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Don Giuseppe Diana e le sue donne. Quella che testimoniò di essere stata sua amante, "I preti non vanno con le donne". Parola di vescovo

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pincopallino2
view post Posted on 24/5/2021, 13:07 by: pincopallino2

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https://www.interno.gov.it/sites/default/f...seppe_diana.pdf

Don Giuseppe Diana
Don Giuseppe Diana, più noto
come Peppe o Peppino, nacque a
Casal di Principe, nell’agroaversano, il 4 luglio 1958, da una
famiglia di proprietari terrieri.
Nel 1968 entrò in seminario ad
Aversa dove frequentò la scuola media e il liceo classico. Successivamente
continuò gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia facoltà
teologica dell'Italia Meridionale. Qui si laureò in teologia biblica e poi in Filosofia
presso l'Università Federico II di Napoli. Nel 1978 entrò nell'Associazione Guide
e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI), prima capo reparto dell’Aversa 1, poi
assistente del gruppo, impegnato in zona e in regione, assistente nazionale dei
Foulards Blancs, assistente generale dell’Opera pellegrinaggi Foulards Blancs.
Essere prete e scout significava per lui la perfetta fusione di ideali e di servizio.
Fu ordinato sacerdote nel marzo 1982. Dal 19 settembre 1989 divenne parroco
della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe, suo paese natale, e
successivamente anche segretario del vescovo della diocesi di Aversa,
monsignor Giovanni Gazza. Insegnò materie letterarie presso il liceo legalmente
riconosciuto del seminario Francesco Caracciolo, nonché religione cattolica
presso l'istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta e l'Istituto
Professionale Alberghiero di Aversa.
Il suo impegno civile e religioso contro la camorra ha lasciato un profondo segno
nella società campana. Don Peppino Diana cercava di aiutare la gente comune
che si trovava in difficoltà negli anni del dominio della camorra casalese, legata
principalmente al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Gli uomini del clan
controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano anche infiltrati negli enti
locali, gestendo fette rilevanti di economia legale, tanto da diventare "camorra
imprenditrice". Era un sacerdote che amava confondersi tra la gente, girava per
il paese in jeans e non in tonaca; aveva, insomma, deciso che dalla sua faccia
doveva emergere trasparenza, lui era così come appariva. La sua voce era
divenuta un grido che scuoteva le coscienze. Le sue non erano prediche
generiche o esortazioni buone per ogni cerimonia, ma ragionamenti ricchi di
esempi, di nomi e di cognomi, di denunce etiche e politiche.
Aveva iniziato a realizzare un centro di accoglienza dove offrire vitto e alloggio
ai primi immigrati africani perché pensava che fosse necessario accoglierli per
evitare che i clan potessero iniziare a farne dei perfetti soldati. Per realizzare il
progetto aveva utilizzato anche alcuni risparmi personali accumulati con la sua
professione di insegnante.
La sua “Chiesa” doveva essere al servizio dei poveri, degli ultimi ed infatti diceva
che “dove c’è mancanza di regole, di diritto si affermano il non diritto e la
sopraffazione. Bisogna risalire alle cause della camorra per sanarne la radice che è
marcia… dove regnano povertà, emarginazione, disoccupazione e disagio è facile
che la mala pianta della camorra nasca e si sviluppi”.
Cercava di invitare i giovani a farsi avanti, a far sentire la propria voce e
partecipare al dialogo culturale, politico e civile della vita comunale. Al contrario,
invitava i camorristi a tenersi in disparte, a non inquinare e affossare il paese.
Alle 7.20 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe Diana fu
assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe,
mentre si accingeva a celebrare la santa messa. Un camorrista lo affrontò con
una pistola, sparando cinque proiettili: due alla testa, uno al volto, uno alla mano
e uno al collo. Il sacerdote morì all'istante. Gli assassini non si accontentarono di
freddarlo, vollero pure scempiarne il corpo con ulteriori colpi di pistola al basso
ventre per indicare falsamente un movente sessuale e così tentare di impedire
che divenisse il simbolo del riscatto di un popolo vessato dalla criminalità
organizzata. L'omicidio, di puro stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia
e anche papa Giovanni Paolo II durante l'Angelus del 20 marzo 1994 pronunciò
un messaggio di cordoglio.
Sin dall'inizio del processo si è tentato di depistare le indagini e di infangare la
figura di don Peppe Diana, accusandolo di essere frequentatore di prostitute,
pedofilo e custode delle armi destinate a uccidere il procuratore Cordova. Le
ragioni per le quali fu ucciso il parroco di Casal di Principe sono emerse
successivamente nel processo in secondo grado e poi in Cassazione, quando i
giudici ribaltarono la sentenza di primo grado ed esclusero l’ipotesi della
custodia da parte del parroco delle armi, fatto che aveva innescato la macchina
del fango contro don Diana. Nunzio De Falco è stato condannato all'ergastolo
come mandante dell'omicidio. Inizialmente De Falco tentò di far cadere le colpe
sul rivale Schiavone, ma il tentativo fallì perché Giuseppe Quadrano, autore
materiale dell'omicidio, consegnatosi alla polizia, iniziò a collaborare con la
giustizia e per questo ricevette una condanna a 14 anni. Il 4 marzo 2004 la Corte
di Cassazione ha condannato all'ergastolo Mario Santoro e Francesco Piacenti
come coautori dell'omicidio. Secondo la ricostruzione dei pm don Diana aveva
rifiutato la celebrazione dei funerali in chiesa di un malavitoso e questo gesto
era stato considerato un affronto troppo duro da sopportare. Tre giorni dopo il
nipote del morto, infatti, entrò in sagrestia e sparò al sacerdote.

La sua morte non è stata solo la scomparsa di una persona vitale, di un capo
scout energico, di un insegnante generoso, di un testimone d'impegno civile,
ucciderlo è diventato l'emblema della vita, della fede e del culto violati nella loro
sacralità.
Uno dei suoi testamenti spirituali è il documento contro la camorra "Per Amore
del mio popolo" scritto nel 1991 insieme ai sacerdoti della Forania di Casal di
Principe. Il messaggio, di rara intensità, fu diffuso a Natale del 1991 in tutte le
chiese di Casal di Principe e della zona aversana. Nel documento la Camorra era
presentata “come una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e
tenta di diventare una componente endemica nella società campana… La Camorra
rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale. Proprio il
disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere
camorristico a tutti i livelli. E’ in questo quadro che le Chiese hanno il compito di
farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico
coinvolgendo anche gli intellettuali mentre ai preti è richiesto di parlare chiaro
nelle omelie ed in tutte le occasioni in cui si richiede una testimonianza
coraggiosa”.
Il 25 aprile 2006, a Casal di Principe, venne ufficialmente costituito il Comitato
don Peppe Diana con lo scopo di non dimenticare il martirio di un sacerdote
morto per amore del suo popolo. Il comitato ebbe origine nel 2003 da sette
organizzazioni attive nel sociale, poi quel nucleo iniziale fu arricchito dal
contributo degli amici di don Peppe facendo maturare la necessità di costituire
un'associazione di promozione sociale al servizio di quanti come don Peppe
volevano continuare a costruire comunità alternative alla camorra. Il Comitato
ha provato a definire sul territorio nuove strategie, nuovi modelli di economia
con l’utilizzazione da parte di cooperative dei beni confiscati, l’inserimento di
soggetti svantaggiati, dando lavoro e dignità alle persone che vivono in questi
territori e hanno deciso di rimanere per costruire terre nuove. Con l’aiuto di
Libera, nelle terre confiscate ai clan nel casertano, operano cooperative agricole
che promuovono i prodotti tipici del luogo nel nome di don Diana.
Lo Stato gli ha conferito la medaglia d’oro al valore civile per essere stato in
prima linea contro il racket e lo sfruttamento degli extracomunitari, e perché,
pur consapevole di esporsi a rischi mortali, non ha esitato a schierarsi nella lotta
contro la camorra ed ha onorato il sacrificio della vittima, con il riconoscimento
concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal
Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n.
512/99.
A don Giuseppe Diana è stato intitolato nel 2010 l'Istituto di Istruzione
Superiore di Morcone (BN) e l'Istituto Comprensivo 3 di Portici (NA). L'8
novembre 2014 nacque in Molise a Termoli la Scuola di Legalità intitolata alla
memoria di don Giuseppe Diana, fondata e diretta da Vincenzo Musacchio.
Nel gennaio 2013 è andata in onda sulle reti RAI una fiction dal titolo “Il clan dei
camorristi” nella quale il personaggio di don Palma, è ispirato a don Giuseppe
Diana. L’anno successivo, a vent'anni dalla scomparsa del sacerdote sempre la
Rai 1 ha trasmesso in prima visione una Fiction TV in due puntate dal titolo “Per
amore del mio popolo” con l'attore napoletano Alessandro Preziosi nel ruolo di
don Peppe Diana. Al sacerdote è stato anche dedicato un documentario da Rai
Storia, dal titolo “Non tacerò, la storia di don Peppe Diana”. Infine anche nella
fiction Rai “Sotto copertura” viene fatto riferimento al personaggio di Giuseppe
Diana per parlare della sua lotta contro la criminalità organizzata.

Questo ricordo di don Peppe Diana che viene diffuso, nel giorno del 24°
anniversario del suo sacrificio, su questa pagina web nel link “TESTIMONIANZE
DI CORAGGIO” dedicato dall’Ufficio del Commissario alle vittime innocenti di
mafia proprio per valorizzarne il coraggio e la tensione morale, non può non
essere arricchito dalle riflessioni ispirate, per personaggi noti, dalla letteratura
che ne ha approfondito la statura umana in una a quella di pastore di anime.
Fonte di ciò è, tra gli altri, il libro scritto da Raffaele Sardo – editore Di Girolamo
dal titolo “Don Peppe Diana. Un martire in terra di camorra” dove è raccontata la
storia che esalta il suo coraggio, il suo impegno e il suo sacrificio. Dall’opera si è
ritenuto di estrapolare fedelmente i seguenti brani, ciascuno dei quali introdotto
al solo scopo di esaltarne il significato.
Nella suggestiva immaginazione dell’autore, il dialogo tra il papà Gennaro, che lo
ha raggiunto in cielo, e don Peppe ci fa riflettere anche su quanto accaduto dopo:
Le sensazioni di don Peppe sui motivi che hanno scatenato l’omicidio:
 ha pesato…soprattutto, il mio lavoro con i ragazzi di Casale. Ho sempre saputo che
quello che facevo era pericoloso, ma lo dovevo fare per la mia gente. Volevo
finalmente la mia città libera dalla camorra. Sapevo che rischiavo anche la vita.
Ma ero disposto a darla. Se ho indossato la tonaca è perché ho condiviso il
sacrificio di Cristo in croce. Se mi fossi tirato indietro non avrei avuto più il
coraggio di guardare in faccia a nessuno, nemmeno te e la mamma…
La gratitudine del papà Gennaro nei confronti dell’amico fotografo, testimone
oculare:
 … “Meno male che c’era il fotografo, quella mattina in Chiesa, Augusto Di Meo, il
tuo amico. Te lo ricordi il fotografo? Se non era per lui l’assassino difficilmente
veniva preso” …“E’ stato lui a raccontare ai carabinieri come sono andati i fatti e
poi lo ha confermato ai magistrati…”
“Augusto, il mio caro amico. Non ha avuto paura. Lui è uno che tira dritto. Lo ha
fatto anche per i suoi figli, per dargli un esempio positivo” …
Le prime prese di posizione di don Peppe contro la camorra:
 …La guerra tra cosche miete vittime a ripetizione. Sono mesi terribili di terrore e di
morte. Per le strade di Casal di Principe e San Cipriano di Aversa si spara senza
guardare in faccia a nessuno…Il 21 luglio 1991 viene ucciso “per caso” un giovane
Testimone di Geova, Angelo Riccardo, di Casapesenna, poco più che ventenne…
Fu quella morte a scatenare la reazione di un piccolo gruppo di “resistenti” e ad
osare, per la prima volta, di contrastare apertamente e pubblicamente la camorra
Casalese…don Giuseppe Diana ci mise del suo…Decise di scrivere un volantino e di
distribuirlo la domenica fuori le chiese di San Cipriano e Casal di Principe… “Basta
con la dittatura armata della camorra”. Il volantino fece il giro di tutte le case del
circondario…Suscitò un forte consenso soprattutto tra i cittadini…Era la prima
volta che un volantino scuoteva in modo così evidente le Istituzioni…
Su sua iniziativa, il famoso volantino “Per amore del mio popolo” che mirava a
scuotere anche le Istituzioni:
 Ad ottobre del 1991 il clan vincente, Schiavone-Bidognetti, mette in atto una vera e
propria parata militare contro i Caterino-De Falco. Cerca di stanarli dalle loro
case-bunker per fare una carneficina. E’ una prova di forza anche pubblica…Il
corteo di uomini armati parte da San Cipriano e tocca le case degli esponenti del
clan perdente. Li chiamano per nome ad alta voce, li invitano a scendere, gli
gridano di volerli ammazzare…La Chiesa sceglie di alzare la voce. don Diana è tra i
più attivi promotori di questo nuovo corso.
A Natale del 1991 i parroci della Forania di Casal di Principe (di cui fanno parte le
parrocchie dei comuni di Casal di Principe, San Cipriano di Aversa, Casapesenna,
Villa Literno e Villa di Briano) producono un documento contro la camorra. A
ispirarlo è don Diana. Per amore del mio popolo…Verrà letto all’altare delle chiese
del circondario nel giorno di Natale…
Il consenso riscontrato è straordinario. La voce della protesta varca i confini dei
paesi dov’era nata. Don Peppino Diana comincia a girare per le scuole della
provincia e della regione, per portare la voce del suo popolo alle marce
anticamorra. Diventa un simbolo riconosciuto da quanti vogliono combattere la
camorra.
L’assassinio di don Peppe che, contrariamente alla volontà dei clan, velocizza la
strada del loro disfacimento:
 …Quell’assassinio…contribuirà a rendere più veloce il disfacimento dei clan, grazie
anche a un’inversione di tendenza nell’atteggiamento dello Stato nella lotta alla
camorra. Contemporaneamente si sviluppa un movimento anticamorra che darà
un supporto di consenso sociale che mancava in questi territori. Le rivelazioni di
Carmine Schiavone faranno il resto. Il suo pentimento svela affari, intrecci,
rapporti col mondo della politica. Con grande sforzo…si concretizza la prima maxi
operazione contro la camorra casalese: l’operazione “Spartacus”, dalla cui costola
sono nate diverse inchieste sfociate in processi con sentenze passate in giudicato o
in via di conclusione…
Il dolore della famiglia del sacerdote per la diffusione di notizie sulla presunta
vicenda della custodia delle armi e la difesa immediata del Vescovo Nogaro:
 Il collaboratore di Giustizia, Giuseppe Quadrano, accusato dell’omicidio di don
Diana, riporta dichiarazioni di Nunzio De Falco, ’O lupo, accusato a sua volta di
essere il mandante dell’omicidio di don Diana. “don Peppino in passato avrebbe
custodito armi alla camorra”. A darne notizia è il procuratore di Napoli Agostino
Cordova. Sarà il vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro a prendere una posizione
forte contro Cordova…La polemica scoppia sui giornali il 16 novembre. Raffaele
Nogaro dirà subito: “…Conoscevo don Peppino: so quanto egli abbia lottato
sempre, con cuore aperto e intima convinzione, contro la camorra…”
Il 19 novembre Nogaro viene invitato dai parroci di Casale a dire una messa in
ricordo di don Diana…Nogaro non farà sconti, come sempre:
“Ho gridato contro un atteggiamento superficiale dei magistrati che lanciano una
notizia di questa portata che infanga la memoria di un martire…”
Nogaro è tra i difensori più strenui della figura di don Diana…
Don Peppino è un martire genuino della nostra terra. E’ stato ucciso perché
lottava contro la camorra. Era l’annunciatore della speranza in mezzo alla
camorra. Il sangue dei martiri è seme di vita di nuova cristianità. Dopo la sua
morte tanti giovani, insieme a questi preti, hanno preso in mano la bandiera di
don Peppino. E se oggi ci sono più voci che gridano contro la violenza della
camorra, questo lo si deve anche alla sua morte.
Gli infamanti titoli di giornali locali sulle inventate frequentazioni a scopo
sessuale:
 “Te la ricordi quella fotografia che avevi fatto ad una gita mentre eravate in una
stanza e c’erano persone sedute sul letto?”
… “In una udienza del 22 giugno di quell’anno, viene chiamato a testimoniare
Antonio Esposito, che…comandava il nucleo operativo della Compagnia dei
carabinieri di Casal di Principe. E’ lui a raccontare che nel suo studio furono
rinvenute poco più di una trentina di fotografie…
In una di queste foto eri ritratto con due donne e un altro uomo che stava
appoggiato sul letto, vestito…Una normale foto fatta durante una conversazione in
una stanza. Il carabiniere aveva dichiarato: “…erano pose normali…sicuramente
non era una posizione sconcia…”
“Il giorno dopo, Il Corriere di Caserta titolava a tutta pagina: “don Diana a letto
con due donne…”
“Non ci credo, papà. Se fosse vero, questa è roba da criminali, non da giornalisti…”
La fiera difesa del papà Gennaro, che portò alla verità e al risarcimento dei danni
morali:
 … “Ma noi non gliel’abbiamo fatta passare liscia. Li abbiamo denunciati e sono
stati anche condannati…il 3 aprile del 2003…il direttore del giornale e la
giornalista che avevano scritto l’articolo al risarcimento di un danno quantificato
in 60.000 Euro oltre alle spese legali” …
I nuovi infamanti attacchi del giornale locale e la soddisfazione per il trionfo
della giustizia con l’arresto del suo editore:
 “Peppino mio, siamo quasi solo all’inizio. Non ti arrabbiare così tanto, perché c’è
anche dell’altro che riguarda il Corriere di Caserta” … ”Il 27 marzo del 2003 c’è
stata la sentenza della Corte di Assise d’Appello di Napoli che confermava la
condanna all’ergastolo per gli imputati Piacenti e Santoro…Il giorno successivo il
Corriere di Caserta usciva con un titolo in prima pagina e a nove colonne: “don
Peppino Diana era un camorrista”
“Come? Dopo una condanna all’ergastolo per gli assassini il camorrista sono io?
Papà, ma queste sono assurdità!” …
…il titolo continuava: “De Falco ordinò l’omicidio del sacerdote perché custodiva
l’arsenale dei casalesi” … “Clamorosa sentenza per la morte del parroco, fu ucciso
perché era considerato fiancheggiatore del clan”. Ovviamente le motivazioni della
sentenza sono del tutto diverse e dunque l’articolo, ancora una volta,
completamente infondato” …
“Anche per questo articolo li abbiamo denunciati” … “E i tuoi amici non se ne sono
stati con le mani in mano…il Comitato “don Peppe Diana” ha lanciato un appello a
“non comprare i giornali spazzatura” per boicottare il Corriere di Caserta…
Attorno al Corriere di Caserta si fece un vuoto…L’11 dicembre del 2003 i
carabinieri del reparto operativo di Caserta arrestano Maurizio Clemente, editore
occulto del Corriere di Caserta …Clemente viene accusato di “Estorsione a mezzo
stampa”…La giornalista che ha firmato l’articolo ha chiesto di incontrarci. E’
voluta venire a casa per chiederci perdono ed ha rivelato di aver dovuto scrivere
“sotto dettatura”. Non ha voluto dire, però, chi ha dettato l’articolo e per quale
motivo.
La definitiva condanna in Cassazione dei camorristi che rende giustizia a don
Diana:
 …Il 4 marzo del 2004 arriva finalmente la sentenza definitiva della
Cassazione…Arriva dopo dieci anni esatti da quella mattina la condanna
all’ergastolo per Mario Santoro e Francesco Piacenti e a quattordici anni per
Giuseppe Quadrano. La corte fa anche chiarezza sulle motivazioni.
“La scelta di uccidere don Giuseppe Diana – scrivono i giudici – ebbe soprattutto
una forte carica simbolica, come segnale che avrebbe dovuto essere dirompente e
risolutorio nella contrapposizione tra il gruppo De Falco-Quadrano e i casalesi”…
La storica giornata della memoria quindici anni dopo, con il protocollo sulla
nascita della Cooperativa “Le terre di don Peppe Diana”:
 …la giornata della memoria e dell’impegno insieme all’associazione “Libera”… nel
2009 avrà luogo a Casal di principe il 19 marzo, a quindici anni dalla morte di don
Giuseppe Diana…
I genitori di don Diana lanciano un appello pubblico…
Venite a Casal di Principe il 19 marzo…
La sua morte, paradossalmente, profuma di vita, alimenta la speranza, aiuta le
persone a costruire percorsi capaci di accogliere e includere chi è in difficoltà.
Don Peppino Diana amava la sua gente. Lo aveva scritto, lo gridava dall’altare
questo suo amore, perché voleva semplicemente contribuire a costruire delle
comunità senza più camorre. Insegnava ai ragazzi a non tradire mai le proprie
idee e a non barattare mai la propria dignità. Cose semplici, ma importanti per
arginare una cultura di morte che pervade i nostri territori…
…Passi avanti sono stati fatti grazie soprattutto all’associazione che porta il tuo
nome “don Giuseppe Diana” …
“Quel 19 marzo del 2009 ti assicuro che ha dato una bella spinta al movimento che
ancora oggi mette in piedi tante iniziative. Quel giorno me lo porto dentro come
una delle cose più belle accadute nella mia vita. Giovani venuti a Casal di Principe
da tutt’Italia convocati da “Libera”, dal Comitato, migliaia di persone per ricordare
te, figlio mio” … “Quella mattina, poi”,…è stato anche firmato il protocollo d’intesa
per la nascita della cooperativa “Le terre di don Peppe Diana” per gestire 88 ettari
di terreno nei comuni di Castel Volturno, Cancello Arnone, Teano, Pignataro e
Carinola.
don Luigi Ciotti, ha chiesto anche a me di mettere la firma sotto quel protocollo.
Non contava niente, ma ha voluto che lo facessi simbolicamente, come per dire che
il lavoro veniva fatto nel nome e nell’insegnamento di don Peppe Diana…
Il suo grande patrimonio di idee e di impegno civile tramandato dalla lodevole
attività del Comitato “don Peppe Diana”:
 …Viene a galla di nuovo il problema dei rifiuti tossici. E’ come una maledizione, i
guasti provocati dalla camorra alla fine vengono ributtati in faccia a tutti i
cittadini…
Dall’altro lato c’è il tentativo delle associazioni di volontariato, nate dai movimenti
anticamorra, di dare vita a forme nuove di economia sociale…E’ un movimento che
ha conquistato la scena pubblica…tenta di tracciare una strada che anche altri
potrebbero percorrere abbandonando finalmente i sentieri già battuti in
un’economia legata alla criminalità.
La sintesi di questo percorso di economia sociale, viene espressa attraverso il
“pacco alla camorra” realizzato dalla Rete di Economia Sociale che riunisce quasi
una ventina tra associazioni e cooperative, insieme a “Libera” e al Comitato di
“don Peppe Diana” che promuove l’intera iniziativa.
Il pacco viene realizzato per lo più con i prodotti provenienti dai beni
confiscati…Alla rete sociale va aggiunta a pieno titolo la cooperativa “Le terre di
don Peppe Diana”…
 
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10 replies since 2/8/2009, 08:33   4171 views
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