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Udine, istituto Bearzi: "Violentato per 6 anni dai salesiani". Archiviazione

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GalileoGalilei
view post Posted on 28/12/2009, 11:16 by: GalileoGalilei
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Una nota al titolo, che è sbagliato.

Il PM non può archiviare, ma può farlo solo il GUP. Il PM può fare la richiesta di archiviazione, che può essere anche respinta dal GUP che può decidere per ordinare al PM un supplemento di indagine o di formulare l'azione penale.

A quanto pare per il PM gli indizi non sarebbero sufficienti per l'esercizio dell'azione penale.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ar...UD_03_UDC1.html

Prete accusato di abusi, il pm archivia Soddisfazione al Bearzi: prevale la verità

Messaggero Veneto — 27 dicembre 2009 pagina 03 sezione: UDINE
Era stato investito da un’accusa pesantissima per chiunque, tanto più per un prete: violenza sessuale su un minorenne. E quell’ipotesi aveva gettato un’ombra lunga anche sull’istituto “Bearzi”, dove il sacerdote salesiano lavora come educatore. Dopo 15 mesi di indagini, lunedì la Procura della Repubblica ha inviato in tribunale la richiesta di archiviazione del caso. E nella struttura di via Don Bosco è stata finalmente festa. «La fine di una sofferenza – ha affermato il direttore, don Dino Marcon – e il miglior regalo per Natale». «Indizi non sufficienti»: questa, in estrema sintesi, la motivazione con la quale i pubblici ministeri Lorenzo Del Giudice e Matteo Tripani, titolari dell’inchiesta, hanno ritenuto di mettere la parola fine alla vicenda. Una storia di presunta pedofilia, partita a seguito della denuncia che un giovane di 27 anni aveva spontaneamente presentato, nel marzo dell’anno scorso, per rivelare una serie di presunti abusi subìti tra il 1995 e il 1999, quando era ospite del Bearzi. Ora, toccherà al Giudice per le indagini preliminari esprimersi e decidere se accogliere o meno la richiesta di archiviazione e non dare così corso ad alcuna azione penale nei confronti del religioso, un sessantenne da tempo appartenente alla comunità salesiana. La notizia, intanto, ha già riportato il sereno sopra e dentro l’istituto salesiano. Prova ne sia il tono di soddisfazione con il quale il direttore del Bearzi, don Dino Marcon, ha commentato le conclusioni della Procura. «Un epilogo annunciato, non poteva che finire così – ha affermato il salesiano –. Naturalmente, attendiamo di leggere le carte e di conoscere le decisioni del Gip, ma la richiesta ci ha già permesso di vivere il Natale con più tranquillità. Certo, la sofferenza che questa vicenda ci ha procurato non si cancella ed è un dolore che non augurerei al mio peggior nemico. Ma noi abbiamo sempre saputo che il bene avrebbe prevalso e che la verità, alla fine, sarebbe venuta a galla». A gioire non sono stati soltanto il sacerdote finito sotto indagine e il resto della famiglia salesiana. «In due giorni – continua don Dino Marcon – abbiamo ricevuto una marea di attestazioni di solidarietà, tra telefonate, email e visite. Il giorno della Vigilia, non appena appresa la notizia, una coppia di genitori è venuta a iscrivere la figlia alla scuola media, esprimendo piena fiducia ai principi di Don Bosco. E c’è stato anche chi si è presentato con panettone e spumante per brindare». Una solidarietà che non ha abbandonato il Bearzi neanche subito dopo l’apertura dell’inchiesta. «Dal 2008 a quest’anno – afferma il direttore –, i ragazzi iscritti alla “Casa famiglia” (la struttura dedicata ai minorenni nella quale era stato accolto anche il ragazzo che ha denunciato la presunta pedofilia, ndr) sono passati da 13 a 21. Segno che i servizi sociali e i carabinieri che ce li mandano hanno piena fiducia nella nostra istituzione». Quello che don Dino non riesce ancora a capire è il perchè quel giovane abbia voluto colpire in questo modo il Bearzi. «Questa inchiesta è stata costruita sulle bugie di un ragazzo – ha affermato – che abbiamo aiutato in ogni modo, dal momento in cui aveva bisogno di un posto dove dormire ed essere educato, a quando si è trattato di trovargli un lavoro. Forse, a spingerlo a farci del male, è stata l’invidia, oppure la voglia di denaro facile, o qualche cattiva frequentazione. E non gli è bastato farlo per conto suo: ha coinvolto anche un altro giovane, convincendolo, in cambio della promessa di una compensa, a denunciare episodi analoghi. Accuse che quest’ultimo ha poi ritrattato, inviandoci una lettera di scuse». L’ultimo pensiero è per gli inquirenti, dai quali don Dino si sarebbe aspettato più discrezione. «É giusto che ognuno faccia la sua parte – ha detto – ma senza per questo mettere la gente alla gogna, prima di avere prove certe sulla colpevolezza di una persona. Ci avrebbero risparmiato molte sofferenze».

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ar...UD_03_UDC2.html

Dopo la perquisizione 15 mesi di indagini

Messaggero Veneto — 27 dicembre 2009 pagina 03 sezione: UDINE
L’inchiesta I carabinieri gli avevano perquisito l’ufficio, la camera da letto e l’automobile. E lui, il prete indagato, aveva assistito all’operazione, affiancato dal direttore del Bearzi, don Dino Marcon, allora indicato come sua persona di fiducia e successivamente sostituito dall’avvocato difensore Ezio Franz. Ma l’esito della perquisizione, che aveva visto passare al setaccio anche memoria e file del computer, era stato negativo. Eppure, l’ipotesi d’accusa formulata nei suoi confronti non era mutata: violenza sessuale aggravata e atti sessuali con minorenne. I fatti contestati dal giovane, un cittadino italiano (oggi 28enne) nato all’estero, infatti, si riferivano al periodo compreso tra il 1995 e il 1999, quando, ancora minorenne, era ospite della “Casa famiglia” del Bearzi. Era l’inizio del mese di settembre dell’anno scorso. Da allora, nonostante le indagini a suo carico e le preoccupazioni che la vicenda gli aveva procurato, il prete aveva continuato a svolgere il proprio lavoro nell’istituto. «Addolorato nell’animo – ha precisato don Marcon –, ma circondato dall’affetto e dall’apprezzamento di noi tutti. E dimostrando sempre l’equilibrio e la maturità che lo contraddistinguono». Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo su delega dei sostituti procuratori Del Giudice e Tripani, erano proseguite sentendo diverse persone, una quindicina in tutto, tra cui anche i giovani che avevano frequentato il Bearzi negli stessi anni del denunciante. In via Don Bosco, intanto, il caso aveva mobilitato religiosi e non nella preghiera. «Siamo addolorati per l’infondata accusa mossa nei confronti di un nostro confratello», aveva detto ai fedeli don Dino, rivolgendosi ai fedeli nelle tre messe salesiani della domenica con una nota ufficiale. Poi, due giorni dopo, nella stessa chiesa dell’istituto, si era tenuta una veglia di preghiera alla quale avevano partecipato circa 2 mila persone, tra genitori, insegnanti, parrocchiani, giovani, suore e religiosi.

Edited by GalileoGalilei - 28/12/2009, 11:40
 
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