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Don Marco Dessì condannato a 6 anni in Cassazione per violenze su bimbi in missione, Il pedofilo beneficia di sconto per prescrizione. Ecco che vanno a fare certi "missionari"

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GalileoGalilei
view post Posted on 2/6/2007, 12:30 by: GalileoGalilei
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Don Dessì, le motivazioni: "Sacerdote amorale e perverso"


I giudici scrivono che non merita attenuanti né la scarcerazione don Marco Dessì, il prete di Villamassargia condannato a 12 anni per pedofilia.


«Quel delinquente di don Marco Dessì». La definizione è arrivata, in diretta, da monsignor Rino Fisichella, rettore teologo della Pontificia università Lateranense e vescovo ausiliare di Roma, (trasmissione Annozero di Santoro). Per il Gup del tribunale di Parma, Roberto Spanò, il prete di Villamassargia ha «una personalità amorale e perversa». Lo ha scritto nella motivazione della sentenza di condanna a 12 anni di carcere, interdizione perpetua dai pubblici uffici e risarcimento di danni alle parti offese. Non gli ha concesso neppure le attenuanti generiche, che spesso si danno anche ai peggiori criminali «perché le condotte abusive del Dessì hanno raggiunto il massimo dei livelli nella scala della gravità del disvalore». Che resti in carcere, «non vi sono ragioni per attenuare il regime cautelare». Il sacerdote è stato infatti condannato per abusi sessuali sui bambini dell'orfanotrofio Hogar del niño, di Chinandega (Nicaragua) e possesso di 1442 foto pedopornografiche. «Un ginepraio di relazioni sessuali illecite» intessute, dai primi anni Ottanta alla fine dei Novanta, approfittando di bambini poveri e affamati, che non avevano alcuna possibilità di ribellarsi alle sue violenze senza tornare nella strada da cui provenivano. Messo sotto inchiesta dalla magistratura italiana e dal Vaticano, Dessì ha dimostrato anche una straordinaria capacità «di inquinare le prove a suo carico» intimidendo vittime e testimoni, minacciandoli di morte, corrompendoli, utilizzando il suo notevole potere politico per tentare di far intervenire autorità del Nicaragua e italiane, perfino Prodi e D'Alema.

ACCUSE PROVATE. Per il giudice Spanò, tutte le accuse contro don Dessì sono abbondantemente provate, dalle dichiarazioni delle vittime e dalle testimonianze dei volontari (soprattutto cagliaritani) che hanno lavorato nella sua missione. Le accuse Il prete sardo è stato condannato per tre casi di pedofilia, ma quelli emersi durante l'inchiesta sono parecchie decine, parte dei quali coperti da prescrizione. In pratica, quasi tutti gli orfanelli che facevano parte del Coro Getsemani venivano regolarmente violentati. Ed entrare nel coro rappresentava un premio. Dessì aveva le sue preferenze, in genere sceglieva bimbi fra gli otto e i dieci anni, ma non disdegnava quelli di tredici e quattordici. Ne abusava, ma li costringeva anche ad avere rapporti fra loro, insensibile a lacrime e suppliche. A volte li riprendeva con una telecamera. E spesso usava gli orfanelli come esca per avvicinare altri piccoli. «Quel bambino mi piace, portamelo che poi ti do un premio». Leggendo le deposizioni rese dalle vittime durante l'incidente probatorio svoltosi a Parma, emerge un campionario di perversioni sessuali pressoché sconfinato (e impubblicabile). Condito da frasi tipo «lo faccio perché ti voglio bene», oppure «io ti ho generato» e indecenze varie. Gli episodi avvenivano in Nicaragua e durante i viaggi del coro all'estero. «Una volta eravamo in Sardegna - ha raccontato una vittima - in casa di una sorella di padre Marco, tale Letizia. Io aprii una porta e lo sorpresi mentre consumava un rapporto sessuale con un mio compagno». Un altro ragazzo ha detto al giudice che nel 1989, sempre in Sardegna, fu «violentato da padre Marco insieme a un'altra persona di sesso maschile». Le vittime Per il giudice, «i racconti delle persone offese sono intrinsecamente attendibili». Lo conferma anche anche la perizia, disposta dal Pm Lucia Russo, che ha vagliato le loro dichiarazioni sotto il profilo psichico e psicologico. Da escludere quindi, qualsiasi ipotesi di congiura, come adombrato dall'entourage del prete, ma anche di vendetta. Esemplare la dichiarazione di Oscar, una delle vittime: «Sono qui per dire semplicemente la verità, non per una vendetta, solo per raccontare la mia storia e perché quello che è successo a me non succeda mai più ad altre persone. Per padre Marco non provo alcun rancore». I volontari Nel motivare la sentenza di condanna, il dottor Spanò rileva che le accuse «delle vittime si incastrano e si fondono armonicamente con quelle dei volontari» che hanno sollevato il problema degli abusi sessuali a Chinandega.

L'INCHIESTA. L'inchiesta condotta dal Pm Russo non è nata «da un'interessata ribellione postuma delle presunte vittime, bensì dall'indignazione provata da soggetti terzi, i quali, ispirati da elevate motivazioni di natura etica, hanno deciso di dedicare una parte della propria vita ad impegnative attività altruistiche». Sono stati infatti i volontari della onlus Solidando, di Cagliari (sostenuti da Rock no War di Modena) «a promuovere l'indagine sulle condotte abusive del Dessì, dapprima (signficativamente) dinanzi alle autorità ecclesiastiche, quindi all'autorità giudiziaria italiana». Le loro iniziative «appaiono il coerente sviluppo di una comprovata sensibilità verso il mondo dell'infanzia e il naturale sbocco di un sentimento di ripugnanza che non può trovare altra spiegazione se non nella consapevolezza della verità dei fatti denunciati». A condurre le prime indagini è stato infatti Gianluca Calabrese, di Solidando, un medico cagliaritano che dagli anni Novanta fa volontariato in Nicaragua. Una volta venuto a conoscenza delle abitudini sessuali di don Marco, ha raccolto una serie di testimonianze in un DVD che ha presentato, prima alle autorità ecclesiastiche, poi (anche su loro impulso) alla magistratura di Parma. Per questa attività Calabrese è stato minacciato da Ludwig Vanegas, braccio destro di don Marco. Ma c'è di peggio. In una telefonata, intercettata dai carabinieri, un certo Marco annuncia a Letizia, sorella del prete, che un gruppo di amici ha deciso di indagare su Calabrese, «di mettere un investigatore per spiarlo». Obiettivo, scoprire qualcosa sul suo conto «perché si è comportato da giuda». Ha pagato un alto prezzo sul piano personale, il dottor Calabrese, anche perché i suoi nemici non scherzavano. Wanegas è lo stesso personaggio che in una telefonata con don Marco gli garantiva vendetta contro i suoi accusatori: «Tanto dovranno tornare in Nicaragua, prima o poi, è allora non avranno vita lunga».

Lo stesso sacerdote di Villamassargia aveva minacciato personalmente un volontario di Milano, Angelo Caterina che, già nel '91, aveva raccolto confidenze dei bambini che lamentavano abusi sessuali. «Stai attento, perché io posso trovare cento bambini che dicono la stessa cosa di te». All'epoca, un gruppo di volontari tentò di sollevare il problema. Fra loro, anche il giornalista cagliaritano Cesare Corda. Ma non ebbero fortuna. Corda ha detto al giudice di Parma che le autorità ecclesiastiche italiane lo dissuasero dal presentare una denuncia penale «al fine di evitare di mettere in cattiva luce le missioni nel mondo». Poi gli telefonò Letizia, sorella del prete: «Stia attento a quello che dice, noi abbiamo molti amici». In seguito a quella iniziativa, don Marco fu allontanato dalla missione per qualche tempo, ma poi tornò, «e mi dissero che era più potente di prima», ha concluso Corda.



02/06/2007 10:13

Edited by GalileoGalilei - 13/8/2007, 20:31
 
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