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Il rapimento di Emanuela Orlandi. Intrecci tra Vaticano e banda De Pedis, De Pedis voleva rientrare da un prestito alla IOR di Marcinkus?

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Laicometa
view post Posted on 26/10/2015, 22:21 by: Laicometa
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La ragazza del Vaticano svanita per sempre

Il Gip Giorgianni ha chiuso l’inchiesta sulla scomparsa della giovane nel cuore di Roma nel 1983. Tante piste, resta il mistero
di VITTORIO EMILIANI

VITTORIO EMILIANI. Il mistero sulla sorte di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, scomparsa, probabilmente rapita, in pieno centro di Roma il 22 giugno 1983, rimane fittissimo. Il Gip Giovanni Giorgianni ha chiuso il fascicolo riaperto un decennio fa dopo una inchiesta - sollecitata in modo incessante, giustamente, soprattutto dall’équipe di “Chi l’ha visto?” (Raitre) - che aveva portato a indagare alcuni personaggi dI frontiera fra Roma e il Vaticano. Come la supertestimone Sabina Minardi, amante del defunto boss della “bandaccia” della Magliana Enrico De Pedis detto Renatino sepolto, sorprendentemente, nella cripta di Sant’Apollinare perché presentato quale “grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica” presso piazza Navona da un ambiguo monsignore, Pietro Vergari. Quest’ultimo era nei primi anni ’90 rettore della centralissima basilica dopo essere stato cappellano del carcere di Regina Coeli. Dico ambiguo perché è stato lui a presentare al Vicariato come un cristiano meritevole di sepoltura nell’antica chiesa del rione Ponte un boss criminale quale De Pedis rifiutando ogni spiegazione a “Chi l’ha visto?”. Uomo comunque dalle potenti entrature nella Curia di papa Wojtyla.

Emanuela Orlandi, ecco una connessione, figlia di un funzionario vaticano, prendeva lezioni di flauto nel contiguo palazzo dell’Istituto Pontificio di Musica Sacra. Nel quale è entrata quel 22 giugno 1983 non dando poi piú notizia di sé. I suoi famigliari, in particolare il fratello Paolo, non si sono mai rassegnati a quella sparizione aggrappandosi a qualunque appiglio la potesse spiegare. Un’altra connessione col Vaticano: nell’anno della scomparsa e in quello successivo l’organizzazione turca di estrema destra i Lupi Grigi ha annunciato di avere in custodia due ragazze romane, la Orlandi e Mirella Gregori anch’essa quindicenne e mai ritrovata. E ai Lupi Grigi era appartenuto l’attentatore di Giovanni Paolo II, Alí Agca subito arrestato. Perché era stata rapita e assassinata la giovane? Secondo Sabina Minardi e altri testimoni come il fotografo Marco Accetti ora ritenuti dal Gip del tutto inattendibili, per ordine del cardinale Marcinkus, protagonista dello scandalo della banca vaticana Ior (sostanzialmente “coperto” all’epoca come i tanti casi di pedofilia) “per dare un segnale in alto”. Tesi ritenuta oggi frutto di mitomania, di puro esibizionismo.

Secondo Alí Agca, al contrario, il rapimento della Orlandi era stato compiuto per chiedere in cambio di liberare lui dal carcere italiano. Cosí come Sergej Antonov della Balkan Air ritenuto suo complice (poi scagionato) doveva venire scambiato con due italiani detenuti in Bulgaria. Ma il rifiuto di Agca aveva fatto saltare il piano. Un anno fa l’ex terrorista è tornato clandestinamente a Roma, si è fatto passare per il suo avvocato, Mustafà, visitando fra l’altro anche San Pietro. Voleva essere interrogato per testimoniare che Emanuela Orlandi è sana e salva e vive in un convento di suore. Non si sa bene dove. Ne avrebbe voluto parlare con lo stesso papa Francesco di cui apprezza, ha detto, l’opera di pulizia in Vaticano. Ma il magistrato ha ritenuto del tutto superfluo interrogarlo in proposito e l’ha fatto rispedire dalla questura in Turchia.

Ora Pietro Orlandi spera nella Cassazione alla quale ricorrerà. Certo sono passati tanti, forse troppi anni per ritrovare il bandolo di una matassa cosí intricata. Nel maggio del 2012 il vaticanista Marco Politi, prima al Messaggero e poi a Repubblica ha ricordato sul Fatto che il procuratore generale Giovanni Malerba - incaricato all’epoca del caso Orlandi - gli aveva confidato: «La Santa Sede non collaborò alle indagini». Secondo Politi, «il Vaticano non ha incoraggiato i propri funzionari - chierici o laici che fossero - a rispondere incondizionatamente
agli investigatori italiani». E perché il commissario di polizia di Borgo Pio sentí il bisogno di telefonare a me, allora direttore del Messaggero, subito dopo l’attentato al papa per assicurarmi che lo sparatore aveva “agito da solo”? Mistero dei misteri.

http://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-l...mpre-1.12319885
 
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