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Pena di morte. Scontro all'ultimo voto. Il Vaticano si oppone

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GalileoGalilei
view post Posted on 15/11/2007, 14:00 by: GalileoGalilei
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15/11/2007 - OGGI L’ONU DECIDE. IL QUORUM DA RAGGIUNGERE E’ 97, SCHIERATI A FAVORE SONO 87, MA POTREBBERO AGGIUNGERSENE ALTRI 20

Pena di morte
scontro all’ultimo voto




Fallisce l’assalto dei Paesi che volevano affossare la proposta dimoratoria italiana


CORRISPONDENTE DA NEW YORK

Battaglia all’ultimo voto sulla moratoria della pena di morte. Le nazioni «amiche della pena capitale» vanno all’attacco nel tentativo di bloccare la strada alla risoluzione Onu proposta dall’Italia assieme ad altri 86 Paesi, ma i loro emendamenti vengono respinti ed oggi potrebbe arrivare l’approvazione. Il luogo dello scontro è la Sala Conferenze n. 1 del Palazzo di Vetro, un’Assemblea Generale in miniatura dove siedono tutti i 192 membri, riuniti della Terza Commissione per approvare, modificare o respingere la proposta di moratoria che dovrà poi essere approvata in aula in dicembre.

Sulla carta il fronte pro-moratoria è in vantaggio: 87 co-sponsor e almeno altri 20 non contrari a priori sembrano una coalizione in grado di superare il quorum di 97 voti. Ma il fronte dei «Friends of Death Penalty» - come informalmente si chiamano i contrari - è molto combattivo e punta a far approvare 14 emendamenti-killer capaci di svuotare di contenuto il testo della risoluzione.

Nel parterre della Terza Commissione gli alfieri della pena capitale sono quattro: Barbados, Egitto, Botswana e Singapore. Parlano in rapida successione e giocano in squadra, avanzando ognuno un argomento diverso. Inizia Christopher Hackett, ambasciatore di Barbados, spiegando che «la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non bandisce la pena di morte» e dunque «i cento Paesi che la prevedono nei loro codici non violano nessun tipo di norma umanitaria». E’ la tesi di Antigua, Bangladesh, Trinidad e Tobago e Thailandia. «Chi ci accusa di non rispettare i diritti dell’uomo sta dicendo una falsità» insiste il rappresentante di Barbados. Poi tocca all’Egitto.

L’ambasciatore Maged Abdel Fattah Abdelaziz parla anche a nome del Pakistan, fa riferimento al Corano, che prevede la pena capitale, ed al diritto di rispettarlo nei Paesi musulmani: invita gli altri a prendere atto che «ognuno di noi ha leggi religiose e non» con il diritto di applicarle. Quando nell’aula colma in ogni ordine di posti tocca al Botswana, il delegato africano indurisce i toni e quasi grida nel microfono: «La pena capitale è un diritto sovrano, è un deterrente contro crimini più gravi, è bene che tutti se ne rendano conto». Tonga, Nauru e Iran si accodano, chiedendo ai Paesi pro-moratoria di «prendere atto che non c’è consenso in quest’aula sulla risoluzione». L’ultimo a parlare è Singapore, il cui ambasciatore Vanu Gopala Menon è il vero regista politico dei «Friends of Death Penalty»: «Questo testo è una pura e semplice imposizione degli europei, vogliono che tutti noi ci adattiamo alle loro leggi e ad una visione che non ci appartiene».

L’accusa agli sponsor è di essere strumento di un nuovo colonialismo, questa volta in punta di diritto, che se dovesse prevalere sulla pena capitale «si estenderà poi verso altri terreni giuridici». Proprio Singapore è il primo firmatario dell’emendamento-killer che punta rendere innocua la risoluzione includendo un riferimento all’articolo della Carta Onu sulla sovranità degli Stati. Pechino è favorevole a tagliare la strada alla moratoria e lo fa sapere con un tam tam che arriva dai corridoi, mentre Washington sceglie un profilo volutamente basso: silenzio totale in aula e un diplomatico non di punta a partecipare, distratto dai suoi appunti, alla seduta. Ma dieci emendamenti del fronte del no vengono respinti, uno dopo l’altro, nella notte lasciando intendere che, in assenza di sorprese dell’ultimora, l’approvazione della risoluzione potrebbe avvenire oggi. A prevalere al voto è infatti la coalizione degli 87 Paesi a cui l’Italia ha lavorato negli ultimi mesi.

Per tutti parla la rappresentante delle Filippine: «Non siamo solo europei ma anche asiatici, africani e latinoamericani, non vogliamo imporre nulla a nessuno, la risoluzione si limita ad invocare la moratoria della pena capitale». E’ la sintesi della strategia diplomatica che l’ambasciatore italiano, Marcella Spatafora, ha messo a punto con i numerosi colleghi per «tenere presenti le percezioni di tutti» evitando di andare allo scontro frontale che avrebbero voluto Paesi dell’Ue come l’Olanda. Alla maratona negoziale notturna per assicurarsi il quorum decisivo di 97 voti partecipano anche Gianni Vernetti, sottosegretario agli Esteri giunto da Roma, e il radicale Sergio d’Elia che dice: «Li abbiamo respinti».

 
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