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Bologna. Condannato in appello don Andrea Agostini a 4 anni e 2 mesi. Spretato, Abusi nell'asilo di Gallo Ferrarese. Accuse al vescovo Vecchi

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Felipe-bis
view post Posted on 19/3/2010, 17:51 by: Felipe-bis




http://www.uaar.it/news/2010/03/19/bologna...rdote-pedofilo/

Bologna, la diocesi promuove un sacerdote pedofilo

E’ stato condannato a sei anni e dieci mesi di reclusione per molestie sessuali sulle bambine dell’asilo da lui diretto, ma per la diocesi di Bologna don Andrea Agostini era comunque meritevole di una promozione: ha pertanto ottenuto un nuovo e più prestigioso incarico presso il Santuario della Beata Vergine di San Luca, luogo simbolo del cattolicesimo bolognese. Lo denuncia la Rete Laica Bologna (1), di cui fa parte anche l’UAAR. La Rete segnala altresì un azzeccato articolo di Michele Smargiassi pubblicato sull’edizione bolognese del sito di Repubblica (2).


(1)
CITAZIONE
http://retelaicabologna.wordpress.com/2010...ria-di-bologna/

Comunicato stampa, 10 Febbario 2010
(Scarica e diffondi)

PRETE PEDOFILO. CECCONI: “ESIGIAMO TRASPARENZA
SULLE RESPONSABILITA’ DELLA CURIA.
INAMISSIBILE L’ASSENZA DI AIUTO
ALLE VITTIME MINORENNI”


Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica Bologna,
in merito al prete accusato di molestie sessuali
nei confronti delle bambine di un asilo cattolico
e al comportamento tenuto dalla Curia di Bologna.

“Secondo le testimonianze rese in aula da diverse persone che frequentavano la scuola materna all’interno della struttura parrocchiale di cui il prete era responsabile (maestre trimestrali, bidelle, cuoche), l’uomo era stato visto palpeggiare alcune bambine nelle parti intime, accompagnarle in bagno per guardarle orinare, baciarle sulla bocca, infilare una caramella nelle mutandine per poi farla leccare. Le vittime avevano tutte tra i 3 e i 6 anni e frequentavano l’asilo in provincia di Ferrara, ma ricadente nella diocesi di Bologna“.

“In primo grado di giudizio, il tribunale di Ferrara ha condannato il prete a 6 anni e 10 mesi di reclusione, per aver commesso, in veste di educatore, reiterati atti di pedofilia su numerose piccole alunne”.

“Il giorno 11 Novembre 2004 le educatrici informarono i genitori di quanto accadeva nell’asilo. Decisero di avvisare i superiori del prete e la direttrice, insieme a un rappresentante dei genitori, si recarono a Bologna per incontrare i responsabili della Curia. L’incontro avvenne il giorno 8 Gennaio 2005, alla presenza di Mons. Ernesto Vecchi, numero due della Chiesa bolognese”.

“Secondo quanto riportato dall’educatrice, Vecchi disse: “Quell’uomo è malato e questo incontro non è mai avvenuto“. Quando Mons. Vecchi seppe poi che era già scattata una denuncia, si arrabbiò moltissimo, urlò contro la maestra, sostenendo che era pagata da loro”.

“I giudici Caruso, Oliva e Bighetti, nella sentenza di condanna del prete pedofilo, hanno precisato che “il silenzio dei vertici ecclesiastici e la loro ritrosia a mettere sul tappeto le notizie sulle accuse che già da tempo circolavano sul conto del parroco, e di cui i rappresentanti dei genitori e l’educatrice intendevano discutere, equivale a implicita ammissione di conoscenza di quei fatti da parte delle gerarchie e consente di leggere tutta la vicenda come un tentativo di evitare uno scandalo che si considerava inevitabile perché fondato su fatti inoppugnabili”“.

“Per i giudici ferraresi siamo di fronte a un “muro di gomma delle autorità ecclesiastiche”, che influì anche sulla tempestività delle denunce e quindi direttamente sul numero di bambine che sono rimaste vittime di molestie sessuali”.

“Alla luce dei fatti riportati e che hanno trovato conferma nel processo di primo grado, a cui vanno aggiunti i documenti vaticani “Crimen sollicitationis” e “De delictis gravioribus”, che indicano alle diocesi cattoliche di tutto il mondo come comportarsi nei casi di pedofilia tra i sacerdoti”, così Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica Bologna, che continua: “Chiediamo che la Curia di Bologna, responsabile dell’asilo in cui lavorava il prete condannato, risponda alle seguenti domande di fronte all’opinione pubblica:

Il “De delictis gravioribus” impone che la diocesi che apprende di casi di pedofilia al proprio interno informi tempestivamente la “Congregazione per la Dottrina della Fede” in Vaticano. Quali direttive hanno trasmesso dal Vaticano alla Curia di Bologna?

Nel 2009 il Cardinale Caffarra ha curato e pubblicato la “Carta formativa della Scuola Cattolica dell’infanzia”, in cui si legge che “il gestore e gli insegnanti delle scuole materne parrocchiali debbono condurre un’esemplare vita cristiana”. Un’esemplare vita cristiana comprende anche le molestie sessuali sui minori?

Il “Crimen sollicitationis” impone a “tutti coloro che a vario titolo entrano a far parte del tribunale o che per il compito che svolgono siano ammessi a venire a conoscenza dei fatti sono strettamente tenuti al più stretto segreto, su ogni cosa appresa e con chiunque, pena la scomunica “latae sententiae”, per il fatto stesso di aver violato il segreto”. E’ stato imposto il silenzio, dalla Curia di Bologna, alle educatrici, dipendenti della Curia stessa, e ai genitori delle vittime, con la minaccia della scomunica?

Dove si trova attualmente il prete pedofilo condannato?

Esercita ancora una professione a contatto con minori?

Perché la Curia non paga le provvisionali alle famiglie delle bambine vittime di molestie, come richiestoLe, anche ieri, dal loro avvocato?

Ci sono stati altri casi di pedofilia nelle scuole cattoliche della diocesi di Bologna?

Non ritiene la Curia doveroso informare la famiglie e la cittadinanza in questi casi?”
“Come Rete Laica e come cittadini riteniamo che il comportamento omertoso della Curia di Bologna sia gravissimo e la qualifica come un’istituzione che protegge chi commette un reato piuttosto che le vittime del reato stesso. Non si potrà non tener conto di questa vicenda”, conclude Cecconi, “quando si andrà a discutere del possibile rinnovo della convenzione tra il Comune e le scuole private cattoliche“.
(per i links andare all'articolo originale, ndr)

(2)
CITAZIONE
http://smargiassi.blogautore.repubblica.it...filo-in-comune/


Metti un pedofilo in Comune

I pedofili non sono solo fra i preti, avverte il cardinale Camillo Ruini. Giustissima osservazione, purtroppo. Ma il problema, a mio avviso, non è stabilire se statisticamente ci sono più mele marce in un certo cesto o in un altro. Il problema è come si comporta il cesto. Fuor di metafora, cosa fa un’istituzione quando scopre o sospetta di avere un pedofilo in casa.
Allora vi propongo un raccontino di fantasia. Seguitemi bene.

In un asilo comunale di Bologna le maestre cominciano a sospettare del loro direttore didattico. Vedono che si avvicina alle bambine (con le quali non dovrebbe avere alcun contatto), le tocca, le prende in braccio, mette le mani dove non dovrebbe, le segue in bagno, inventa giochi molto più che ambigui. Scandalizzate ma incerte sul da farsi, cercano di avvertire qualcuno in Comune. Parlano con il direttore didattico di un asilo comunale vicino, che fa finta di niente. Parlano con il coordinatore didattico dell’assessorato, che si irrita e fa capire loro che potrebbero pagarne delle conseguenze se insistono (le maestre qualche mese dopo verranno in effetti tutte quante licenziate). Finalmente una semplice impiegata comunale, presente casualmente a uno di questi incontri, riesce ad avvertire l’assessore alla scuola. Questi convoca il direttore e gli dice: “Guardi che dicono che lei ha atteggiamenti pedofili». Il direttore si difende: «Sono calunnie, quelle insegnanti mi odiano, glielo giuro sulla Costituzione italiana!». L’assessore allora gli crede, non approfondisce ulteriormente e la cosa finisce solo con un piccolo rimbrotto: «Cerchi di stare lontano dalle bambine perché la gente è cattiva». Per un po’ a scuola non succede niente, ma qualche mese dopo un’altra insegnante becca il direttore mentre bacia sulla bocca una bambina, e decide di andare fino in fondo. Telefona in assessorato, chiede incontri all’assessore che nel frattempo è cambiato, manda un fax. Intanto però ha discusso con le altre insegnanti e con i genitori, e parte una denuncia. Quando l’insegnante viene finalmente convocata dall’assessore, questo si infuria: «Lei doveva risolvere i problemi, non crearne!» e la congeda dicendo: «Questo incontro non è mai avvenuto». Il direttore didattico intanto rimane al suo posto e il Comune non manda neanche un ispettore per vedere come stanno le cose, per parlare con le insegnanti e con i genitori: di fatto se ne disinteressa completamente. Due mesi dopo, il direttore didattico viene arrestato. Anche adesso il Comune rimane in assoluto silenzio: nessun commento, nessun bisogno di fornire spiegazioni all’opinione pubblica o semplicemente alle famiglie coinvolte. Quando il processo si apre, anzi, l’unica preoccupazione della Giunta è scaricarsi da ogni responsabilità: quell’asilo comunale non c’entra nulla con il Comune, è sotto l’esclusiva responsabilità del direttore che ne risponderà privatamente. Il direttore viene condannato a una pena pesante. Ancora una volta la giunta rimane in silenzio assoluto. Non rivolge né rivolgerà mai una parola di scuse ai genitori, o di rammarico alla cittadinanza. Non risponde neppure all’avvocato delle vittime che chiede chi risarcirà le famiglie così provate. Non risponde alle ripetute richieste di dichiarazioni e di interviste dei giornali. Un procedimento disciplinare viene in effetti aperto dalla Giunta a carico del suo dipendente, ma si svolge nel più assoluto segreto: nessuno è autorizzato a sapere come si sia concluso. Di fatto però il direttore didattico non viene licenziato, ma semplicemente trasferito in un altro ufficio comunale, piuttosto prestigioso, dove continua a svolgere un lavoro di responsabilità e a percepire un regolare stipendio. In vista del processo d’appello, il direttore didattico (che non ha neppure i soldi per risarcire le famiglie delle sue vittime) viene difeso da un importante avvocato bolognese che è anche il consulente legale del Comune. In tutta questa vicenda, l’assessore-vicesindaco parla con i media solo attraverso i suoi avvocati, minacciando querele ai pochi giornali che sollevano il caso, mentre il sindaco è come se vivesse in un’altra città.

Be’? Cosa succederebbe se questa storia fosse vera? Immagino: bufera politica, richieste di dimissioni, titoloni sui giornali, probabilmente anche interrogazioni parlamentari, l’intervento del governo, persino il commissariamento di una Giunta così gravemente incapace di affrontare le proprie responsabilità.
Ma questa è una storia che non è accaduta. Però, se cambiate le parole: “direttore” con “parroco”, “assessore” con “vicario”, “Comune” con “Curia” e “sindaco” con “arcivescovo”, allora avrete una storia vera. Ma in questo caso non è accaduito nulla, nulla di nulla.


Scritto mercoledì, 17 marzo, 2010 alle 09:44

 
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