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Libri: John Allen Paulos, La prova matematica dell'inesistenza di Dio

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topometallo
view post Posted on 14/9/2008, 10:43




Simpatico libro, con una divertente prefazione di Odifreddi. In realtà il titolo originale sarebbe "Irreligion", ma con quello italiano si crea un legame con "La prova matematica dell'esistenza di Dio" di Kurt Gödel, anche questo curato da Odifreddi (nonché da un pezzo da novanta della logica come Gabriele Lolli)
Ma mentre nella prova "dell'esistenza" per seguire i discorsi del povero Gödel occorre farsi aiutare passo passo dai curatori (e magari fossero discorsi: la "prova" è formata da una sfilza di formule di simboli logici degne di un codice segreto), il libro di Allen Paulos è una piacevole lettura.
Dalla quarta di copertina, o meglio dal risvolto:

CITAZIONE
C'è chi lo tratta da presunto esistente: Dio c'è finché non viene dimostrato il contrario. C'è chi ha già risolto il caso: Dio c'è, e ne ho le prove. Peccato che siano spesso adulterate: da sant'Anselmo ai creazionisti ai teocon, fanatici di ogni genere da secoli ci propinano presunte verità religiose, offrendo la scusa per catastrofi politiche e "guerre sante". A chi vuole difendersi, John Allen Paulos offre questa feroce e divertente panoramica che smonta uno per uno i cosiddetti "argomenti razionali" dei teisti convinti. Spiega perché, se seguiamo i creazionisti, dovremmo anche dar la colpa a Dio se non troviamo al supermercato la nostra marca di spaghetti preferita. O che il cosiddetto argomento ontologico dimostra sì l'esistenza di Dio, ma anche quella degli Ufo o dei cani parlanti.

Paradossali, fulminanti e impeccabili, le controprove "matematiche" di Paulos non contengono formule, ma solo molta laica logica e altrettanta dissacrante ironia. Dio, ammette l'autore, può essere per alcuni un'idea necessaria. Ma di per sé non è più reale (e non è certo più utile) di una qualunque teoria del complotto: un altro modo per ostinarsi a cercare ragioni nascoste dietro eventi casuali. La fede, conclude infatti l'autore, è solo questione di fede. E purtroppo, in molti casi, di credulità.

 
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nondisolopane...
view post Posted on 14/9/2008, 20:30




CITAZIONE (topometallo @ 14/9/2008, 11:43)
CITAZIONE
La fede, conclude infatti l'autore, è solo questione di fede. E purtroppo, in molti casi, di credulità.

Mi dica allora che cos'è la fede, se non credere senza aver visto?
 
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topometallo
view post Posted on 2/10/2008, 08:21




cvd
 
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Paul Imero
view post Posted on 2/10/2008, 09:56




per chi ha un cervello funzionante non c'e' bisogno di Paulos per essere realisti e non credere in fandonie. Di contro, per chi e' lobotomizzato, non sara' certo Paulos a funzionare da cura. Quindi... a che serve sto libro? Ok, magari per i dubbiosi.

Paul
 
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topometallo
view post Posted on 2/10/2008, 10:12




CITAZIONE (Paul Imero @ 2/10/2008, 10:56)
per chi ha un cervello funzionante non c'e' bisogno di Paulos per essere realisti e non credere in fandonie. Di contro, per chi e' lobotomizzato, non sara' certo Paulos a funzionare da cura. Quindi... a che serve sto libro? Ok, magari per i dubbiosi.

Non mi fare il musulmano adesso, come quello che ha bruciato la biblioteca di Alessandria perché i libri che dicevano cose che non erano nel Corano erano eretici e se dicevano le stesse cose erano inutili... :P

Un libro come quello di Paulos, come ho detto, è anche divertente :)


 
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topometallo
view post Posted on 28/10/2008, 13:22




Ho trovato la prefazione di Odifreddi al libro (o almeno parte di essa).
E da bravo fan :) la invio

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubr...ne=80&sezione=e

CITAZIONE
Dio? E' inesistente

Da Sant'Anselmo all'odierno creazionismo: così il matematico Paulos confuta le prove portate nel corso dei secoli a supporto della fede


PIERGIORGIO ODIFREDDI

Pubblichiamo la prefazione di Pier Giorgio Odifreddi al volume La prova matematica dell’inesistenza di Dio (ed. Rizzoli, pp. 168, euro 12) di John Allen Paulos.

E’ possibile dimostrare l’affermazione che «Dio non esiste »? Certo, e molto facilmente! Consideriamo infatti quest’altra: «Questa affermazione e la precedente sono entrambe false». Se essa fosse vera, dovrebbe essere falsa (insieme alla precedente), perché è appunto ciò che dice. Questa contraddizione dimostra che la seconda affermazione non può essere vera, e dunque dev’essere falsa. Ma allora è vero il contrario di ciò che dice, e le due affermazioni non possono essere entrambe false. E poiché abbiamo appena dimostrato che la seconda lo è, la prima affermazione dev’essere vera: dunque, Dio non esiste.

Una volta sistemato il principale, possiamo passare al suo sedicente vicario in Terra: sostituendo l’affermazione «Dio non esiste» con «il papa non esiste», si può infatti ripetere lo stesso ragionamento e arrivare alla conclusione che anche questa affermazione è vera. Con un colpo di bacchetta magica abbiamo dunque fatto sparire dalla scena anche Benito XVI (come lo chiamano gli spagnoli, con gran divertimento dei progressisti italiani), e ripetendo il giochetto possiamo analogamente eliminare uno a uno, come petali di una gigantesca margherita, non solo i cardinali e i vescovi, ma addirittura tutti i preti di ogni religione e i credenti di ogni fede. Pensate che meraviglia, per noi che rimaniamo: come aveva infatti predetto José Saramago, «il mondo sarebbe molto migliore se fossimo tutti atei».

C’è solo un piccolo, insignificante problema: basta guardarsi attorno per accorgersi che i credenti non sembrano essere consci di non esistere, e nonostante la nostra inoppugnabile dimostrazione continuano imperterriti a rendere questo mondo molto peggiore con la loro presenza. Anzi, qualcuno di loro versato in queste cose potrebbe addirittura ritorcerci contro i nostri argomenti: non solo dimostrando che siamo noi non-credenti a non esistere, ma addirittura arrivando a provare che «Dio esiste », esattamente nello stesso modo in cui noi abbiamo provato il contrario.

Come si può indurre in generale da questo esempio, gli argomenti a favore o contro l’esistenza di Dio sono controvertibili e controversi. E, soprattutto, lasciano il tempo che trovano, non fosse altro perché si appellano al lato sbagliato del cervello: la religione trova infatti la sua ragion d’essere nell’emisfero destro, sede dell’istinto e della visceralità, e non viene minimamente scalfita dagli attacchi che le vengono sferrati dall’emisfero sinistro, sede della logica e della razionalità. Non è dunque per convincere i credenti che la loro religione non sta in piedi, che un matematico come John Allen Paulos ha scritto La prova matematica dell’inesistenza di Dio : semplicemente, il suo libro vuol essere, ed è, una «refutazione matematica degli argomenti per l’esistenza di Dio».

Anche se non eliminerà né i fedeli né i preti, e meno che mai il papa e Dio, questa decostruzione della teologia non è comunque inutile, ed è anzi molto utile, per almeno tre motivi. Anzitutto, perché mostra come sia vano cercare di stabilire in maniera puramente teorica un fatto eminentemente pratico, come l’esistenza di qualcosa o di qualcuno: solo l’osservazione e gli esperimenti possono farlo, e qui passa il confine tra il razionalismo e l’empirismo che divise la filosofia moderna ai suoi albori, separando Cartesio, Spinoza e Leibniz da un lato, e Locke, Berkeley e Hume dall’altro.

Non a caso, è soprattutto nelle opere dei primi, per esempio nelle Meditazioni di Cartesio e nell’Etica di Spinoza, che ci si appella agli argomenti intellettuali per l’esistenza di Dio, ed è soprattutto nelle opere dei secondi, per esempio nei Dialoghi sulla religione naturale e nella Storia naturale della religione di Hume, che si smontano le credenze popolari e le religioni istituzionali. Ma è nelle grandi opere di Kant, la Critica della ragion pura e la Critica della ragion pratica, che sono coniugate al meglio queste due tendenze: la prima, infatti, fa piazza pulita delle argomentazioni «pure», cioè razionali, per credere nell’esistenza di Dio, mentre la seconda presenta le motivazioni «pratiche», cioè irrazionali, per continuare a crederci nonostante tutto.

Il secondo motivo per cui una decostruzione della teologia è utile, sta nel fatto che essa richiede comunque una certa sofisticazione intellettuale: in fondo, già seguire l’argomento che abbiamo proposto nel primo paragrafo non è cosa per tutti i dilettanti, e capire dove sta l’inghippo è addirittura cosa da pochi professionisti. Dietro ai supposti argomenti per l’esistenza di Dio si celano infatti sottili problematiche di tipo logico, la cui analisi è un ottimo allenamento al ragionamento in generale, e un’ottima introduzione alla logica in particolare. (...)

Il terzo motivo, infine, per cui decostruire la teologia è un’attività benemerita, è che in tal modo si smaschera una pessima e diffusa abitudine delle persone: quella di prendere posizione a favore o contro un argomento, senza sapere bene di cosa si stia parlando. Nello specifico, di rispondere «sì» o «no» alla domanda se credono in Dio, senza prima aver domandato a loro volta precisazioni su che cosa si intenda per «Dio», perdio!

E invece, poiché la nozione ha molteplici accezioni, le domande sulla sua esistenza possono avere altrettante risposte diverse. Per esempio, un conto è parlare di un primo motore, e un altro di una causa prima, o di un ente necessario, o di un ente perfetto, o di un fine ultimo: cioè, delle cinque «vie» che Tommaso d’Aquino discusse nella sua Summa Theologiae e che, come anticipò filosoficamente Kant nella sua prima Critica, e come conferma scientificamente Paulos nel suo libro, sono più precisamente delle «vie senza uscita» che non conducono a nulla e da nessuna parte.

Naturalmente, sarebbe comunque un eccesso di stima nei confronti dei credenti pensare che dietro alle motivazioni della loro fede ci siano sempre argomenti sofisticati: nella maggior parte dei casi, essi si riducono infatti a far appello a banalità che non vale neppure la pena di perder tempo a refutare, dall’impersonale «qualcosa ci dev’essere» al personalissimo «sento che qualcosa c’è». E, in fondo, i media prosperano proprio speculando sul fatto che la gente è molto più impressionata dalle sciocchezze che non capisce, che dalle cose serie che potrebbe capire: per questo i giornali e le televisioni eccedono in resoconti di improbabili eventi straordinari, ma difettano di notizie su sicure scoperte scientifiche.(...)

Ma nonostante il rosario di refutazioni e motivazioni snocciolato da Paulos nel suo denso libro, il problema principale rimane irrisolto: non se Dio ci sia, ma perché la gente continui a pensare che ci sia. Mistero della fede, ovviamente, anche se il più grande mistero è sicuramente perché mai la gente creda ai misteri. E non è un mistero senza conseguenze perché, come ha detto Voltaire, «chi crede ad assurdità, finisce per commettere atrocità». O, come ha precisato il premio Nobel per la fisica Steven Weinberg, «con o senza religione, i buoni si comportano bene e i cattivi male, ma ci vuole la religione per far comportare male i buoni».

 
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Roberto De Rosa
view post Posted on 9/9/2014, 18:11




Salve, ho trovato una cosa che non comprendo nel libro di Paulos (La prova matematica dell'inesistenza di Dio), che sto leggendo; quindi la propongo a chi magari ne capisce di più.
A pagina 18 del libro (ed. Rizzoli, 2008) l'autore afferma:
"L'argomento delle leggi naturali sfrutta le regolarità presenti in natura facendo di Dio l'autore delle leggi (...) Perché insomma ha scelto proprio quelle leggi naturali e non altre? Se lo ha fatto arbitrariamente, senza alcun motivo, allora esiste qualcosa che non è soggetto alle leggi della natura. In questo caso (...) possiamo benissimo non stare a scomodare Dio e prendere le leggi stesse come risposta (...)"
NB: credo che i miei tagli, dove ho messo i puntini, NON stravolgano il senso del discorso, ma invito chi avesse il libro a rileggere il passo, se aiuta.
Non mi è chiaro il passaggio dove Paulos conclude dicendo:
"Se lo ha fatto arbitrariamente (...) allora esiste qualcosa che non è soggetto alle leggi della natura"; poi: come fa ad affermare "possiamo benissimo non stare a scomodare Dio e prendere le leggi stesse come risposta (...)".
Il mio dubbio è: se Dio è cosiddetto onnipotente, allora potrebbe benissimo avere concepito leggi arbitrariamente sapendo che poi esse avrebbero funzionato.
Quindi un credente potrebbe ribattere dicendo che "Dio è talmente potente da poter creare leggi arbitrariamente, sapendo che funzionano comunque".
Il libro poi si dilunga su un'altra questione collegata a questa, ma ritengo che il nocciolo stia qua.
Saluti, Roberto
 
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6 replies since 14/9/2008, 10:43   1251 views
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