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Il rapimento di Emanuela Orlandi. Intrecci tra Vaticano e banda De Pedis, De Pedis voleva rientrare da un prestito alla IOR di Marcinkus?

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64mmore
view post Posted on 3/6/2013, 22:07




Bellissimo! Che schifo... non commento perchè bestemmio..
 
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view post Posted on 20/5/2014, 05:30
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http://www.affaritaliani.it/cronache/emanu...glio190514.html

Pietro Orlandi: "Bergoglio mi ha deluso, Emanuela resta un tabù"
ESCLUSIVO/
Lunedì, 19 maggio 2014 - 07:51:00


"Con Francesco c'è una chiusura ancora maggiore di quella di questi 31 anni". Pietro Orlandi, fratello di Emanuela (scomparsa dal Vaticano nel 1983), si sfoga in una lunga intervista ad Affaritaliani.it: "Da Bergoglio mi aspettavo un'apertura ma mi ha deluso. Telefona a moltissime persone ma per mia madre, che sta lì a 100 metri, in 30 anni non c'è stata nemmeno una parola di conforto. C'è chi sa la verità, ma non la diranno mai perché minerebbe l'immagine della Chiesa. Coinvolti anche mafia e massoneria".

Pietro Orlandi, ormai è passato più di un anno dall'arrivo di Bergoglio. Sulla vicenda di Emanuela è cambiato qualcosa?

Vedo la stessa chiusura, forse qualcosa in più. Ho avuto un brevissimo incontro con Bergoglio una settimana-dieci giorni dopo la sua elezione e lui mi disse: "Lei sta in cielo". Solo questo.

Come ha interpretato le parole di Bergoglio?

Lì per lì mi si è gelato il sangue. Non c'è mai stata la prova che Emanuela sia morta e il fatto che il Papa mi dica che sta in cielo è stata una doccia fredda. In quel momento ho pensato che magari ci fosse un'apertura dopo il muro di omertà tirato su da Wojtyla e da Benedetto XVI. Anche solo sentire nominare Emanuela da un Papa per me era importante.

Ha provato a chiedere spiegazioni?

Sì, ho continuato a chiedergli incontri e spiegazioni sulla frase che mi aveva detto ma non ho avuto più risposta, c'è stata una chiusura totale.

pietro orlandi (6)
Pietro Orlandi




Eppure Papa Francesco sembra essere molto vicino alle persone. Telefona a casa, risponde alle lettere...

E' proprio per questo che mi dava un minimo di fiducia. Telefona a moltissime persone, è molto vicino alla gente e però non chiama mia madre che sta a 100 metri di distanza da lui. Mi aspettavo un incontro con mia madre, due parole per una donna che ha sempre avuto fiducia. Invece c'è sempre stata una totale chiusura anche quando siamo andati in udienza con il gruppo nato su Facebook per Emanuela. Durante l'udienza sono stati ringraziati tutti i gruppi presenti tranne il nostro che non è stato proprio citato.

Si immagina come mai?

Non so il motivo, ma il nome di Emanuela dentro al Vaticano non si può fare. Addirittura non volevano far entrare delle persone che indossavano la maglietta col volto di Emanuela. Durante le nostre manifestazioni o veglie religiose siamo spesso stati trattati come dei criminali solo perché indossavamo una maglietta di Emanuela.

Crede che qualcuno in Vaticano sappia la verità su Emanuela?

Quella frase di Bergoglio mi ha messo molti dubbi. Sono convinto che in Vaticano qualcuno sappia che cosa è successo davvero. Io non ce l'ho con la Chiesa. Io quando parlo di Vaticano mi riferisco ad alcune persone dentro il Vaticano, in particolare chi sta ai vertici. Ci sono persone che sanno la verità sia dentro sia fuori dal Vaticano perché il Vaticano ha sì ostacolato le indagini, ma la magistratura e in generale lo Stato italiano è sempre stato un po' succube del loro potere.

La scomparsa di Emanuela fa parte di un disegno più grande e complesso?

E' uno dei pochi casi dove l'inchiesta è aperta da 30 anni ma le indagini sono ancora al punto di partenza. Se fosse stato un caso semplice sarebbe stato chiuso molto tempo prima. Sono convinto ci sia dietro qualcosa di così pesante anche per la Santa Sede stessa che preferiscono subire le critiche della società civile piuttosto che dire la verità. Non hanno contribuito con la magistratura e non sono mai nemmeno stati vicini alla famiglia. Io credo che ci sia ancora qualcuno che tiene sotto schiaffo chi sa qualcosa. Emanuela è un tassello in un sistema di ricatti che lega ambienti diversi: pezzi deviati dello Stato, la massoneria e le mafie. Da Papa Luciani a Calvi a Emanuela... ci sono tante storie la cui responsabilità, secondo me, è di un'unica mano. Persone attendibili mi hanno detto che Matteo Messina Denaro sa cosa è successo a Emanuela.

Spera ancora che possa venire fuori la verità prima o poi?

La verità deve emergere. Nonostante tutto vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Forse la verità arriverà quando questo silenzio non servirà più a nessuno.

Tra tutte le ipotesi fatte sulla scomparsa di Emanuela quale crede sia quella giusta?

Non credo che Emanuela, una bambina di 15 anni, potesse essere oggetto di ricatti enormi. Trent'anni fa la storia di Emanuela arrivò in tutto il mondo. Ci arrivavano lettere da tutte le parti del pianeta, me ne ricordo una dall'isola di Giava. I presunti rapitori ottennero una linea diretta con la segreteria di Stato, con il cardinal Casaroli. Una cosa non normale. Di quelle telefonate, intercorse dal giugno al settembre di quell'anno, la segreteria di Stato non ha mai parlato con gli inquirenti. E dentro quelle telefonate secondo me c'era il vero ricatto, la vera richiesta. E' un ricatto che a mio parere tocca intimamente la Chiesa.

Renzi ha recentemente detto di aver tolto il segreto di Stato sulle stragi degli anni '70-'80 (tecnicamente il segreto di Stato non esiste più dal 1977, ndr). Il Vaticano toglierà mai il velo su questa storia?

Qualche anno fa un monsignore mi disse: "Guarda che se Wojtyla ha messo il segreto pontificio qui dentro non ne parlerà mai nessuno". Io chiedo a Bergoglio di togliere il segreto perché in una Chiesa vicina alla gente non possono esistere segreti. Gesù diceva che "non c'è nulla di nascosto che non debba essere rivelato e di segreto che non debba essere manifestato". Si dice che questo pontificato vuole essere vicino a Gesù ma il segreto pontificio è in contraddizione con i suoi insegnamenti.

Quali sono oggi i rapporti di forza tra Stato e Chiesa?

Nessuno può mettersi contro la Santa Sede. La Santa Sede fa comodo a tutti e tutti fanno comodo alla Santa Sede. E' un rapporto che esiste dai Patti Lateranensi che stabilivano che doveva esserci collaborazione tra la Chiesa e il Paese. La collaborazione probabilmente c'è, ma per occultare le cose.

Oggi che cosa rappresenta per lei il Vaticano?

Continua a essere la mia famiglia. Io sono nato là dentro. Da bambino giocavo sulla carrozza dei papi. Era casa mia, casa nostra. PEr questo sento in maniera ancora più pesante questo atteggiamento. Vedo un po' questa storia come un figlio che litiga con il padre e il padre che gli gira le spalle e non lo aiuta. Il Vaticano non ha mai difeso Emanuela, una sua cittadina, e invece è successo il contrario con il Vaticano che non ha mai aiutato lo Stato italiano a fare chiarezza.

Sarebbe bastata un po' di vicinanza, anche umana, da parte della Chiesa?

Mia madre è una donna di Chiesa, ha sempre avuto fiducia. Le basterebbe una parola di conforto, di preghiera e invece nulla. In questa storia è mancata la pietà. Se Emanuela è morta almeno dovrebbero concederci i sacramenti. Bergoglio dovrebbe essere sensibile almeno a questo. Per i 30 anni della scomparsa abbiamo fatto un corteo fino a Piazza San Pietro. Era una veglia di preghiera e avevamo chiesto la presenza di Papa Francesco o almeno di un rappresentante della Chiesa. Sembrava ci fosse un'apertura e invece alla fine Bergoglio non è venuto da noi e non è andato neppure alla Giornata della Fede che c'era qualche ora prima... Purtroppo, anche con Bergoglio Emanuela è rimasta un tabù.

Ha mai sentito vicino lo Stato italiano?

Le uniche parole le aveva spese Pertini. Molte persone dello Stato italiano si sono impegnate per scoprire la verità. Tanti investigatori, tanti carabinieri, solo che alla fine dall'alto non sono stati incentivati a continuare.

Spera ancora di ritrovare viva Emanuela?

La speranza la sento come un dovere. Finché non c'è la prova della morte sento il dovere di cercarla viva. Proprio Bergoglio dice di non lasciarsi rubare la speranza e allora non posso farlo io. Ma almeno, se davvero è morta, voglio che si trovino i responsabili e che si dia a mia sorella una degna sepoltura. Il problema è che le responsabilità non ricadrebbero solo su una singola persona ma su tutta un'istituzione che non è solo il Vaticano...
 
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view post Posted on 20/5/2014, 06:32
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http://www.inliberta.it/intervista-esclusi...ne-di-emanuela/

Intervista esclusiva a Pietro Orlandi: c’è un legame tra le 5 Entità di Calcara e la sparizione di Emanuela?
CRONACA, REPORTAGE | REDAZIONE | 11 MAGGIO 2014 07:00
orlandiAl Salone di Torino, l’8 Maggio è stato presentato il mio libro “Dai Memoriali di Vincenzo Calcara: le 5 Entità rivelate a Paolo Borsellino”, frutto di un lungo lavoro con il pentito Calcara. Nel racconto viene trattato l’argomento tabù relativo alle 5 forze occulte che decidono, ad ogni livello, il destino sociale, politico ed economico dello Stato, attraverso il posizionamento di menti perverse che ne attuano i programmi. Le 5 Entità, ovvero Mafia,’ndrangheta, Servizi segreti deviati, Massoneria e Chiesa, a detta del pentito Vincenzo Calcara, uomo “riservato” della famiglia Messina Denaro e confidente di Paolo Borsellino, sarebbero riconducibili alla sparizione della giovane Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983.

Ecco cosa ha riferito Pietro Orlandi in un’intervista rilasciata prima del suo intervento al Salone, in cui ha avvalorato con fermezza la tesi di Calcara sull’Entità Vaticano.

All’indomani dell’elezione di Papa Francesco, vi abbiamo visto scambiare qualche battuta, all’uscita della chiesa di S. Anna. Bergoglio sembrava disposto ad ascoltare le tue domande, in piena rispondenza con la sua vocazione di francescano e Papa. Che cosa è cambiato a distanza di un anno? Hai ottenuto qualche risposta o il Vaticano continua a tacere, perpetrando il solito negazionismo che da trenta anni circonda la vicenda della sparizione di tua sorella Emanuela?

Quel giorno, sapendo che il Papa avrebbe detto messa a Sant’Anna in Vaticano, sono andato con mia madre e mia sorella nella speranza di incontrarlo.

Ha incontrato prima mia madre, io ero dietro e si vede dalle immagini. A mia madre ha detto” lei è in cielo”, è lì che mi si è gelato il sangue e non sorrido affatto. Poi quando è’ toccato a me, ha ripetuto la stessa frase” lei è’ in cielo” io avvicinandomi gli dico ” la nostra speranza è che lei sia viva, noi cercheremo sempre la verità e spero che lei ci aiuti in questo” e lui ha ripetuto ” lei è in cielo” stringendomi forte la mano e un sorriso d’incoraggiamento. In quel momento ho avuto la sensazione che quel sorriso fosse un” si” alla mia richiesta d’aiuto. Volevo capire di più, speravo di avere risposte da un incontro privato. Speravo che un incontro sarebbe stato chiarificatore, Il mio unico obiettivo era capire perché aveva detto quella frase, se sapeva il perché ” lei è’ in cielo”. Ero convinto che a seguito di quel breve incontro e a quella frase, non detta a caso, ci sarebbe stata la possibilità di un dialogo costruttivo per arrivare alla verità. Feci una serie di richieste direttamente al suo segretario senza risposta, non una parola. E’ un argomento tabu. Quell’apertura mi aveva fatto sperare, dopo tanto tempo, tante richieste inascoltate durante il pontificato di Benedetto XVI, trovarmi difronte un Papa che mi parlava, anche se per pochi secondi, di Emanuela, era per me un passo avanti e invece si è rialzato inesorabilmente quell’odioso muro del silenzio. MI ha ricordato in qualche modo l’incontro di tanti anni fa con Wojtyla. Sei mesi dopo la scomparsa venne a casa nostra, ci parlò di Emanuela e ci aprì alla speranza, ma poi permise al silenzio e all’omertà di calare su questa storia.

Come interpreti dunque il silenzio di Papa Francesco?

Quel silenzio lo interpreto in un solo modo, la verità sulla scomparsa di Emanuela deve rimanere occultata. Questo loro comportamento mi autorizza a pensare chela Verità sia un peso così grande per la Santa Sede che preferiscono subire le critiche e i dubbi da parte dell’opinione pubblica piuttosto che farla emergere. Non trovo altre giustificazioni.

Quali iniziative hai intrapreso in questi anni, al fine di sollecitare la Santa sede ad aiutarti nella risoluzione del caso? Se non erro c’è stata pure una raccolta firme presentata direttamente in Vaticano. Che risposte hai ottenuto?

Grazie alla solidarietà di tanta gente abbiamo portato avanti diverse iniziative per ottenere risposte e collaborazione. Manifestazioni in Piazza S. Pietro, affissioni di manifesti, petizioni sia a Benedetto XVI sia all’ex segretario di Stato Cardinal Bertone, dove chiedevamo che venisse aperta un’inchiesta interna allo stato Vaticano sul rapimento di una loro cittadina. La petizione a Benedetto XVI è stata sottoscritta da oltre 80000 persone, quella al cardinal Bertone, ancora in corso, ed intestata ora al nuovo Segretario di Stato (si può aderire sul sito www.emanuelaorlandi.it), è arrivata a quota 156600 ad oggi, non solo dall’Italia ma da oltre 40 paesi nel mondo. Nonostante questo, le risposte sono state pari allo zero. In una comunicazione della Segreteria di Stato a Benedetto XVI si arrivò a sconsigliarlo di parlare pubblicamente del caso quando io chiesi un suo intervento, una preghiera, un ricordo di Emanuela durante l’Angelus al quale era presente un numeroso gruppo di cittadini che avevano firmato la petizione e che simbolicamente volevano consegnarla, non avendolo potuto fare fisicamente, insieme con me.

Quali battaglie hai condotto nel nome di tua sorella e chi ti ha aiutato: Istituzioni, società civile, media?

Non mi piace chiamarla battaglia ma diritto e voglia di verità e giustizia, diventate quasi un’utopia mentre dovrebbero tornare ad essere i principi fondamentali di ogni civiltà che si reputi civile. Lo faccio per Emanuela ma la mia solidarietà è verso tutte quelle persone alle quali, come ad Emanuela, è stata tolta la possibilità di scegliere della propria vita. Un’ingiustizia non cambia d’intensità se sono passati un giorno, un anno, trent’anni ma rimarrà tale finche’ la giustizia, quella vera, non avrà fatto il suo corso. Nelle varie manifestazioni svolte sono stati con noi presenti molti famigliari di scomparsi unendo la loro voglia di verità alla mia. Uno dei momenti più intensi e di solidarietà è stato nel maggio 2012 quando organizzai una giornata nazionale di Verità e Giustizia per Emanuela. La risposta della gente fu bellissima. Molti Comuni d’Italia appoggiarono questa iniziativa, dal Veneto alla Sicilia appendendo delle gigantografie di Emanuela sui palazzi comunali e organizzando conferenze sul tema della verità e giustizia. Anche a Roma, al Campidoglio, il sindaco Alemanno decise di appendere la gigantografia. La gigantografia fu srotolata difronte a un migliaio di cittadini, venuti per sostenere la nostra causa, e alla presenza d’istituzioni italiane che appoggiarono questa iniziativa, il sindaco Alemanno, l’ex sindaco di Roma Veltroni e il presidente della Provincia Zingaretti. Da li partì un lungo corteo che arrivò in piazza S. Pietro per l’Angelus dove ci aspettavamo altrettanta solidarietà, ma invano.

In questi anni ho cercato di tenere alta l’attenzione su questa vicenda grazie anche ai media, senza i quali difficilmente sarei riuscito a far sentire la mia voce e a non far dimenticare, cosa che in tanti avrebbero voluto, “dimenticare e far dimenticare”.

Cosa che purtroppo sto notando in quest’ultimo anno. E’ calato improvvisamente il silenzio.

Nel corso di questi trenta anni abbiamo assistito solo a depistaggi e flussi d’informazioni, più o meno assurde, che farebbero crollare chiunque. Chi ti da la forza di continuare. Hai mai pensato di mollare? Chi o cosa ti da la forza di continuare?

Chi mi da la forza? Sicuramente la solidarietà di tante persone, Emanuela è diventata la sorella di tutti quelli che continuamente m’inviano messaggi di vicinanza, che mi seguono nelle manifestazioni o nelle petizioni. Quando sento ragazzi giovani, che all’epoca non erano ancora nati, che mi dicono” la tua volontà nel ricercare a tutti i costi la verità, ha risvegliato in me quel senso di giustizia che era addormentato”, beh, questo basterebbe a mandarmi avanti e non mollare, l’aver dato speranza e accresciuto il senso di giustizia ad un giovane, vuol dire aver dato un senso alla vita. I cambiamenti nascono dai piccoli gesti di ognuno di noi e sono certo che quel ragazzo lo trasmetterà ad un altro e un altro ancora.

Una grande persona diceva “ Sono le azioni che contano, i pensieri per quanto buoni possano essere, sono false perle fino a quando non le trasformeremo in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

Hai mai avuto la sensazione dì essere vicinissimo alla Verità? Come gestisci le miriadi d’informazioni che quotidianamente ricevi?

Continuamente sento di essere vicino alla verità. La Verità è intorno a noi, è come se fosse riuscita a mettere un velo davanti ai nostri occhi, e ci inganna continuamente. In tutti questi anni siamo stati tantissime volte illusi e disillusi.

Il negazionismo capillare dei vertici ti ha mai fatto credere che le 5 entità di cui parla il pentito di mafia Vincenzo Calcara, del quale ho curato la biografia, siano realmente responsabili di quanto accaduto a Emanuela?

D’ipotesi su questa vicenda ne sono state fatte tantissime, dalla tratta delle bianche, lo scambio con il prigioniero attentatore del Papa, Agca, le questioni legate all’ambrosiano e i soldi della mafia usati per la causa polacca, le sovvenzioni ai regimi sudamericani per contrastare il comunismo legato a quella teologia della liberazione tanto osteggiata da Giovanni Paolo II che lo portarono a quei legami d’amicizia con Pinochet, sterminatore di un’intera generazione in Sudamerica, o il tentativo di frenare Giovanni Paolo II nelle questioni politiche legate a Solidarnosc, terrorismo internazionale ed altre ancora. Poi ancora Emanuela viva in Colombia, in svizzera in Lussemburgo, in Francia, in Inghilterra, in Tunisia, in Marocco e in una miriade di monasteri sparsi per il mondo. Purtroppo in nessuna di queste ipotesi è stata portata una prova che desse valore all’ipotesi stessa e scartasse tutte le altre. Io non ho mai abbandonato nessuna di queste ipotesi, non posso perché in ognuna c’è un brandello di verità, c’è qualcosa che continuamente mi porta a dire “ sì, può essere”. E così la testa diventa una spugna che assorbe tutto, trattiene ogni parola, ogni segnalazione, telefonata, contatto e non rilascia nulla. Ho una visione globale di tutta la storia, so che la verità è di fronte a me ma non riesco a sistemare il puzzle o ricostruire pezzi di verità come le facce colorate del cubo di Rubrik, che tanto piaceva ad Emanuela.

La verità è a portata di mano, bisogna trovare il filo che unisca tutti i pezzi.

Una cosa è certa, Emanuela era, è, una cittadina vaticana e il Vaticano avrebbe dovuto prendere, da subito, una posizione ufficiale riguardo al rapimento di una sua cittadina. Chiedendo collaborazione allo Stato italiano, visto che Emanuela è stata rapita in Italia e impegnandosi da subito ad offrire la massima disponibilità, come recita l’articolo dei Patti Lateranensi “…reciproca collaborazione per il bene del Paese..”, certo la reciproca collaborazione c’è stata ma per occultare la verità. È certo che il Vaticano ha da sempre ostacolato e rallentato le indagini, e lo testimoniano le dichiarazioni di magistrati e forze dell’ordine che si sono occupati del caso:

“L’intera vicenda di Emanuela Orlandi fu caratterizzata da costante riservatezza da parte della Santa Sede che, pur disponendo di contatti telefonici e probabilmente diversi, non rese partecipi dei contenuti dei suoi rapporti la magistratura e le autorità di polizia…Ritengo che le ricerche conoscitive sulla vicenda siano state viziate proprio per il diaframma frapposto fra lo Stato italiano e la Santa Sede. L’intero svolgimento fu caratterizzato da numerose iniziative disinformative con fini di palese depistaggio, lasciando nel dubbio gli operatori…”.

Non pochi mi hanno detto frasi del tipo “ sappiamo che la verità è celata la dentro, indicando il Vaticano, ma che possiamo fare? Niente” oppure “ all’epoca ci impegnavamo molto ma certo i nostri superiori non ci incoraggiavano, avevano pressioni dal Vaticano a rallentare le indagini”. Quindi il comportamento del Vaticano non ha trovato ostacoli in uno Stato da sempre succube al potere della Santa Sede e pronto a chinare il capo difronte a tali richieste. La dimostrazione è che nonostante l’inchiesta sia ancora aperta, le indagini sono ferme a trent’anni fa.

Tutto questo mi autorizza a pensare che ci sia qualcosa che sicuramente va oltre le ipotesi formulate sopra, qualcosa d’inconfessabile, qualcosa di così pesante che la confessione della verità minerebbe le fondamenta della Chiesa stessa.

Il Sistema, “Il sistema ha la responsabilità di quanto accaduto a tua sorella” mi disse una volta un Monsignore in Vaticano e questo mi fa pensare a Calcara e le sue dichiarazioni.

La prima volta che parlai con Calcara fu al telefono, mi disse” Le tue parole, quando parli di sistema, sono le stesse descritte nell’agenda rossa che Paolo Borsellino portava sempre con sé”. Si riferiva a quando dichiarai -” Emanuela è purtroppo, un piccolo tassello, in un sistema di ricatti. Un sistema che lega pezzi deviati del Vaticano, pezzi deviati dello Stato, pezzi deviati della massoneria e le mafie. Un sistema che non solo ha occultato e continua ad occultare la verità’ sulla scomparsa di Emanuela ma che lega con un unico filo unico, la morte di Papa Luciana, l’attentato a Piazza S. Pietro, la morte di Calvi e il sacrificio di Emanuela.

Che Borsellino prendesse in considerazione la pericolosità di questo sistema rafforza le mie convinzioni. Se quella parte sana della giustizia e quella parte sana della Chiesa, nelle quali voglio ancora credere, cominciassero a prendere in considerazione seriamente quanto dice Vincenzo Calcara, non fosse altro per l’attendibilità datagli da Paolo Borsellino, potrebbero aprirsi spiragli di verità inquietanti, e non solo per la vicenda di mia sorella.

di Simona Mazza

foto: eclissisociale.com
 
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Paolo Pietroni (scrittore) a La Zanzara su Radio 24: “Un frate domenicano mi ha raccontato la verità su Emanuela Orlandi”. “Un cappuccino dell’Aquila ha visto due foto della Orlandi con Marcinkus e De Pedis”. “La Orlandi vittima di un gioco di natura sessuale”. Forse verità su Emanuela Orlandi a Santa Maria delle Grazie a Milano.
Emanuela_OrlandiC’è un padre domenicano che sa qualcosa sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Che sarebbe morta durante un gioco di natura sessuale. Il religioso, che attualmente si trova nella basilica di Santa Maria delle Grazie a Milano, ne ha parlato con un giornalista e scrittore, Paolo Pietroni, autore del romanzo ‘Io sono un angelo nero, edito da Barion. E spunta fuori un prete cappuccino del ‘Movimento per la vita dell’Armata bianca della Madonna’ de L’Aquila che avrebbe visto due foto della Orlandi, di cui una in compagnia dell’allora arcivescovo Paul Marcinkus. “Negli ultimi anni – racconta Pietroni a La Zanzara su Radio 24 – ho coltivato un’amicizia con un padre domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano. Lui mi ha detto: forse ti posso dare una mano per le tue ricerche. Mi ha parlato molto dei Legionari di Cristo e anche delle cose segrete di un’altra congregazione, l’Armata Bianca della Madonna”. Può fare il nome di questo frate, chiedono i conduttori?: “No, è un amico che mi ha aiutato ma non vuole scoprirsi. Comunque è vivo”. “Mi ha parlato di un gioco – racconta Pietroni – di cui è rimasta vittima la Orlandi. Lei è stata attratta volontariamente da un gioco più grande di lei, che all’inizio sembrava innocente. Un’avventura. Forse come alcune ragazze della sua età era annoiata. Non sarebbe stata sequestrata contro la sua volontà, anzi era sensibile a correre delle avventure anche per gioco. Avrebbe accettato un invito, ma ripeto non contro la sua volontà. Alla fine è caduta in un tranello ed è rimasta vittima di un incidente”. Incidente di che tipo? “Un incidente di tipo sessuale, almeno così dice il frate domenicano”. “Il padre domenicano – prosegue Pietroni a La Zanzara – ha degli indizi perché è arrivato a sapere dell’esistenza di un frate dell’Armata bianca della Madonna che avrebbe visto due immagini, due fotografie delle quali era protagonista Emanuela Orlandi. Nella prima appare, sorridente, insieme all’arcivescovo Marcinkus, nell’atmosfera di un gioco, di un divertimento. Nella seconda si vede il corpo ‘composto’ insieme a quello di Sergio De Pedis, forse una composizione funebre. Ma non è detto”. “Fino al 2010-11 – dice ancora – il cappuccino era vivo, immagino lo sia anche adesso. E si trova a L’Aquila. Ma le immagini probabilmente le ha viste a Roma, prima di aver fatto parte dell’Armata Bianca. Questo frate forse si trovava a Roma per gli esercizi spirituali, non so”. Perché il frate domenicano non è mai andato da un giudice? “Perché non ha le prove e perché molte di queste cose che ha saputo vengono da una confessione. Lui le foto non le ha viste, ne è venuto a conoscenza. Certo il frate cappuccino gli ha detto che era Emanuela Orlandi. Come poteva andare da un magistrato? I sacerdoti hanno una condotta molto ligia sulla riservatezza”.
 
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http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/14...1228dc18c.shtml

GIALLO ORLANDI-GREGORI
Josè, travolto e ucciso dal superteste
La madre ricevuta da papa Francesco

Il piccolo morì nel dicembre 1983 nella pineta di Castel Porziano, investito dal furgone guidato da Marco Fassoni Accetti, il fotografo che si è autoaccusato del sequestro di Emanuela e Mirella. La signora Garramon: «Subito le rogatorie»
di Fabrizio Peronaci

ROMA - Papa Francesco incontra la mamma di Josè Garramon, il ragazzino uruguayano di 12 anni investito e ucciso il 20 dicembre 1983 nella pineta di Castel Porziano dal furgone Ford Transit guidato da Marco Fassoni Accetti, il supertestimone del giallo Orlandi-Gregori. Maria Laura Bulanti era tra quanti hanno salutato il pontefice al termine dell’udienza generale. Bergoglio, appena l’ha vista, si è dimostrato affettuoso e intrattenuto con lei, per informarsi sugli eventuali sviluppi. In particolare, il papa ha voluto sapere quale assistenza il Vaticano le stia dando, attraverso gli organi da lui incaricati, per fare luce sul mistero della morte del figlio.

Ricorso in Europa contro i magistrati italiani

La signora ha preannunciato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. «Da quando sono state riaperte le indagini contro ignoti per il rapimento e l’uccisione di Josè - ha detto - la procura di Roma non ha fatto nulla, l’inerzia è totale. Sono amareggiata di compiere questo passo che è contro l’Italia, ma qui non ho avuto giustizia». La vicenda è molto complessa: il caso Garramon è tornato in primo piano in quanto nel marzo 2013 il regista e fotografo indipendente Marco Fassoni Accetti, 58 anni, condannato a suo tempo per omicidio colposo e omissione di soccorso in relazione all’incidente della pineta, si è presentato a Piazzale Clodio e ha confessato di essere stato uno dei rapitori sia di Emanuela Orlandi sia di Mirella Gregori, scomparse nel maggio e giugno 1983. «Ero stato arruolato in un gruppo di intelligence e controspionaggio - ha messo a verbale il supertestimone indagato - formato da laici ed ecclesiastici , per lo più francesi e lituani, che si opponevano alla linea anticomunista di Wojtyla e alla gestione dello Ior guidato da monsignor Marcinkus. Le due ragazze furono prese per indurre il terrorista Agca a ritrattare le sue accuse ai bulgari di complicità nell’attentato dell’81. La figlia del messo pontificio fu scelta per ricattare il Vaticano, che avrebbe dovuto chiedere la grazia allo Stato italiano. L’altra ragazza per fare pressioni sul presidente Pertini». Partendo da questo duplice rapimento, attuato con l’inganno e la complicità di alcune amiche, ideato perché durasse poche ore, ma poi sfuggito di mano, come si arrivò al coinvolgimento di Fassoni Accetti nella morte del piccolo Josè?

L’indagato: «A Castel Porziano la Orlandi era in un camper»

Marco Fassoni Accetti, superteste indagatoMarco Fassoni Accetti, superteste indagato

La spiegazione resa dall’indagato in Procura non è mai emersa e il Corriere è in grado di rivelarla. Il 20 dicembre 1983 era la vigilia dell’uscita dal carcere di Serguei Antonov, il caposcalo della Balkan Air arrestato nell’ambito della cosiddetta «pista bulgara», che nel 1986 sarà assolto dall’accusa di aver aiutato il Lupo grigio a compiere l’attentato in piazza San Pietro . «Noi avevamo saputo della concessione dei domiciliari ad Antonov - ha messo a verbale Marco Fassoni Accetti - e questo per il mio gruppo rappresentava un risultato positivo. I vertici , a noi elementi operativi, chiesero quindi di interrompere le pressioni in corso nella pineta, nei pressi della villa del giudice Santiapichi, che era in predicato di presiedere proprio il processo contro la delegazione bulgara». Di quali azioni di «disturbo» si sarebbe trattato? «La Orlandi era con alcune nostre ragazze in un camper da tempo posizionato nei pressi della villa. Le avevamo fatto delle fotografie, senza spiegarle il reale motivo. Le pressioni, più che alla persona del giudice, erano rivolte ai suoi familiari, in particolare la figlia, e a funzionari del ministero di Giustizia, con riferimento alla composizione della futura giuria di Corte d’assise». Marco Fassoni Accetti, insomma, quella sera stava andando nella pineta per dire ai suoi sodali che era ora di «smobilitare». «Il camper doveva lasciare immediatamente la zona ed Emanuela Orlandi essere portata a Roma, nell’appartamento già usato per lei nel quartiere Monteverde».

«Mi feci arrestare per entrare a Rebibbia, dove c’era Agca»

Durante l’azione di spionaggio, però, accade la tragedia. Alle 19.20 del 20 dicembre 1983 Josè Garamon viene travolto dal Ford Transit in viale di Castel Porziano. «A bordo del furgone c’eravamo io e una ragazza tedesca, fiancheggiatrice della Stasi, da noi chiamata Ulrike, già presente , mesi prima, al momento dei prelevamenti di Mirella ed Emanuela». I due si divisero, lasciando il corpo del ragazzino sul ciglio della strada. Marco Fassoni Accetti andò a Roma in autobus e in piena notte tornò di nuovo in pineta, con una sua amica, Patrizia De Benedetti, nell’ambito di un progetto preciso: farsi arrestare, come poi avvenne alle 4, a poche centinaia di metri dalla villa di Santiapichi. «Il piano fu deciso quella notte. Io sarei dovuto entrare in carcere il giorno dopo, a Rebibbia, dove c’era anche il signor Agca - ha dichiarato ai magistrati Giancarlo Capaldo e Simona Maisto - e, attraverso un agente penitenziario corrotto, diffondere la voce che ero stato inviato dal Kgb per ucciderlo, se non avesse ritirato le calunnie contro la delegazione bulgara. Analoga minaccia , stavolta trasversale, doveva riguardare la sorella di Agca, Fatima, che promettemmo di voler raggiungere in Turchia e uccidere, come il Garramon, tramite un finto incidente stradale». In pratica, secondo questa ricostruzione, il nucleo occulto operante all’ombra del Cupolone si «impossessò» della morte (fortuita) del piccolo Josè per rafforzare le pressioni su Agca

La madre di Josè: «Il Vaticano vuole fare piena luce»

Josè GarramonJosè Garramon

La mamma del ragazzino replica che «già il processo contro Accetti fu pieno di buchi, l’autopsia fatta su mio figlio è sparita» e oltretutto, oggi, «dalla Procura mi dicono che sarebbe inutile inoltrare rogatorie, in quanto non andrebbero a buon fine. Ma a me non risulta». E’ su questo aspetto che si innesta la novità dell’incontro all’udienza del mercoledì con papa Francesco. «Mi chiedo perché non venga fatta una richiesta formale di collaborazione al Vaticano - incalza Maria Laura Bulanti - dove, da parte mia, ho avuto rassicurazioni sulla volontà di fare luce». Il giallo Orlandi-Gregori, dunque, torna in primo piano in via indiretta: mentre il pontefice argentino sta ancora valutando se accogliere la richiesta di incontro a lui inoltrata più volte da Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, la signora Garramon dichiara di aver già strappato, direttamente a Bergoglio o a qualche suo collaboratore, la promessa che la Santa Sede non si opporrà alle rogatorie. Nell’ambito dell’istruttoria che coinvolge Marco Fassoni Accetti, è pendente dallo scorso novembre in Procura la richiesta di audizione testimoniale di monsignor Pierluigi Celata, vicecamerlengo, che fu direttore del collegio San Giuseppe De Merode frequentato dall’indagato, e del cardinale Audrey Backis, franco-lituano, indicato come uno dei prelati «di riferimento» della fazione vaticana che si opponeva alla politica di Karol Wojtyla. Uno dei più inquietanti misteri del secondo Novecento torna insomma alla ribalta. Con una domanda preliminare, per restare a Josè, alla quale ora i magistrati devono tentare di rispondere: chi condusse il bambino in pineta e da cosa fuggiva il piccolo quando, correndo in mezzo alla strada, fu investito dal furgone? Giallo riaperto, e stavolta l’interesse di papa Francesco rafforza la speranza delle famiglie.
21 maggio 2014 | 23:00
 
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view post Posted on 26/10/2015, 22:21
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La ragazza del Vaticano svanita per sempre

Il Gip Giorgianni ha chiuso l’inchiesta sulla scomparsa della giovane nel cuore di Roma nel 1983. Tante piste, resta il mistero
di VITTORIO EMILIANI

VITTORIO EMILIANI. Il mistero sulla sorte di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, scomparsa, probabilmente rapita, in pieno centro di Roma il 22 giugno 1983, rimane fittissimo. Il Gip Giovanni Giorgianni ha chiuso il fascicolo riaperto un decennio fa dopo una inchiesta - sollecitata in modo incessante, giustamente, soprattutto dall’équipe di “Chi l’ha visto?” (Raitre) - che aveva portato a indagare alcuni personaggi dI frontiera fra Roma e il Vaticano. Come la supertestimone Sabina Minardi, amante del defunto boss della “bandaccia” della Magliana Enrico De Pedis detto Renatino sepolto, sorprendentemente, nella cripta di Sant’Apollinare perché presentato quale “grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica” presso piazza Navona da un ambiguo monsignore, Pietro Vergari. Quest’ultimo era nei primi anni ’90 rettore della centralissima basilica dopo essere stato cappellano del carcere di Regina Coeli. Dico ambiguo perché è stato lui a presentare al Vicariato come un cristiano meritevole di sepoltura nell’antica chiesa del rione Ponte un boss criminale quale De Pedis rifiutando ogni spiegazione a “Chi l’ha visto?”. Uomo comunque dalle potenti entrature nella Curia di papa Wojtyla.

Emanuela Orlandi, ecco una connessione, figlia di un funzionario vaticano, prendeva lezioni di flauto nel contiguo palazzo dell’Istituto Pontificio di Musica Sacra. Nel quale è entrata quel 22 giugno 1983 non dando poi piú notizia di sé. I suoi famigliari, in particolare il fratello Paolo, non si sono mai rassegnati a quella sparizione aggrappandosi a qualunque appiglio la potesse spiegare. Un’altra connessione col Vaticano: nell’anno della scomparsa e in quello successivo l’organizzazione turca di estrema destra i Lupi Grigi ha annunciato di avere in custodia due ragazze romane, la Orlandi e Mirella Gregori anch’essa quindicenne e mai ritrovata. E ai Lupi Grigi era appartenuto l’attentatore di Giovanni Paolo II, Alí Agca subito arrestato. Perché era stata rapita e assassinata la giovane? Secondo Sabina Minardi e altri testimoni come il fotografo Marco Accetti ora ritenuti dal Gip del tutto inattendibili, per ordine del cardinale Marcinkus, protagonista dello scandalo della banca vaticana Ior (sostanzialmente “coperto” all’epoca come i tanti casi di pedofilia) “per dare un segnale in alto”. Tesi ritenuta oggi frutto di mitomania, di puro esibizionismo.

Secondo Alí Agca, al contrario, il rapimento della Orlandi era stato compiuto per chiedere in cambio di liberare lui dal carcere italiano. Cosí come Sergej Antonov della Balkan Air ritenuto suo complice (poi scagionato) doveva venire scambiato con due italiani detenuti in Bulgaria. Ma il rifiuto di Agca aveva fatto saltare il piano. Un anno fa l’ex terrorista è tornato clandestinamente a Roma, si è fatto passare per il suo avvocato, Mustafà, visitando fra l’altro anche San Pietro. Voleva essere interrogato per testimoniare che Emanuela Orlandi è sana e salva e vive in un convento di suore. Non si sa bene dove. Ne avrebbe voluto parlare con lo stesso papa Francesco di cui apprezza, ha detto, l’opera di pulizia in Vaticano. Ma il magistrato ha ritenuto del tutto superfluo interrogarlo in proposito e l’ha fatto rispedire dalla questura in Turchia.

Ora Pietro Orlandi spera nella Cassazione alla quale ricorrerà. Certo sono passati tanti, forse troppi anni per ritrovare il bandolo di una matassa cosí intricata. Nel maggio del 2012 il vaticanista Marco Politi, prima al Messaggero e poi a Repubblica ha ricordato sul Fatto che il procuratore generale Giovanni Malerba - incaricato all’epoca del caso Orlandi - gli aveva confidato: «La Santa Sede non collaborò alle indagini». Secondo Politi, «il Vaticano non ha incoraggiato i propri funzionari - chierici o laici che fossero - a rispondere incondizionatamente
agli investigatori italiani». E perché il commissario di polizia di Borgo Pio sentí il bisogno di telefonare a me, allora direttore del Messaggero, subito dopo l’attentato al papa per assicurarmi che lo sparatore aveva “agito da solo”? Mistero dei misteri.

http://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-l...mpre-1.12319885
 
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PornoPrete69
view post Posted on 3/11/2015, 20:55




ahahaaha quindi lo ammise che le fu proposto un "un lavoretto"

va be non si dovrebbe scherzare su cose del genere, sorry...
 
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view post Posted on 27/6/2016, 05:32
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Emanuela Orlandi rapita perché il fratello portava soldi allo Ior?
Pubblicato il 22 giugno 2016 07:16 | Ultimo aggiornamento: 22 giugno 2016 11:57

La foto di di Pino Nicotri
di Pino Nicotri

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Guarda la versione ingrandita di Emanuela Orlandi rapita perché il fratello Pietro (nella foto con Papa Francesco) portava soldi allo Ior? Pino Nicotri ha scovato negli atti dell'inchiesta delle inter cettazioni che riaprono il mistero
Emanuela Orlandi rapita perché il fratello Pietro (nella foto con Papa Francesco) portava soldi allo Ior? Pino Nicotri ha scovato negli atti dell'inchiesta delle inter cettazioni che riaprono il mistero
Emanuela Orlandi rapita da mani misteriose, da un “sistema”, perché il fratello Pietro Orlandi portava, avvolti in carta da giornale, i soldi ai bancomat dello Ior? Era lo stesso Pietro a parlare di questo suo incubo e ne parlava con un autorevole esponente della Curia romana. Sepolta nelle oltre 20 mila pagine di atti giudiziari dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, archiviata dalla Cassazione lo scorso 5 maggio c’è una traccia che porta a Pietro Orlandi e ai suoi timori sulla causa della scomparsa della sorella.
I magistrati che si sono sobbarcati la inchiesta durata 8 anni non sembrano avere dato molto credito a quei timori ma dagli atti emerge questo nuovo mistero nel mistero Orlandi: il lavoro di Pietro Orlandi quando lavorava all’ Istituto Opere di Religione (IOR), cioè alla banca del Vaticano, consisteva nel riciclare “soldi sporchi”, vale a dire di provenienza illegale? Si direbbe proprio di sì, stando a quanto afferma in alcune telefonate intercettate il vescovo Francesco Saverio Salerno, che per giunta parla anche della convinzione di Pietro che sua sorella sia stata rapita proprio per la sua attività con “i soldi sporchi”. Discorsi tutti che si trovano puntualmente registrati e riassunti nelle 47 pagine della cartella n. 4039327 delle 833 che, per un totale di oltre 20 mila pagine, riportano tutti gli atti giudiziari dell’indagine sul mistero Orlandi nata nel 2008 sulla scia di alcune “rivelazioni” di “Chi l’ha visto?”, rivelatesi fasulle, e archiviata dalla Cassazione lo scorso 5 maggio. L’ascolto del telefono di Salerno è stato iniziato il 25 maggio 2012 ed è stato ritenuto talmente interessante da indurre i dirigenti della Squadra Mobile e della Sezione Criminalità Organizzata della questura di Roma a chiedere il 7 luglio l’autorizzazione a proseguirne l’intercettazione. Nella telefonata del 26 maggio 2012 a sua cugina Chiara, iniziata alle ore 10, 28 minuti e 43 secondi e terminata alle ore 10, 50 minuti e 29 secondi, il prelato rivela tra l’altro:
“Dice che lui portava dentro i giornali i quattrini sporchi”,
dove “lui” appare essere proprio Pietro Orlandi,
Questa telefonata è importante sia perché in essa Salerno conferma esplicitamente il ruolo di paradiso fiscale dello IOR sia perché spiega alla sua interlocutrice che Pietro Orlandi è convinto che sua sorella Emanuela sia stata fatta sparire proprio per le sue attività con i “soldi sporchi” dello IOR. Nel brogliaccio della telefonata, cioè nel sunto steso dagli addetti all’intercettazione, si legge infatti:
“Salerno, all’interno di un discorso sul Vaticano come paradiso fiscale di gente che porta i quattrini, dice “come nella storia di quella ragazza, adesso è venuto fuori un particolare che non è stato scritto, però io l’ho sentito dalla bocca del fratello. Perché lui era stato messo allo I.O.R., lui per avvallare la tesi che è stata fatta per quattrini questa roba [cioè il rapimento di Emanuela] dice che lui portava dentro i giornali i quattrini sporchi””.
Ecco dunque spiegato perché Pietro è convinto, come ha più volte dichiarato, che a far sparire sua sorella – il 22 giugno di ormai 33 anni fa – è stato “un sistema”:
“Conosco il sistema che l’ha inghiottita e ha occultato la verità per tanti anni. L’intreccio omertoso tra Stato, Chiesa e criminalità. Dietro alle ragion di Stato e ai segreti pontifici si sono fatti scudo le mafie, pezzi deviati dello stato italiano e dello stato Vaticano”.
Nel brogliaccio con il sunto di quanto monsignor Salerno ha detto per telefono alla sua vecchia amica avvocato Licia Civetta dalle ore 21, 10 minuti e 32 secondi fino alle ore 21, 26 minuti e 24 secondi del 31 di quello stesso giugno – cinque giorni dopo la conversazione con la cugina – si legge infatti non solo la conferma dei “soldi sporchi dentro i giornali“, ma anche la novità dei soldi portati da Orlandi ai bancomat:
“Poi lui [Salerno] chiese a Pietro che mansione avesse allo IOR, ricevendo risposta che era incaricato di portare ai bancomat dello IOR e che portava i soldi sporchi ai giornali“.
Il sospetto di Pietro però è strano, anzi ingiustificato, perché lui ha cominciato a lavorare allo IOR solo DOPO la scomparsa di Emanuela e non prima. Se ne deve quindi necessariamente concludere con una delle seguenti tre ipotesi:
– Pietro potrebbe avere iniziato a collaborare allo IOR in quel modo, senza essere ancora assunto, prima della scomparsa di Emanuela, per poi essere messo in regola solo dopo e per esplicità volontà di Wojtyla.
– Pietro nel riferire del suo lavoro ne deduce che i soldi sporchi erano usati anche prima del suo arrivo allo IOR e pensa quindi che Emanuela possa essere stata fatta sparire per quei loschi traffici preesistenti da chissà quanto tempo.
– Pietro è talmente ossessionato dalla pista del complotto da non rendersi conto della illogicità del suo sospetto.

Da notare che nel gennaio 2013 la Banca d’Italia a causa di un’operazione sospetta da 40 milioni di euro impose al Vaticano lo stop anche all’uso del bancomat oltre che dei pagamenti con carta di credito. E del resto più volte Blitz ha riferito del rifiuto delle autorità preposte a concedere allo IOR il certificato di garanzia di immunità da rischi di riciclaggio di capitali di origine criminale. Per forti sospetti di riciclaggio, nel 2012 il Vaticano e lo IOR finirono nel mirino perfino del Dipartimento di Stato degli USA. A riformare in modo serio e radicale lo IOR non c’è riuscito neppure l’attuale Papa Francesco nonostante abbia avuto sullo IOR parole poco rassicuranti.
Non risulta che i magistrati abbiano indagato Pietro per capire sia di che “sporcizia” fossero macchiati i soldi che, stando a quanto lui stesso ha confidato al prelato, portava ai bancomat avvolti nei giornali. Vero è che lo IOR e i suoi bancomat sono in Vaticano, e godono quindi dell’extraterritorialità, ma che si sappia ha bancomat anche nelle istituzioni religiose in varie parti del mondo.
Nel libro “L’affaire Emanuela Orlandi” scritto dalla fotografa Roberta Hidalgo si legge che in un’intercettazione ambientale fatta abusivamente da lei in casa di Pietro lo si sente dire a non si sa chi né perché:
“50 miliardi di lire in ufficio li posso procurare”
Pietro Orlandi ha sempre accusato di complicità nella scomparsa di Emanuela tutti coloro che dalle intercettazioni telefoniche trasmesse soprattutto da “Chi l’ha visto?” apparivano timorosi di avere il telefono sotto controllo. Però a pagina 38 e a pagina 46 delle intercettazioni sulla linea di don Salerno si scopre che anche Pietro di certe faccende non ama parlare al telefono. A pagina 38 si legge infatti che il 13 giugno di quel 2012 chiede un incontro al prelato
“perché mi faceva piacere incontrarla, però non mi andava di parlare al telefono”.
I due si incontrano quindi alle 18 del giorno successivo e restano assieme ben quattro ore. Una parte di ciò che si sono detti, monsignor Salerno la rivela già il giorno dopo, 15 giugno, all’amica Erlina Fofi e il 16 all’amica Carolina Capuani. In soldoni il prelato accusa Pietro di diffamare Emanuela perché oltre alla tesi del “sistema” crede anche alla tesi di don Gabriele Amorth secondo il quale la bella ragazzina è rimasta vittima di un’orgia di pedofili in Vaticano. Salerno accusa anche papa Wojtyla di avere lanciato irresponsabilmente i suoi vari appelli per la liberazione della ragazza. Nel brogliaccio dell’intercettazione della seconda telefonata si legge che il monsignore
“afferma infatti che non aveva senso di parlare così presto di rapimento, molto diverso giuridicamente dalla scomparsa, dato che tutte le testimonianze portavano a credere più a un suo allontanamento”.
A pagina 46 Pietro è più esplicito nello spiegare perché di certe cose non vuole parlare al telefono. Si legge infatti nel brogliaccio che il 20 giugno, sempre del 2012, mentre il prelato poco dopo le 11 e 21 minuti gli sta parlando di “pericolosità di un individuo”
“Pietro lo interrompe dicendo che ne parleranno a voce perché con il suo telefono ha sempre paura (di essere intercettato)”.
Monsignor Salerno non è uno sprovveduto, ha infatti un curriculum di tutto rispetto: 40 anni di servizio in Vaticano con incarichi di importanza crescente, consultato spesso dal Papa di turno, docente universitario ed esperto giurista, a suo tempo come Consigliere di Stato si è occupato anche delle finanze e della sorveglianza di tutte le amministrazioni della Santa Sede. Tanto da poter definire il Vaticano, come abbiamo già visto, “paradiso fiscale della gente che porta i quattrini”. Ecco perché Pietro Orlandi, sapendo bene che il suo interlocutore in fatto di finanze vaticane sa tutto, ha potuto confidarsi con lui.
Il monsignore, 88 anni egregiamente portati, sguardo ironico, capelli in gran parte ancora neri e con grande ciuffo sbarazzino sul davanti, è andato in pensione nel 2003 e abita nel complesso della basilica di S. Giovanni in Laterano, sede del Vicariato. Seduto in poltrona di fronte a lui nel grande salotto biblioteca del suo bell’appartamento, chiedo a monsignor Salerno, che tutti chiamano molto rispettosamente Eccellenza, se può gentilmente spiegare cosa facesse esattamente Pietro Orlandi allo IOR. Ma l’Eccellenza divaga in continuazione, per ore, racconta aneddoti e segreti del Vaticano e di qualche Papa, racconta di quando Wojtyla gli chiese se si potesse mai sapere quali e quante erano le entrate del Vaticano, racconta di quando venne dimostrato chi dirottava fiumi di danaro per i propri fini, racconta di come riuscì a evitare, con la sua grande conoscenza delle leggi vaticane e italiane, che venisse interrogato o estradato e arrestato monsignor Marcinkus, l’anima nera dello IOR dell’epoca dei maneggi spericolati conclusi con il fallimento del Banco Ambrosiano, munto come una mucca con le mammelle sempre gonfie, e con il suicidio o l’uccisione camuffata da suicidio del suo amministratore delegato Roberto Calvi.
Per il fallimento dell’Ambrosiano lo IOR venne condannato a restituire ai correntisti rimasti al verde ben 406 milioni di dollari, pari più o meno a un miliardo di euro di oggi. Monsignor Salerno racconta anche dello slalom che riuscì a far fare per evitare che in Vaticano qualcuno sbattesse contro lo scandalo Sindona, il finanziere siciliano lodato dai maggiori politici italiani, massone cattolicissimo molto amico del Vaticano e dello IOR, ma che si prestava a riciclare soldi della mafia e che anche per avere ordinato l’ omicidio di Giorgio Ambrosoli finì in galera dove è morto avvelenato col cianuro (la versione ufficiale parla di suicidio inscenato “perfidamente” in modo che paresse omicidio.
Sua Eccellenza Salerno parla di tutto, ma alla domanda ripetuta più volte sul lavoro di Pietro Orlandi allo IOR non risponde. Non risponde neppure quando gli ricordo cortesemente la frase intercettata dalla “cimice” piazzata in casa di Pietro dalla Hidalgo:
“50 miliardi di lire in ufficio li posso procurare”.
Inutile anche far notare a Salerno che gli Orlandi si rivolsero di corsa al magistrato per far sequestrare quel libro, sequestro peraltro non concesso.
Messo alle strette dal mio ripetere per la quinta volta la domanda e dalla preghiera di rispondere altrimenti perdo il treno, il prelato strizza gli occhi e mi fissa in silenzio per più di un minuto. Poi, l’espressione sbarazzina sostituita da un velo forse di preoccupazione, si limita a dire:
“Non credo. Se davvero maneggiava soldi sporchi non gli conveniva andare in pensione prima del dovuto”.

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Emanuela Orlandi, il Vaticano riapre il caso: nuove indagini

https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/em...OcWIQn-jeIRihiI

Il caso di Emanuela Orlandi si arricchisce di un nuovo capitolo. Il promotore della Giustizia Vaticana Alessandro Diddi avvierà nuove indagini in relazione alla scomparsa della 15enne avvenuta a Roma nel giugno 1983. L'iniziativa è legata a una serie di istanze presentate in passato da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela.


Il legale della famiglia: "Da un anno chiedevamo di essere ascoltati" "Noi ne siamo all'oscuro, lo apprendiamo dagli organi di stampa ma certo è da un anno che attendevamo di essere ascoltati", ha affermato la legale della famiglia Orlandi, Laura Sgrò. "Avevo scritto al Papa il quale, rispondendomi, mi aveva indicato di avere un confronto con il procuratore generale. Lo abbiamo subito chiesto", aveva affermato a luglio 2022 l'avvocato, riferendo che per questo si era attivata con il promotore di Giustizia "a gennaio", quindi esattamente un anno fa. La lettera inviata dagli Orlandi al Pontefice risalirebbe invece a fine 2019, secondo la documentazione raccolta nel sito dedicato alla vicenda di Emanuela Orlandi.

A quasi 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, l'obiettivo degli inquirenti è quello di "scavare", riprendendo documenti e testimonianze. Come riporta l'Adnkronos, si ripartirà dai dati acquisiti durante il processo e si seguiranno nuove piste e vecchie indicazioni all'epoca non troppo approfondite.

Il fratello: "In Vaticano c'è chi sa tutto" "Da tantissimi anni chiediamo una collaborazione per arrivare a una soluzione finale. Che vengono aperte le indagini è una cosa molto positiva, finalmente forse ci potrà essere una collaborazione tra lo Stato italiano e lo Stato vaticano visto che, poco tempo fa, è stata fatta una proposta per aprire un'inchiesta parlamentare". A dirlo è Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, a Rainews24 dopo la riapertura delle indagini.

"Mi auguro di essere convocato e di poter verbalizzare. È una cosa che chiedo da tantissimo tempo con l'avvocato Laura Sgrò", ha spiegato Orlandi che ha raccontato, inoltre, di non aver parlato con nessuno del Vaticano e di aver appreso la notizia dalle agenzie. "Voglio andarci con i piedi di piombo - ha detto -. Sono disponibile e spero di essere ascoltato quanto prima perché nel tempo avrei voluto parlare con loro per i tanti elementi emersi in questi ultimi anni". Orlandi ha aggiunto che "ci sono cose importanti come i messaggi whatsapp del 2014 che mi sono arrivati tra due persone molto vicine a papa Francesco che parlano di documenti di Emanuela, di cose di Emanuela".


Il fratello della ragazza si è augurato di "arrivare a una soluzione. La verità c'è, sta da qualche parte sta e molte persone la conoscono". Secondo Orlandi, "in Vaticano ci sono persone a conoscenza di tutto. Ci sono situazioni mai volutamente approfondite. Forse per la prima volta il Vaticano ha deciso di mettere un punto chiave, di arrivare a una soluzione".

Obiettivo trasparenza L'iniziativa della magistratura vaticana risponde a quella "ricerca della verità e della trasparenza" voluta fortemente da Papa Francesco. Le nuove indagini potrebbero rivelare dettagli importanti anche sulla vicenda della coetanea Mirella Gregori, scomparsa sempre nel 1983. Sul caso Orlandi nel corso degli anni ci sono state continue dichiarazioni da parte anche di Ali Agca, il turco che sparò a Papa Wojtyla, e che recentemente aveva denunciato la presenza di un dossier segreto in Vaticano sulla ragazza rapita nel 1983.

Il caso Orlandi anche nel libro di mons. Georg Gaenswein C'è anche il "mistero di Emanuela Orlandi" nel libro che sta facendo scalpore "Nient'altro che la verità" di monsignor Georg Gaenswein e che in queste ore ha incontrato Papa Francesco (forse in relazione proprio alle sue recenti dichiarazioni). "Io non ho mai compilato alcunché sul caso Orlandi - scrive il segretario personale di Benedetto XVI - per cui questo fantomatico dossier non è mai stato reso noto unicamente perché non esiste". "Ovviamente, nel contesto del Vatileaks - prosegue l'arcivescovo tedesco - non poteva mancare l'aggancio con la terribile vicenda del sequestro di Emanuela Orlandi, che da decenni riemerge periodicamente sulla stampa, con rivelazioni più o meno attendibili e significative". Conclude mons, Gaenswein: "Le dichiarazioni di padre Lombardi rappresentarono la ricostruzione più autorevole sulla quale basare qualsiasi presa di posizione: 'La sostanza della questione è che purtroppo non si ebbe in Vaticano alcun elemento concreto utile per la soluzione del caso da fornire agli inquirenti'".
 
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