è messaggio che comunica e chiama a condividere, nella luce della fede comune, un sincero amore alla verità, una robusta fedeltà alla giustizia verso ogni uomo, una serena speranza che, sul modello di Gesù, si traduce sempre in generosa offerta di carità fraterna, in dono di redenzione e di salvezza per tutti gli uomini». Un modo come un altro per dire che bisogna cominciare a pensare a quello che è stato il sacrificio del sacerdote e quindi cominciare il lungo iter della beatificazione.
Per anni, la chiesa non ha preso una netta posizione (e quella di oggi per questo motivo assume un particolare rilievo) sul sacrificio del sacerdote di Casal di Principe. È stato l'arrivo del nuovo vescovo ad Aversa a mettere in moto una macchina di riflessione sulle azioni del sacerdote ucciso e di alcuni preti di Casal di Principe, Casapesenna e San Cirpiano (il famigerato triangolo della camorra casalese).

IL SEGNALE DELLA CURIA - Il primo segnale venne dato nei giorni di Natale con la ripubblicazione del documento «Per amore del mio popolo» che è diventato un documento «ufficiale» della curia aversana. Un netto distacco dal silenzio e dall'inazione del precedente vescovo nei confronti della malavita organizzata e delle sue attività. La commemorazione per l'uccisione di don Diana non prevede solo una manifestazione religiosa. In mattinata, infatti, su iniziativa di Libera, si svolgerà una «marcia» alla quale parteciperanno i familiari delle vittime innocenti della malavita, numerose scuole dell'agro aversano, rappresentanti dei sindacati. Le scuole che non potranno essere a Casal di Principe questa mattina, ricorderanno il sacrificio del sacerdote in sede e potranno spedire foto della celebrazione a Libera che pubblicherà tutte le immagini sul suo sito.

Vito Faenza
19 marzo 2013 (modifica il 21 marzo 2013)



CITAZIONE
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/...251900302.shtml

Tra le altre manovre quella di una sedicente giornalista che arrivò a dichiarare al processo di essere stata l'amante del sacerdote: solo che quella «giornalista» non esisteva da nessuna parte, non aveva mai scritto un articolo per la testata per la quale diceva di lavorare né per altre testate. Tutto falso.

Vito Faenza
19 marzo 2013 (modifica il 21 marzo 2013)

Tipico argomento contra hominem.

Si sostiene che la testimone non è giornalista, che non esiste il giornale ecc.

Ma non si va al centro della questione: le dichiarazioni della donna sono state smentite? Poiché la donna ha reso la dichiarazione davanti ad un tribunale, la dichiarante è stata imputata per false dichiarazioni? E' stata condannata insomma per aver detto il falso?

Questo il giornalista non ce lo dice. Chi guida la macchina del fango?

Edited by pincopallino2 - 24/5/2021, 14:04
 
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http://www.iltempo.it/cronache/2014/03/21/...mpere-1.1231740

21/03/2014 06:06
L'INTERVISTA
Schiavone: «Io perdonato dal Papa. I preti? Si dovevano corrompere»
Parla il pentito. L’ha vista la fiction Rai sull’omicidio di don Peppe Diana? «Sì, tutte cazzate»



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Carmine Schiavone, l’ha vista la fiction Rai sull’omicidio di don Peppe Diana?
«Sì, tutte cazzate».
È una serie televisiva ispirata alla vita del prete, non un documentario, comprensibile no?
«So solo che don Peppe era una brava persona, credeva nella chiesa. Non voleva questa guerra di mafia, anche se sapeva che non ci stava nessun innocente a combatterla. Sono state fatte guerre contro i Cutoliani che volevano sottometterci, contro i Nuvoletta che stavano con i Riina e i Provenzano mentre noi avevamo fatto una scissione: i Casalesi, una Cosa nostra campana. Divenimmo vincitori in Campania, perdenti in Sicilia. Don Peppe Diana era una bravissima persona».
Lei è stato l’amministratore delegato dei Casalesi, nel ’93 si è pentito perché ha scoperto che i suoi volevano farla fuori, visto che non era d’accordo sull’interramento dei rifiuti nella sua terra "dei fuochi". Così ha inchiodato i suoi ex. Don Diana era suo parente?
«La sorella Marisa ha sposato mio nipote Antonio Zara, figlio di mio cugino Ciccio Zara. La madre era Schiavone Maria, figlia di mio zio Vincenzo. Invece il fratello Emilio ha sposato mia nipote Enrichetta, figlia di mia cugina Giannina, a sua volta figlia del fratello di mio padre».
A Casal di Principe immagino che sia facile essere parenti?
«Già».
Quando è successo l’omicidio lei era già pentito?
«Sì, da più di un anno».
In carcere si diceva che quel prete rischiava grosso?
«Ma nooo. La mia famiglia non avrebbe mai toccato don Peppe Diana. Potevano essere delle bestie in tutte altre maniere, però c’erano delle regole: non si toccavano né politici, né avvocati, né preti. I politici e i preti si corrompevano, si compravano».
Anche i preti?
«Anche i preti. Ma don Peppe non era uno di questi. Io gratuitamente gli ho dato il cemento per fare la cappella dove l’hanno ammazzato. Fino al ’91, quando mi hanno fatto arrestare, a Casale non si facevano estorsioni, non si vendeva droga. Don Peppe voleva coinvolgere i giovani, sapeva del problema dei rifiuti perché gliene avevo parlato quando ero latitante. Gli ho detto: "Questi sono cani rognosi, hanno perso tutti i valori, lo fanno per soldi, non sono più uomini d’onore, stanno infettando la terra, qui si morirà tutti di cancro". Volevano che io lo infangassi. Mi sono rifiutato. Era un prete vero. I nostri avversari volevano accollarci l’omicidio di don Diana. Se uno Schiavone avesse dato quell’ordine sarebbe scoppiata una guerra interna alla famiglia. Don Diana è stato ucciso perché parlava, perché era imparentato con gli Schiavone, perché ha negato il funerale a uno dei nostri nemici e perché volevano buttarci addosso i carabinieri. Don Peppe era democristiano puro, gli abbiamo pure detto di votare Nicola Cosentino, di cui era amico. I Casalesi controllavano i voti, orientavano gli elettori. Oggi chi si sfoga e mi accusa di aver permesso che avvelenassero Casale non sa o non vuole sapere che io mi sono pentito proprio perché mio cugino Sandokan si era fatto abbagliare dai soldi e che i loro nonni, di chi protesta, hanno venduto ai camorristi i loro terreni per quegli sporchi traffici».
Vedo che lei sul tavolo ha una Bibbia?
«Me l’ha portata il parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello. Gliel’ha data Papa Francesco e lui me l’ha dedicata».
Lei vorrebbe incontrare il Papa?
«Sì, voglio incontrarlo. Mi ha convertito. Ero ateo, ora sono cattolico. Lui mi ha mandato a dire che ha perdonato i miei peccati».
E lei si è perdonato?
«No. La notte mi sveglio per gli incubi».
Fabio Di Chio
 
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Ci sarà una ragione se in Vaticano non lo vogliono santo? Noi crediamo di sapere il perché.

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/...506363799.shtml

FESTIVAL DELL'IMPEGNO CIVILE
«Don Diana Day » di 4 luglio,
con Franco Roberti e il concerto dei Foja
Monsignor Nogaro: «La Santità dell'ex parroco di Casale
è genuina, autentica, seppure la Chiesa non la riconosce»

Napoli 47
ALTRI 2 ARGOMENTI
NAPOLI - Festival dell’Impegno Civile: domani, 4 luglio, il Don Diana Day, con il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, il Vescovo Angelo Spinillo, il Professore Sergio Tanzarella. l’ex ministro Massimo Bray, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. A seguire il concerto dei Foja.
«La camorra è il nichilismo dell’umanità. E’ scritto nel documento “Per amore del mio popolo”. Quando sono arrivato a Caserta anche qualche prete mi diceva che non era possibile usare il termine camorra perché andava rispettata l’onorabilità dei casertani. Anche la chiesa era collusa con la camorra. E poi c’era don Peppe Diana, il suo impegno. Abbiamo avuto una frequentazione molto intensa. La santità di Don Diana è autentica, genuina, seppure la Chiesa ancora non la riconosce noi sappiamo che è così. Una santità civile, un Santo del popolo, San Peppino di Terra di Lavoro». Le parole che il vescovo Emerito Raffaele Nogaro ha usato il 30 giugno a Caserta per la nona tappa del Festival, risuoneranno ancora domani, nel corso del Don Diana Day, la tappa con cui il Festival dell’Impegno Civile festeggerà il 56° compleanno del giovane parroco di Casal di Principe ucciso 20 anni fa per il suo impegno contro la camorra. Nel bene confiscato dedicato a Don Peppe di via Urano a Casal di Principe, dalle 18,30, sarà assegnato il Premio nazionale Don Diana quest’anno destinato al Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, al vescovo di Aversa Angelo Spinillo e al professor Sergio Tanzarella. Con loro saranno presenti anche il già ministro ai beni culturali Massimo Bray e il direttore del quotidiano Avvenire Marco Tarquinio, destinatari di due menzioni speciali. Al termine della cerimonia, dalle 21, la musica dei Foja, che con il loro ultimo lavoro “Dimane torna ‘o sole”, stanno ottenendo un sempre maggiore successo di pubblico (trionfale l’ultimo concerto a Bagnoli) e critica (due le nomination di prestigio, una ai Nastri D’Argento l’altra ai David di Donatello dove hanno concorso col brano “A’ malia”, nella colonna sonora del film “L’arte della felicità”). «Proseguiamo questo straordinario viaggio che raggiunge più di venti comuni della Campania, dal casertano all’avellinese e al napoletano e quest’anno arriva fino in Toscana, a Pistoia» affermano gli organizzatori «incontrando le tante Storie PerBene che stanno determinando un processo di reale cambiamento sulle nostre terre, le Terre di Don Peppe Diana».

03 luglio 2014
 
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Zannini presenta "L’amante di Cristo", libro dedicato a NogaroSabato 26 Luglio 2014


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LIBRI - Castel Volturno - Zannini presenta L’amante di Cristo , libro dedicato a Nogaro - Casertanews.it
LIBRI | Castel Volturno - Martedì 29 luglio a partire dalle ore 20.30 presso la Chiesa della Civita a Castel Volturno, si presenta il libro di Alessandro Zannini "L'amante di Cristo". Saluti di Francesco Di Napoli. Intervengono: Alfonso Caprio e Pasquale Iorio. Coordina Annamaria La Penna. Letture a cura degli Amici della Biblioteca "Don Milani – Auser Caserta"
Papa Francesco a Caserta, in quella terra dove si sta consumando una guerra amara, spietata. Dove i veleni non sono solo quelli "dei fuochi", ma sono anche altri, invisibili e forse ancora più pericolosi. Della malavita, di scontri tra due fazioni opposte, che vogliono mettere le mani sul territorio, oscurando la presenza di chi, la maggioranza, non c'entra niente con la malavita e col resto. Sarà presentato proprio a Castelvolturno, in quella terra martoriata, dove anche il Pontefice ha voluto far sentire la sua voce, il libro ispirato e dedicato alla figura di Monsignor Raffaele Nogaro, che arriva in libreria L'amante di Cristo (grauseditore) di Alessandro Zannini, romanzo che ripercorre la vita e alcuni episodi tratti dalla realtà, anche attraverso personaggi che rimandano a figure verosimili, che hanno incrociato e attraversato la vita di Monsignor Nogaro. Troviamo nel libro il cardinale Hòffemberg, la piccola Ilaria, il ras politico Giuseppe Palmieri, don Luigi, sacerdote assassinato dalla camorra. Al centro Nogaro con la sua testimonianza di impegno, la sua figura emblematica, sempre in prima linea, sempre vicino a chi soffre, ai più deboli. Ma anche impegnato nelle battaglie civili, con la forza della semplicità, suscitando spesso scandalo proprio per le sue prese di posizione a favore degli ultimi, appoggiando battaglie di civiltà. In una recente intervista a proposito delle calunnie lanciate contro Don Peppe Diana ha detto, nel cui processo è stato testimone: "Ribattei con forza alle infamie scagliate contro don Peppe: frequentatore di prostitute, pedofilo, custode delle armi destinate a uccidere il procuratore Cordova. Infamie e accuse come strumento di martirio". E alla domanda su cosa ha seminato Don Peppe Diana risponde così: "Ha seminato il risveglio delle coscienze, la ribellione dei giovani che hanno bisogno di denunciare il male sociale". Un romanzo forte quello di Zannini, che intende celebrare, in vita, la figura di uno dei togati più impegnati nella lotta civile, in quelle terre che definisce "scempiate" e che non hanno confini geografici.

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www.farodiroma.it/2017/02/25/viroch...iani-insorgono/

Viroche come don Diana. Di nuovo lo infangano con una presunta relazione. Ma i fedeli insorgono

25 Feb 2017Don Diana, Viroche by redazione

Impressiona come la vicenda di padre Viroche risulti sovrapponibile a quella di don Peppe Diana (come nella foto qui sopra), del quale a 21 anni dal delitto, la diocesi di Aversa ha chiesto nel 2015 alla Santa Sede di poter aprire il processo per la beatificazione. Un prete coraggioso come padre Juan e che in segno di disprezzo fu ucciso proprio il giorno del suo onomastico, il 19 marzo 1994. “Parroco di un paese campano, in prima linea contro il racket e lo sfruttamento degli extracomunitari, pur consapevole di esporsi a rischi mortali, non esitava a schierarsi nella lotta alla camorra, cadendo vittima di un proditorio agguato mentre si accingeva ad officiare la messa. Nobile esempio dei piu’ alti ideali di giustizia e di solidarieta’ umana”, recita la motivazione della medaglia d’oro al valor civile concessa alla memoria di don Diana dalla Repubblica Italiana il 19 ottobre 1994. E all’Angelus del 20 marzo, il giorno dopo l’omicidio, San Giovanni Paolo II aveva detto: “Sento il bisogno di esprimere ancora una volta il vivo dolore in me suscitato dalla notizia dell’uccisione di don Giuseppe Diana, parroco della diocesi di Aversa, colpito da spietati assassini mentre si preparava a celebrare la santa messa. Nel deplorare questo nuovo efferato crimine, vi invito a unirvi a me nella preghiera di suffragio per l’anima del generoso sacerdote, impegnato nel servizio pastorale alla sua gente. Voglia il Signore far si’ che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra, produca frutti di piena conversione, di operosa concordia, di solidarieta’ e di pace”. Parole che purtroppo non bastarono a mettere a tacere le calunnie su don Diana, alle quali prestò evidentemente ascolto anche la Chiesa (come sta accadendo a Tucuman dove il vescovo Zecca si rifiuta di sostenere i fedeli di La Florida nella ricerca della verità), tanto che sono serviti due decenni perchè si iniziasse l’iter della beatificazione.
Gli assassini non si erano accontentati infatti di freddare don Peppe, vollero pure scempiarne il corpo con ulteriori colpi di pistola al basso ventre per indicare falsamente un movente sessuale e cosi’ tentare di impedire che divenisse il simbolo del riscatto di un popolo vessato dalla criminalita’ organizzata. Con la sua testimonianza e le sue omelie, senza timore per la propria vita, don Peppino proclamava che si può non essere schiavi della camorra. L’esempio del parroco di San Nicola rischiava di diventare contagioso: per questo – e non solo per sviare le indagini – fu calunniato poi anche dopo la morte con una ben orchestrata campagna di stampa e una difesa processuale che provo’ a distruggere ulteriormente l’immagine del sacerdote. Ma il vescovo di Aversa e vicepresidente della Cei, Spinillo, oggi ha coraggiosamente sgretolato lo schermo che per due decenni e’ riuscito a nascondere la verita’ sull’eroismo di don Diana: nella messa celebrata con tutti i sacerdoti della diocesi nella chiesa di Casal di Principe dove il sacerdote fu trucidato, il presule ha fatto sua infatti la petizione – presentata insieme all’Agesci e al “Comitato Don Diana” da decine di associazioni di volontariato e impegno civile locali e nazionali – che chiede a Papa Francesco di riconoscere che l’omicidio fu commesso “in odio alla fede”. “E’ morto da martire. Era un sacerdote che ha sempre testimoniato la sua coerenza nella fede e nell’uomo e ha pagato con la vita l’amore per il suo popolo”, ha detto il vescovo emerito di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro, che di don Peppino era il padre spirituale. In questa veste, monsignor Nogaro fu interrogato nel processo per l’omicidio e da uno dei difensori, l’avvocato e allora parlamentare Gaetano Pecorella, si sentì chiedere espressamente se conosceva le donne di don Diana. “‘I preti non vanno con le donne’, gli risposi. Poi mi chiese delle armi. E allora scattai in piedi accusando di viltà gli organi di Stato che mettevano in giro voci del genere. Mi sentii umiliato. Scattai in piedi per ben due volte. Mi trattava come se fossi il complice di un criminale”, ha raccontato il presule, esprimendo sofferenza per “le umiliazioni e le offese infinite che hanno dovuto subire i genitori e i fratelli di don Diana”. Come è noto un quotidiano locale titolò in prima pagina “Don Diana era un camorrista” e dopo pochi giorni “Don Diana a letto con due donne”, descrivendolo quindi non come vittima della camorra bensì come appartenente ai clan.
 
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http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/...473579309.shtml
DOPO LE ACCUSE DI ROBERTO SAVIANO
Rosetta Natale: «Io, innocente, diventata mostro da sbattere in prima pagina»
«Mi hanno accusato di essere la perpetua di don Peppe Diana»
Una vittima della «disinformazione» racconta la sua storia


Don Peppe Diana ucciso dalla camorra per la sua lotta contro i clan
Don Peppe Diana ucciso dalla camorra per la sua lotta contro i clan NAPOLI — «Ricordo persino la data: 23 giugno del 1999. Un amico mi ha chiamato e mi ha letto la notizia. A nove colonne sul Corriere di Caserta ero indicata, assieme a un'altra ragazza come "perpetua di don Peppe Diana". Comprai il giornale e non ebbi un colpo grazie alla telefonata del mio amico». Rosetta Natale, insegnante, ex consigliera comunale di opposizione a Casal di Principe (ora si è trasferita) racconta la sua disavventura con il giornale casertano, una "questione" per la quale ha avuto una sentenza che ha condannato la testata per diffamazione dopo sei anni e dieci mesi, ma è ancora in attesa della sentenza di appello. «Chiariamo subito una cosa. Io non voglio un risarcimento in denaro, ma uno morale con un articolo pubblicato con la stessa evidenza evidenza. Se avessi voluto soldi avrei intentato una causa civile».
Dunque cosa accadde quel 23 giugno 1999?
«Mi trovai a essere il mostro sbattuto a titoli di scatola in prima pagina. Nell'articolo ero indicata assieme a Jolanda Natale, solo una mia omonima, come "perpetua" di don Peppe, lasciando intendere una relazione fra noi e il sacerdote ucciso. L'articolo era corredato da una foto, trovata nello studio di don Peppe, in cui si vedevano due donne su un letto con don Diana».

E chi erano le due donne?
«Una è la moglie del padrone di casa, l'altra una scout calabrese. Una foto innocente di quelle che si fanno in molte occasioni durante i viaggi, le gite. Poi se fosse stata realmente compromettente vi pare che don Peppe l'avrebbe tenuta in bella mostra nel suo studio?»

Andò subito dall'avvocato?
«Il legale del mio paese mi consigliò di lasciar perdere e quasi mi convinse, tanto che feci sapere che ci fosse stata una ritrattazione, con la stessa evidenza, avrei fatto cadere tutto. Ma quella ritrattazione non è mai arrivata e quindi ho proseguito l'azione legale per diffamazione a mezzo stampa».

E cosa accadde durante le udienze?
«Che la redattrice dell'articolo sostenne anche che era stato preso dall'hard disk un articolo diverso, che il testo le era stato cambiato. Ma il paradosso è che il suo legale disse che avevo ragione, ma che non dovevo prendermela con la sua difesa, ma con la testata».

È stata sorpresa di quelle illazioni?
«Confesso non riuscivo a capire tutto quel fango che veniva gettato su don Peppe, non ho capito il fango gettato su di me e su quell'altra ragazza, Jolanda, e poi anche se avevo la coscienza tranquilla e la solidarietà dei miei amici, non posso dire che non sono stata male. Sono stata alle lacrime per l'infamia che mi era stata fatta».

E così ha deciso di seguire tutte le udienze del processo per diffamazione?
«Si, ne avrò saltata una o due. Sono stata sempre in aula per vedere in faccia i testimoni. Venne a testimoniare anche il direttore responsabile, Antimo Fabozzo. Aveva un'aria dimessa, posso dire che mi fece quasi pena. Anche lui si arrampicò sugli specchi, poi alla fine la difesa della giornalistà tentò un colpo. Sostenne che un tecnico avrebbe testimoniato che dall'hard disk era stato preso un altro articolo e messo in pagina. Ma il tecnico non è mai arrivato».

E il giudice?
«Si infastidì come si era infastidita all'affermazione che l'articolo era stato cambiato. Sembrava che volessero prendere in giro tutti. Alla fine c'è stata la sentenza anche se non definitiva. Ho avuto giustizia ma solo a metà e solo dopo sei anni e dieci mesi».

La sentenza le dà ragione e anche la figura di don Peppe alla fine è uscita immacolata.
«È vero, ma io non capisco perché tanto accanimento su di lui. Non c'è stato rispetto per un morto. Prima il titolo sul fatto che poteva essere camorrista, poi sulle "pepetue", poi le "amanti", e tra queste una donna di San Cipriano. Assurdo, ma quegli articoli fecero breccia e quando andai a testimoniare mi sentii chiedere dal Pm: "Ma don Diana la baciava?" Incredibile ».

E lei cosa ha risposto?
«Dopo un attimo di sorpresa gli ho detto: "Certo, come baciava mia madre che ha 73 anni". È rimasto di stucco e non è andato oltre. Ma è assurdo che un rappresentante dell'accusa non sapesse chi era don Peppe Diana e che le cose pubblicate erano tutte false».

E chi era don Peppe Diana?
«Basterebbe solo una frase: uno che credeva in quello che faceva. Aggiungerei che era una persona estremamente coerente. Anche sul celibato dei sacerdoti. Era anche inflessibile, specie sul tema della corruzione e della camorra. Tanto coerente e inflessibile che è stato ucciso ai piedi dell'altare?».

Ci sono altri risvolti della vicenza che l'ha vista come un mostro in prima pagina?
«Una c'è. La rivista "Lo Spettro" quando uscirono le illazioni sul Corriere di Caserta su don Peppe redasse un articolo in cui chiedeva l'opinione a varie persone. Tra queste c'erano anche i genitori di don Diana orbene il Corriere dei Caserta ha querelato tutti e il processo per diffamazione, a quanto ne so, giace presso il tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi. Mi è sembrato, però, ridicolo che si querelassero i genitori del sacerdote ucciso ai piedi dell'altare».

Cosa pensa della denuncia di Roberto Saviano?
«Ha fatto bene. Era ora che si comciasse a discutere del livello e della qualità dell'informazione in Terra di Lavoro e si cominciasse a riflettere che certi articoli e titoli che cose non vanno assolutamente fatti».

Per concludere si è data una spiegazione perché di tanto fango su don Diana?
«Confesso non sapevo darmi una spiegazione, poi ne ho trovata una, ma non so se è quella giusta. Credo che tutte quei titoli tendenziosi, il riportare dichiarazioni false di pentiti, quello che è capitato a me, avessero il solo scopo nell'insinuare il dubbio che il delitto avesse un movente diverso da quello di una vendetta della camorra. Un assassinio passionale o una punizione per uno sgarro, magari per aver conservato delle armi, questo volevano far credere. Ma alla fine la giustizia ha trionfato».

E l'informazione?
«Ne esce malconcia. Quella locale per i motivi che ha spiegato Saviano, quella nazionale per non aver affrontato sul serio il problema di quello che accade nel casertano».

Vito Faenza
10 settembre 2008(ultima modifica: 20 ottobre 2008)
 
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Cancello ed Arnone : Presentazione del romanzo “L’amante di Cristo”
PUBLISHED MAGGIO 14, 2017 COMMENTS 0
Cancello ed Arnone (Elisa Cacciapuoti) – E’ prevista per giovedì 18 maggio 2017 alle ore 18,30 la presentazione del romanzo “L’amante di Cristo” di Alessandro Zannini – Mediterraneo Editrice.

L’evento programmato dal Comune di Cancello ed Arnone, dalla locale Pro Loco e dall’Associazione culturale “Letteratitudini” avrà luogo presso l’Istituto Comprensivo Statale “Ugo Foscolo” in via Settembrini n. 40, per gentile concessione della Dirigente dell’Istituto prof.ssa Maria Martucci che sarà presente all’incontro e porterà i suoi saluti.

Interverranno: il dott. Pasqualino Emerito, sindaco del comune di Cancello ed Arnone e Rosa Maria Paolella, Assessore alla cultura.

Interverrà inoltre, in qualità di relatore, il professor Raffaele Raimondo.

L’evento sarà moderato dalla psicologa Tania Parente.

Ispirato e dedicato alla figura di Monsignor Raffaele Nogaro, il romanzo L’amante di Cristo (grauseditore) di Alessandro Zannini, ripercorre la vita e alcuni episodi tratti dalla realtà, anche attraverso personaggi che rimandano a figure verosimili, che hanno incrociato e attraversato la vita di Monsignor Nogaro. Nel libro troviamo il cardinale Hòffemberg, la piccola Ilaria, il ras politico Giuseppe Palmieri, don Luigi, sacerdote assassinato dalla camorra. Al centro Nogaro con la sua testimonianza di impegno, la sua figura emblematica, sempre in prima linea, sempre vicino a chi soffre, ai più deboli. Ma anche impegnato nelle battaglie civili, con la forza della semplicità, suscitando spesso scandalo proprio per le sue prese di posizione a favore degli ultimi, appoggiando battaglie di civiltà. In una recente intervista a proposito delle calunnie lanciate contro Don Peppe Diana ha detto, nel cui processo è stato testimone: “Ribattei con forza alle infamie scagliate contro don Peppe: frequentatore di prostitute, pedofilo, custode delle armi destinate a uccidere il procuratore Cordova. Infamie e accuse come strumento di martirio”. E alla domanda su cosa ha seminato Don Peppe Diana risponde così: “Ha seminato il risveglio delle coscienze, la ribellione dei giovani che hanno bisogno di denunciare il male sociale”. Un romanzo forte quello di Zannini, che intende celebrare, in vita, la figura di uno dei togati più impegnati nella lotta civile, in quelle terre che definisce “scempiate” e che non hanno confini geografici.

E’ un romanzo di fede – dice Alessandro Zannini, nella dedica che gentilmente mi ha fatto sulla copia del romanzo – di trascendenza, di dolore, prepotenza, rassegnazione, di riscatto ed emancipazione. E’ un romanzo d’Amore, sentimento che presiede il tuo sguardo e indica la tua parola – conclude Zannini. Una dedica bellissima, per la quale ancora una volta ringrazio di vero cuore.

In realtà “L’amante di Cristo è una mescolanza di realtà e fantasia, l’intera vicenda narrata elaborata su diversi episodi concretamente accaduti, svoltasi in luoghi esistenti, e i cui personaggi principali rimandano a figure verosimili, tra cui, come già innanzi menzionato: il cardinale Hòffemerg, la piccola Ilaria, il ras politico Giuseppe Palmieri, don Luigi, giovane sacerdote assassinato dalla camorra per aver sollecitato la ribellione etica, proprio come don Peppino Diana.

Indiscutibilmente vera è la forza morale di monsignor Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, difensore degli umili, degli emarginati, dei bisognosi di cibo e di cittadinanza, degli scarti d’umanità, dei privati di opportunità e diritti, delle vittime di ogni forma d’ingiustizia e di sopraffazione.

Mi sembra un grido d’Amore, “L’amante di Cristo”, un grido di giustizia, di libertà, di dignità.

Significative sono anche le parole di don Luigi Ciotti, riportate sulla quarta di copertina: Volteremo pagina quando saremo capaci di dare speranza alle persone, dando loro gli strumenti affinché ritrovino dignità. Volteremo pagina quando saremo in grado di costruire maggiore uguaglianza, una più equa distribuzione del reddito, una meno inaccettabile disparità fra salari e profitti, e una più decisa tutela dei beni necessari alla vita. Occorre un profondo cambiamento culturale, un’emancipazione dalla ideologia dell’avere e del possesso. Ciò che resta – e si trasmette – è l’essere, sono le relazioni. I beni materiali siamo destinati a perderli. La Chiesa deve abitare la storia e andare incontro alle esigenze di giustizia di ognuno, al di là di fedi e orientamenti culturali. Questo impegno deve partire dalle periferie urbane e del cuore.

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https://www.interno.gov.it/sites/default/f...seppe_diana.pdf

Don Giuseppe Diana
Don Giuseppe Diana, più noto
come Peppe o Peppino, nacque a
Casal di Principe, nell’agroaversano, il 4 luglio 1958, da una
famiglia di proprietari terrieri.
Nel 1968 entrò in seminario ad
Aversa dove frequentò la scuola media e il liceo classico. Successivamente
continuò gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia facoltà
teologica dell'Italia Meridionale. Qui si laureò in teologia biblica e poi in Filosofia
presso l'Università Federico II di Napoli. Nel 1978 entrò nell'Associazione Guide
e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI), prima capo reparto dell’Aversa 1, poi
assistente del gruppo, impegnato in zona e in regione, assistente nazionale dei
Foulards Blancs, assistente generale dell’Opera pellegrinaggi Foulards Blancs.
Essere prete e scout significava per lui la perfetta fusione di ideali e di servizio.
Fu ordinato sacerdote nel marzo 1982. Dal 19 settembre 1989 divenne parroco
della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe, suo paese natale, e
successivamente anche segretario del vescovo della diocesi di Aversa,
monsignor Giovanni Gazza. Insegnò materie letterarie presso il liceo legalmente
riconosciuto del seminario Francesco Caracciolo, nonché religione cattolica
presso l'istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta e l'Istituto
Professionale Alberghiero di Aversa.
Il suo impegno civile e religioso contro la camorra ha lasciato un profondo segno
nella società campana. Don Peppino Diana cercava di aiutare la gente comune
che si trovava in difficoltà negli anni del dominio della camorra casalese, legata
principalmente al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Gli uomini del clan
controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano anche infiltrati negli enti
locali, gestendo fette rilevanti di economia legale, tanto da diventare "camorra
imprenditrice". Era un sacerdote che amava confondersi tra la gente, girava per
il paese in jeans e non in tonaca; aveva, insomma, deciso che dalla sua faccia
doveva emergere trasparenza, lui era così come appariva. La sua voce era
divenuta un grido che scuoteva le coscienze. Le sue non erano prediche
generiche o esortazioni buone per ogni cerimonia, ma ragionamenti ricchi di
esempi, di nomi e di cognomi, di denunce etiche e politiche.
Aveva iniziato a realizzare un centro di accoglienza dove offrire vitto e alloggio
ai primi immigrati africani perché pensava che fosse necessario accoglierli per
evitare che i clan potessero iniziare a farne dei perfetti soldati. Per realizzare il
progetto aveva utilizzato anche alcuni risparmi personali accumulati con la sua
professione di insegnante.
La sua “Chiesa” doveva essere al servizio dei poveri, degli ultimi ed infatti diceva
che “dove c’è mancanza di regole, di diritto si affermano il non diritto e la
sopraffazione. Bisogna risalire alle cause della camorra per sanarne la radice che è
marcia… dove regnano povertà, emarginazione, disoccupazione e disagio è facile
che la mala pianta della camorra nasca e si sviluppi”.
Cercava di invitare i giovani a farsi avanti, a far sentire la propria voce e
partecipare al dialogo culturale, politico e civile della vita comunale. Al contrario,
invitava i camorristi a tenersi in disparte, a non inquinare e affossare il paese.
Alle 7.20 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe Diana fu
assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe,
mentre si accingeva a celebrare la santa messa. Un camorrista lo affrontò con
una pistola, sparando cinque proiettili: due alla testa, uno al volto, uno alla mano
e uno al collo. Il sacerdote morì all'istante. Gli assassini non si accontentarono di
freddarlo, vollero pure scempiarne il corpo con ulteriori colpi di pistola al basso
ventre per indicare falsamente un movente sessuale e così tentare di impedire
che divenisse il simbolo del riscatto di un popolo vessato dalla criminalità
organizzata. L'omicidio, di puro stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia
e anche papa Giovanni Paolo II durante l'Angelus del 20 marzo 1994 pronunciò
un messaggio di cordoglio.
Sin dall'inizio del processo si è tentato di depistare le indagini e di infangare la
figura di don Peppe Diana, accusandolo di essere frequentatore di prostitute,
pedofilo e custode delle armi destinate a uccidere il procuratore Cordova. Le
ragioni per le quali fu ucciso il parroco di Casal di Principe sono emerse
successivamente nel processo in secondo grado e poi in Cassazione, quando i
giudici ribaltarono la sentenza di primo grado ed esclusero l’ipotesi della
custodia da parte del parroco delle armi, fatto che aveva innescato la macchina
del fango contro don Diana. Nunzio De Falco è stato condannato all'ergastolo
come mandante dell'omicidio. Inizialmente De Falco tentò di far cadere le colpe
sul rivale Schiavone, ma il tentativo fallì perché Giuseppe Quadrano, autore
materiale dell'omicidio, consegnatosi alla polizia, iniziò a collaborare con la
giustizia e per questo ricevette una condanna a 14 anni. Il 4 marzo 2004 la Corte
di Cassazione ha condannato all'ergastolo Mario Santoro e Francesco Piacenti
come coautori dell'omicidio. Secondo la ricostruzione dei pm don Diana aveva
rifiutato la celebrazione dei funerali in chiesa di un malavitoso e questo gesto
era stato considerato un affronto troppo duro da sopportare. Tre giorni dopo il
nipote del morto, infatti, entrò in sagrestia e sparò al sacerdote.

La sua morte non è stata solo la scomparsa di una persona vitale, di un capo
scout energico, di un insegnante generoso, di un testimone d'impegno civile,
ucciderlo è diventato l'emblema della vita, della fede e del culto violati nella loro
sacralità.
Uno dei suoi testamenti spirituali è il documento contro la camorra "Per Amore
del mio popolo" scritto nel 1991 insieme ai sacerdoti della Forania di Casal di
Principe. Il messaggio, di rara intensità, fu diffuso a Natale del 1991 in tutte le
chiese di Casal di Principe e della zona aversana. Nel documento la Camorra era
presentata “come una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e
tenta di diventare una componente endemica nella società campana… La Camorra
rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale. Proprio il
disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere
camorristico a tutti i livelli. E’ in questo quadro che le Chiese hanno il compito di
farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico
coinvolgendo anche gli intellettuali mentre ai preti è richiesto di parlare chiaro
nelle omelie ed in tutte le occasioni in cui si richiede una testimonianza
coraggiosa”.
Il 25 aprile 2006, a Casal di Principe, venne ufficialmente costituito il Comitato
don Peppe Diana con lo scopo di non dimenticare il martirio di un sacerdote
morto per amore del suo popolo. Il comitato ebbe origine nel 2003 da sette
organizzazioni attive nel sociale, poi quel nucleo iniziale fu arricchito dal
contributo degli amici di don Peppe facendo maturare la necessità di costituire
un'associazione di promozione sociale al servizio di quanti come don Peppe
volevano continuare a costruire comunità alternative alla camorra. Il Comitato
ha provato a definire sul territorio nuove strategie, nuovi modelli di economia
con l’utilizzazione da parte di cooperative dei beni confiscati, l’inserimento di
soggetti svantaggiati, dando lavoro e dignità alle persone che vivono in questi
territori e hanno deciso di rimanere per costruire terre nuove. Con l’aiuto di
Libera, nelle terre confiscate ai clan nel casertano, operano cooperative agricole
che promuovono i prodotti tipici del luogo nel nome di don Diana.
Lo Stato gli ha conferito la medaglia d’oro al valore civile per essere stato in
prima linea contro il racket e lo sfruttamento degli extracomunitari, e perché,
pur consapevole di esporsi a rischi mortali, non ha esitato a schierarsi nella lotta
contro la camorra ed ha onorato il sacrificio della vittima, con il riconoscimento
concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal
Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n.
512/99.
A don Giuseppe Diana è stato intitolato nel 2010 l'Istituto di Istruzione
Superiore di Morcone (BN) e l'Istituto Comprensivo 3 di Portici (NA). L'8
novembre 2014 nacque in Molise a Termoli la Scuola di Legalità intitolata alla
memoria di don Giuseppe Diana, fondata e diretta da Vincenzo Musacchio.
Nel gennaio 2013 è andata in onda sulle reti RAI una fiction dal titolo “Il clan dei
camorristi” nella quale il personaggio di don Palma, è ispirato a don Giuseppe
Diana. L’anno successivo, a vent'anni dalla scomparsa del sacerdote sempre la
Rai 1 ha trasmesso in prima visione una Fiction TV in due puntate dal titolo “Per
amore del mio popolo” con l'attore napoletano Alessandro Preziosi nel ruolo di
don Peppe Diana. Al sacerdote è stato anche dedicato un documentario da Rai
Storia, dal titolo “Non tacerò, la storia di don Peppe Diana”. Infine anche nella
fiction Rai “Sotto copertura” viene fatto riferimento al personaggio di Giuseppe
Diana per parlare della sua lotta contro la criminalità organizzata.

Questo ricordo di don Peppe Diana che viene diffuso, nel giorno del 24°
anniversario del suo sacrificio, su questa pagina web nel link “TESTIMONIANZE
DI CORAGGIO” dedicato dall’Ufficio del Commissario alle vittime innocenti di
mafia proprio per valorizzarne il coraggio e la tensione morale, non può non
essere arricchito dalle riflessioni ispirate, per personaggi noti, dalla letteratura
che ne ha approfondito la statura umana in una a quella di pastore di anime.
Fonte di ciò è, tra gli altri, il libro scritto da Raffaele Sardo – editore Di Girolamo
dal titolo “Don Peppe Diana. Un martire in terra di camorra” dove è raccontata la
storia che esalta il suo coraggio, il suo impegno e il suo sacrificio. Dall’opera si è
ritenuto di estrapolare fedelmente i seguenti brani, ciascuno dei quali introdotto
al solo scopo di esaltarne il significato.
Nella suggestiva immaginazione dell’autore, il dialogo tra il papà Gennaro, che lo
ha raggiunto in cielo, e don Peppe ci fa riflettere anche su quanto accaduto dopo:
Le sensazioni di don Peppe sui motivi che hanno scatenato l’omicidio:
 ha pesato…soprattutto, il mio lavoro con i ragazzi di Casale. Ho sempre saputo che
quello che facevo era pericoloso, ma lo dovevo fare per la mia gente. Volevo
finalmente la mia città libera dalla camorra. Sapevo che rischiavo anche la vita.
Ma ero disposto a darla. Se ho indossato la tonaca è perché ho condiviso il
sacrificio di Cristo in croce. Se mi fossi tirato indietro non avrei avuto più il
coraggio di guardare in faccia a nessuno, nemmeno te e la mamma…
La gratitudine del papà Gennaro nei confronti dell’amico fotografo, testimone
oculare:
 … “Meno male che c’era il fotografo, quella mattina in Chiesa, Augusto Di Meo, il
tuo amico. Te lo ricordi il fotografo? Se non era per lui l’assassino difficilmente
veniva preso” …“E’ stato lui a raccontare ai carabinieri come sono andati i fatti e
poi lo ha confermato ai magistrati…”
“Augusto, il mio caro amico. Non ha avuto paura. Lui è uno che tira dritto. Lo ha
fatto anche per i suoi figli, per dargli un esempio positivo” …
Le prime prese di posizione di don Peppe contro la camorra:
 …La guerra tra cosche miete vittime a ripetizione. Sono mesi terribili di terrore e di
morte. Per le strade di Casal di Principe e San Cipriano di Aversa si spara senza
guardare in faccia a nessuno…Il 21 luglio 1991 viene ucciso “per caso” un giovane
Testimone di Geova, Angelo Riccardo, di Casapesenna, poco più che ventenne…
Fu quella morte a scatenare la reazione di un piccolo gruppo di “resistenti” e ad
osare, per la prima volta, di contrastare apertamente e pubblicamente la camorra
Casalese…don Giuseppe Diana ci mise del suo…Decise di scrivere un volantino e di
distribuirlo la domenica fuori le chiese di San Cipriano e Casal di Principe… “Basta
con la dittatura armata della camorra”. Il volantino fece il giro di tutte le case del
circondario…Suscitò un forte consenso soprattutto tra i cittadini…Era la prima
volta che un volantino scuoteva in modo così evidente le Istituzioni…
Su sua iniziativa, il famoso volantino “Per amore del mio popolo” che mirava a
scuotere anche le Istituzioni:
 Ad ottobre del 1991 il clan vincente, Schiavone-Bidognetti, mette in atto una vera e
propria parata militare contro i Caterino-De Falco. Cerca di stanarli dalle loro
case-bunker per fare una carneficina. E’ una prova di forza anche pubblica…Il
corteo di uomini armati parte da San Cipriano e tocca le case degli esponenti del
clan perdente. Li chiamano per nome ad alta voce, li invitano a scendere, gli
gridano di volerli ammazzare…La Chiesa sceglie di alzare la voce. don Diana è tra i
più attivi promotori di questo nuovo corso.
A Natale del 1991 i parroci della Forania di Casal di Principe (di cui fanno parte le
parrocchie dei comuni di Casal di Principe, San Cipriano di Aversa, Casapesenna,
Villa Literno e Villa di Briano) producono un documento contro la camorra. A
ispirarlo è don Diana. Per amore del mio popolo…Verrà letto all’altare delle chiese
del circondario nel giorno di Natale…
Il consenso riscontrato è straordinario. La voce della protesta varca i confini dei
paesi dov’era nata. Don Peppino Diana comincia a girare per le scuole della
provincia e della regione, per portare la voce del suo popolo alle marce
anticamorra. Diventa un simbolo riconosciuto da quanti vogliono combattere la
camorra.
L’assassinio di don Peppe che, contrariamente alla volontà dei clan, velocizza la
strada del loro disfacimento:
 …Quell’assassinio…contribuirà a rendere più veloce il disfacimento dei clan, grazie
anche a un’inversione di tendenza nell’atteggiamento dello Stato nella lotta alla
camorra. Contemporaneamente si sviluppa un movimento anticamorra che darà
un supporto di consenso sociale che mancava in questi territori. Le rivelazioni di
Carmine Schiavone faranno il resto. Il suo pentimento svela affari, intrecci,
rapporti col mondo della politica. Con grande sforzo…si concretizza la prima maxi
operazione contro la camorra casalese: l’operazione “Spartacus”, dalla cui costola
sono nate diverse inchieste sfociate in processi con sentenze passate in giudicato o
in via di conclusione…
Il dolore della famiglia del sacerdote per la diffusione di notizie sulla presunta
vicenda della custodia delle armi e la difesa immediata del Vescovo Nogaro:
 Il collaboratore di Giustizia, Giuseppe Quadrano, accusato dell’omicidio di don
Diana, riporta dichiarazioni di Nunzio De Falco, ’O lupo, accusato a sua volta di
essere il mandante dell’omicidio di don Diana. “don Peppino in passato avrebbe
custodito armi alla camorra”. A darne notizia è il procuratore di Napoli Agostino
Cordova. Sarà il vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro a prendere una posizione
forte contro Cordova…La polemica scoppia sui giornali il 16 novembre. Raffaele
Nogaro dirà subito: “…Conoscevo don Peppino: so quanto egli abbia lottato
sempre, con cuore aperto e intima convinzione, contro la camorra…”
Il 19 novembre Nogaro viene invitato dai parroci di Casale a dire una messa in
ricordo di don Diana…Nogaro non farà sconti, come sempre:
“Ho gridato contro un atteggiamento superficiale dei magistrati che lanciano una
notizia di questa portata che infanga la memoria di un martire…”
Nogaro è tra i difensori più strenui della figura di don Diana…
Don Peppino è un martire genuino della nostra terra. E’ stato ucciso perché
lottava contro la camorra. Era l’annunciatore della speranza in mezzo alla
camorra. Il sangue dei martiri è seme di vita di nuova cristianità. Dopo la sua
morte tanti giovani, insieme a questi preti, hanno preso in mano la bandiera di
don Peppino. E se oggi ci sono più voci che gridano contro la violenza della
camorra, questo lo si deve anche alla sua morte.
Gli infamanti titoli di giornali locali sulle inventate frequentazioni a scopo
sessuale:
 “Te la ricordi quella fotografia che avevi fatto ad una gita mentre eravate in una
stanza e c’erano persone sedute sul letto?”
… “In una udienza del 22 giugno di quell’anno, viene chiamato a testimoniare
Antonio Esposito, che…comandava il nucleo operativo della Compagnia dei
carabinieri di Casal di Principe. E’ lui a raccontare che nel suo studio furono
rinvenute poco più di una trentina di fotografie…
In una di queste foto eri ritratto con due donne e un altro uomo che stava
appoggiato sul letto, vestito…Una normale foto fatta durante una conversazione in
una stanza. Il carabiniere aveva dichiarato: “…erano pose normali…sicuramente
non era una posizione sconcia…”
“Il giorno dopo, Il Corriere di Caserta titolava a tutta pagina: “don Diana a letto
con due donne…”
“Non ci credo, papà. Se fosse vero, questa è roba da criminali, non da giornalisti…”
La fiera difesa del papà Gennaro, che portò alla verità e al risarcimento dei danni
morali:
 … “Ma noi non gliel’abbiamo fatta passare liscia. Li abbiamo denunciati e sono
stati anche condannati…il 3 aprile del 2003…il direttore del giornale e la
giornalista che avevano scritto l’articolo al risarcimento di un danno quantificato
in 60.000 Euro oltre alle spese legali” …
I nuovi infamanti attacchi del giornale locale e la soddisfazione per il trionfo
della giustizia con l’arresto del suo editore:
 “Peppino mio, siamo quasi solo all’inizio. Non ti arrabbiare così tanto, perché c’è
anche dell’altro che riguarda il Corriere di Caserta” … ”Il 27 marzo del 2003 c’è
stata la sentenza della Corte di Assise d’Appello di Napoli che confermava la
condanna all’ergastolo per gli imputati Piacenti e Santoro…Il giorno successivo il
Corriere di Caserta usciva con un titolo in prima pagina e a nove colonne: “don
Peppino Diana era un camorrista”
“Come? Dopo una condanna all’ergastolo per gli assassini il camorrista sono io?
Papà, ma queste sono assurdità!” …
…il titolo continuava: “De Falco ordinò l’omicidio del sacerdote perché custodiva
l’arsenale dei casalesi” … “Clamorosa sentenza per la morte del parroco, fu ucciso
perché era considerato fiancheggiatore del clan”. Ovviamente le motivazioni della
sentenza sono del tutto diverse e dunque l’articolo, ancora una volta,
completamente infondato” …
“Anche per questo articolo li abbiamo denunciati” … “E i tuoi amici non se ne sono
stati con le mani in mano…il Comitato “don Peppe Diana” ha lanciato un appello a
“non comprare i giornali spazzatura” per boicottare il Corriere di Caserta…
Attorno al Corriere di Caserta si fece un vuoto…L’11 dicembre del 2003 i
carabinieri del reparto operativo di Caserta arrestano Maurizio Clemente, editore
occulto del Corriere di Caserta …Clemente viene accusato di “Estorsione a mezzo
stampa”…La giornalista che ha firmato l’articolo ha chiesto di incontrarci. E’
voluta venire a casa per chiederci perdono ed ha rivelato di aver dovuto scrivere
“sotto dettatura”. Non ha voluto dire, però, chi ha dettato l’articolo e per quale
motivo.
La definitiva condanna in Cassazione dei camorristi che rende giustizia a don
Diana:
 …Il 4 marzo del 2004 arriva finalmente la sentenza definitiva della
Cassazione…Arriva dopo dieci anni esatti da quella mattina la condanna
all’ergastolo per Mario Santoro e Francesco Piacenti e a quattordici anni per
Giuseppe Quadrano. La corte fa anche chiarezza sulle motivazioni.
“La scelta di uccidere don Giuseppe Diana – scrivono i giudici – ebbe soprattutto
una forte carica simbolica, come segnale che avrebbe dovuto essere dirompente e
risolutorio nella contrapposizione tra il gruppo De Falco-Quadrano e i casalesi”…
La storica giornata della memoria quindici anni dopo, con il protocollo sulla
nascita della Cooperativa “Le terre di don Peppe Diana”:
 …la giornata della memoria e dell’impegno insieme all’associazione “Libera”… nel
2009 avrà luogo a Casal di principe il 19 marzo, a quindici anni dalla morte di don
Giuseppe Diana…
I genitori di don Diana lanciano un appello pubblico…
Venite a Casal di Principe il 19 marzo…
La sua morte, paradossalmente, profuma di vita, alimenta la speranza, aiuta le
persone a costruire percorsi capaci di accogliere e includere chi è in difficoltà.
Don Peppino Diana amava la sua gente. Lo aveva scritto, lo gridava dall’altare
questo suo amore, perché voleva semplicemente contribuire a costruire delle
comunità senza più camorre. Insegnava ai ragazzi a non tradire mai le proprie
idee e a non barattare mai la propria dignità. Cose semplici, ma importanti per
arginare una cultura di morte che pervade i nostri territori…
…Passi avanti sono stati fatti grazie soprattutto all’associazione che porta il tuo
nome “don Giuseppe Diana” …
“Quel 19 marzo del 2009 ti assicuro che ha dato una bella spinta al movimento che
ancora oggi mette in piedi tante iniziative. Quel giorno me lo porto dentro come
una delle cose più belle accadute nella mia vita. Giovani venuti a Casal di Principe
da tutt’Italia convocati da “Libera”, dal Comitato, migliaia di persone per ricordare
te, figlio mio” … “Quella mattina, poi”,…è stato anche firmato il protocollo d’intesa
per la nascita della cooperativa “Le terre di don Peppe Diana” per gestire 88 ettari
di terreno nei comuni di Castel Volturno, Cancello Arnone, Teano, Pignataro e
Carinola.
don Luigi Ciotti, ha chiesto anche a me di mettere la firma sotto quel protocollo.
Non contava niente, ma ha voluto che lo facessi simbolicamente, come per dire che
il lavoro veniva fatto nel nome e nell’insegnamento di don Peppe Diana…
Il suo grande patrimonio di idee e di impegno civile tramandato dalla lodevole
attività del Comitato “don Peppe Diana”:
 …Viene a galla di nuovo il problema dei rifiuti tossici. E’ come una maledizione, i
guasti provocati dalla camorra alla fine vengono ributtati in faccia a tutti i
cittadini…
Dall’altro lato c’è il tentativo delle associazioni di volontariato, nate dai movimenti
anticamorra, di dare vita a forme nuove di economia sociale…E’ un movimento che
ha conquistato la scena pubblica…tenta di tracciare una strada che anche altri
potrebbero percorrere abbandonando finalmente i sentieri già battuti in
un’economia legata alla criminalità.
La sintesi di questo percorso di economia sociale, viene espressa attraverso il
“pacco alla camorra” realizzato dalla Rete di Economia Sociale che riunisce quasi
una ventina tra associazioni e cooperative, insieme a “Libera” e al Comitato di
“don Peppe Diana” che promuove l’intera iniziativa.
Il pacco viene realizzato per lo più con i prodotti provenienti dai beni
confiscati…Alla rete sociale va aggiunta a pieno titolo la cooperativa “Le terre di
don Peppe Diana”…
 
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10 replies since 2/8/2009, 08:33   4161 views
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