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Le false stimmate di Padre Pio

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view post Posted on 25/11/2011, 15:57
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Dall'Associazione Padre Pio l'Uomo della Sofferenza "un libro diffamatorio, ingannevole, scorretto e inveritiero. Prenderemo provvedimenti seri davanti alla giustizia"

di Giovanni Lombardi

(Ecodifoggia.it) - San Giovanni Rotondo: A seguito della pubblicazione del libro “ Padre Pio, miracoli e politica nell’Italia del Novecento”, veniva proposta azione giudiziaria nei confronti di LUZZATTO Sergio e della casa editrice, con richiesta al Tribunale di accertare e dichiarare il contenuto del libro come gravemente diffamatorio, scorretto, inveritiero, pregiudizievole e sacrilego di Padre Pio. LUZZATTO Sergio, ateo, con il contenuto di detto libro, si è proposto, in senso spregiativo, “di rendere a Padre Pio il posto che merita nella storia italiana del Novecento”, calpestando i requisiti della veridicità, continenza e pertinenza dei temi trattati. In particolare, l’autore, reiterando la menzogna, ha affermato di essere stato il primo utilizzatore delle carte dell’archivio dell’ex Sant’Ufficio (oggi denominato “Archivio della Congregazione per la dottrina della fede”), relativamente agli anni dal 1919 al 1939, spacciando per inedito o come rivelazione per portare discredito a Padre Pio, quanto era già stato ampiamente vagliato e chiarito durante il processo di canonizzazione. Infatti, la Congregazione per la dottrina della fede, già l’11 novembre 1980, aveva concesso il primo nulla osta all’esame di tutta la documentazione esistente nell’archivio, relativa alla persona e alla vita religiosa di Padre Pio. La Congregazione della causa dei santi, in data 29 novembre 1982, concedeva l’ulteriore autorizzazione al Tribunale Ecclesiastico di Manfredonia, presieduto da Mons. Valentino VAILATI, al fine di dare inizio al processo di canonizzazione di Padre Pio. L’autore, frugando nel cesto dell’immondizia, ha raccolto quanto riteneva utile per sé, ovvero un’enormità di falsità, errori e gravissime affermazioni diffamatorie nei confronti di Padre Pio. In particolare, l’autore ha scientemente ignorato le missive epistolari dell’ 8 settembre 1911 (inviata da Padre Pio a Padre Benedetto, suo direttore spirituale) e del 21 marzo 1912 (inviata da Padre Pio a Padre Agostino, suo confessore), con le quali Padre Pio comunicava di aver avvertito i primi sintomi delle piaghe, che riproducevano le ferite di Gesù, già a seguito dell’ordinazione sacerdotale avvenuta il 10 agosto 1910 (smentendo pertanto quanto falsamente sostenuto dall’autore). L’autore ha ignorato alcune delle relazioni redatte da medici, contenute nell’archivio del Vaticano, atte a confermare che non vi era stata alcuna manipolazione da parte di Padre Pio in ordine alle ferite che egli portava nel suo corpo. L’autore ha insinuato che, per la foto del 19 agosto 1919, nessuno aveva obbligato Padre Pio a mettersi in posa davanti ad un fotografo, con le stigmate ben visibili, addirittura “taroccate”, ignorando che, dalla documentazione esistente negli archivi del Vaticano, emerge che Padre Pio fu costretto, dal Ministro provinciale del frati Cappuccini, a farsi fotografare da Padre Placido, confratello Cappuccino della Comunità del Convento di Sant’Anna di Foggia, il quale ordinò a Padre Pio di togliersi i guanti e di incrociare le mani sul petto. L’autore (richiamando le insinuazioni di Padre Agostino GEMELLI, che aveva definito Padre Pio “uomo a ristretto campo di coscienza, soggetto malato, mistico da clinica psichiatrica”) ha affermato che “più che profumo di mammole o di violette, odore di santità, dalla cella di Padre Pio erano sembrati sprigionarsi effluvi di acidi e di veleni, odore di impostura”. LUZZATTO Sergio, a sostegno di tali insinuazioni, ha richiamato quanto affermato da “due buoni cristiani”: il Dott. Valentino VISTA e Maria DE VITOFRANCESCO, che avevano riferito della richiesta di Padre Pio di procurargli acido fenico e veratrina. Sul punto, si osserva, che tra la documentazione nell’archivio del Sant’Uffizio vi è un biglietto autografo di Padre Pio, avente il seguente contenuto: “Carissima Maria, Gesù ti conforti sempre e ti benedica! Vengo a chiederti un favore. Ho bisogno di aver da duecento a trecento grammi di acido fenico puro per sterilizzare. Ti prego di spedirmela la domenica e farmela mandare dalle sorelle Fiorentino. Perdona il disturbo ”. L’autore, in modo diffamatorio, definisce tale biglietto “l’indizio lasciato dal piccolo chimico sul luogo del delitto”, “il pizzino di Padre Pio”, senza porsi neppure il dubbio che esso era la spiegazione della vicenda. L’autore, inoltre, ha omesso di rilevare che le affermazioni dei “due buoni cristiani” non potevano essere ritenute degne di fede, sul presupposto che entrambi rilasciarono dichiarazioni nettamente contrarie a quanto contenuto nel biglietto autografo di Padre Pio. Emerge, altresì, dalle fonti ignorate dall’autore del libro, che il Vescovo di Foggia, Mons. Salvatore BELLA, per compiacere l’amico Vescovo di Manfredonia, Mons. Pasquale GAGLIARDI (ostile e calunniatore di Padre Pio) si era attivato ed aveva trovato “i due buoni cristiani”, per rafforzare le accuse meschinamente orchestrate a danno di Padre Pio, con il sostegno di alcuni Sacerdoti di San Giovanni Rotondo. L’autore, ha altresì omesso di esaminare e citare la documentazione esistente nell’Archivio del Vaticano, relativa all’investigazione ecclesiastica, condotta dall’inquisitore Apostolico mons. Raffaello Carlo ROSSI, su Padre Pio ed i suoi confratelli. L’inquisitore Mons. Raffaello Carlo ROSSI, espletava l’indagine ed accertava che “il divino si manifestava davvero nel frate di Pietrelcina o almeno nelle sue mani”, “le stigmate ci sono: siano dinnanzi ad un fatto reale, impossibile negarlo”; pertanto escludeva ogni intervento diabolico ed ogni frode umana; accertava, inoltre, che non vi era stata mai alcuna violazione della regola francescana, in ordine alle virtù della povertà, umiltà e obbedienza; che, lungi dalle insinuazioni sulle “figlie spirituali”, Padre Pio su tale punto era inattaccabile: “ha una condotta angelica”. L’inquisitore concludeva la relazione affermando che i religiosi del Convento di San Giovanni Rotondo “sono seri, riservati, prudenti per tale causa alcun provvedimento occorre prendere a loro riguardo”. L’autore ha rilevato, in ordine a quanto accaduto a San Giovanni Rotondo il 14 ottobre 1920 che, in detta data, il partito socialista intendesse festeggiare la vittoria alle elezioni comunali (del 20 settembre 1920), organizzando un corteo in occasione dell’insediamento del nuovo Consiglio Comunale. Un gruppo del corteo, giunto nella Piazza dei Martiri, tentò di portare la bandiera rossa e di collocarla all’esterno del balcone, ma trovò l’opposizione della forza pubblica. Nella Piazza dei Martiri (così denominata conseguentemente all’eccidio di 24 persone, avvenuto in data 24 ottobre 1860), vi erano anche un centinaio di oppositori politici. La folla si scontrò con i Carabinieri e con i soldati che erano presenti nella Piazza per motivi di ordine pubblico, una sassaiola si abbatté su detti militari, due soldati furono disarmati dei fucili “dai compagni”, i quali spararono alcuni colpi e un carabiniere cadde mortalmente ferito (Carabiniere IMBRIANI Vito). L’autore, facendo proprio un articolo del quotidiano socialista “l’Avanti”, del 2 aprile 1961, indica (omettendo di verificare le fonti e se quanto fedelmente riportato corrispondesse a verità) il bilancio di tale accadimento: “undici contadini morti sul selciato, tutti appartenenti al campo dei socialisti”. Le affermazioni menzognere di LUZZATTO Sergio, per quanto accaduto nell’occasione dell’evento del 14 ottobre 1920, emergono dalla lapide collocata sul muro della facciata d’accesso al Municipio, dove viene riportato che i morti furono quattordici, oltre 80 feriti, alcuni gravi. Dall’elenco delle vittime annotate sulla lapide emerge che i morti non furono “tutti contadini” come sostenuto dall’autore, ma vi erano il Carabiniere IMBRIANI Vito, (che non era socialista), CONTRA Donato, calzolaio (che non era socialista, era un simpatizzante fascista), GORGOGLIONE PAOLO, pastore (che non era socialista), TORTORELLI Filomena, casalinga (non era socialista), MIGLIONICO Anna Maria, casalinga (non era socialista). Da quanto sopra emerge che l’autore è un mistificatore della verità, in quanto ha scientemente omesso, per ragioni ideologiche, l’esistenza della morte del Carabiniere IMBRIANI Vito, nonché degli altri personaggi deceduti. L’autore, con pervicacia, ha attribuito a Padre Pio di aver fatto una scelta di campo (ovvero di essersi schierato con i fascisti e di aver istigato gli oppositori): anche tale affermazione risulta essere falsa e manifestamente infondata. Padre Pio, prima degli eventi luttuosi di cui sopra, venne avvicinato in confessionale da numerose persone, donne e uomini di San Giovanni Rotondo, che lo supplicavano di intercedere affinchè fosse evitato il pericolo di violenza tra le due fazioni politiche della città. Infatti, così come emerge dalle fonti, si evince dalle dichiarazioni dell’Avvocato Francesco MORCALDI (Sindaco del Comune di San Giovanni Rotondo) rese all’Ispettore di Polizia di Stato Vincenzo TRANI: “Padre Pio mi supplicò di non trascurare nulla perché non avessero a verificarsi incidenti luttuosi. Vai, avvicina i capi, placali. Bada, tu devi placare gli animi”. Padre Pio, dunque, non istigò alcuno alla violenza, così come invece falsamente sostenuto dall’autore, il quale ha voluto ignorare quanto accertato dall’Ispettore di Polizia di Stato, Vincenzo TRANI, delegato all’indagine investigativa. Detto Ispettore certificò che il conflitto, avvenuto in data 14 ottobre 1920, sorse senza una qualsiasi predeterminazione da fazioni politiche contrapposte, ma conseguente la volontà dei socialisti di voler issare e far svolazzare sul balcone del Municipio la bandiera rossa, nonchè alla propaganda di odio nei confronti degli avversari politici dell’ On. le MAITILASSO e dell’Avvocato VACCA, entrambi del partito comunista (istigatori alla violenza). L’autore, inoltre, se avesse esaminato senza pregiudizio ideologico la documentazione, avrebbe altresì accertato che “nessun testimone” ebbe a dichiarare l’esistenza dell’associazione degli “Arditi di Cristo”, quale frangia al soldo di Padre Pio. Sul punto, l’autore ha voluto ignorare anche il saggio storico scritto da Don Giosué FINI (“Precisazioni sull’eccidio a San Giovanni Rotondo”, Leone Editrice, Foggia 1989), il quale, presente sulla piazza nell’occasione, con il contributo di tre testimoni (FINI Michele, BERTALI Gennaro e RICCIARDI Francesco), ricostruì fedelmente gli accadimenti di quel giorno luttuoso, smontando le calunnie dell’Avanti e del partito comunista, certificando che a San Giovanni Rotondo non era mai esistita alcuna associazione denominata “ARDITI DI CRISTO”, che non vi erano preti, monaci e nazionalisti uniti ed eccitanti la folla, che non videro alcun prete sparare da una finestra sulla folla stessa. Padre Pio non si era asservito ad alcun colore politico, ma aveva offerto la sua vita al servizio degli ultimi, dei diseredati, ed è stato sollievo della sofferenza dell’umanità, per speciale permissione di Dio e Dio lo ha glorificato. Padre Pio, non poteva essere neppure insinuato di una presunta scelta di campo, né tantomeno di essere un’ “icona clerico fascista”, così come sostenuto gratuitamente dall’autore, esaltando quanto falsamente emergeva dal giornale dei socialisti e comunisti, al solo fine di diffamare Padre Pio. L’autore, citando una lettera (dal contenuto assolutamente falso), in cui Padre Pio “era il capo di una banda di veri delinquenti, che approfittava di una pietà popolare tanto intensa da comprendere – fra l’altro – la disponibilità di numerose pie donne a soddisfare i suoi appetiti sessuali”. Insinuava altresì, che Padre Pio, “come il monaco – guaritore Rasputin, che aveva tenuto in scacco la Russia ortodossa al tempo dello Zar, così teneva in scacco l’Italia cattolica al tempo del duce, agitando “passioni, amori, interessi in danno della Religione di Cristo”. E “Padre Pio al pari di Rasputin, speculava non poco sull’elemento profetico della sua esperienza pseudo – religiosa”. Padre Pio, aveva venerazione della donna : “la donna era la Regina dell’Universo, la fonte della vita, la sede naturale dei grandi sentimenti, come l’amore, la tenerezza, la comprensione”. Padre Pio, a seguito del suo arrivo a San Giovanni Rotondo, il 4 settembre 1916, rilevò che vi erano delle donne in stato di totale abbandono morale, molte delle quali oppresse da tragedie personali e familiari, prive di istruzione elementare. Padre Pio ne divenne guida, educandole ed indirizzandole verso i valori e la realtà spirituale in cui credeva; esse diventarono persone straordinarie, con il loro donarsi senza chiedere alcun corrispettivo, per la profusione del loro impegno giornaliero e per l’assistenza e la cura degli ultimi. Padre Pio dava l’esempio di come essere buoni cristiani e devoti; da ciò deriva il nome di “figlia e/o figlio spirituale”, per indicare la devozione a Dio e a Padre Pio, quale mediatore tra terra e cielo. I rapporti con le figlie spirituali erano improntati a sentimenti veri e vivi, egli le amava con grande tenerezza; l’amore, nella sua eccezione suprema, che era solo dono. Partecipazione assoluta, gratuita, all’altro, per il bene dell’altro. Padre Pio, senza fare alcuna distinzione, aveva costituito un rapporto speciale con Cleonice MORCALDI, CAMPANILE Vittoria e la sorella Nina, Mary PYLE, Maria POMPILIO, Giovanni CAROLINA, Tina BELLONI, Olga IECI, la contessa Caterina TELFENER e BRENNA Paola. Pertanto, anche su tale punto, risulta essere manifesta la condotta calunniosa e diffamatoria dell’autore. Le espressioni usate da LUZZATTO Sergio, infatti, sono gravemente lesive dell’onore e della reputazione di Padre Pio, in quanto trascendono in attacchi personali diretti a colpire la sfera morale di Padre Pio, su di un piano individuale. Le espressioni utilizzate dall’autore non possono avere alcuna giustificazione in quanto risultano gratuite, indebite e totalmente ingiustificate, farcite da espressioni denigratorie, che hanno gravemente calunniato e diffamato Padre Pio. Alcun uomo al mondo potrà giustificare il meschino e mistificatorio contenuto del libro. Per l’effetto, si chiedeva al Tribunale la confisca e/o l’annotazione sul frontespizio del libro che “è diffamatorio, impreciso, scorretto, inveritiero, pregiudizievole e sacrilego di Padre Pio”. Padre Pio, nonostante il menzognero del giorno, continuerà ad essere oggi e sempre il Santo più amato dall’umanità.

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