http://www.mondoraro.org/2009/12/06/il-pro...o-fu-lincendio/l processo del secolo a Siena: galeotto fu l’incendio…
Posted by Raffaele Ascheri on Dec 6th, 2009 and filed under Dalla città di Siena. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response or trackback to this entry
Potenza delle date! Quando ci fu quel maledetto rogo nella Curia di Siena (2 aprile 2006), ricorreva un anno esatto dalla morte di Giovanni Paolo II; l’ultima udienza per il processo al presunto autore del rogo stesso (monsignore Acampa), si è svolta il 4 dicembre 2009: festa dei pompieri, come si sa.
Proprio quei pompieri, il cui numero il prelato (con un paio di segretarie al seguito) non si ricordava, quella mattina di aprile, come ho documentato nel mio Le mani sulla città: pensa e ripensa, proprio non gli veniva. Gli sarebbe venuto solo dopo un quarto d’ora, con le fiamme alte! Aveva il numero privato di poliziotti, finanzieri, magistrati: gli mancava quello di un vigile del fuoco (ed anche la reattività di capire che sarebbe bastato telefonare ai carabinieri o alla polizia, per attivare comunque il dispositivo emergenziale, come si inizia ad imparare sin dai 12, 13 anni di età…).
Ora è sotto processo per incendio doloso, nonchè per calunnia, per avere insinuato che il colpevole potesse essere l’insospettabile archivista della Curia, professor Franco Nardi; il quale – dopo essere stato del tutto prosciolto dal merito delle indagini -, si gode lo spettacolo del suo accusatore rinviato a giudizio per calunnia nei suoi confronti.
Nell’udienza del 4 dicembre, si è visto uno spaccato della Siena attuale: un prete sotto processo (Acampa, appunto: questa volta vestito da uomo di Chiesa, ma senza rosari in vista); un avvocato pimpantissimo, Mussari Giuseppe, che – guarda un pò il caso… – è anche il Presidente della onnipotente banca Monte dei Paschi, il vero nucleo del potere senese: fa l’avvocato solo per il monsignore, per gli altri non ha tempo, giustamente; un Arcivescovo – sentito come teste
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della difesa, ovviamente – che fa in tempo a declinare le proprie generalità, per poi partire a raffica con le insinuazioni pro domo acampiana (“le chiavi del portone della Curia ce l’avevano almeno dieci persone nell’aprile del 2006″); quindi possono essere stati tutti, perchè mai accanirsi con il suo giovane pupillo (appena richiesto di rinvio a giudizio – giugno 2007 -, subito riconfermato Economo della Curia per 5 anni dal Vescovo stesso); testi che vengono a dire che il povero Acampa, a Natale 2003, aveva subito una telefonata di presuntissima minaccia (mai ripetuta, e di cui non esiste traccia documentale alcuna), per cercare evidentemente di rilanciare la pista del prosciolto archivista (errare humanum est, sed perseverare est diabolicum…), e si potrebbe continuare.
http://www.mondoraro.org/2009/12/14/siena-...endio-parte-ii/Siena: Galeotto fu l’incendio (parte II)
Posted by Raffaele Ascheri on Dec 14th, 2009 and filed under Dalla città di Siena. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response or trackback to this entry
A Siena, il processo contro monsignor Acampa è l’evento giudiziario del decennio, per non dire oltre. Fuori città e fuori Vaticano, però, quasi nessuno lo conosce. Un solo articolo – sul Corriere della sera -, a dir poco “addomesticato”: si enfatizzava, con implicito favore, il fatto che Mussari Giuseppe – Presidente del Monte dei Paschi – facesse l’avvocato del monsignore. Chissà perchè…
Nel maggio del 2008, un lungo articolo preparato accuratamente dal vaticanista di Panorama Ignazio Ingrao, invece, fu bloccato quando era già prontissimo: qualcuno volle evitare che lo scandalo si allargasse extra moenia. Censura, censura, censura.
Caso personale: nel mio recente Le mani sulla città, ho documentato le “anomalie” comportamentali dell’imputato al momento del rogo, con dovizia di particolari (non si ricordava neanche il numero dei pompieri, lo smemorato…); risultato? Censura, censura, censura. Nessun giornale locale ne ha potuto scrivere, nessuna televisione ne ha parlato, e via dicendo. Questa è la Siena della Casta locale. Altrove si spara, qui si censura: meglio qui, quindi. Eccome!!
Venerdì prossimo ci sarà un’altra udienza del processo; chissà che sorprese tireranno fuori i difensori del Marcinkus locale, dopo la sedicente telefonata “satanica” della volta scorsa ricevuta (dice lui) dal monsignore nel Natale del 2003. Giova ricordare, forse, che l’incendio i fu il 2 aprile 2006: dettagli, dettagli, si capisce.
Ieri il Papa ha chiesto perdono per i crimini dei preti pedofili irlandesi, e relative coperture dei Vescovi: meglio tardi che mai; prima che venisse fuori il bubbone, per decenni zitti e mosca. A Siena, lo stesso: oggi tutti ben zitti, quando arriverà un grande giornale a parlare di questo scandalo, quando se ne occuperà un network televisivo (magari straniero, chissà….), il Vaticano interverrà, e chiederà scusa ufficialmente per il comportamento del monsignore e del Vescovo.
I morti di dolore a causa dei comportamenti dell’alto clero senese, però, non potranno ascoltarlo…
http://www.mondoraro.org/2009/12/21/galeot...servi-la-vista/Galeotto fu l’incendio (III): Dio ci conservi la vista…
Posted by Raffaele Ascheri on Dec 21st, 2009 and filed under Dalla città di Siena. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response or trackback to this entry
Domenica scorsa, 13 dicembre. A Siena, festa di Santa Lucia: l’omonima Chiesa è strapiena di fedeli, in fila per farsi benedire gli occhi, come d’abitudine, ogni anno. In fondo ad una delle due file, monsignor Acampa benedice gli altrui occhi. Deve essere una delle sue specialità.
Venerdì 18 dicembre, il monsignore è in un’aula di Tribunale per l’ultima udienza prima del santo Natale (si ripartirà a febbraio, avviandoci verso il finale di maggio). Sfilano vari testi della difesa: tutti con occhi potentissimi, evidentemente beneficiati da qualcuno…
Tante e tali le cose da dire sui testi difensivi, che ci sarebbe da scrivere per pagine e pagine (qualcosina diremo nei prossimi articoli): oggi ci soffermiamo – per la nostra riflessione domenicale – sull’importanza, appunto, degli occhi.
Nel giugno scorso, un anziano e stimatissimo sacerdote senese – don Furiesi – aveva detto in Aula di ricordare benissimo di avere visto il monsignore entrare in Curia – la domenica mattina del 2 aprile 2006, quando avvenne l’incendio in tre uffici della Curia -, intorno alle ore 8. Peccato che Giuseppe Acampa non l’avesse mai detto agli inquirenti!!
Sul momento, l’unico tentativo di “smontaggio” del teste fu affidato – in fisiologica dinamica processuale – ad uno degli avvocati acampiani, Enrico De Martino, il quale domandò al sacerdote se ci vedesse bene. “Con gli occhiali, ci vedo proprio bene!”, proruppe don Furiesi, orgogliosamente. E davvero non si capisce come mai un anziano sacerdote, uno che fa sic et simpliciter quello che un prete dovrebbe fare (a differenza dell’edonismo
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imperante fra gli Acampa boys…), dovrebbe andare a mentire. Per soldi? Per avanzamento di carriera, intorno ai 90 anni? Per spirito di quieto vivere, sapendo, con la sua testimonianza, di andare contro al desiderio del Vescovo, tutto schierato con il suo giovanissimo pupillo? L’unica spiegazione, è che l’abbia fatto in quanto posseduto dal demonio, da quel Satana che ha messo piede pesantemente nelle udienze (alla prossima, su questo scottante argomento…).
Il 18 dicembre, nuova udienza, dicevamo: tutti i testi difensivi sfilano davanti al Giudice, tutti i testi difensivi cercano all’unisono di smontare la testimonianza di don Furiesi (chissà perchè). Tutti i testi godono di eccellente vista, sono giovani o, comunque, non anziani come don Furiesi. Nessuno potrebbe chiedergli alcunchè sulla qualità della loro vista.
Giova forse ricordare anche che sono tutti testi dipendenti dalla Curia senese, che è tutta gente che lo stipendio se lo porta a casa grazie alla Curia, direttamente o indirettamente: c’è il Segretario del Vescovo (e grande amico – per sua stessa ammissione – di Acampa); c’è l’autista del Vescovo (che scorrazza il pastore di anime non gratis et amore Dei); ci sono due altri dipendenti della Curia; c’è uno, infine, che lavora all’interno del Duomo.
Sulla loro attendibilità, giustamente chi di dovere deciderà. Loro, però, un qualche motivo per difendere il monsignore (ed il suo grande sponsor, il Vescovo Antonio Buoncristiani) ce l’hanno tutti, senza eccezione alcuna; il povero don Furiesi, invece, ha testimoniato essendo dipendente solo da una cosa: dalla dignità della sua persona…
http://www.mondoraro.org/2009/12/27/galeot...-il-monsignore/Galeotto fu l’incendio (IV): Satana ed il monsignore…
Posted by Raffaele Ascheri on Dec 27th, 2009 and filed under Dalla città di Siena. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response or trackback to this entry
Nell’ultima puntata, avevo sommariamente descritto la sfilata dei testi difensivi dell’udienza del 18 dicembre: tutti con ottima vista, tutti pronti a giurare di non avere mai visto Acampa nei pressi della Curia di prima mattina, in modo tale da cercare di smentire il sacerdote – don Furiesi – che invece inchioda il monsignore all’ingresso in Curia intorno alle 8. Il fatto che si tratti di testi tutti quanti stipendiati dalla Curia stessa, è un dato di fatto, e mi pare non da poco: se – oltre all’autista personale, sicurissimo di essere entrato in Curia alle 7 e 50 – esistesse un barbiere personale del Vescovo, di certo testimonierebbe che stava facendo la barba al monsignore all’ora X, statene pur certi…
Ma veniamo a Satana: sì, proprio a Lui, al Maligno. Poteva forse mancare in un processo ad un monsignore un elemento di siffatta portata? Espunto per anni dalla teologia cattolica, riportato in auge da Paolo VI, enfatizzato da Giovanni Paolo II, il più avvezzo – con la sua formazione misticheggiante polacca – alla riproposizione del Maligno.Non perdiamoci in disquisizioni sataniche sulla Chiesa post conciliare (per quanto stimolanti assai…), e concentriamoci in toto sul dato processuale.
Satana è presente anche nell’aula della Pretura senese, dunque. Il monsignore sostiene – senza alcun riscontro documentale che non sia la sua parola, ovviamente – di avere ricevuto una telefonata dal professor Franco Nardi la notte di Natale del 2003. Oggi, Franco Nardi è parte lesa in Tribunale, e Acampa è il libro
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sotto processo (oltre che per l’incendio famoso), proprio per avere calunniato il docente ed archivista della Curia, insinuando che fosse lui il responsabile del rogo. C’è bisogno di creare, quindi, una motivazione forte che giustifichi le insinuazioni acampiane subito dopo il rogo incriminato. In questa famigerata telefonata, il povero Acampa sarebbe stato minacciato – a suo dire – dal Nardi, con un finale tenebroso, in cui l’allora archivista l’avrebbe apostrofato “Satana”. Acampa non ascoltò subito la chiamata, perchè era a dire la Messa natalizia: la ascoltò solo dopo, nella messaggeria vocale, e ne fu turbatissimo. Tanto che non seppe esimersi – previa concertazione con l’amicissimo don Andrea Bechi – dal telefonare all’amico psicologo genovese, altro personaggio imperdibile di questo fantastico palcoscenico antropologico che è il processo Acampa: ecco entrare in scena – udite udite – lo psicologo Maurizio Darsano, classe 1961, capello al vento, esperto di filosofia, di teologia, di psicologia appunto, ma autoproclamato “sindacalista” al momento di specificare la professione…il 4 dicembre, Acampa lo fa venire a testimoniare in Tribunale: sotto giuramento, inizia ben presto lo show del Darsano. Peccato non ci fossero telecamere in Aula (stranamente Canale Tre – l’unica emittente locale – era assente: come sempre, peraltro…), perchè lo spettacolo l’avrebbe meritato: lui che ha “profonda conoscenza” con Giuseppe Acampa, lui che lo conobbe a Fiesole perchè voleva farsi prete anche lui prima di prendere altre strade (chissà la Chiesa che perdita…), testimonia sulla telefonata. Incalzato dal Pm Marini, Darsano non riesce a chiarire: Acampa era solo “turbato”, o proprio “sconvolto”? C’è una certa differenza! Lo stesso Darsano, tra l’altro, conferma di non avere più parlato con l’amicone del suo turbamento (o sconvolgimento?) telefonico, dopo quella telefonata. Giova ricordare che la telefonata “satanica” è del Natale 2003, l’incendio del 2 aprile 2006: già questo – alle persone ragionevoli e dotate di senno – dovrebbe bastare. Anche perchè la difesa non riesce a trovare alcun teste che parli di situazione tesa fra il Nardi ed Acampa in tutto il 2004, nel 2005, all’inizio del 2006.
Presi dal tumulto della testimonianza darsaniana, ci siamo dimenticati di Satana, perbacco: non vorrei se la prendesse, il Maligno…
Don Bechi il 18 dicembre dirà che nel messaggio vocale si parlava di Satana; Darsano – il 4 dicembre – aveva ammesso di non ricordare assolutamente che Satana fosse stato evocato nella suddetta telefonata. Mah, che dire?
Di certo c’è solo che la psiche umana è davvero inestricabile, è proprio il “guazzabuglio” di manzoniana memoria: monsignor Acampa, per esempio, di fronte alle fiamme ed al fumo che avvolgevano il suo studio (e non solo il suo), se ne stava relativamente tranquillo (testimonianza del Vigile del fuoco Lo Vaglio, udienza del 4 dicembre): “era calmo e tranquillo”, dice di ricordarlo così il caposquadra dei Vigili del fuoco, appena arrivato sul luogo del rogo curiale.
Davanti alla Curia in fiamme, il monsignore era “calmo e tranquillo”; di fronte ad una (presunta) telefonata con (presunta) evocazione di Satana, era “turbato”, anzi “sconvolto”.
Questo processo è uno spettacolo, per assistere al quale si dovrebbe pagare il biglietto…
Edited by GalileoGalilei - 28/12/2009, 10:31