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Don Giuseppe Diana e le sue donne. Quella che testimoniò di essere stata sua amante, "I preti non vanno con le donne". Parola di vescovo

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GalileoGalilei
view post Posted on 26/2/2017, 18:56 by: GalileoGalilei
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http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/...473579309.shtml
DOPO LE ACCUSE DI ROBERTO SAVIANO
Rosetta Natale: «Io, innocente, diventata mostro da sbattere in prima pagina»
«Mi hanno accusato di essere la perpetua di don Peppe Diana»
Una vittima della «disinformazione» racconta la sua storia


Don Peppe Diana ucciso dalla camorra per la sua lotta contro i clan
Don Peppe Diana ucciso dalla camorra per la sua lotta contro i clan NAPOLI — «Ricordo persino la data: 23 giugno del 1999. Un amico mi ha chiamato e mi ha letto la notizia. A nove colonne sul Corriere di Caserta ero indicata, assieme a un'altra ragazza come "perpetua di don Peppe Diana". Comprai il giornale e non ebbi un colpo grazie alla telefonata del mio amico». Rosetta Natale, insegnante, ex consigliera comunale di opposizione a Casal di Principe (ora si è trasferita) racconta la sua disavventura con il giornale casertano, una "questione" per la quale ha avuto una sentenza che ha condannato la testata per diffamazione dopo sei anni e dieci mesi, ma è ancora in attesa della sentenza di appello. «Chiariamo subito una cosa. Io non voglio un risarcimento in denaro, ma uno morale con un articolo pubblicato con la stessa evidenza evidenza. Se avessi voluto soldi avrei intentato una causa civile».
Dunque cosa accadde quel 23 giugno 1999?
«Mi trovai a essere il mostro sbattuto a titoli di scatola in prima pagina. Nell'articolo ero indicata assieme a Jolanda Natale, solo una mia omonima, come "perpetua" di don Peppe, lasciando intendere una relazione fra noi e il sacerdote ucciso. L'articolo era corredato da una foto, trovata nello studio di don Peppe, in cui si vedevano due donne su un letto con don Diana».

E chi erano le due donne?
«Una è la moglie del padrone di casa, l'altra una scout calabrese. Una foto innocente di quelle che si fanno in molte occasioni durante i viaggi, le gite. Poi se fosse stata realmente compromettente vi pare che don Peppe l'avrebbe tenuta in bella mostra nel suo studio?»

Andò subito dall'avvocato?
«Il legale del mio paese mi consigliò di lasciar perdere e quasi mi convinse, tanto che feci sapere che ci fosse stata una ritrattazione, con la stessa evidenza, avrei fatto cadere tutto. Ma quella ritrattazione non è mai arrivata e quindi ho proseguito l'azione legale per diffamazione a mezzo stampa».

E cosa accadde durante le udienze?
«Che la redattrice dell'articolo sostenne anche che era stato preso dall'hard disk un articolo diverso, che il testo le era stato cambiato. Ma il paradosso è che il suo legale disse che avevo ragione, ma che non dovevo prendermela con la sua difesa, ma con la testata».

È stata sorpresa di quelle illazioni?
«Confesso non riuscivo a capire tutto quel fango che veniva gettato su don Peppe, non ho capito il fango gettato su di me e su quell'altra ragazza, Jolanda, e poi anche se avevo la coscienza tranquilla e la solidarietà dei miei amici, non posso dire che non sono stata male. Sono stata alle lacrime per l'infamia che mi era stata fatta».

E così ha deciso di seguire tutte le udienze del processo per diffamazione?
«Si, ne avrò saltata una o due. Sono stata sempre in aula per vedere in faccia i testimoni. Venne a testimoniare anche il direttore responsabile, Antimo Fabozzo. Aveva un'aria dimessa, posso dire che mi fece quasi pena. Anche lui si arrampicò sugli specchi, poi alla fine la difesa della giornalistà tentò un colpo. Sostenne che un tecnico avrebbe testimoniato che dall'hard disk era stato preso un altro articolo e messo in pagina. Ma il tecnico non è mai arrivato».

E il giudice?
«Si infastidì come si era infastidita all'affermazione che l'articolo era stato cambiato. Sembrava che volessero prendere in giro tutti. Alla fine c'è stata la sentenza anche se non definitiva. Ho avuto giustizia ma solo a metà e solo dopo sei anni e dieci mesi».

La sentenza le dà ragione e anche la figura di don Peppe alla fine è uscita immacolata.
«È vero, ma io non capisco perché tanto accanimento su di lui. Non c'è stato rispetto per un morto. Prima il titolo sul fatto che poteva essere camorrista, poi sulle "pepetue", poi le "amanti", e tra queste una donna di San Cipriano. Assurdo, ma quegli articoli fecero breccia e quando andai a testimoniare mi sentii chiedere dal Pm: "Ma don Diana la baciava?" Incredibile ».

E lei cosa ha risposto?
«Dopo un attimo di sorpresa gli ho detto: "Certo, come baciava mia madre che ha 73 anni". È rimasto di stucco e non è andato oltre. Ma è assurdo che un rappresentante dell'accusa non sapesse chi era don Peppe Diana e che le cose pubblicate erano tutte false».

E chi era don Peppe Diana?
«Basterebbe solo una frase: uno che credeva in quello che faceva. Aggiungerei che era una persona estremamente coerente. Anche sul celibato dei sacerdoti. Era anche inflessibile, specie sul tema della corruzione e della camorra. Tanto coerente e inflessibile che è stato ucciso ai piedi dell'altare?».

Ci sono altri risvolti della vicenza che l'ha vista come un mostro in prima pagina?
«Una c'è. La rivista "Lo Spettro" quando uscirono le illazioni sul Corriere di Caserta su don Peppe redasse un articolo in cui chiedeva l'opinione a varie persone. Tra queste c'erano anche i genitori di don Diana orbene il Corriere dei Caserta ha querelato tutti e il processo per diffamazione, a quanto ne so, giace presso il tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi. Mi è sembrato, però, ridicolo che si querelassero i genitori del sacerdote ucciso ai piedi dell'altare».

Cosa pensa della denuncia di Roberto Saviano?
«Ha fatto bene. Era ora che si comciasse a discutere del livello e della qualità dell'informazione in Terra di Lavoro e si cominciasse a riflettere che certi articoli e titoli che cose non vanno assolutamente fatti».

Per concludere si è data una spiegazione perché di tanto fango su don Diana?
«Confesso non sapevo darmi una spiegazione, poi ne ho trovata una, ma non so se è quella giusta. Credo che tutte quei titoli tendenziosi, il riportare dichiarazioni false di pentiti, quello che è capitato a me, avessero il solo scopo nell'insinuare il dubbio che il delitto avesse un movente diverso da quello di una vendetta della camorra. Un assassinio passionale o una punizione per uno sgarro, magari per aver conservato delle armi, questo volevano far credere. Ma alla fine la giustizia ha trionfato».

E l'informazione?
«Ne esce malconcia. Quella locale per i motivi che ha spiegato Saviano, quella nazionale per non aver affrontato sul serio il problema di quello che accade nel casertano».

Vito Faenza
10 settembre 2008(ultima modifica: 20 ottobre 2008)
 
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