Laici Libertari Anticlericali Forum

Inchiesta sull'Arcigay

« Older   Newer »
  Share  
Felipe-bis
icon11  view post Posted on 18/3/2009, 17:34




Apparsa su Gay.it sul finire dell'anno scorso; è lunga ma vale la pena di leggerla. Per quanto mi riguarda mi conferma che l'associazione, sia pure l'unica nel suo genere a livello nazionale e promotrice di campagne meritorie, ha in sè tutti ivizi dell'area politica cui fa (faceva?) riferimento. Così come tutto il mondo dell'associazionismo glbt italiano, diviso, frammentato, conflittuale e narcisista, tanto che non so se una situazione del genere -a tutt'oggi- è più utile o dannosa alla nostra causa. Vabbé che qui abbiamo la centrale universale del razzismo cattolicista, ma resta un sogno l'idea di una lobby forte e coesa come quella statunitense, finalmente efficace nell'ottenimento di qualche straccio di diritto civile.

La quarta puntata dell'inchiesta non l'ho trovata; probabilmente ancora non è stata pubblicata*, ma in compenso il direttore editoriale di Gay.i ha sentito il bisogno di pubblicare sul sito un lungo editoriale a metà tra il giustificarsi (per l'inchiesta) e l'attaccare le critiche giunte via mail.

(nota: per i -numerosi- links, andare agli articoli originali)


www.gay.it/channel/attualita/25652/...Nazionale.html#

Inchiesta Arcigay/1: l'associazione Nazionale
di Daniele Nardini
Giovedì 27 Novembre 2008

Arcigay Nazionale: cos'è, chi la gestisce, di cosa si occupa, i circoli politici, i soldi che macina. Parte oggi un viaggio a puntate sulla più grande associazione per i diritti gay del nostro paese.

Genitori di gay e genitori gay. Organizzazioni culturali di destra e di sinistra. Gruppi di gay cristiani o buddisti. Associazioni di donne e per le donne. La realtà dell'associazionismo lgbt è variegato: è fatto di gruppi ma più spesso di gruppuscoli. Tuttavia la promozione dei diritti di gay, bisex, lesbiche e transgender italiani frulla per lo più attraverso una macchina mastodontica che si chiama Arcigay. Una macchina che macina 640 mila euro all'anno fatta di circoli politici, saune, bar, discoteche. In tutto 114 realtà territoriali sparse da Nord a Sud e coordinate da una sola, grande madre: Arcigay Nazionale.
All'inizio - Nel 1980 nessuno pensava cosa sarebbe diventata l'associazione dopo 28 anni di attività. Sorprendentemente il primo circolo si costituì nel profondissimo Sud, a Palermo, dopo che due giovani si suicidarono perché dileggiati dai concittadini. E ancor più sorprendetemente venne promosso da un prete cattolico, Don Marco Bisceglia. Allora il gruppuscolo era proprio lui, Arcigay, che però oggi è cresciuto fino a contare ben 160.000 iscritti ed è diventato quella mamma che riunisce sotto le ali verdi del Pegaso, suo simbolo, tutti e tutto. Ma che soprattutto lotta e rivendica.
Le lotte - Per cosa? Le battaglie di Arcigay si sono trasformate negli anni, molto. Vediamo come.
I primi disegni di legge sulle "Unioni Civili" furono presentati nel 1986 grazie all'appoggio del gruppo "Interparlamentare donne comuniste": si chiedeva una legge antidiscriminazione contro l'omofobia e diritti per le coppie di fatto. Nell '88 toccò alla socialista Cappiello, sempre su stimolo di Arcigay, presentare la sua proposta. Dopo 10 anni, nel 1998, Arcigay deposita alla Camera un progetto di legge trasversale sulle "Unioni Affettive" firmato tra gli altri da Nilde Iotti (PDS) e Lucio Colletti (Forza Italia). Durante il "Governo Prodi I" le proposte depositate arrivano a una decina senza però che nessuna di queste venga mai calendarizzata nelle commissioni. Nel 2001, il presidente e fondatore di Arcigay Franco Grillini per i DS e la presidente e fondatrice di Arcilesbica Titti De Simone per Rifondazione Comunista vengono eletti alla Camera. Un altro fondatore di Arcigay, Gianpaolo Silvestri sale al Senato coi Verdi: tutti presenteranno richieste di modifica alla Costituzione per inserire nell'art.3 l'orientamento sessuale fra le condizioni di uguaglianza, progetti di legge contro le discriminazioni, e per la prevenzione dell'AIDS.
Nel frattempo che l'Italia chiacchera tutti i paesi intorno sviluppano un serio dibattito che porta all'approvazione di leggi che consentono alle coppie dello stesso sesso di unirsi civilmente, fra cui, i cugini francesi: i Patti civili di Solidarietà sono una realtà che Franco Grillini vorrebbe importare anche in Italia. Il 21 ottobre 2002 il progetto di legge viene firmato da 161 parlamentari del centrosinistra. "PACS", però, sarà solo la prima di una serie di sigle che identificano proposte di legge senza futuro. L'8 febbraio 2006 è la volta dei DiCO, diritti dei conviventi. La gestione del disegno di legge è disastrosa: lo presentano due ministre del governo in carica, Barbara Pollastrini e Rosy Bindi. Sanno di dover passare da un Senato dove la maggioranza è fatta di 1 solo esponente in più rispetto al centro-destra. A luglio 2007, il presidente della commissione giustizia del senato Cesare Salvi annuncia l'elaborazione dei Contratti di unione solidale, ovvero Cus. Con la caduta del governo Prodi cadranno sia Dico che Cus e insieme a loro anche le speranze di gay e lesbiche. Il 17 settembre 2008 il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta e quello per l'Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi presentano - ma non a nome del governo Berlusconi di cui fanno parte - i DiDoRè, diritti e doveri di reciprocità dei conviventi. E' solo un annuncio visto che ancora non c'è stata la presentazione in parlamento, ma che allontanerà Arcigay da esponenti di altre associazioni concordi nel prendere in considerazione il testo anche se presentato da una parte politica tradizionalmente lontana dalle istanze di gay e lesbiche. L'associazione nazionale mira ad altro: aumentare la posta in gioco. L'obiettivo di Arcigay adesso è un altro: il "matrimonio civile". Se finora si era «affidati alla ragionevolezza, avanzando una proposta civile come quella delle unioni civili - dice il presidente Aurelio Mancuso -, adesso la comunità gay ha deciso di fare un passo avanti chiedendo che lo Stato italiano permetta a persone dello stesso sesso di sposarsi.»
Ad oggi sono in tutto 32 le proposte per equiparare le coppie etero a quelle gay e quasi tutte presentate da Arcigay, suoi esponenti o gente vicina all'associazione. Eppure, nonostante un incremento della sostanza delle rivendicazioni (unioni civili prima, matrimonio dopo) e quindi delle aspettative di gay, lesbiche, bisex e trans, la situazione dei diritti è tutt'oggi in fase di stallo e in 28 anni la comunità lgbt non ha guadagnato un solo diritto in più.

In compenso, magra consolazione a dire il vero, oggi celebriamo tre ricorrenze di recente istituzione. Ci siamo accodati alle celebrazioni tenute dai gruppi sociali deportati nei campi di concentramento nazisti ogni 27 gennaio, dal 2003. Per l'occasione le sedi Arcigay locali organizzano manifestazioni di piazza in ogni città. Ogni 20 novembre, dal 2004, viene celebrato in tutto il mondo - Italia compresa - il Transgender Day Of Remembrance per le vittime trans. E dal 2007 il Parlamento europeo ha istituito per il 17 maggio - giorno in cui nel 1990 l'OMS depennò l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali - la giornata internazionale contro l'omofobia.
Menomale c'è l'Europa - Snobbati dalla politica italiana le uniche "soddisfazioni" per gay e lesbiche del Belpaese in effetti arrivano esclusivamente dalle istituzioni comunitarie, che già da una ventina di anni - e grazie anche all'azione di Arcigay, qua vittoriosa - ricordano all'Italia che forse forse qualcosa da cambiare ci sarebbe. L'8 febbraio del 1994 il Parlamento europeo vara la "Risoluzione per la parità dei diritti degli omosessuali e delle lesbiche nella Comunità europea" con la quale invita la Commissione ad agire per porre fine "agli ostacoli frapposti al matrimonio di coppie omosessuali ovvero a un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni" e "a qualsiasi limitazione del diritto degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o avere in affidamento dei bambini". Nel settembre 2003 il Parlamento Europeo approva una risoluzione sui diritti umani in Europa (conosciuta come Rapporto Sylla sul rispetto dei diritti umani nell'Unione Europea) nella quale all'interno della sezione dedicata alle discriminazioni per orientamento sessuale: "ribadisce la propria richiesta agli Stati membri di abolire qualsiasi forma di discriminazione - legislativa o de facto - di cui sono ancora vittime gli omosessuali, in particolare in materia di diritto al matrimonio e all'adozione" e "raccomanda agli Stati membri di riconoscere, in generale, i rapporti non coniugali fra persone sia di sesso diverso che dello stesso sesso, conferendo gli stessi diritti riconosciuti ai rapporti coniugali, oltretutto adottando le disposizioni necessarie per consentire alle coppie di esercitare il diritto alla libera circolazione nell'Unione". Ma Arcigay ottiene un successo straordinario quando nel 2004, tramite il suo segretario Riccardo Gottardi riesce a far ritirare alla Commissione europea appena insediata la nomina di Rocco Buttiglione a commissario alla Giustizia. E sempre grazie a Gottardi, l'associazione ottenne una mozione del parlamento UE che di fatto scalza Buttiglione dalla carica di vicepresidente della Commissione europea che aveva già in tasca.
I rapporti politici - Le parole dell'Unione europea, in Italia come abbiamo visto, sono rimaste inascoltate: il rapporto con la politica è un nervo scoperto di tutte le gestioni passate e presenti di Arcigay. Da sempre si discute all'interno dell'associazione se rimanere distanti dalle forze politiche o se scegliere una sponda privilegiata con la quale dialogare. Una questione non ancora risolta e che ha portato come principale conseguenza l'assenza di una normativa progay nel nostro ordinamento. "Distinti e distanti" è stata la formula con la quale Arcigay identifica da tempo la strada da percorrere. Ma la realtà è diversa. tutti i presidenti che si sono succeduti alla guida dell'associazione si sono fatti sedurre dagli incarichi politici. Abbiamo già parlato di Franco Grillini che vanta una lunga storia di militanza politica che lo ha portato a raggiungere gli scranni della Camera per i Democratici di Sinistra. Prossimamente lo vedremo correre per la sindacatura della "sua" Bologna provando a dimenticare la brutta corsa che lo ha visto gareggiare con Francesco Rutelli e Gianni Alemanno nelle elezioni della Capitale. Sergio Lo Giudice (in foto), presidente dopo Grillini dal 1998 al 2007 e oggi presidente onorario, ricopre l'incarico di consigliere comunale nei DS e poi nel PD per la città di Bologna dal 2002. Dopo di lui Aurelio Mancuso. L'attuale presidente di Arcigay nell'ultima campagna elettorale è stato al centro di un "giallo" politico durato qualche giorno: dopo aver annunciato la sua candidatura nella Sinistra Arcobaleno, ed essersi trascinato per questo roventi polemiche su una carica che in caso di elezione lo Statuto dell'associazione non gli avrebbe consentito di ricoprire, Mancuso ha dovuto fare un passo indietro.
In parlamento, gli esponenti di Arcigay eletti sono stati in tutto tre: nello stesso anno sono saliti alla Camera Franco Grillini e Titti De Simone. Al Senato è eletto uno dei fondatori di Arcigay, Gianpaolo Silvestri. Da allora non ci sono stati più esponenti che provengono dall'associazione.
I Gay pride - Se negli anni è aumentata la visibilità di Arcigay, e quindi i suoi iscritti, è anche grazie all'annuale manifestazione dell'orgoglio che dal '94 si svolge anche in Italia come già nel resto d'Europa, in Nord America e in Australia. La proposta per un Gay Pride nostrano da ripetere ogni anno viene dal congresso che Arcigay tenne a Rimini nel 1994. L'iniziativa ebbe un grande successo quando nel 2000 si toccò l'apice delle presenze e della copertura mediatica data la concomitanza dell'evento con le celebrazioni giubilari della chiesa cattolica. 500.000 persone sfilarono per le strade della capitale in occasione del World Gay Pride. Da allora si dice che nulla fu come prima ed effettivamente è proprio così. Dall'anno successivo il Gay pride - che non aveva mai registrato più di 10 mila presenze ed aveva una forte connotazione politica - diventa quello che conosciamo oggi: una festa fatta di decine di migliaia di partecipanti (nel 2006 a Torino si conteranno 150 mila presenze) dove la parte più politica rimane "confinata" a fine manifestazione. Ma nonostante i successi, anche in questo caso, le polemiche interne e quelle con le altre associazioni hanno ridotto i risultati che Arcigay avrebbe potuto portarsi a casa. Oggetto di discussione è suprattutto la volontà di Arcigay di tenere la manifestazione in una città diversa ogni anno. L'associazione che a Roma si contende gli iscritti con Arcigay, il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, non ha mai rinunciato ad organizzare un Pride a Roma, sede della politica italiana e simbolo della cultura di tutto il paese. Dal canto suo Arcigay non ha mai rinunciato ad organizzare gay pride da Nord a Sud (memorabile il primo nel Mezzogiorno che si tenne a Napoli nel 1996 ed ebbe come slogan: "La Madonna di Pompei vuole bene pure ai gay"). Il risultato è che oggi assistiamo ogni anno ad uno "spezzatino" di pride diversi ognuno in città diverse: Roma perchè è Roma, Milano perché è Milano, la città scelta dal Pride, un Pride al Sud e uno al Nord. Risultato: il numero di partecipanti si è ridotto riducendo al contempo la forza di un Gay Pride che sta proprio - come ogni altra manifestazione - nella partecipazione. Solo nel 2007 si sono tenuti cinque diversi gay pride: Roma, Milano, Catania, Biella, Bologna.
Per concludere, possiamo dire che nonostante i buoni risultati ottenuti in campo europeo il nostro paese rimane in compagnia di Albania, Bulgaria, Romania, Polonia, e Grecia, uno degli ultimi stati europei a non avere alcuna legislazione che tuteli i diritti degli omosessuali. Arcigay rimane ad oggi molto impegnata per la visibilità e la lotta contro l'omofobia e può vantare un numero di iscritti come nessun'altra associazione o gruppuscolo. Anche grazie al meccanismo del tesseramento che sarà oggetto della seconda puntata del nostro viaggio.
---------------------------------------------------------------

www.gay.it/channel/attualita/25669/...-il-sesso.html#

Inchiesta Arcigay/2: I locali, le tessere, il sesso
di Daniele Nardini
Martedì 2 Dicembre 2008

guadagna e quali sono i costi? Seconda puntata del viaggio dentro Arcigay

La più grande associazione gay italiana è tale grazie al numero degli iscritti ma anche per la sua ramificazione territoriale. Capillare, non soltanto per la presenza di numerosi circoli in cui gente comune fa volontariato, in cui si indicono riunioni e si decidono strategie per le politiche locali. Anzi, i circoli cosiddetti "politici" rappresentano la parte minore di Arcigay rispetto alla sua ramificazione "ricreativa": i "luoghi" di Arcigay sono principalmente quelli del divertimento. Dal 1987, quando il proprietario di un locale bolognese per proteggersi dalle vessazioni delle forze di polizia iniziò a far entrare i suoi clienti con la tessera Arcigay, l'associazione affilia alcune realtà commerciali, ad oggi 66, dentro le quali si accede solo dopo aver pagato una quota di iscrizione ed aver ricevuto in cambio una tessera. «L'idea del circuito vero e proprio è nata dopo, dall'esigenza di avere nel portafoglio una sola tessera contro tutte le tessere che ogni gestore emetteva ai propri clienti. Non si aveva mai quella utile» ci dice il responsabile del tesseramento di Arcigay Roberto Dartenuc.
Due tessere, due realtà - «Fin dall'inizio abbiamo avuto un problema», spiega Dartenuc, «molti gay non avevano la possibilità o il piacere di andare in giro con una tessera con su scritta la parola "gay". A questo punto ci inventammo le "tessere velate": erano identiche alle altre ma sopra c'era scritto solo "Arci". Tutto bene fino a quando la confederazione Arci ci richiamò all'ordine dicendo: 'non potete stampare tessere con scritto solo Arci', e in effetti non lo faceva nessuno. Ecco che ci inventammo una seconda tessera dove la scritta Arcigay era presente in piccolo sul retro.»
Le tessere sono rimaste due fino all'ultimo congresso dove si è decisa la strada della tessera unica: grazie a quella "politica" si poteva partecipare alla vita del proprio circolo, alla riunioni, votare i dirigenti ecc. Grazie alla tessera ricreativa, invece, si usufruiva esclusivamente dei servizi offerti dal locale del "circuito ricreativo" che la aveva emessa.
La "UNO Card" - Uno, Unione Nazionale Omosessuali. Più simile ad un bancomat che alla tessera di un'associazione, la UNO Card evoca nomi che sanno di antiche rivendicazioni. In realtà oggi significa semplicemente entrare o rimanere fuori da tutti i locali affiliati al circuito ricreativo di Arcigay, il "Circuito UNO", appunto. Ci si presenta alla cassa del bar, della sauna o di qualsiasi altro locale affiliato, si compila un modulo coi propri dati, si paga la quota associativa ed è fatta. In un colpo solo si è clienti (del locale) e soci (del circolo provinciale Arcigay di residenza).
I locali, il sesso, la sicurezza - Abbiamo già detto che i locali affiliati al "Circuito UNO" sono 66. Di questi 22 sono saune, 15 sono cruising (e cioè luoghi dedicati alle pratiche sessuali), 2 sono sia saune che cruising, 10 sono sia discoteche che cruising, 10 sono sia bar che cruising. I locali dedicati al divertimento fine a se stesso, senza risvolti sessuali di alcun tipo, sono 7: 1 ristorante, 4 discoteche, un disco bar e un solo bar. Si potrebbe conludere che Arcigay affilia principalmente locali dove il divertimento non prescinde quasi mai dal sesso. Ma perché? «Quando i primi locali si affiliarono - spiega Dartenuc - non aveva senso che diventasero circoli privati: fare sesso al loro interno non era una pratica così organizzata, visibile e massiccia come accade invece oggi. Per i bar e le discoteche la licenza pubblica era sufficiente. Oggi, per questi locali, la necessità di configurarsi come circolo privato è condizione per rimanere aperti e consumare sesso al loro interno. Se lo si permette in un luogo pubblico la denuncia penale è assicurata».
Diventare club privato, e cioè consentire l'ingresso ai soli soci, significa quindi garantire la sopravvivenza stessa di quel locale. E spesso, anche la sopravvivenza del cliente. La selezione all'ingresso è infatti ancora oggi il più valido strumento di protezione dei suoi frequentatori. In primo luogo dai malintenzionati, in secondo luogo dai curiosi (eterosessuali) di vedere l'animale (gay) allo zoo. In ultimo, il cliente che "consuma" sesso in un club privato corre rischi infinitesimali per la propria sicurezza personale rispetto ad un incontro occasionale - magari fatto in chat - nel proprio appartamento, o, peggio, in luogo pubblico.
I guadagni dei gestori - Ma c'è un aspetto sicuramente meno nobile che la salvaguardia della propria clientela. Per il gestore, aderire al circuito dei club privati - gay o etero - in Italia è molto vantaggioso. La fiscalità è assai agevolata rispetto ad una qualsiasi altra attività commerciale che non richieda il possesso di una tessera per usufruire dei suoi servizi. Non si ha obbligo di presentare un bilancio. Tantomeno di tenere un rendiconto di entrate e uscite. In pratica non si pagano tasse. Affiliarsi ad Arcigay, inoltre, non ha alcun costo se non quello di versare all'associazione una parte di quanto guadagnato dall'emissione della tessera. La "UNO Card" ha un prezzo minimo al cliente fissato da Arcigay Nazionale, che attualmente è di 15 euro. Di questi, il 60% - ma a volte anche l'80% - rimane nelle casse al locale mentre la restante parte va ad Arcigay. Come è ovvio, il proprietario del locale tiene per sé anche l'intero importo dell'incasso guadagnato con il biglietto di ingresso, il cibo e/o le bevande servite durante la giornata.
Le scatole cinesi - Ma «Arcigay - precisa Roberto Dartenuc - ha iniziato a chiedere agli esercizi commerciali affiliati, seppur non sia obbligatorio per nessuno, di costituire un'azienda per ogni esercizio, con tutti gli obblighi di legge che ne derivano: come tenere il bilancio e pagarci le tasse, ad esempio. In questo modo, se dovesse succedere qualcosa, il club privato verrebbe sollevato da ogni responsabilità che invece ricadrebbe personamente sulla ditta creata. In più c'è da dire che al momento dei controlli l'Agenzia delle Entrate non è in grado di relazionarsi con i club privati mentre ci riesce benissimo con una qualsiasi azienda. Crearne una che inglobi il circolo privato è un bene per tutti.»
I criteri di affiliazione - Tutti i locali che lo richiedano possono affiliarsi e godere del regime fiscale agevolato? No, non tutti. Arcigay chiede alle realtà commerciali interessate ad entrare nel "Circuito UNO" alcune garanzie. Bisogna avere uno statuto, innanzitutto, nel quale ci sia l'obbligo di rendicontare i propri incassi e le proprie uscite. «E che possa garantire standard di qualità», specifica ancora Dartenuc. Nel decimo congresso nazionale che si tenne nel 2002, l'allora presidente Sergio Lo Giudice disse nel suo intervento che il marchio Arcigay «doveva diventare sinonimo di qualità del servizio, di valorizzazione degli associati, di un'offerta di servizi che dia un contributo forte alla costruzione di un'identità piena, felice, completa da parte dei nostri soci (...) stare dentro Arcigay eve diventare segno di qualità ed impegno civile». Eppure, ad oggi non esiste nessuna lista di criteri oggettivi messi nero su bianco con la quale concedere il fregio del marchio Arcigay. Tutto è lasciato al parere di Arcigay stessa. Ad esempio, «se il proprietario di una sauna grande solo 80 metri quadrati chiede di affiliarsi gli diciamo di no» dice Dartenuc. Le carenze sulla qualità non mancano, e non lo nega neanche l'associazione nazionale. Eppure «rispetto a 20 anni fa la situazione è migliorata molto». E se c'è qualche esercizio commerciale che ancora non si è messo a posto con l'igiene è perché «prima abbiamo dovuto sistemare le cose di base: fili scoperti, mancanza di uscite di sicurezza ecc. Solo negli ultimi 10 anni ci stiamo occupando anche degli aspetti qualitativi».
I controlli - Eppure, nonostante le garanzie richieste nessuno è in grado di effettuare dei controlli ad affiliazione avvenuta, vero tasto dolente nel rapporto tra l'associazione e le sue 66 realtà commerciali. «Possiamo solo sperare che i gestori seguano i nostri consigli. Perché se non lo fanno non ci possiamo fare nulla» è la candida ammissione di Dartenuc. Vale per la qualità, certo, ma anche e soprattutto per il materiale associativo, che sarebbe obbligatorio esporre, e ancor di più per i preservativi - che tutti i locali, saune, cruising dovrebbero offrire gratuitamente.
La revoca dell'affiliazione? «E' successo, ma solo due o tre volte da quando esiste il "Circuito UNO": si trattava di bordelli etero che si mascheravano da circoli privati Arcigay». La revoca non funziona per un semplice motivo ed è sempre Dartenuc a spiegarcelo: «Il circuito Arcigay non è certo l'unico esistente. Ritirare l'affiliazione non significa far chiudere il locale. Se lo facessimo questo si affilierebbe ad uno dei tanti circuiti che rilasciano affiliazioni molto facilmente - e sembrano essere tanti - e il gioco è presto fatto. L'unico fastidio per il gestore sarebbe quello di rifare un altro tipo di tessera a tutti clienti. Nient'altro che questo».
Il sesso sicuro - Come è possibile leggere sul suo sito ufficiale, Arcigay si impegna "nell'organizzazione di campagne di prevenzione e informazione contro l'HIV/AIDS e le altre malattie a trasmissione sessuale, anche attraverso corsi di formazione, consultori autogestiti, linee di telefono amico, unità di strada, attività di ricerca". Quasi tutte le realtà associative gay d'Europa distribuiscono preservativi all'ingresso dei locali che gestiscono. In particolare delle saune e dei cruising, di quei locali cioè dove il cliente entra per cercare sesso e consumarlo al suo interno. Lo stesso non avviene in Italia, o almeno, quasi mai. Trovare boccioni, tubi, dispenser di qualsiasi tipo è un'avventura per ognuno si avventuri in un sex club, con gravi rischi per la salute. Eppure, come ci dice Dartenuc, «la quasi totalità delle saune ha i preservativi a disposizione dei clienti e il 50% delle non saune idem». Spetta al cliente chiederli all'ingresso senza timori. Ma perché in giro non se ne vedono? I motivi sembrano essere due: da una parte la distribuzione massiccia è economicamente dannosa per i gestori, che troppo spesso hanno denunciato un abuso dei clienti, pronti ad accumulare quanti più profilattici possibili laddove erano in vista, e dall'altra hanno paura che quei preservativi possano un giorno essere usati come aggaravante per eventuali indagini o controlli. Casi di questo tipo sono già successi. Ci facciamo raccontare un episodio da Roberto Dartenuc: «Ho visto personalmente verbali della polizia che riportavano "sono stai rinvenuti in numero 105 (centocinque) preservativi ai fini di spaccio". Proprio così. Distribuire preservativi era considerato dalle autorità uno spaccio al pari della droga. Ovvio che i gestori non vogliano offrire cavilli alle forze di polizia che irrompono nel locale per i controlli avendi già un teorema precostituito».
L'assistenza legale - A questo va aggiunto che il meccanismo dell'affiliazione non garantisce nessun tipo di assistenza legale da parte di Arcigay. «Basterebbero un paio di cause all'anno per mandare il bilancio all'aria», spiega Dartenuc. «Se poi si tratta di cose semplici siamo pronti ad indirizzare i gestori verso avvocati competenti, ma non possiamo garantire nulla di più».
La protezione dei dati e la privacy - Abbiamo detto: per avere la "Uno Card" basta presentarsi alla cassa del locale affiliato, si compila un modulo coi propri dati, si paga la quota associativa ed è fatta. Considerando che le tessere in circolazione sono più di 160.000 e che i luoghi abilitati ad emetterle sono in tutto 114, fra circoli politici e locali affiliati, appare chiaro che la conservazione dei dati personali degli iscritti è un tema fondamentale. Che ne sarebbe se questa mole enorme di informazioni sull'orientamento sesusale di 160 mila persone finissero in mani non sicure? Dartenuc, che in Arcigay è anche il responsabile per la protezione dei dati oltre che del tesseramento, rassicura: «Tutto è conservato su un server protetto nelle stanze di Arcigay Nazionale. Solo due persone solo abilitate ad accedervi, il sottoscritto e il presidente». Prima del '98, quando sono entrate in vigore la procedura elettronica e la tessera magnetica, tutto era affidato al buon senso del gestore, che segnava su un quaderno i dati degli iscritti sperando che non si intimorisse davanti alle richieste illegittime delle forze dell'ordine di consegnarglielo. «Proprio alla fine degli anni '90 venne fuori il caso di un carabiniere gay che riuscì a fotocopiare tutti i dati degli iscritti. Da allora decidemmo di togliere alle forze di polizia la possibilità di venire facilmente in possesso di questi dati. In 10 anni non c'è mai stata una fuga di notizie». La gestione elettronica, in effetti, ha semplificato molto l'invio dei dati alla sede centrale facendo sparire fogli e foglietti dalle sedi di emissione. E se la tessera assomiglia più ad un bancomat è proprio per agevolare la procedura elettronica.
A distanza di 20 anni dalla sua istituzione, l'idea di un circuito commerciale affiliato ad un'associazione politica-culturale sembra essere stata una buona intuizione. Tutta Italiana, per carità, perché all'estero sembra non esserci traccia di nulla del genere. Ma la legge - anche questa tutta italiana - sugli atti osceni in luogo pubblico ha fatto sì che la trasformazione dei locali pubblici in circoli privati fosse un passaggio obbligato.
Tuttavia rimangono nodi ancora irrisolti, come la trasparenza sui criteri di affiliazione e i controlli quasi inesistenti sulle gestioni già in essere. Dal canto loro i gestori dei locali, a fronte delle agevolazioni fiscali di cui godono grazie proprio al meccanismo affiliativo, possono e devono fare di più. Ad iniziare dal correre qualche rischio sulla distribuzione controllata di profilattici e lubrificanti.
Se l'impegno di Arcigay fino a ieri è stato volto a garantire standard qualitativi di base, è il momento di fare un passo in avanti. E di lottare affinché il marchio Arcigay diventi davvero sinonimo di qualità.
-------------------------------------------

www.gay.it/channel/attualita/26198/...n-tornano.html#

Inchiesta Arcigay/3: I conti non tornano
di Daniele Nardini
Venerdì 13 Marzo 2009

Buco nel bilancio e mistero sugli iscritti. Poca trasparenza e niente preservativi. Aspettando le cifre del 2008 che saranno approvate domenica abbiamo dato un'occhiata a quelle degli anni passati.

Entrate degne di una piccola impresa che però non potrebbe permettersi di accumulare lo stesso debito. Insomma, se Arcigay fosse sul mercato sarebbe già fallita. È quanto emerge dalla terza puntata - forse una delle più dolorose - del nostro viaggio dentro l'associazione gay più importante nel panorama italiano e che dedichiamo alla sua situazione economica.
Il bilancio - Purtroppo non è stato ancora possibile analizzare il bilancio relativo al 2008 che sarà approvato solo domenica in un consiglio nazionale. Così come non ci è stato possibile accedere a dati più precisi relativi a quello del 2007 e in particolare al bilancio patrimoniale e alla relazione annuale, nonostante Gay.it avesse sollecitato da alcuni giorni la Segreteria Nazionale, che non ci ha fornito nessun nuovo documento. Abbiamo quindi preso in considerazione i soli dati degli estratti dai bilanci economici del 2006 e del 2007 pubblicati su Pegaso, la rivista ufficiale di Arcigay.
Il mistero degli iscritti - L'associazione deve la maggior parte delle sue entrate, ben il 79% del totale, alle tessere emesse dal cosiddetto circuito ricreativo e dai circoli politici sparsi sul territorio. Se per accedere ai locali affiliati alla rete Arcigay è obbligatorio pagare una somma di 15 euro in cambio di una tessera magnetica, solo dal 20 al 40 percento di questa viene destinata all'associazione mentre il restante 80-60 rimane al locale che la emette. Si parla di circa 463 mila euro che solo nel 2007 sono entrati nelle casse di Arcigay grazie al tesseramento. Eppure, nonostante la cifra sbalorditiva, il dato non corrisponde al totale degli iscritti dichiarato: 170 mila possessori di tessera magnetica. Se infatti si considerasse valido l'incasso dichiarato (e cioè 463 mila euro), significherebbe che da ogni tessera l'associazione ricava solo il 20% dell'importo totale. Ma siccome abbiamo detto che i locali le destinano fino al 40% di quei 15 euro, significa che c'è una cifra corrispondendte ad un altro 20% che non compare. Al contrario, se la cifra in bilancio (ricordiamola: 463 mila euro) corrispondesse effettivamente al totale ricavato dal tesseramento – come immaginiamo -, gli iscritti dovrebbero scendere ad appena 77 mila, e cioè quasi 100 mila in meno rispetto a quelli dichiarati ovunque.
Le altre entrate - Notevole anche il totale dei contributi privati, una voce che con 72 mila euro rappresenta inaspettatamente la seconda fonte di incasso dopo le tessere magnetiche. Una bella cifra da cui però non è possibile risalire ai benefattori. Per completare il quadro delle entrare vanno aggiunti gli scarsissimi contributi pubblici (7.500 euro) e quelli europei (25.500 euro). Il totale degli incassi ammonta alla cifra astronomica di 588.206 euro.
Le uscite - Quanto costa fare politica per i diritti di gay e lesbiche, affittando palchi, stand e via dicendo? E quanto invece costa la “macchina politica”, fra rimborsi spese di segreteria e del Presidente? Separare queste spese non è possibile perché sul bilancio tutti questi costi sono raggruppati in quella che rappresenta la più consistente voce di spesa. Nei 150 mila euro dichiarati (ma nel 2006 erano molti meno, 59 mila), confluiscono infatti manifestazioni, rimborsi spese, trasferte, noleggio delle attrezzature e affitto delle sale. A questi vanno aggiunti gli 80 mila euro per la retribuzione dei propri collaboratori. Non tutti, infatti, prestano la loro opera volontariamente. Si pensi, ad esempio, a chi viene richiesto un impegno costante e continuativo. Subito dopo le manifestazioni, Arcigay ha perso nel solo 2007 100 mila euro per ripulire – crediamo - vecchi crediti ormai non più riscuotibili (anche se non ci viene spiegato con esattezza il motivo). Seguono, come abbiamo detto, le retribuzioni dei collaboratori, le spese di gestione del circuito del tesseramento, e i materiali grafici come la rivista Pegaso.
Il mistero dei contributi lavorativi - A fronte di almeno 130.000 euro di compensi e rimborsi spese – senza tenere conto di quelli di Presidente e Segreteria, che crediamo difficilmente classificabili come compensi -, Arcigay paga 17.000 euro di “Imposte, tasse e contributi”, il 13% quindi. Un po’ pochi per i contributi INPS e INAIL, che normalmente ammontano almeno al 40%.
Le spese per la prevenzione AIDS - Taglio drastico di spese nel 2007: se nel 2006 Arcigay dichiarava di spendere circa 6.500 euro per acquistare preservativi e produrre materiale per la prevenzione dell'Hiv, nel 2007 non c'è traccia di questo tipo di costo. Mentre aumentano vistosamente altre voci, come quella relativa ai rimborsi spese.
Il buco - È evidente che la situazione economica in cui versa l'associazione è drammatica. La differenza tra entrate e spese genera un buco nel bilancio che ammonta a 52.607,25 euro nel 2007 (era di 56.996,19 nel 2006) e nonostante i costi della prevenzione siano stati tagliati di netto. Sono numeri difficilmente giustificabili visti gli alti ricavi del tesseramento e che probabilmente sono destinati ad aumentare nel 2008.
La trasparenza - Ma il buco più clamoroso è nella scarsa trasparenza dei conti esaminati. Evitando di pubblicare il bilancio sul sito ufficiale – come fanno invece tante altre associazioni -, pubblicandolo senza relazione introduttiva e senza bilancio patrimoniale, evitando di usare il modello CEE ed accorpando voci diverse tra loro – come abbiamo visto sopra -, omettendo di distinguere tra costo della macchina organizzativa e costi vivi dei progetti e delle attività dell’associazione, Arcigay pecca gravemente sul lato della trasparenza. E questo non è un elemento secondario per aumentare di autorevolezza e chiedere poi ai propri associati – che spesso si avvicinano ad Arcigay in saune e discoteche, piuttosto che in circoli politici – di sostenere ulteriormente l’associazione con il proprio 5 per mille o con lasciti testamentari.
I volontari - L'articolazione territoriale dell'associazione è fatta da circoli politici sparsi capillarmente un po'ovunque. Ad oggi ci sono 45 fra comitati provinciali e comitati promotori e 5 coordinamenti regionali in cui sono impegnati centinaia di volontari (ma il numero esatto è difficile da quantificare). Le pecche di un bilancio in rosso, non equilibrato dal punto di vista delle spese e dei guadagni, che dà troppo a qualcuno e nulla a qualcun altro, ricadono sprattutto su di loro. Si tratta infatti di ragazzi e ragazze che spendono il loro tempo - ci piace ricordare gratuitamente - organizzando stand, banchetti informativi, manifestazioni cittadine, volantinaggi, distribuzioni di materiale per la prevenzione dell'Hiv. Un piccolo esercito di volenterosi troppo spesso costretti a confrontarsi con l'ingratitudine della comunità lgbt per cui operano e con le poche risorse messe in campo dall'associazione nazionale. A loro e al loro lavoro dedicheremo la prossima puntata della nostra inchiesta.
-------------------------------------------------------------

www.gay.it/channel/attualita/26214/...di-Arcigay.html

Perché ci occupiamo di Arcigay
di Alessio De Giorgi
Sabato 14 Marzo 2009

Ci occupiamo di Arcigay perché è diritto di un giornalismo non militante farlo. E i dubbi - non solo sul bilancio - dovrebbero indurre i suoi dirigenti a una riflessione. E invece...

La terza puntata dell'inchiesta giornalistica su Arcigay - quella dedicata allo scottante argomento del bilancio - mi impone quale direttore della testata giornalistica qualche riflessione, fosse solo per la valanga di interventi e soprattutto di email che ci sono arrivate:la stragrande maggioranza di elogio ma anche, come c'era da aspettarsi, qualcuna di critica.

La prima considerazione da farsi è rispondere a quanti pretenderebbero che il nostro fosse una sorta di "giornalismo militante" e vorrebbero in sostanza trasformare siti e riviste gay in una serie di "Pravda", bollettini ufficiali che narrano le gloriose e progressive sorti del movimento omosessuale italiano. Gay.it si è da sempre sottratto da questa logica, rivendicando anzi un proprio ruolo di giornalismo critico, che non tace su errori e mancanze e valorizza invece esperienze positive e vittorie. Giustamente sul forum c'è chi ha fatto un paragone con le inchieste di Repubblica sull'affaire Unipol che due anni fa scosse profondamente gli allora dirigenti dei Democratici di Sinistra: pur essendo più o meno della stessa parte politica, Repubblica non si è sottratta all'impegno preso coi propri lettori di informarli anche con notizie che a molti di loro avrebbero procurato fastidio. Così, nel nostro piccolo, Gay.it: perché dovremmo tacere della gravissima mancanza di trasparenza che ci inducono a rilevare i bilanci 2006 e 2007?

Ma andiamo oltre. E' da tempo che su questo sito abbiamo espresso dubbi su come, nell'ultimo anno in particolare, la principale associazione gay italiana, Arcigay, ha gestito i rapporti politici, portando di fatto il movimento omosessuale al più alto punto di isolamento rispetto non solo alla classe politica italiana - Partito Democratico in testa -, ma anche rispetto a nostri alleati storici, come alcuni giornali "liberal". Nel mio ultimo editoriale dedicato all'ultimo grave errore che a mio parere Arcigay ha compiuto, regalando a Povia una campagna pubblicitaria milionaria che sicuramente non si meritava, facevo proprio la cronistoria dei grandi errori di strategia che Arcigay ha compiuto e l'ho fatto separando i fatti dal commento, come oggi mi trovo a commentare le reazioni ad un pezzo che il buon Daniele Nardini ha scritto ieri. E' il mio umilissimo pensiero, senza dietrologia alcuna, e chi non è d'accordo con me può semplicemente decidere di non leggere più quel che scrivo.

Non è che quindi, semplicisticamente, "Gay.it ce l'ha con Arcigay", ma la direzione editoriale di Gay.it diversamente ritiene che i grandi cambiamenti degli ultimi anni nel nostro mondo - lo scenario di soli 5 anni fa era diverso: Arcigay era centrale, gli attori erano pochi, il mondo politico di sinistra guardava con grande attenzione ad Arcigay che con l'Arci ne era una sua costola e via dicendo - non si sono fatti sentire dentro Arcigay e non l'hanno condotta ad un ripensamento profondo del proprio ruolo, delle proprie strategie, del proprio modello organizzativo, della sua unicità assoluta nel mondo di essere associazione politica con dentro saune e cruising bar. Da questo punto di vista, quei bilanci 2006 e 2007 fanno davvero
sorridere, perché raccontano proprio di un mondo che non è irrimediabilmente cambiato, che continua a spendere pochissimo sul fronte della prevenzione, che pecca gravemente di trasparenza, con uno strascico di fortissimi dubbi sulla gestione dell'associazione, dubbi che spero proprio che i dirigenti nei prossimi giorni vorranno dissipare, accogliendo quell'invito alla replica che naturalmente la redazione gli ha offerto ieri. E' per questo che su quei due bilanci, come prossimamente su quello che l'associazione domani licenzierà in un Consiglio Nazionale a Bologna, si è concentrata e si concentrerà la nostra attenzione.

Questo - deve essere però altrettanto chiaro - non ci deve però indurre a buttare via il bambino con l'acqua sporca, come molti lettori auspicano. Arcigay è una associazione che va riformata e lo faranno - speriamo - i suoi organi democraticamente eletti. Ma è anche tanto tessuto di volontariato, da Torino a Bari, da Bolzano a Palermo, che non va buttato via, ma anzi va valorizzato: ragazze e ragazzi che senza vedere l'ombra di un quattrino rispondono a numeri di informazione, danno una mano a ragazzi in difficoltà a causa del loro orientamento sessuale, fanno iniziative di informazione nelle scuole, realizzano convenzioni con le ASL locali per la prevenzione dell'AIDS. A loro sarà dedicata la prossima puntata dell'inchiesta su Arcigay, perché è la parte dell'associazione più bella, più fresca, che va premiata e salvata, fosse solo che è - permettetemi - uno dei pochi esempi di solidarietà e generosità in un mondo lgbt che - per usare un eufemismo - è più attento ad altro.

Gay.it, sia chiaro a tutti, non ha nessuna mira se non quella di informare i propri lettori e - se è possibile - dare un piccolo contributo a migliorare un movimento omosessuale che vogliamo soltanto più efficace, più forte, più trasparente. Le minacce di denuncie e di ritorsioni che pure in queste 24 ore ci sono giunte non ci faranno desistere da questo proposito, convinti come siamo che a questo movimento non servono solamente applausi - che saremo i primi a fare, quando riterremo opportuno -, ma anche critiche che sono solamente stimolo a far meglio: mettetevi in testa - questa è la nostra netta risposta - che questo, e solo questo, è il ruolo della stampa, fuori e dentro il movimento gay.

A questi - che hanno urlando all'attacco, annunciando una sorta di "stato di guerra" contro Gay.it - facciamo l'invito a riflettere perché, dopo aver rotto con gran parte della classe politica, con Repubblica e altri media liberal, con molti autorevoli esponenti della scena gay italiana, oggi Arcigay è isolata pure dal più letto sito di informazione gay in Italia: sarà tutta colpa di un paese omofobo o della Chiesa Cattolica? O qualch dubbio converrà finalmente porselo?

Alessio De Giorgi
Direttore di Gay.it



Ah-ha! Trovata la quarta parte dell'inchiesta! All'articolo originale -oltre i consueti numerosi links- anche la possibilità di scaricare il bilancio dell'Arcigay in pdf.

www.gay.it/channel/Attualita.html/2...o-ci-costa.html

Inchiesta Arcigay/4: Ecco quanto ci costa
di Daniele Nardini
Martedì 17 Marzo 2009



Grazie all'inchiesta partita da Gay.it Arcigay ha deciso di pubblicare il bilancio appena approvato. Un quarto dei soldi, però, se ne va per le spese e i viaggi dei suoi dirigenti.

I rimborsi spese - Il 15% dei ricavi generali di Arcigay ovvero quasi il 25% delle spese di struttura volano via per i viaggi e le spese dei suoi dirigenti. Soldi che vanno ad aggiungersi, chiaramente, allo stipendio che alcuni di questi percepiscono. E' questo l'aspetto più evidente che emerge dal bilancio 2008 di Arcigay, pubblicato per per la prima volta in forma dettagliata grazie soprattutto all'inchiesta partita proprio da Gay.it sui conti dell'associazione. Si coglie invece una rinnovata attenzione per la trasparenza non solo per la scelta di diffondere il documento ma anche da un confronto - possibile solo adesso - con la stesura di un bilancio preventivo che denota una strategia nel tempo della propria attività progettuale.

I finanziamenti - Approvato da soli due giorni in un Consiglio nazionale che si è tenuto a Bologna - con qualche significativa astensione - il bilancio 2008 si chiude con un sostanziale pareggio tra costi e ricavi anche grazie alla capacità di conquistare finanziamenti pubblici ed europei per la messa in opera di alcuni progetti. Ammontano in tutto a 226 mila euro i contributi erogati ad Arcigay da Stato e istituzioni comunitarie contro i soli 33 mila del 2007 (+684%): un dato positivo, che mette in luce una rinnovata capacità dell’associazione di attivarsi per diversificare le proprie entrate e non dipendere solo dai ricavi del tesseramento, in gran parte derivanti dal circuito ricreativo (saune, bar, cruising e così via). Crollano invece i contributi dati dai privati: 27 mila euro nel 2008 a fronte dei 73 mila dell'anno precedente (-268%).

Le spese - Di contro, ci sono aspetti di spreco che balzano agli occhi come le già citate spese per la gestione del personale. Nel 2008 se ne sono andati 100 mila euro per i viaggi e i rimborsi spese per quattro soli incarichi (presidente, segretario, responsabile del tesseramento e responsabile dell'ufficio stampa). A questi vanno poi aggiunti altri 60 mila euro percepiti da alcuni di questi come stipendio: chi e in che misura non ci è dato saperlo.

Il buco - E' stato pressoché coperta la perdita del 2007 che ammontava a 52.607,25 euro. Il 2008 si è chiuso con un utile di 458 euro al netto delle tasse.

La prevenzione - Le spese per la prevenzione e la lotta all'Aids rimangono a zero per il secondo anno consecutivo. Nel 2008 come nel 2007 non esiste purtroppo una voce di spesa dedicata alla produzione di materiale informativo sulle malattie a trasmissione sessuale così come non c'è stata nessuna attività che prevedesse l'acquisto e la distribuzione dei preservativi. A pagarne le conseguenze sono soprattutto i circoli sul territorio, quelli cioè che sono più a contatto con gli iscritti, e per i quali era stata preventivata una somma di 40 mila euro da destinare a queste attività. La cifra è stata totalmente azzerata nel corso del 2008: forse per far tornare il bilancio in attivo?

Mancati incassi - 90 mila euro. E' la somma che Arcigay non è stata in grado di riscuotere nel solo 2008 dai circoli politici e ricreativi e alla quale si deve aggiungere la copertura parziale di 43 mila euro che potevano essere destinati ad altro. Se si aggiungono i 99 mila dell'anno precedente si genera un totale di quasi 190 mila euro. Soldi mai entrati nelle casse dell'associazione - e di cui avrebbe avuto diritto - per non meglio precisati motivi. In tutto si può dire che l'associazione non è normalmente in grado di riscuotere il 20% dei soldi che andrebbero a suo favore grazie al ricavo del tesseramento.

I debiti - Arcigay ha debiti altissimi. La somma dovuta ai suoi fornitori è raddoppiata rispetto al 2007: si parla di 119 mila euro contro i 75 mila del 2007. Nei confronti dell'erario, poi, l'associazione ha un debito di 11 mila euro a cui vanno aggiunti 7 mila euro dovuti all'Inps.

Il giallo sugli iscritti - Rimane il mistero sugli associati. Come già detto per il bilancio 2007, i ricavi ottenuti dal tesseramento (488 mila euro nel 2008) non corrispondono alla percentuale che i locali autorizzati al tesseramento versano all'associazione nazionale. Il che significa, probabilmente, che Arcigay ha circa 70.000 iscritti e non 170.000 come invece dichiara.

I contributi dei lavoratori... - Chi non presta la propria attività volontariamente, cioè chi ha diritto a uno stipendio, avrebbe il diritto di vedersi versati i contributi come dovrebbe fare qualsiasi azienda o associazione. Rispetto al 2007, nel bilancio 2008 sono stati finalmente evidenziati i contributi per i collaboratori a progetto impiegati nell'attività istituzionale. Si tratta di 20 mila euro non ancora versati per Irpef e Inps. Non si capisce invece perché non siano evidenziati anche i contributi Inps dei soggetti che hanno prestato collaborazioni per i progetti portati avanti nell'anno, molti dei quali sono stati resi possibili dai 226 mila euro di contributi pubblici.

Le conclusioni - Oltre alle conquiste sociali mai ottenute sulla prima associazione gay nazionale si allungano le ombre di un bilancio lacunoso. Ci dicono che durante il Consiglio nazionale che si è svolto lo scorso sabato a Bologna, il presidente abbia espresso la volontà di farsi intervistare da Gay.it. Ma perché non ci risponde se è da venerdì che lo sollecitiamo? Gli vorremmo chiedere molte cose, come ad esempio perché si è scelto di non pagare i fornitori piuttosto che esigere il denaro dai propri creditori. Perché si è scelto di non diminuire i costi della macchina e quelli per i dirigenti anziché togliere l'ossigeno ai circoli locali e tagliare i finanziamenti destinati alla prevenzione e alla lotta all'Aids.

* aggiornamento: trovata e pubblicata.

Edited by Alessandro Baoli - 26/7/2011, 21:34
 
Top
Felipe-bis
view post Posted on 26/7/2011, 20:33




Aggiornamento:

INCHIESTA ARCIGAY, I VOSTRI INTERVENTI

Lunedì 16 Marzo 2009

La nostra inchiesta su Arcigay non manca di far parlare dell'associazione. Finalmente, diciamo noi. Perché spesso il divario tra chi la dirige e i suoi iscritti è sorprendentemente ampio.

Da chi avanza dubbi sulla propria appartenenza ad un'associazione solo per poter entrare nei locali gay a chi lamenta una mancanza di trasparenza. Da chi accusa Gay.it di avere chissà quali interessi nel portare avanti la sua inchiesta a chi auspica invece che qualcosa finalmente cambi. È quanto emerge dai commenti dei nostri lettori che dopo aver letto la terza puntata del nostro viaggio dentro l'associazione gay, quella relativa al bilancio, e dopo l'editoriale del direttore Alessio De Giorgi, hanno sentito il bisogno di dire la loro sul nostro forum.

"Nonostante sia iscritto da diversi anni all'Arcigay non ho mai ricevuto un invito a partecipare a nessun congresso/riunione/assemblea", scrive Flaviotrotti e il suo è un intervento ripreso da più parti che, anche se con termini diversi, esprimono lo stesso concetto. Come pescedigatto, ad esempio: "Per arcigay sei solo un numero, una tessera pagante - scrive - Arcigay ha un primato numerico di iscritti dovuto al fatto che la gente si tessra per entrare nei locali di cruising". E se sono in molti a chiedere un cambio di rotta nel meccanismo di tesseramento, che non li costringa ad iscriversi per forza ad Arcigay pur di entrare nei locali del circuito, la maggior parte si dice indignata per la mancanza di trasparenza dell'associazione.

Divisi nel giudicare Arcigay, fra i lettori c'è chi esagera nei commenti negativi come X Genio ("Arcigay è un'associazione immonda, che prospera nell'illegalità e nell'immoralità") e c'è chi sente di doverla difendere che - come dice massese - "pur tra i suo imille errori, è l'unico punto di riferimento nazionale per noi altri".

Non manca, poi, chi se la prende con Gay.it per la scelta di occuparsi di Arcigay. Come Sergio Roma che scrive: "Complimenti, invece di essere uniti sopratutto in questo periodo negativo per tutte le associazioni gay e per tutti i gay stessi, continuiamo a dividerci (...) che diritto e con quale giustificazione valida Gay.it fa i conti in tasca all'Arcigay?". A questa ed altre critiche rivolte a noi risponde Antonio Roma: "Chiedersi perché Gay.it scrive pezzi di questo genere su Arcigay è come chiedersi perché Repubblica è stata in primo piano, chessò, nel raccontare l'inchiesta sull'affare Unipol: nonostante la parte politica sia più o meno la stessa, Gay.it e Repubblica fanno semplicemente il loro mestiere di informare i loro lettori". Ed effettivamente, ci sentiamo di sottoscrivere in pieno che noi abbiamo solo fatto il nostro mestiere. E dice bene solaris-78: "gradirei che Arcigay dicesse la sua in merito a questa scottante situazione". Abbiamo chiesto un'intervista al presidente Aurelio Mancuso e siamo in attesa di una risposta.

E se qualcuno avanza strane ipotesi sull'inchiesta "come mai proprio adesso questa campgana antiarcigay - si chiede Pasquino - forse qualcuno mira alla gestione della stessa?" qualcun altro se ne rallegra, come soledamor: "Non si può che plaudire al tentativo di fornire un'informazione libera dagli schemi obsoleti del centralismo democratico versione gay ".


http://www.gay.it/channel/attualita/26221/...interventi.html
 
Top
1 replies since 18/3/2009, 17:26   306 views
  Share